Elezioni politiche 2022 / Politica / Sardegna

L’Italia al voto senza bussola. Per colpa dei partiti e di Draghi, dalle urne uscirà un’Italia ancora più divisa

“Scusi, per andare dove dobbiamo andare… dove dobbiamo andare?”

Mai come stavolta ho incontrato tante persone che, pur avendo deciso di andare a votare, non sanno chi votare. Il motivo è semplice: la bussola della politica italiana è impazzita. Quale aspetto deve infatti prevalere, nella nostra decisione? Contrastare la destra? La guerra in Ucraina? Il reddito di cittadinanza? Il ritorno di Mario Draghi a Palazzo Chigi? Il presidenzialismo? Lo sforamento di bilancio? Il sostegno alle autonomie o un nuovo centralismo?

Ogni scelta che facciamo se ne porta dietro almeno un’altra sbagliata perché nessun schieramento esprime agli occhi degli elettori una posizione pienamente coerente (e basti vedere l’incolmabile distanza nel centrodestra sulla questione ucraina). Quindi l’elettore stavolta non vota solo turandosi il naso, ma anche bendato. 

Le ragioni di questo impazzimento arrivano da lontano. L’inopportuna rielezione di Mattarella è stata il diapason di una stagione dove nuove regole sono state surrettiziamente imposte, cercando però di mantenere intatta una normalità di facciata.

Mario Draghi poi ci ha messo del suo, non certo accettando l’incarico di presidente del Consiglio, quanto pretendendo di voler giocare un ruolo politico (e lo abbiamo visto in azione negli Usa pochi giorni fa) senza però accettare una candidatura a queste elezioni. Per questa sua ambiguità più che per le sue posizioni (comunque condivise da una parte del mondo politico) Draghi è oggi un elemento di forte instabilità del nostro sistema. E la sua dichiarazione (“Non tornerò a palazzo Chigi”) tragicamente lo conferma.

Poi c’è il Pd, l’unico partito che ha veramente stabilito le regole di questa competizione (e così facendo, orientandola secondo me in maniera autolesionista). Enrico Letta in poche settimane ha preso una strada incomprensibile, passando dal campo largo alla fatwa contro i Cinque Stelle, dal sostegno incondizionato a Draghi all’alleanza con la sinistra che Draghi lo ha sempre avversato, dall’abbraccio con Calenda alla distanza siderale col terzo polo. Per effetto di queste scelte, Letta ha fissato come unico obiettivo possibile del Pd quello di essere il primo partito, con la speranza di avere l’incarico da Mattarella e provare a ricomporre i pezzi di un parlamento sfasciato, favorendo il ritorno a palazzo Chigi di Draghi. Sotto questo aspetto, capire se il Pd avrà vinto o perso le elezioni sarà molto facile: se Fratelli d’Italia prenderà un solo voto in più, per Letta sarà sconfitta certa.

Poi c’è il centrodestra. La qualità in cui eccellono i post fascisti è l’ambiguità e Giorgia Meloni è stata bravissima a dissimulare le sue posizioni su temi sensibili. Stasera ragionevolmente trionferà (il suo partito rischia di vedere quintuplicare i voti rispetto alle ultime elezioni) ma per lei i problemi inizieranno da subito, perché la questione ucraina è tornata prepotentemente al centro della politica europea e sarà difficile, per quella che si prefigura essere la futura maggioranza, coniugare le posizioni atlantiste di Fratelli d’Italia con quelle neanche tanto velatamente filorusse di Salvini e ora anche di Berlusconi. Tutto questo, al netto della storica e conclamata incapacità del centrodestra italiano e della sua classe dirigente di risolvere i problemi di fondo di questo paese.

Così come dopo le elezioni del 1994 e forse anche più velocemente, la destra pagherà duramente le sue contraddizioni interne, ma almeno la Meloni ha avuto il merito di averle nascoste sotto il tappeto nella speranza di risolvere tutto con la forza di chi potrà dispensare ministeri e poltrone, mentre Letta si è infilato in un gioco più grande di lui, scaricando sugli elettori (“Scegli” è il nefasto slogan elettorale) l’intera responsabilità dell’esito della competizione elettorale.

I Cinque Stelle di Conte procedono a fari spenti. Hanno contro tutte le altre forze politiche e pagano una scissione, chissà quanto dolorosa. È comunque curioso che siano rimasti isolati (per scelte altrui) proprio nel momento in cui hanno deciso di diventare un partito quasi normale, abbandonando al loro destino i Di Maio e i Di Battista, vere icone dei pentastellati della prima ora. Il prossimo passo sarà quello di liberarsi di Grillo, ma la strada che i Cinque stelle devono fare per essere minimamente credibili è ancora lunga.

Della sinistra c’è poco da dire. Inizio a pensare che sia proprio scomparsa dalla nostra società, e dunque che sia giusto che sia così poco rappresentata nelle istituzioni. Di sicuro i partiti di sinistra sono in ostaggio di minuscoli gruppi di potere che non favoriscono nessun cambiamento, nessuna speranza.

Il voto di oggi potrà essere letto in tanti modi, chiaramente anche in chiave locale.

Dal palco di Pontida il presidente della Regione Sardegna Christian Solinas ha invitato i sardi a votare per la Lega. Il risultato del partito di Salvini sarà dunque un elemento per comprendere quanto i sardi gradiscono questo presidente.

Dopodiché, è chiaro che Solinas da domani sarà costretto a fare quel rimpasto che sta rimandando da nove mesi, a dimostrazione che la sua capacità di governare gestendo le poltrone è più immaginaria che reale. La Sardegna è letteralmente allo sbando, sotto tutti i punti di vista. Se anche Solinas si dovesse dimettere domani, non c’è in campo una proposta alternativa. Il Pd sardo, commissariato da tempo, preda di eterne pulsioni correntizie e di potere, non dà al momento alcuna garanzia.

Conclusione: queste sono le ultime ore prima di un terremoto annunciato. Il terremoto provocherà macerie di tutti i tipi perché per colpa dei partiti e di Draghi, dalle urne uscirà un’Italia ancora più divisa e caotica. Da quelle macerie bisognerà faticosamente provare a ricostruire una prospettiva possibile. Ma non sarà facile. 

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3 Comments

  1. leggevo in un sito che sarebbe “urgente la nascita di un partito federalista sardo”… ki no nci pensat Bossi a torrai a kistionai de federalismu teneus axiu apettendi a ndi kistionai in Sardigna…

  2. Antioco Zucca says:

    “storica e conclamata incapacità del centrodestra italiano e della sua classe dirigente di risolvere i problemi di fondo di questo paese”. E chi li risolverebbe: la galassia centrosinistra-pd-m5s? Ma per favore!!!

  3. Alberto Soi says:

    Hai drammaticamente e tristemente ragione

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