Politica / Sardegna

Sardegna perinde ac cadaver. Come stiamo perdendo la nostra autonomia speciale nell’indifferenza (quasi) generale

Il treno delle riforme costituzionali corre veloce. Passa una volta ogni cinquant’anni e oggi la Sardegna rischia clamorosamente di perderlo. Con quali effetti? Nefasti. La nostra autonomia speciale è a rischio: non perché in cambio avremo uno statuto migliore, più moderno e più sovranista (cioè con maggiori poteri di autogoverno) ma perché diventeremo come tutte le altre regioni, cioè una regione ordinaria e per di più in un nuovo sistema politico e istituzionale fortemente accentrato. Non vedremo rispettate né la nostra storia né la nostra condizione geografica, e in un parlamento dimezzato sarà dimezzata anche la nostra capacità di far valere le nostre ragioni.

Il rischio che la Sardegna perda la sua autonomia è reale e concreto, e basta parlare con i nostri parlamentari per rendersene conto. L’ultimo allarme l’ha lanciato Mauro Pili (“L’autonomia sarda rischia la cancellazione”) ma la sua è una delle poche voci che gridano nel deserto.

Senza l’autonomia non avremo più alcun strumento formale per opporci all’assalto dei grandi interessi delle multinazionali dell’energia, né per chiedere lo smantellamento delle servitù militari, o di chiedere che venga colmato il gap di sviluppo con il resto del paese. Un’isola così grande e sempre meno popolata, senza uno statuto di rango costituzionale (quale è quello tuttora vigente) in grado di difenderci, sarà condannata a subire passivamente le grandi scelte strategiche prese dal governo nazionale italiano su qualunque tema. Qualunque.

La situazione è drammatica ma l’opinione pubblica sarda ancora non se ne è accorta. C’è anzi chi segretamente lavora per la fine definitiva dell’autonomia, sperando stoltamente che una maggiore condivisione con le sorti dello stato italiano possa metterci al riparo dalla crisi, oppure perché porta a sostegno di una nuova “perfetta fusione” l’inadeguatezza delle nostre classi dirigenti, come se queste non fossero state in questi decenni una diretta emanazione di quella stessa politica italiana a cui adesso vorremmo affidarci totalmente, perinde ac cadaver.

Il momento è drammatico anche per i sovranisti e per gli indipendentisti che hanno sempre considerato la statuto di autonomia superato se non addirittura dannoso. Si tratta di decidere se giocare in difesa (cioè tutelare con le unghie e con i denti lo statuto del ’48 ritenendo che non ci sono le condizioni politiche per puntare ad una sua revisione e ad una estensione dei nostri poteri di autogoverno) oppure se andare all’ attacco e mobilitare la politica e la società sarda in maniera da scrivere in tempi rapidi un nuovo statuto, più adatto alle nostre esigenze e a quel modello di sviluppo sostenibile che in tanti da tempo chiedono.

L’impressione (terribile) è che al momento non ci siano le forze né per difenderci né per attaccare.

Se non vogliono passare alla storia come gli affossatori dell’autonomia, la giunta Pigliaru e questo consiglio regionale possono e devono avere un ruolo determinante. Il documento sulla riforma dello statuto esitato dalla prima commissione Autonomia è però evidentemente insufficiente, da esso non traspare il senso di urgenza che invece comunicano i nostri parlamentari.

Dicendo no alla firma sul protocollo d’intesa sulle servitù militari il presidente Pigliaru ha inaugurato un nuovo modello di rapporto con lo Stato: potrà essere replicato per opporsi al rischio di morte dell’autonomia? Urge una risposta in tempi rapidissimi.

Poi ci sono i sovranisti che fanno parte di questa maggioranza e sono presenti nella giunta Pigliaru. In che misura combatteranno la battaglia per la specialità? Sarà per loro una questione dirimente nei rapporti con gli altri partiti (specialmente il Pd) e nella valutazione di questa giunta o prenderanno atto dei rapporti di forza e accetteranno senza alcuna conseguenza politica il più che probabile esito nefasto della riforma all’esame del parlamento italiano?

Poi ci sono gli indipendentisti, quelli che hanno sempre considerato l’autonomia una sciagura. Preferiranno combattere per questo statuto (che almeno riconosce la natura pattizia del rapporto fra Sardegna e Italia) oppure favoriranno il suo svuotamento? E in questo caso, quale sarà la loro battaglia politica e con chi la condurranno? Sardegna Possibile e Progres dovranno presto schierarsi.

I due appuntamenti organizzati lo scorso mese di giugno a Cagliari dalla Fondazione Sardinia, dall’associazione Carta di Zuri e da Sardegna Soprattutto hanno dato un quadro chiaro della situazione. Chi (come il sottoscritto) pensava che ci fossero i margini per chiedere la convocazione di una assemblea costituente si è dovuto repentinamente ricredere: quell’opzione è impraticabile.

Così come bisogna prendere atto che i politici che maggiormente si stanno impegnando per difendere l’autonomia sarda fanno parte di tre partiti che si dichiarano incompatibili tra di loro: il deputato di Unidos Mauro Pili, il senatore di Sel Luciano Uras, il senatore del M5S Roberto Cotti.

Questo cosa significa? Che questa situazione non può essere affrontata con il paraocchi della campagna elettorale e che si dovranno per forza aprire scenari nuovi. Che il Pd non stia brillando in difesa dell’autonomia speciale sarda è, al momento, un dato di fatto di cui bisogna prendere atto.

La situazione dunque è estremamente difficile. Eppure questa in difesa della nostra specialità è l’unica battaglia che merita di essere combattuta dalla nostra classe dirigente e politica. Siamo veramente ad un crocevia della storia isolana, esattamente com’è stato nel 1948. Solo che stavolta non faremo un balzo in avanti ma rischiamo di farne cento indietro. Nell’indifferenza generale.

 

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8 Comments

  1. anonimo says:

    Accidenti, Biolchini, anche il latino! Perinde ac davaver! Roba da stravincere il titolo di capitale della cultura.
    Però adesso abbasso io il livello della discussione e ricordo che in Giunta ci sarebbero sovranisti però, evidentemente, muti o temporaneamente afasici e comunque affaccendati in altro. Sovranisti e indipendentisti dovrebbero ancora esistere in Sardegna fuori dalla Giunta. Qualcuno si sarà dato alla macchia. In tutti i casi anche loro sono muti oppure preparano in silenzio qualche nuova Die de sa Sardigna.
    Vorrei davvero capire il perché di questa stanchezza dopo molti mesi di baldanza, di promesse di vittoria e di visioni.
    Quanto alla specialità sarda ho il dubbio che consista in una speciale lista di disgrazie che sono sempre le stesse. Se si apre un quotidiano sardo dell’ottocento, si vedrà che salvo la fillossera le altre questioni sono del tutto immutate.
    Chissà che rinunciando allo Statuto speciale non si stia meglio e si riesca a toccare finalmente la gioia della normalità.

    • Ospitone says:

      “Chissà che rinunciando allo Statuto speciale non si stia meglio e si riesca a toccare finalmente la gioia della normalità”……………..OPPURE IL FONDO:

  2. Questa nota è stata inviata dal deputato di Sel Michele Piras.
    ***
    “Costruire oggi la rete dell’unità autonomistica é una priorità. In Sardegna e con le altre Regioni e Province autonome.

    Giudico positiva in tal senso l’iniziativa fin qui assunta dalla Fondazione Sardinia.

    L’aria che tira a livello nazionale sulle Autonomie, non da oggi, è pesantissima e – per quanto allo stato attuale il progetto di Riforma costituzionale (in discussione al Senato) faccia salve le Regioni a Statuto speciale – penso sia necessario tenere alto il livello di guardia.

    La priorità oggi è la difesa dell’integrità dell’Autonomia speciale, quindi dello Statuto e della sua effettiva agibilità e – su questo terreno – sarebbe auspicabile la costruzione di una rete che unisca le rappresentanze istituzionali, sociali, economiche e culturali, del popolo sardo e che punti anche a realizzare momenti di raccordo con le altre Regioni e Province autonome.

    Da vent’anni oramai assistiamo ad una vera e propria offensiva neocentralistica, rafforzata dalla necessità di tenere sotto controllo i “cordoni della borsa”, che si fonda su una concezione del processo riformatore che guarda al sistema delle autonomie (attraverso cui costituzionalmente si dispiega il governo della Repubblica) come a un laccio al libero dispiegarsi dei fattori del Mercato, come un intralcio alla maggiore efficienza del sistema Paese.

    Per tale ragione – posto che le trappole si annidano sempre nelle pieghe della norma e nella presenza di emendamenti ostili – auspico che presto si possano promuovere momenti di incontro ai massimi livelli, regionali e nazionali, affinché si assuma un minimo comun denominatore fra tutti per la difesa di una conquista storica e di un punto fermo da cui guardare al futuro come l’Autonomia speciale sarda”.

    Michele Piras

  3. Arrosciu says:

    Perinde ac cadaver.
    In uno Stato già in coma.
    Ma come da un po di tempo
    L’unico a vedere e agire è Mauretto.
    Po prexeri aundi funti tottusu SOS atteroso.
    Non esti prusu tempusu de elemosina.
    E de sa scelta si fai diventai
    Pattumiera nucleare?
    Comenti naranta nell’Espresso.
    Boh?
    Caluncunu esti ancora biu?
    Poita nisciunu arrispondiri?
    Banda beni?
    Ajo’ movirindi ca depeusu andai a mari.
    Aundi?
    A Portu Bremi accanta sa discarica cun s’ abba calenti.

  4. Un lettore qualunque says:

    Che ci dice oggi, 21 novembre 2012, l’ottimo e valente Buttafuoco? Un sacco di cose, naturalmente, però, essendo siculo fino alla radice dei capelli (ricci) e ancora orgogliosamente residente nell’isola, non perde occasione per parlarne, mostrando, com’è ovvio, una profonda conoscenza del tema.

    Oggi, senza peli sulla lingua ha affermato, tra l’altro, di non vedere l’ora che l’Autonomia venga abolita (per chi fosse interessato, è disponibile il podcast). Attenzione, ripeto per coloro che leggessero frettolosamente: non ha auspicato la fine dell’Autonomia, ha affermato di non vedere l’ora che cessi!

    Poiché è persona dotata di eloquio forbito (e scrittura dignitosa) non c’è da pensare che si sia potuto sbagliare: semplicemente, sa benissimo che l’Autonomia è in via di sparizione e, per motivi che saranno pure discutibili ma non sono il tema di questa paginetta, si augura che accada presto. Cerco di dirlo in altra maniera: Buttafuoco sta promuovendo la fine dell’Autonomia siciliana, che dà per certa, da buon politico qual è!

    Ciò che appare bizzarro è la completa assenza di interesse da parte di noi sardi. Per quanto cerchi un qualche accenno alla possibilità che anche la nostra autonomia segua la strada maestra indicata dalla Sicilia, continuo a non trovarne traccia. Niente sui giornali (dipenderà dal fatto che in Sardegna non ne abbiamo?) nulla sui siti/blog che “fanno tendenza”, nulla nei telegiornali locali, nelle interviste a coloro che “fanno opinione” (sarà che fare opinione, da noi è sinonimo di farsi una sega?).

    Eppure, le ragioni addotte dal giornalista per spiegare il suo desiderio che la Sicilia ritorni allo status di regione a statuto ordinario, sono proprio quelle che ci si potrebbe attendere da uno come lui: incapacità di gestire la cosa pubblica, società basata sull’assistenzialismo, assenza di iniziativa privata… detto in parole povere: una regione che avrebbe bisogno di un tutor, magari sobrio ed equanime (possibilmente in loden), in grado di portarla sulla retta via.

    È da un po’ di tempo che assisto con curiosità a questa costante campagna di stampa contro l’autonomia delle Regioni a Statuto Speciale. Ad esempio, se ne sente parlare spesso su Radio24, l’emittente della Confindustria. A tal proposito, ho ascoltato interviste con esponenti politici siciliani, molti dei quali, delle più diverse coloriture politiche, danno oramai per scontata la fine dell’autonomia. Con politici Valdostani, che invece la difendono a spada tratta rivendicando il buon funzionamento delle proprie istituzioni, così come quelli delle provincie autonome di Trento e Bolzano.

    E la Sardegna?

    La Sardegna?! E chi dovrebbero intervistare: Cappellacci? Oppure uno degli indipendentisti:ad esempio quello con il fiocco verde, la testa pelata (e le idee invece pure) che vorrebbe entrare in Europa dopo la secessione perché così la UE ci regala un miliardo di euro che mancano al bilancio?

    Perché la differenza è tutta qua: che mentre gli altri si preparano alla fine dell’autonomia e reagiscono come possono (chi, forte, pesta i piedi per contrattare; chi debole, se ne fa una ragione) noi facciamo finta di nulla e apriamo le vertenze per avere più soldi da uno stato centrale che, tra breve, non ci sarà più: sarà stato e basta!

    Come: ho dimenticato di citare la sinistra?

    Perché, in Sardegna abbiamo anche una sinistra?
    ——————————————————–

    Sei sceso dal pero???
    .
    http://gabrieleainis.wordpress.com/2012/11/21/autonomia-per-piccina-che-tu-sia/

  5. Angelo says:

    Od Vito, fino a quando chiederemo di fare le battaglie a quegli stessi uomini che non hanno nessun interesse a vincerle il risultato non potrà che essere lo stesso della prima “perfetta fusione”.
    Indipendentisti e sovranisti non possono andare a braccetto con cdx e csx italiano.
    E’ una cosa talmente evidente!

  6. Pingback: in giro con la lampada di aladin su autonomia, specialità e dintorni… | Aladin Pensiero

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