Politica

Referendum: ovviamente, naturalmente, convintamente NO

Sono ancora in tempo per dire la mia su referendum costituzionale riguardante la riduzione dei parlamentari? Penso proprio di sì.

E allora vorrei dichiarare il mio convintissimo no a questa riforma. E questo per motivi semplici, quasi metodologici: in assenza di una nuova legge elettorale, la riduzione dei numero dei deputati e dei senatori assume ai miei occhi solamente i contorni di un depotenziamento della democrazia parlamentare e rappresentativa. E questo non mi piace. Come non mi piaceva la riforma Renzi del 2016, contro la quale votai. Per quanto mi riguarda sono due riforme gemelle, animate dallo stesso spirito.

Devo dire per onestà intellettuale che la diminuzione dei parlamentari in sé non mi spaventa, non penso che la Sardegna passando da 25 a 16 rappresentanti si veda privata in maniera sostanziale della possibilità di incidere sulle politiche italiane.

Perché il punto purtroppo è un altro, e riguarda la qualità della nostra classe dirigente.

Dietro questo referendum vedo il tentativo di arrivare a selezionare i parlamentari con logiche sempre più feudali di appartenenza e di fedeltà, che poi sono le logiche che da un po’ di tempo a questa parte sovrintendono gran parte delle carriere politiche (e non solo), a tutti i livelli.

Che vinca il sì o il no (come mi auguro) il punto nodale resta dunque sempre lo stesso: come si seleziona una classe dirigente? Attraverso quali meccanismi? Perché abbiamo sempre più spesso l’impressione che la politica operi una selezione inversa, premiando i peggiori e allontanando da sé i più promettenti e disinteressati.

Qualunque sarà lunedì l’esito referendario, tutti noi ci ritroveremo a fare i conti con un sistema politico impoverito dalla perdita di consistenza dei corpi intermedi, incapace di selezionare correttamente le persone chiamate a gestire il bene pubblico, un sistema nel quale nessuno dei tre grandi schieramenti (centrodestra, centrosinistra e Movimento 5 Stelle) è riuscito a mettere in piedi un meccanismo convincente di selezione della propria classe dirigente.

Non basta operare sulla quantità dei nostri rappresentanti, è molto più urgente operare sulla qualità. E la riduzione dei parlamentari che il referendum vorrebbe definire, di per sé non è garanzia di nulla.

Migliorare la qualità della politica: è questa è la vera sfida che ci attende. E che non possiamo più eludere.

Sia che vinca il sì, sia che vinca il no (come io mi auguro).

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4 Comments

  1. Maria Ignazia Massa says:

    Di proposito non commento la facilità con cui si può mettere mano alla Costituzione

  2. Maria Ignazia Massa says:

    A cose fatte, dobbiamo riconoscere che il fondamentale problema della qualità una volta veniva affrontato: circa 30 anni fa, una mia amica, prima di candidarsi alle elezioni provinciali aveva frequentato un corso non brevissimo per conoscere i meccanismi dell’amministrazione. Quando i partiti erano responsabili…

  3. Andrea says:

    Il principio della qualità come valore guida in politica è una storia vecchia quanto il mondo ma come sappiamo di difficile applicazione; ciò vale non solo per la politica ma anche per le carriere universitarie, per gli incarichi negli enti pubblici e ahimè anche per posti di lavoro a livello più spicciolo: chi di noi non ha mai avuto a che fare con un conoscente o un collega assunti per intervento divino e non per reali competenze? Cerchiamo di accettare l’idea che la politica siamo noi e che parlamentari e senatori non sono altro che una nostra proiezione; quante volte leggiamo di falsi invalidi, truffe alle assicurazioni, lavoro nero che per comodità si vuole che resti tale in modo da non pagare il ticket sanitario e magari usufruire del reddito di cittadinanza e altre amenità del genere? Poi magari persone del genere dicono che i politici sono tutti ladri! Se non cambia la mentalità generale di noi Italiani possiamo ridurre il numero dei parlamentari quanto vogliamo ma la qualità e la meritocrazia resteranno sempre un miraggio.

  4. Sergio Masala says:

    La classe dirigente selezionata dai partiti è funzionale ai comitati d’affari che occupano le istituzioni. I peggiori sono proprio quelli funzionali all’esercizio del potere feudale, camorristico e massone.
    Potere al popolo

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