Sardegna

Parla Alex Brunori: “A Nuoro a scandalizzare non è il bacio ma il costume sardo” di Sonia Melis

Ve la ricordate?

Il bacio e due berritas che campeggiano in uno dei manifesti della campagna di comunicazione dei Giovani Democratici, la lista civica che sostiene il candidato sindaco del Pd Carlo Prevosto alle amministrative di Nuoro previste il 25 e 26 ottobre, ha superato i confini del centro barbaricino e quelli regionali, innescando una polemica che continua a rimbalzare nei social.

L’amore omosessuale, a giudicare dai commenti suscitati, indossando l’abito sardo della tradizione, sembra affondare fino alle radici dell’identità per schiantarsi, forse, contro quella concezione di balentìa di uomo, maschio valoroso, rispettoso di un codice di comportamento, sicuramente forte e inevitabilmente virile, almeno nella accezione che precede la risemantizzazione negativa del termine.

E se l’immagine ha dimostrato la sua efficacia – se ne parla, e molto – il testo che l’accompagna “L’omofobia è soprattutto un problema cittadino”, inchioda. Circoscrive al territorio, l’Atene sarda, che torna ad ogni competizione politica e invita, se non costringe, la sua comunità a quella riflessione che proprio i greci fecero già con Platone, cui si deve la prima attribuzione della discriminazione dell’omosessualità, alla legge e, in particolare “[…] alla viltà dei governanti” (Platone, Simposio).

La discriminazione, quindi, è un costrutto culturale e fa specie che proprio la politica, che dovrebbe promuovere il superamento dell’uguaglianza apparente e fittizia, per farsi garante della diversità di tutti nell’uguaglianza dei diritti, urlando alla strumentalizzazione e compiendo la peggiore squalifica di se stessa, neghi e, negando, svilisca il suo ruolo.

Ma lo scandalo qual è, se tutti i luoghi – alcuni di più – possono nascondere “I segreti Brokeback Mountain”? Lo scandalo è un ventenne che sposta il tema dalla testimonianza del caso singolo, alla rappresentanza politica, con un’immagine.

Abbiamo coinvolto nella riflessione Alex Brunori, già Executive Creative Director per McCann Italia e Regional Executive Creative Director per Publicis ME, attualmente Creative Impact Lead per Google MENA, TEDx Speaker e autore, tra gli altri, del celebre mockumentary Fiorucci sulla corruzione politica, premiato con tre Cannes Lions e con il Video dell’Anno 2013 su YouTube.

Dal punto di vista prettamente comunicativo, a cosa è dovuto l’impatto del messaggio scelto da Fabrizio Biosa, candidato altrimenti anonimo di una competizione politica di provincia? 
“L’impatto di un’immagine che viene costruita appositamente per destabilizzare chi la osserva è spesso dovuto allo spiazzamento cognitivo causato, nello spettatore, da due messaggi di alto contenuto simbolico e segno opposto che convivono all’interno della stessa immagine. Maggiore è lo spiazzamento, più elevato l’impatto dell’immagine”.

Vediamo cosa è successo, ad esempio, in questo caso, partendo dal bacio.
“Un bacio tra un uomo e una donna non presenta spiazzamenti cognitivi, anzi. È un’immagine generalmente molto ben accetta perché rappresenta, simbolicamente, l’amore. In altre parole, quello che vediamo sono un uomo e una donna che si baciano, ma quello che questa immagine evoca in noi è l’amore, un valore che è conforme alla nostra educazione laica, sociale e, nel caso fosse presente, religiosa. Se però i due giovani si chiamassero Montecchi e Capuleti, a Verona, nel ‘300, ecco che il significato racchiuso in quei due cognomi creerebbe la dissonanza cognitiva in grado di trasformare il loro bacio nell’archetipo dell’amore perfetto, ma avversato dalla società. In pubblicità se n’era già accorto Oliviero Toscani – che proprio sulle immagini cognitivamente dissonanti ha costruito la sua carriera – che difatti ha utilizzato proprio un bacio avversato per una delle sue campagne, fatte per Benetton negli anni ’90. Sì, ma il motivo per il quale quella immagine è collegata direttamente alla campagna di cui ci stiamo occupando è l’introduzione di un importante elemento visivo che genera la dissonanza cognitiva, evitando di doverla definire in modo didascalico, aggiungendo parole che ne orienterebbero la lettura: l’“uniforme”. In questa immagine – infatti – convivono due messaggi di elevato contenuto simbolico e di segno opposto. Studiata apposta per “épater le bourgeois”, quando la guardiamo vediamo una cosa che approviamo personalmente e una che la società ci ha insegnato a disapprovare. Da un lato due ragazzi che si scambiano un bacio a fior di labbra, che istintivamente approviamo, dall’altro un prete e una suora che commettono un sacrilegio che in teoria ci dovrebbe turbare, sempre ovviamente in base alla propria educazione civile, sociale e religiosa. La dissonanza cognitiva è servita. Le uniformi e le divise, infatti – qualsiasi tipo di uniforme o divisa – hanno il compito di spersonalizzare chi la indossa. Quello che simboleggia sovrasta la definizione dell’individuo, rendendolo null’altro che UN soldato, UN prete, UNA suora, e così via”.

Nel caso dell’immagine nuorese, il contrasto cognitivo da cosa è scatenato?
“Il contrasto cognitivo principale del bacio non è causato semplicemente dall’omosessualità, che pure avrebbe ottenuto comunque il risultato di provocare reazioni, ma proprio dal fatto che i due uomini indossano delle divise che hanno un elevato contenuto simbolico, che rappresentano il genius loci. Sono, infatti queste divise un simbolo di forza, di valenza, di appartenenza al territorio e di rispetto della tradizione, modello patriarcale di virilità ed eterosessualità. L’immagine scandalizza perché mette allo scoperto un nervo, quello dell’ipocrisia di fondo di chi, pur sostanzialmente omofobo, si sforza socialmente di apparire tollerante o di nascondere i suoi veri sentimenti, perché sente che la società sta cambiando, ed è irritato proprio perché costretto, da questa immagine implacabile, a fare i conti con se stesso”.

Che valore ha l’elemento “eretico”nella comunicazione? Vale per il lancio di un brand, come per un’idea politica di carattere sociale?
“La dissonanza cognitiva di un’immagine può essere un’arma molto potente in qualsiasi forma di comunicazione, da quella commerciale a quella politica. Come tutte le armi, però, l’effetto deve essere proporzionato alla causa: esattamente come non avrebbe senso usare una bomba per schiacciare una zanzara. Un’immagine molto potente usata fuori contesto, o a sproposito, o in modo forzato e non adatto, non porterebbe da nessuna parte. Anzi, danneggerebbe. Non in questo caso, però, perché la causa è una forza distruttiva, oscura, antica e difficile da sradicare che questa immagine, forte e libera, ha il pregio di mettere allo scoperto”.

Sonia Melis

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3 Comments

  1. andrea says:

    Executive Creative Director per McCann Italia e Regional Executive Creative Director per Publicis ME, attualmente Creative Impact Lead per Google MENA, TEDx Speaker …
    Ho capito solo “attualmente”

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