Politica / Sardegna

Puigdemont come un elettrochoc per gli indipendentisti sardi: ma ci sono sette questioni aperte

Oristano, 26 settembre 2016

Prendendo la parola alla fine dell’assemblea convocata stamattina a Oristano dalla Corona de Logu, probabilmente sorpreso dall’esistenza in Sardegna di tante sigle indipendentiste (e non sono intervenute neanche tutte!), il presidente catalano Charles Puigdemont ha detto: “Catalani e sardi hanno una cosa in comune: devono mettersi al lavoro”. E di lavoro da fare per il fronte dell’autodeterminazione sardo ce n’è tanto. Soprattutto ora, dopo la scossa arrivata dall’arresto e dal rilascio nella nostra isola di quello che (come ha fatto notare Bustianu Cumpostu) è indubbiamente il leader europeo di tutti coloro che lottano in Europa per l’autodeterminazione dei popoli.

Forse oggi a Oristano non ci sono stati (come li ha ribattezzati qualcuno) “gli stati generali dell’indipendentismo sardo”, ma di sicuro l’occasione è stata interessante per rivedere assieme nella stessa sala persone che da anni neanche si salutavano più. Il clima era sereno, nessuno voleva rovinare la festa. Ma da dove ripartire ora? In ordine sparso, alcuni elementi di riflessione.

1 – Nel corso del suo intervento, Puigdemont ha ricordato più volte come l’ottanta per cento dei comuni catalani sia a favore dell’indipendenza. La battaglia per l’autodeterminazione è dunque partita dal basso, coinvolgendo innanzitutto le amministrazioni locali. Esattamente il contrario di ciò che si è sempre fatto in Sardegna, dove i partiti indipendentisti hanno sempre puntato tutto sulle elezioni regionali e addirittura su quelle politiche italiane. Con il risultato di mettere assieme eserciti che subito dopo la sconfitta si sono miseramente disfatti. Quindi, se la Catalogna è esempio, i partiti indipendentisti dovrebbero innanzitutto cercare il consenso nei 377 comuni sardi. L’alternativa sarebbe quella di ripetere sempre lo stesso errore (e non sarebbe una novità). 

2 – Il fronte indipendentista sardo non solo è frammentato ma è anche variegato. Al suo interno ci sono infatti sigle che, nello schema italiano, possiamo catalogare come di destra, di centro e di sinistra. Attraverso quale logica allora provare a far stare assieme soggetti che appaiono così diversi? Senza esclusioni a priori ma solo attraverso un serio programma di governo, che dia risposte concrete (e non solo ideologiche) ai problemi della Sardegna. Non basta opporsi alla logica coloniale italiana o chiedere l’adesione alla causa nazionale sarda: servono anche proposte vere sui tanti temi che la politica deve affrontare. Finora se ne sono viste poche, forse anche a causa della generale scarsa dimestichezza degli indipendentisti con i problemi connessi alla gestione diretta della cosa pubblica.

3 – Nell’assemblea di oggi la questione di genere ha fatto ufficialmente irruzione nel dibattito aperto dal fronte dell’autodeterminazione, aprendo una breccia importante per il rinnovo della classe dirigente ma anche rompendo uno schema consolidato. Perché al fronte dell’autodeterminazione serve soprattutto un dibattuto serio sul nuovo modello di sviluppo, intorno al quale porre le basi per confrontarsi con le altre forze politiche. Altrimenti restano solo i veti e gli slogan.

4 – La politica italiana ha un brutto vizio che lo schieramento indipendentista sardo ha mutuato: quello di non fare i conti con se stessa e di non analizzare le proprie sconfitte. Così come il centrosinistra sardo non ha ancora accettato di ragionare pubblicamente sui motivi che hanno portato alla sconfitta di Soru nel 2009, allo stesso modo lo schieramento dell’autodeterminazione non ha ancora ragionato su cosa non abbia funzionato dell’esperienza di Sardegna Possibile guidata da Michela Murgia e da quella di Autodeterminatzione guidata da Anthony Muroni. E questa analisi è fondamentale, posto che gli attori in campo (sigle e leader) sono in gran parte gli stessi da vent’anni (e anche questo è un problema).

5 – Il fronte progressista sardo non ama la lotta per l’autodeterminazione del popoli. Prova ne sia che ad andare a trovare il presidente catalano a Bancali sia stato un esponente dell’Udc e non certo uno del Pd o dei progressisti. In maniera strumentale o meno, l’ala moderata del centrodestra ha presidiato questo ambito politico, mentre la sinistra lo ha lasciato totalmente scoperto. 

6 – Poi c’è l’opinione pubblica e la battaglia delle idee. Lo scombinatissimo editoriale pubblicato oggi dalla Nuova Sardegna a firma di Marcello Fois (“La confusione sul Bossi spagnolo”) conferma un’inadeguatezza di analisi che di solito è la cifra dello scrittore nuorese quando parla di politica in Sardegna, con una confusione in questo caso anche superiore a quella del centrosinistra sardo (che pure è nato confuso). Ecco, se c’è una battaglia che il fronte dell’autodeterminazione sta vincendo è quella delle idee, e ha ragione oggi Paolo Maninchedda a dire sull’Unione Sarda che “la sinistra senza più ideologia e cultura sente il prestigio del nuovo pensiero indipendentista sardo e cerca di contrastarlo, ignorandolo”. Oppure inquinandolo, mettendo in campo degli sproloqui che sono anche più difficili da contrastare. Ma la linea dell’argomentazione paga (e il libro del collettivo di Filosofia de Logu ne è la dimostrazione).

7 – Ultima considerazione. In tanti si chiedono: il caso Puigdemont ha rilanciato l’indipendentismo sardo? Io penso di no. A meno che sigle, uomini e donne che credono nell’autodeterminazione non si rimettano al lavoro, con spirito di sacrificio, con generosità, mettendo la parte le pulsioni leaderistiche. Da Alghero di sicuro è arrivata una scossa: ora vediamo se l’elettrochoc funzionerà.

Tags: , , , , , , , , , ,

10 Comments

  1. Abdullah Luca de Martini says:

    ¿Chini iat a bòlli s’indipendéntzia? ¿Is Sardus? Is primus a si gosai su murrali totu sa dî e a fai sa puntura no a séi sceti, ma a is pipius puru. Scraus de s’Intàlia òi e de sa Cina cras menèscint de èssi, atru chi indipendéntzia: a is manifestadas contras a igustu gruvennu maladitu dhoi at pagus centenas de pertzònis sceti: ¿aundi funt is indipendentistas? ¡No dhis bastat su vacinu, si faint su lacinu tambèni!

  2. Antonio Appeddu says:

    Mi pare che, sulla falsariga del comportamento della sinistra sarda, il pezzo dimentichi un recente protagonista del mondo identitario sardo: Mauro Pili!

  3. Pingback: La mezza mattina dei morti viventi - SardegnaMondo

  4. Pingback: L’indipendentismo ha bisogno di una nuova fase Costituente Sarda – Indipendèntzias

  5. Antonio giovanni frogheri says:

    Molto interessante! Piattaforma futura proPrio partendo dalle liste nelle amministrazioni comunali!

  6. Francesco Utzeri says:

    Gentile Biolchini,
    condivisibili le sue considerazioni, ma non credo che l’incidente diplomatico dell’arresto del leader catalano, abbiano veramente causato uno shock nell’arcobaleno delle mille sigle indipendentiste “nostrane”. A mio modesto parere, non di shock si è trattato, ma semplicemete di una sorta di scampagnata alla “io a Bancali c’ero”. Come sempre, ogni sedicente leader di questa o quella formazione, ivi compreso il nostro esimio presidente sardoleghista, ha fatto solo atto di presenza, per altro inutile ed ininfluente rispetto al tema dell’indipendentismo delle piccole patrie. Come ebbi modo di ascoltare tempo fà, da un convinto indipendentista quale fu Michele Columbu: sono tanti gli orticelli nei quali si coltivano gli ideali del sardismo e questo è già un problema, ma la verità vera è che questi orticelli hanno troppi “padroni”.
    Cordiali saluti.
    FRANCESCO UTZERI

  7. Stefano Loi says:

    La logica dei partiti indipendentisti, è ovviamente di remare insieme per la Sardegna. Le differenze di pensiero sono “fisiologiche” e servono in qualche modo a coinvolgere quanti più sardi possibile. Se si pensa che ci siano troppe berrittas, teniamo presente che le sigle indipendentiste catalane sono ben quattordici

    • Saranno anche quattordici ma raccolgono più del cinquanta per cento dei consensi!

      • Edoardo Murgia says:

        Ma più del 50% dei catalani vuol restare con la Spagna. Anche se l’80% dei comuni catalani sono per l’indipendenza, Puigdemont non è arrivato mai a un passo dalla secessione.

      • Renato Orrù says:

        Buongiorno Sig. Biolchini … parlo da invitato “non ufficiale ” all’incontro di Domenica con Puigdemont. Vero , nessuno ha voluto rovinare la festa ( per primo/a ) ma solo per rispetto dell’ospite. In realtà i mugugni erano forti e le rivalità affliggevano l’aria. È stato anche divertente da dietro verificare tante storie , corsi e ricordi : ad Oristano Domenica c’era il concentrato di 17 anni spesi non benissimo. Invieremo il Puig di turno ogni 3 lustri ? Sicuramente la cosa buona è Corona de Logu ( per quanto ancora claudicante va avanti lavorando sodo e dando anche tanti buoni esempi di buon governo ). Per il resto non ci sono passi avanti o novità politiche rilevanti …e piaccia o meno cresce solo il Psdaz ( partito peraltro più vicino e/o simile all’area politica di Puigdemont … da anni al Governo della Catalogna ). Ecco …forse il vero “miracolo” della visita del Leader Catalano è dato dalla nuova consapevolezza tra TUTTI i presenti che l’ indipendentismo non passa solo da sinistra ma anche e con una buona quota di CDx … liberale e riformista… e con la grana !

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.