Sul suo blog “Costruire su macerie” il cantante e scrittore Gianluca Floris ha scritto un interessante post sul ruolo e sul funzionamento dei Teatri Lirici. Ultimamente si sono sentite molte stupidaggini (anche da chi, istituzionalmente, dovrebbe ben sapere a cosa servono delle Fondazioni così onerose per le casse pubbliche), per cui un intervento di questo genere mi sembra opportuno che venga rilanciato e condiviso.
Peraltro, consiglio di associare la lettura di questo post a quella di un altro intervento, sempre di Gianluca Floris, dal titolo “I luoghi comuni che sento sul Lirico. Smontati”.
Poi lo so che ci sarà sempre qualcuno che, anche in questo blog, urlerà agli artisti “Andare a lavorare!”, che dirà “Sono soldi buttati!”, “E’ una spesa che non ci possiamo più permettere”, o che ritiene che in via Sant’Alenixedda ci sia solo una massa di sfaticati che non vede l’ora di imboscarsi e che ha bisogno di un nuovo soprintendente per essere “messo in riga”. Sono tutte argomentazioni che dimostrano quanto si sia paurosamente abbassato il livello del confronto. Evidentemente, vent’anni di berlusconismo hanno lasciato il segno: anche (o soprattutto) a sinistra.
***
Il Teatro Lirico di Cagliari è una Fondazione Lirico Sinfonica.
Cosa sono le Fondazioni Lirico Sinfoniche?
Sono dei teatri stabili la cui missione è quella di fare tutto l’anno programmazione musicale che mantenga in vita l’opera lirica e la sinfonica in quanto patrimonio culturale di tutti i cittadini italiani ed europei. Le Fondazioni sono state istituite con legge nazionale e in base a tale legge ricevono un finanziamento statale la cui entità è stabilità in base a dei punteggi relativi alla quantità e alla qualità della produzione. Le fondazioni ricevono altri finanziamenti dagli enti locali per garantire stabilità della azione di programmazione artistica e per la diffusione della conoscenza del nostro patrimonio musicale.
Come viene assunto il personale?
Tramite concorsi obbligatoriamente europei, con nomine di commissioni di esperti cui devono obbligatoriamente partecipare membri esterni e le cui prove sono tutte pubbliche e devono avvenire anche alla presenza degli organismi sindacali aziendali.
Perché finanziare le Fondazioni?
Per mantenere in vita il patrimonio artistico italiano. Per la stessa maniera per cui dobbiamo mantenere Pompei, Venezia, la Valle dei Templi, il Giardino di Boboli, ecc. L’opera lirica è il nostro patrimonio artistico e culturale di gran lunga più conosciuto al mondo e, nonostante si tratti di una modalità di spettacolo costosa, viene messa in scena ogni giorno in ogni parte del pianeta. Le Fondazioni sono un luogo di selezione dei migliori professionisti musicali europei che continuano a testimoniare l’importanza del patrimonio artistico e continuano con il loro lavoro a farne fruire i cittadini.
Quanto prendono i dipendenti delle masse artistiche?
Si tratta di stipendi normali per il settore pubblico ma in realtà sottodimensionati per chi è un professionista della musica con elevate capacità artistiche e professionali. Per diventare professore d’orchestra o artista del coro si deve studiare una vita e sottoporsi continuamente a concorsi ed esami estremamente competitivi. La preparazione tecnica e culturale media richiesta ad un lavoratore lirico-sinfonico italiano è di altissimo livello perché il lavoro di interprete musicista non può essere improvvisato ma si tratta di altissima specializzazione.
Quanto lavorano i dipendenti?
Meno di quello che il loro contratto permetterebbe. Nel caso del Lirico di Cagliari i dipendenti chiedono da più di due anni di utilizzare tutto il monte ore a disposizione del loro contratto ma le loro richieste rimangono inascoltate. Avete letto bene: i dipendenti del Lirico di Cagliari chiedono da tempo di essere messi in condizione di lavorare di più. Fino ad ora questo non è stato mai possibile per inadeguatezza delle varie dirigenze. Per operare nel senso della massima efficienza, infatti, occorrono tecnici e amministratori esperti e preparati.
È uno spettacolo per una élite?
A Cagliari ogni spettacolo viene visto (parliamo solo di lirica, per comodità) da circa diecimila persone fra abbonati e non. Per una città da 150mila abitanti può dirsi un ottimo risultato. A Cagliari non esistono diecimila ricchi. Ci sono molti giovani, molti anziani (che sono la maggioranza dei cagliaritani) e non si vede una pelliccia. Se per élite si intende che è un pubblico fatto di persone abituate a fruire cultura, con il gusto dell’ascolto, della ricerca e della interpretazione, in Italia si tratta effettivamente di una élite. È gente istruita e curiosa. In altri paesi come la Francia, la Germania o l’Olanda o il Regno Unito, questa élite si chiama “pubblico” o “cittadini”.
Possiamo utilizzare i soldi delle Fondazioni per fare altro?
Attualmente non è possibile, a meno di cambiare la legge nazionale in modo che si smantelli il sistema della tutela della lirica sinfonica e del nostro patrimonio culturale musicale. Parimenti si potrebbe pensare di non mantenere più Venezia o Pompei o Ostia Antica in modo da risparmiare dei denari. Attualmente i dieci milioni di euro l’anno che lo stato da alla Fondazione Lirico di Cagliari, se venisse chiuso il Lirico, non potrebbero più arrivare in Sardegna e tornerebbero a Roma per venire utilizzati a finanziare, sempre tramite il Fondo Unico dello Spettacolo, altre realtà italiane.
Quanti di questi denari pubblici ricadono sul territorio?
Praticamente tutti. I quasi 400 dipendenti della struttura di Cagliari ad esempio vivono sul territorio, comprano case, vestiti, mangiano, comprano beni e mezzi di trasporto sul territorio locale. E soprattutto pagano in Sardegna le loro tasse. Gli artisti ospiti invece dormono, mangiano e comprano beni in città e sul territorio, spesso ci tornano per farci vacanze nelle nostre strutture turistiche e più di uno si è fermato a vivere qui, alla fine, facendo anche degli investimenti.
Uno studio dell’Università “Carlo Bo” di Urbino ha quantificato che a Pesaro, a fronte di una spesa per la lirica di circa sei milioni di euro pubblici, sul territorio ne ricadono più o meno undici. Giusto per citare una piccola realtà come quella di Pesaro. Per il resto gli studi dello Studio Ambrosetti della Confindustria, della UE e di altri dipartimenti universitari, dimostrano che il consumo di cultura diffuso porta ricchezza diretta al territorio, oltre a formare cittadini migliori e più responsabili. A meno di non pensare che gli investimenti della famiglia Medici a Firenze, dei Papi a Roma, dei dogi a Venezia, non siano serviti a nulla e che con quella cultura noi italiani non ci abbiamo mai mangiato. L’investimento in cultura in Italia è sempre stato motore di ricchezza. In Italia molto più che in altri paesi del mondo.
Dobbiamo farla finita con i teatri lirici?
Sì, se vogliamo smettere di avere una tradizione artistica e un patrimonio culturale.
Sì se siamo convinti che una crescita culturale anche musicale sia un inutile orpello da ricchi cicisbei effeminati.
Sì, se pensiamo che l’unica musica da diffondere sia quella che si autopaga. C’è da dire che in questo caso non so bene su che cosa dovrebbe invece investire la nazione Italia per il futuro dei nostri figli. Potremmo fare una scelta forte e utilizzare i soldi che lo stato riserva al nostro patrimonio culturale per spenderlo in industria pesante, nelle miniere del Sulcis o in mille altre maniere. Certo che lo si può fare. Un popolo ha sempre il governo che si merita.
“Una città senza un teatro che faccia musica, non è una città dove valga la pena vivere” mi hanno detto gli amici norvegesi che mi spiegavano il fiorire di costruzioni di teatri dovunque nella loro nazione. Credo che se gli italiani lo vorranno potranno senz’altro chiudere i teatri stabili, le pinacoteche, i musei e i siti archeologici. Siamo in piena crisi, se non ve ne siete accorti, e quindi facciamola finita con la cultura. Ci penseremo dopo, quando saremo ricchi liberati finalmente dalla spesa per questi orpelli, noi italiani. Anche il governo del libero Afghanistan ha deciso di farla finita con gli inutili buddha di pietra o con queste manifestazioni inutili come le gare di aquiloni. Sono scelte e un popolo sovrano le può fare legittimamente. Alla cultura ci penseremo dopo.
Perché, infine, si parla così male di chi fa di mestiere l’artista?
Per invidia, perché facciamo il lavoro più bello del mondo, perché viviamo di musica e siamo capaci di dare brividi ai tanti che ci vengono ad ascoltare. Perché siamo capaci di studiare e il nostro potere è quello di capire, di interpretare. Perché è uno dei pochi lavori che nobilita sia chi lo fa sia chi ne fruisce. Per questo ci odiano: perché di mestiere regaliamo attimi di felicità. E questo, gli invidiosi, i gretti, proprio non ce lo perdoneranno mai.
Gianluca Floris
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Ineccepibile l’ingegner Cualbu. Leggete:
Gualtiero Cualbu esprime invece totale dissenso per il nome indicato dal Presidente, giudicato “inadeguato al ruolo e privo dei più importanti requisiti indicati dallo Statuto” e prende atto di quanto dichiarato dal Presidente e cioè che “che si tratta di persone di sua fiducia, di cui lui garantisce la competenza e la capacità per ricoprire il ruolo di Sovrintendente e di aver avuto conferma che la scelta è condivisa dallo stesso Ministero”.
Cualbu chiede poi perché non siano state prese in considerazione la candidature della manifestazione di interesse “alla quale la Crivellenti non ha partecipato e il cui curriculum è stato consegnato al cda solo oggi”.
Ma l’ingegnere, dopo l’insistenza di Zedda e di alcuni consiglieri che chiedono l’unanimità, vota favorevolmente, a condizione che emerga il suo dissenso, solo per ribadire la fiducia al Presidente e per evitare il commissariamento del Teatro.
http://www.cagliaripad.it/it/news/ottobre/15/crivellenti-ok/
I verbali del CDA. A ognuno le proprie considerazioni
L’ho detto a radio press e lo ripeto sarebbe ora di finirla di strumentalizzare il concetto espresso da Barrovecchio che sicuramente era inopportuno ma era intriso di ingenuità. Presumo che la signora sicuramente visto che è una libera professionista non godrà della maternità per sua scelta, e con il lauto stipendio che andrà a prendere potrà permettersi sicuramente una governante che la seguirà nel suo incarico e non dovrà come noi comuni mortali usufruire della grande pazienza dei nonni!!!!Per cui il problema non sussiste l’unica paura del collega era quella che il Teatro rimanesse in auto gestione senza figure di riferimento per tre mesi…..anche nella maternità le donne non sono tutte uguali…ci sono anche quelle che vengono licenziate perché sono in gravidanza, ci sono quelle che non possono permettersi di allattare perché non gli vengono concessi i permessi per allattamento ma queste sono storie serie….non è questo il caso. Non mi pare che questa frase possa e debba essere usata in presenza di sindacati che da 10 anni fanno fuoco e fiamme per poter creare il baby parking dentro il Teatro visto che gli orari di lavoro sono ” a turni” a volte al mattino a volte al pomeriggio e a volte la notte e molte di noi hanno bisogno di pagare due baby sitter ( e chi ce li ha i soldi per farlo????? ) o seviziare i propri genitori per poter lavorare .Oltretutto il nostro orario di lavoro è settimanale e possono cambiarcelo entro le 13 del giorno prima….e la baby sitter scappano…….No signori non ci sto! con 10.000 € al mese la signora saprà come risolvere per cui il problema non sussiste lei sarà una donna di serie A durante la sua maternità, parliamo di cose serie………..
Ecco cosa pensa il sindacato: http://www.radiopress.it/2012/10/barrovecchio-snater-crivellenti-significa-morte-del-teatro-e-anche-incinta-tra-due-mesi-forse-non-verra-piuok/
È per questo che protestano i sindacati: perché lei è incinta. Questa posizione è la posizione ufficiale delle otto sigle sindacali.
Sei fuori contesto. É un commento a corollario che ne segue altri ben più argomentati.
sì certo con argomenti pretestuosi…..
alberto, ma col rigiramento della frittata che hai fatto credi di essere ancora credibile?
Stante la grave situazione che i lavoratori del Teatro Lirico di Cagliari stanno vivendo da alcuni anni a questa parte, ci sta che un rappresentante sindacale esprima, anche con toni accesi, le preoccupazioni del momento. Ciò che non si può accettare è che si entri prepotentemente nel privato altrui,ciò che non si può accettare è che si trasformi la giusta dialettica della protesta e del confronto nel più bieco maschilismo.
Sconfortante e pericoloso, in un paese che invecchia, in un paese in cui l’età media supera di gran lunga i 40 anni, ritenere una gravidanza incompatibile col corretto svolgimento di un incarico. Sono certa che Cristiano abbia eseguito un assolo, e che il comune sentire dei lavoratori del Teatro Lirico sia ben altro.
A Di Legno:
piano con le accuse…. abbiamo sentito la posizione di una singola persona….
fare pubblica ammenda è un gesto che fa onore a chi lo fa, ed il sindacalista dello SNATER dovrebbe prendere atto della mostruosità di quanto detto ed agire di conseguenza.
Raccontaci invece della stessa cgl regionale che invece vi ha consigliato di ammorbidire i toni
Luciano Uras suppongo ne sappia qualcosa …
Balla spaziale il segretario regionale della CGIL approva e sostiene e chiede ancora maggiore fermezza (sentito con l’orecchi mia)
E’ vero, la dichiarazione si presta a commenti ed interpretazioni che non erano certo quelli che il rappresentante voleva evidenziare. Si sarà anche espresso male, ma ciò non toglie che quel nome spaventi per i danni che ha fatto in precedenza in altri ruoli all’interno del teatro, che sia frutto di una decisione unilaterale del sindaco a dispetto delle sue promesse, del suo ruolo, dello statuto e delle prerogative del Cda del teatro, che la situazione del teatro imporrebbe una persona attiva e disponibile 24 ore su 24 (la maternità é meravigliosa, auguri, ma qui ci sono da salvare 300 posti di lavoro e risanare un debito che per ora è ricaduto pesantemente sulle tasche dei dipendenti, non è maschilismo, é paura).
E mi spaventano molto alcune dichiarazioni sentite ieri in teatro dal rappresentante di Sel: “Se farà danni il sindaco si assumerà le responsabilità”…
Peccato che le responsabilità, come sempre, sarebbero solo politiche, mentre quelle in solido ricadrebbero come sempre sui dipendenti… i quali hanno avuto la colpa di investire la loro vita nello studio della musica, quella roba inutile che spreca risorse…
Poi si potebbe anche discutere se il “privato” di un personaggio con incarichi pubblici sia più o meno affare trascurabile, ma qui non mi riferisco alla Crivellenti…
Di Legno appunto, anzi no, direi ” Cozzina ” mi sembra più adeguato!
Ancora un contributo.
http://costruiresumacerie.org/2012/10/13/cosa-sta-succedendo-al-lirico-di-cagliari/
siete tutti incoscenti EDOARDO USAI, e il sempre mitico GIUSEPPE FARRIS da’ dell’imbecille a chi ha votato il nostro SINDACO MASSIMO ZEDDA , ora fatte una cosa dategli pure ragione masochisti.. un ex custode
Ma in tutto questo bailamme, siete sicurisicuri che la Crivellenti accetterà la nomina? Qualcuno l’ha sentita? E se la Crivellenti rinuncia (poniamo) per ragioni squisitamente personali, slva la faccia del maschio alfa eletto? E la presa di posizione sempre più dura del PD contro il maschio alfa eletto, è un fuoco di paglia o l’inizio di una messa in mora? Quando il consigliere Piergiorgio Meloni si alza in commissione dicendo che prima di votare il provvedimento “bisogna discuterlo perché NOI non ci fidiamo più di VOI (riferito a SEL), cosa voleva significare? E il fatto che un partito di maggioranza che è stato votato con quattro volte più voti di SEL, è un ricatto o una normale logica politica in democrazia, dove chi ha più voti dei cittadini deve contare di più?
Per i “defensor fidei” potrete scegliere fra queste risposte:
– Vito Biolchini è incazzato perché voleva fare l’assessore
– Davide Carta fa i comunicati contro Zedda perché eterodiretto da suo zio della CISL
– Francesco Siciliano era sicuro di vincere perché mangia a cena i gamberoni con: Oppi/Cugusi/Palmas/MonsMani/AnselmoPiras/LicioGelli/EdoardoTocco e con Farris
– Non è vero!
– Gianluca Floris voleva fare l’assessore/sovrintendente/direttoreartistico/alternos
– Massimo Zedda è un ottimo guidatore.
– I lavoratori del Lirico vorrebbero lavorare due ore al giorno a 5mila euro al mese
– I sindacati hanno rovinato l’Italia
– I negri hanno la musica nel sangue.
– Vito Biolchini voleva fare l’ufficio stampa della Puggioni
– La Crivellenti è troppo toga proprio perché i sindacati dicono che non va bene.
Vito Biolchini è incazzato perché voleva fare l’assessore.
No
– Davide Carta fa i comunicati contro Zedda perché eterodiretto da suo zio della CISL
no lo fa solo per non sentire Cugusi che rompe le palle sulla chiesetta aragonese
– Francesco Siciliano era sicuro di vincere perché mangia a cena i gamberoni con: Oppi/Cugusi/Palmas/MonsMani/AnselmoPiras/LicioGelli/EdoardoTocco e con Farris
Sicuro, e in più ci andava con la macchina della provincia
– Non è vero!
Vero
– Gianluca Floris voleva fare l’assessore/sovrintendente/direttoreartistico/alternos
Un po’ si, ma cià il Colon irritabile
– Massimo Zedda è un ottimo guidatore.
No però lava la macchina molto bene
– I lavoratori del Lirico vorrebbero lavorare due ore al giorno a 5mila euro al mese
Come tutti del resto
– I sindacati hanno rovinato l’Italia
Diciamo che hanno contribuito
– I negri hanno la musica nel sangue.
E pure i peni più lunghi
– Vito Biolchini voleva fare l’ufficio stampa della Puggioni
No, ma la Puggioni ne avrebbe bisogno
– La Crivellenti è troppo toga proprio perché i sindacati dicono che non va bene.
Se continuano a sbraitare così finirà per diventare vero
Ma la saliva nel naso la metti tu o vuoi che te la mettano?
Puoi rispondere:
– la metto io!
– marrano se me la metti…
La domanda te la faccio io, ma seria stavolta: mettiamo che si reputi il numero delle Fondazioni Liriche eccessivo e che qualcuna di quelle finanziate dallo Stato per la tutela del patrimonio lirico-sinfonico debba essere chiusa. Secondo te quale scelgono?
Metti almeno una x all’elenco:
Fondazione Lirico Sinfonica Petruzzelli e Teatri di Bari
Fondazione Teatro Comunale di Bologna
Fondazione Teatro Lirico di Cagliari
Fondazione Teatro Maggio Musicale Fiorentino
Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova
Fondazione Teatro alla Scala di Milano
Fondazione Teatro di San Carlo in Napoli
Fondazione Teatro Massimo di Palermo
Fondazione Teatro dell’Opera di Roma
Fondazione Accademia Nazionale di S. Cecilia di Roma
Fondazione Teatro Regio di Torino
Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste
Fondazione Teatro La Fenice di Venezia
Fondazione Arena di Verona
In effetti é un elenco de paura. Credo toccherebbe inevitabilmente a Cagliari
Avvocato Soviet, le sue cause sono perse nel mare di………….
Cioè? Si spieghi pure utilizzando frasi di senso compiuto. Poi, in italiano bastano tre puntini di sospensione, così la prossima volta lo sa …
Fermi tutti!!!
Apprendiamo che Sovjet vuole ridurre il numero delle Fondazioni Lirico Sinfoniche!!!!!
Interessante, tra i saggio che indica la luna, lo stolto che guarda il dito esiste una terza possibilità…non ci avevo mai pensato!
Grazie per avermi insegnato una cosa nuova, o Catilina.
sovjet, lascia perdere. Questi pensano ancora di vivere nei meravigliosi anni ’80.
per ragioni storiche e di bilancio chiuderebbero il petruzzelli
Appunto per questo, per l’intrinseca debolezza locale avremmo avuto necessità di un vero sovrintendente e di non essere proni davanti al signor Nastasi. Appunto per questo, gentile Soviet. A maggior ragione, tanto più. La nomina è surreale. La signora resta una scelta sciagurata perché l’assenza di titoli reali rende più deboli tutti. Non difenda l’indifendibile. Non ce la fa. Saluti.
Lei pensa che in giro ci sia un potenziale sovrintendente, che non vede l’ora di venire a Cagliari, ma con così grande competenza e autorevolezza da ribaltare i rapporti di forza territoriali a favore della Sardegna e di Cagliari e senza nessun appoggio ministeriali visto che a Nastasi avrebbe messo (come da nick di un simpatico commentatore) “saliva nel naso”? Viviamo in tempi complessi o interessanti, per dirla col filosofo sloveno, mi sa che la questione è un po’ più difficile di come la faccia lei.
Resta un altro punto, perché la gara adesso è sparare su Zedda…per caso c’era un nome alternativo da parte del CdA, magari scelto fra coloro che hanno risposto alla manifestazione d’interesse? Non mi pare. Nessuno ha fatto nulla. A parte il sindaco che si è assunto le sue responsabilità e ha fatto da garante. Ma questo non è stato ritenuto sufficiente e ha determinato una presa di posizione da parte dei sindacati a mio avviso controproducente. Tenuto conto che in genere gli incarichi hanno un periodo di prova da superare e che nessuno ha visto piano industriale e staff.
Staremo a vedere alla fine cosa succederà e valuteremo se l’intelligenza politica di Massimo Zedda è maggiore o minore di quella dei suoi critici.
Io poi, dovessi sbagliare, prontissimo ad ammettere l’errore.
Scusa amico Sovjet, ma cosa dici? E’ il presidente della Fondazione che doveva proporre una rosa di nomi al cda! Ma il presidente addirittura ha affermato di non averli neanche letti i CV! Le buste contenenti le manifestazioni di interesse sono mai state aperte? Il sindaco si è assunto le sue responsabilità, e ci mancherebbe pure visto che ha fatto prevalere il suo “intuitu personae”. Quindi cosa c’entra il cda?
Mi fa piacere sapere poi che sei pronto ad ammettere l’eventuale errore. Ma questo concretamente cosa significa? Perché ogni errore politico si paga con un cambio di rotta politica: se dovesse emergere che Zedda con la vicenda del Lirico ha clamorosamente sbagliato, quali sono le conseguenze politiche che ci dovremmo attendere? O ci dovremmo accontentare di un semplice “Scusate, ho sbagliato”?
Caro Vito, io faccio il commentatore e posso ammettere i miei errori di valutazione. Posto che non siamo ancora nelle condizioni di poterlo affermare. Massimo Zedda è sindaco di Cagliari e sarà valutato dai cittadini, non dai giornalisti, dai sindacati del Lirico o dai commentatori del tuo blog, che al limite possono esprimere opinioni sul suo operato e scegliere di conseguenza.
Vedi se sbaglia lui col Lirico ne pagherà in qualche modo le conseguenze anche lui (sempre che il Lirico sia in cima alle priorità dei cagliaritani). Se sbaglio io oppure se sbagli tu, alla fine a noi non succede niente. In fin dei conti la grande differenza tra noi e Massimo Zedda sta tutta qui.
Ha ragione, caro Biolchini, le buste non sono mai state aperte. L’ordine del giorno del cda era appunto la visione dei curriculum e loro valutazione ed eventuali richieste di approfondimento, ma è stato completamente stravolto dall’intuitu personae di Zedda. Il quale Zedda, nonostante la corte serrata fatta ai lavoratori e ai sindacati del Lirico durante la campagna elettorale e l’impegno al suo incondizionato sostegno nella loro vertenza contro il sovrintendente DiBenedetto, ha dovuto sin da subito fare i conti con le sue personali contraddizioni. Perchè l’uomo Zedda in realtà odia la lirica, e sono di pubblico dominio le sue esternazioni contro “lo spettacolo per i ricchi”, la musica “d’elite”, i lavoratori “privilegiati”, i sindacati “corporativi”. Perchè guai a dire prima quello che si pensa, tanto le promesse non costano nulla, lo si dice dopo, a cose ormai fatte. E i fatti sono stati i seguenti: mancato licenziamento di DiBenedetto e relativo pagamento di 200.000 euro di buonuscita per aver fatto trascorrere i sei mesi di prova; l’assenza assoluta di indirizzo alla politica del Lirico; la dilatazione inverosimile dei tempi per trovare una guida autorevole al teatro; il passaggio dal concorso internazionale alla manifestazione di interesse; i rapporti intensissimi con Salvatore Nastasi e con la palude della politica romana per promuovere la Crivellenti fin dal mese di maggio; la conduzione come minimo priva di mediazione e decisionista nella nomina del nuovo sovrintendente. Dati i fatti, risulta chiaro come i lavoratori del Lirico stiano lottando non contro la nomina di un sovrintendente scomodo o senza requisiti, ma per la sopravvivenza stessa del teatro, posto il fatto che la nomina stessa della Crivellenti è un ariete approntato (in accordo col ministero e con quella parte della sinistra che dovrebbe un tantino chiarirsi le idee non tanto sul ruolo della cultura ma su cosa la cultura è) per smantellarlo definitivamente. E se al posto di Zedda ci fosse stato Emilio Floris? Altro che marcio in Danimarca!
Sovjet, difficile arrampicarsi sugli specchi, eh?
Sul merito: più competenti e autorevoli della Crivellenti ce ne sono a bizzeffe, sia tra quelli che hanno regolarmente partecipato alla manifestazione, sia tra gli esterni alla manifestazione.
Sul metodo: Zedda (che fa parte del Cda anche lui e ne è presidente in forza di legge) non ha rispettato né le leggi, né lo statuto dell Fondazione, e neanche i termini della manifestazione di interesse indetta da lui e dal Cda.
Se (e sottolineo se) e quando il sindaco sarà chiamato a rispondere del suo errore, il teatro lirico potrebbe anche non esistere più.
Se il Lirico non esisterà più non sarà certo a causa della Crivellenti…
Restano i fatti, gentile Sovjet. I fatti consistono nella mancanza di titoli della signora Crivellenti. Non c’entrano, direi, le scelte politiche e le elezioni fra quattro anni (meno di quattro). C’erano curriculum nettamente più sostanziosi di quello scelto. Anzi, i buoni curriculum sono una seccatura, creano imbarazzo, rendono poco credibile, appunto, la scelta sciagurata. Tanto sciagurata che non andrà in porto. Saluti cordiali.
Ricordfo inoltre, gentile Sovjet, altri argomenti a proposito dei quali lei ha ricevuto, dai fatti, una zuccatura. Ma lei ha abbozzato. Pazienza, sopravviveremo.
Vede gentile anonimo, a volte le si dà, a volte le si prende. Per ora però, abbia pazienza, il verdetto non è ancora stato emesso. Ma in fondo, ad aver torto o ragione, a me poco mi cambia. “Zuccature”, qualsiasi cosa lei intenda con questa parola, non mi pare di averne subite. In ogni caso, sopravviverò anch’io, non si preoccupi.
Vede gentile Sovjet, quando le cose sono poco chiare diventa brutto per tutti. Ma ce lo ha ordinato il dottore di buttare tutto alle ortiche con un’operazione che, perchè proprio poco chiara, qualunque siano le motivazioni e gli intendimenti che le stanno dietro, fa dire alla gente (che sento io con le mie orecchie e in numero sempre crecente): i politici son tutti uguali, non cambia mai niente, madiamoli a lavorare e via andare. La trasparenza è di chi non ha nulla da nascondere, e allora perchè riservarla ai poveri illusi fissati con l’onestà (per lo meno intellettuale). Vede, non so se la giunta avrà le gambe per andare avanti ancora per molto, ma anche dovesse arrivare alla fine del suo mandato ho paura che sarà un’avventura che lì finirà. E mi è anche arrivata voce che la magistratura sta drizzando le antenne…
il progetto è di trasformarli tutti in teatri regionali esternalizzando le masse artistiche tranne: Scala, venezia, Torino, Roma, Napoli. Verona solo festival areniano e chiusura filarmonico cosi l’orchestra e il coro si pagano solo per l’estate.
Ciao Claudio!
ops….
da radio press
Cristiano Barrovecchio del sindacato Snater.
“Da oggi il Teatro Lirico è occupato contro la nomina di Marcella Crivellenti. “Questa persona per noi significherebbe la morte del teatro. Sappiamo che è anche in stato interessante, quindi è probabile che venga per due mesi e poi per molti mesi non ci sia. Ma fino a lunedì c’è il tempo perché il sindaco torni indietro. Altrimenti sarà lotta dura”.
no comment
Agghiacciante!
con questa frase hanno firmato la loro sconfitta…
Sono d’accordo con Gianluca Floris. Gli faccio inoltre i complimenti per la qualità del suo Italiano: scorrevole, di facile lettura e con pochissimi “che”.
“Italiano” si scrive minuscolo.
O Peppino ….no ses cosa de arrispundi….no ndi balit sa pena , ses prenu de logus comunus e ses fintzas unu pagu fascista !!!po tui sa cultura est cussa ma no boghis a is atrus sa possibilidadi de impreai sa sua e pruschetotu nosu puru boleus su dinai po sa lingua e cultura nostra !!!!
Che bella risposta intelligente, caro irlandesu. Mi immagino la Sardegna, le sue scuole, la sua sanità, i suoi trasporti, il suo turismo, il suo lavoro, il suo territorio affidato a te. Riconosco a te e Davide la capacità di essere divertenti. Questa dell’indipendentismo anti lirica è fantastica. Bravi e simpatici. Denari per la cultura che propugnate ne avete avuto in proporzione. Saluti cordilali.
Irlandesu e Davide, una soluzione c’è! Basta trovare un sovrintendente indipendentista. Sarebbe interessante, un bell’esperimento. Grazie per il vostro contributo di idee.
Soldi per la cultura e lingua sarda …….basta con le vagonate di milioni di euro per il lirico
E tui ita iast a fai cun su dinai de sa lirica, pani de simbula, moddi o tostau? E ita iast ai depiu fai cun su dinai de coranta annus isperditziau po pappai beni girendi per is mesas allenas?
ancora!!!
http://consiglio.regione.sardegna.it/xivlegislatura/Leggi%20approvate/Bilancio%20completo%202012.pdf pagine 75-76
studia!!
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Perché finanziare le Fondazioni?
Per mantenere in vita il patrimonio artistico italiano.
Con tutto il rispetto per il Floris che è una persona seria: perchè la Sardegna dovrebbe pagare 20 milioni di euro all’anno per finanziare la cultura italiana sul suo territorio? Se la paghi l’Italia la Fondazione. Noi abbiamo altro a cui pensare. La nostra lingua e la nostra cultura si stanno estinguendo !!!!
L’opera lirica è la tua cultura ma purtroppo non lo sai. E’ nata in Italia nel 1600. Ed è l’unico motivo per cui giapponesi, coreani, americani ecc studino la nostra lingua. Questo per interpretare meglio l’opera stessa. Se poi a te piace altro non ha importanza ma, non puoi parlare di cultura escludendo la musica!
VIttorio Termini,
legga bene il post di Piseddu.
sa benissimo che l’opera lirica è italiana, ma non ritiene che la Sardegna faccia parte dell’Italia (se non come sua colonia), non ritiene che la nostra lingua madre sia l’italiano (a meno che lei non volesse sostenere che i giapponesi, coreani, americani studino il sardo grazie all’opera lirica) e infine non parla di cultura escludendo la musica, ma parla di cultura sarda e la lirica ha poco a che fare con questa..
P.s. io non sono d’accordo con Piseddu, ma lei gli da dell’ignorante senza neanche aver capito (o letto con attenzione) il suo post.
Vittorio, pretendi di insegnare qualcosa a Piseddu, quando forse sei tu a non sapere o a fraintendere la storia e ciò che è la tua cultura, con malizia o semplicemente a causa dell’indecente istruzione che la scuola italiana impartisce. Nell 1600 l’Italia stato era ben lungi dall’essere anche solo immaginata. Però esisteva la Sardegna, all’epoca sotto dominazione spagnola. Dunque al suo concepimento la lirica era per noi sardi (se tu ti ritieni italiani almeno dal 1600, io ho diritto di ritenermi sardo da ben prima) un prodotto culturale a tutti gli effetti alieno. Strano che oggi venga spacciato come “nostro”. Un po’ come per la lingua italiana, mi verrebbe da pensare. Queste sono mistificazioni belle e buone.
Non ho niente contro l’opera lirica in particolare. Ma per assurdo mi chiedo come mai in Sardegna si finanzi la cultura tradizionale fiorentina, mentre stato, regione Toscana o il comune di Firenze non facciano altrettanto per la cultura sarda. Non sia mai che i sardi abbiano un’autocoscienza tale da porsi queste assurde domande.
Secondo la logica dominante, il patrimonio culturale che geograficamente ricade oggi nello stato italiano è per forza anche sardo. Però ciò che sardo, è sardo e basta e arrangeisì bosatrus.
E Levando i soldi alla cultra italiana (o inglese, francese, russa ecc.) e abolendo quindi teatri, cinema, bar, pizzerie, librerie, qualunque sport che non sia istrumpa o murra, financo i baretti del poetto che suonano musica strangia, e mettendo tutti i finanziamenti loro nella cultura e lingua sarda………..Ma poitta no si liggeis unu scantu de librus?
Modalita’ concorsuali di questo tipo nelle universita’ nostrane niente, eh?…
beh da oggi nelle universita si entra dopo un’abilitazione nazionale con commissione estratta a sorte seguita da concorso con commissione estratta a sorte + membro interno+membro internazionale
Supponiamo – per un attimo – che per una certa cosa si spendano in un anno 10.000.000 di conchiglie, e che al di sotto di questa cifra non sia possibile scendere, semplicemente perchè questa cifra è quella minima necessaria per far funzionare la cosa stessa.
Di cosa si tratta?
E’ irrilevante, per il momento; basti sapere che questa cosa produce servizi, a titolo perfettamente gratuito per chi ne fruisca.
Se a fruire di quei servizi fossero – poniamo, sempre per un attimo – 10.000 persone, attraverso una semplice divisione potremmo sostenere che, per consentire a una di quei 10.000 di godere di quel servizio, si siano spese 1.000 conchiglie.
Se le persone fossero state 100.000, si sarebbero spese 100 conchiglie a persona.
Ciò detto, data per scontata l’utilità di tenere in piedi la cosa, non potendo il servizio – per le sue caratteristiche – essere garantito in altro modo; data per scontata – ancora per un attimo – la possibilità di far fruire del servizio, nello stesso modo, a 100.000 o a 10.000 persone, sembrerebbe più conveniente tentare di fare in modo che le persone siano 100.000, e che il costo a persona sia di 100, invece che di 1.000.
Naturalmente, questo ragionamento potrebbe trovare dei limiti nel momento in cui il servizio si riferisse a ospedali o a carceri, ma neanche poi tanto, se l’offerta di servizi fosse indipendente dalla domanda, e si limitasse a dare risposte economiche e qualificate.
Nel caso di “servizi culturali”, la convenienza non potrebbe considerarsi limitata al soddisfacimento – in termini più economici – di una domanda data in base a un rapporto predeterminato fra domanda e offerta, quanto invece all’allargamento della base di utenza, in termini non solo economici, ma proprio culturali.
Bene, in tutto questo ricco dibattito, mi pare che della necessità di promuovere la base di utenza poco si parli. Magari è un caso, ma ho la sensazione che, per l’ennesima volta, ci sia un gran bello scambio di ruolo fra dito e luna.
Ma, certamente, mi sbaglio io, che di lirica non ne capisco una beata cippa.
Io, modestissimamente e umilmente, ho avanzato un ragionamento del genere in altri articoli. Parlavo di un impegno politico, promotore di una “cultura di tipo centrifugo”. Tutta la cultura che si produce (o quasi tutta) è di tipo centripeto: attira a se altra cultura.
Il Lirico attira a sé un pubblico con un livello culturale medio-alto. Stessa cosa Marina Café Noir. Il cittadino che non dispone di strumenti culturali, o di un bagaglio culturale sufficiente, se ne sta a casa e si guarda Maria de Filippi.
La cultura, in questo caso, deve entrare dentro le case e, a poco a poco, alzare il livello medio culturale di tutta la comunità.
Ho anche fatto un esempio concreto, ma non voglio tediare il paziente Vito.
L’ho trovato. E’ tra i commenti di questo articolo
http://vitobiolchini.wordpress.com/2012/09/15/ci-scrive-marco-zurru-lintellettualita-cagliaritana-si-sta-allontanando-da-zedda-perche-il-centrosinistra-risponde-alle-critiche-con-gli-slogan/
Quello scritto in parte in grassetto.
Sono difficili da debellare i luoghi comuni, specie se radicati nella soave ignoranza di come stanno le cose. E questa “ignoranza” è anche dovuta al fatto che il teatro è sempre stato alieno alla maggioranza dei cittadini. Relegato a costosissima riserva indiana, non si è mai aperto a disvelare i propri meccanismi interni, i propri vizi, le proprie virtù.
Ma qualcosa è cambiato. Già dalla scorsa edizione della manifestazione Monumenti Aperti un numero impressionante di cagliaritani è riuscito a varcare quelle porte e, miracolo dei miracoli, a visitare l’interno e vedere con i propri occhi e toccare con mano quello che succede dietro le quinte.
Da qui a che queste persone si facciano l’abbonamento o almeno vedano un’opera ce ne passa, certamente. Ma almeno conoscono una realtà produttiva (nei meriti della quale non entro) che interessa altri 400 loro concittadini tra i quali v’è un sottobosco di persone che lavorano e che contribuiscono alla creazione di cultura e arte all’ombra delle cosiddette “masse artistiche”: le sarte, i falegnami, gli elettricisti, i macchinisti, ecc..
Insomma, finalmente il Lirico si è presentato come quella industria che in effetti è: una fucina dove la cultura viene creata e ricreata e, in qualche modo, salvaguardata. Perché ci piaccia o meno una gran parte della nostra identità è proprio nella tradizione lirico sinfonica (non me ne vogliano i talebani dell’indipendentismo). Che questa salvaguardia costi e necessiti di intervento pubblico è noto a pochi. Comunque conosciuto a un numero ridicolo, mentre chiunque capisca un po’ di economia e bazzichi il settore cultura conosce bene il “morbo di Baumol”.
Forse sarebbe il caso di rivelare questi “segreti” e rendere edotta la cittadinanza affinché capisca che anche quello che crede un patrimonio riservato a vecchi impomatati e anziane ricoperte di pellicce invece è anche cosa loro.
Giustissimo
Però io mi interrogo sul passo successivo: come si fa a rendere edotta la cittadinanza ?
Lei cosa farebbe ?
Un caso esemplare sono i diversi flashmob uno fra tutti quello di Copenhagen:
http://www.youtube.com/watch?v=gww9_S4PNV0&feature=g-all-esi
O quello di Valencia:
http://www.youtube.com/watch?v=N3sLHPjkpNE
L’esimio sig. Floris lamenta del fatto che le risorse (credo quelle relative alle masse artistiche) sono sottoutilizzate… Ebbene, che impieghino questo tempo in esubero per scendere in piazza ma anziché a fare cortei e catene umane simboliche lo utilizzino per mettere in scena spezzoni di opere o sinfonie.
Una interessantissima manifestazione è stata quella dell’estate passata dei concerti svoltisi nel parco della musica e ha trovato un riscontro di pubblico molto incoraggiante.
Dato che il sistema scolastico non aiuta, siamo noi operatori del culturale ad andare a cercarci un pubblico e nei modi più inconsueti e originali… anche solo per spiegargli che esistiamo.
@ Gianluca Floris
In un articolo di qualche mese fa, discutendo del destino che sarebbe toccato al Lirico, ricordo di un suo ragionamento intorno alla possibilità che il Lirico, se opportunamente gestito e finanziato, nel giro di pochi anni, sarebbe riuscito a reggersi sulle sue gambe, anche senza finanziamento pubblico.
Ricordo male ? Se ha voglia, le volevo chiedere di riprendere il ragionamento. Mi era sembrato interessante.
giusto per essere precisi “e studiati”
http://www.tafterjournal.it/2008/11/20/la-valutazione-delle-performance-aziendali-quale-fattore-di-successo-per-le-fondazioni-liriche/
il teatro di cagliari, unitamente a quello di palermo, sono quelli che più di ogni altro dipendono dal finanziamento pubblico; se poi conti che a cagliari come privato si considera la fondazione Banco di Sardegna, Cagliari è 100% pubblico.
L’ente con maggiori finanziamenti privati è la scala, che ben capite è un qualcosa a parte, sia dal punto di vista culturale che di contesto finanziario, e comunque non supera il 30%.
E’ un dato di fatto che la musica colta si regge sul finanziamento pubblico, e chi dice il contrario mente sapendo di mentire.
Il che, peraltro, non è grave: anche l’istruzione in italia si regge sul pubblico, ed è cosa buona e giusta. Ma chi mistifica fa del male a sé ed alla propria parte.
ps permettetemi una nota polemica, tanto per non smentirmi
capodanno 2011, un noto giornale paga (e se non fosse cafone lo scriverei maiuscolo) per un concerto.
Il concerto salta per lo sciopero (giusto o sbagliato che fosse, non entro nel dettaglio).
Meditate gente, meditate. Come pensate che un privato possa mettere soldi nel nostro ente lirico se la situazione sindacale è questa?
Devi entrare nel merito dei motivi e circostanze dello sciopero, altrimenti il tuo e’ un esempio (non volermene..) “a cazzo”.
e che vi avevano proposto? i turni di notte? un lavoro in miniera? ritmi di lavoro massacranti?
immagina che finalmente arrivi un pazzo pronto a rilevare l’alcoa oppure un privato pronto a mettere soldi veri in carbosulcis per trasformarla in qualcosa che funziona.
immagina poi che il giorno che questo pazzo entra in azienda ed i dipendenti, tanto per non sbagliare, indicono uno sciopero, per qualsiasi ragione, anche valida.
Immagina a questo punto come reagirebbe il possibile investitore.
ecco, è ovviamente un esempio fittizio, perché i sindacati dell’alcoa non farebbero nulla di simile, perché vivono nel mondo reale.
Invece i sindacati del lirico si.
Ad essere sincero, io ho un idea della ragione di una simile differenza, è la stessa ragione che porta certi bambini a lamentarsi e piangere come disperati perché a tavola non trovano una bibita gassata.
L’alternativa sarebbe accettare qualunque condizione di sfruttamento, perchè il ricatto del lavoro che altrimenti verrebbe a mancare è la più potente arma in mano del neoliberismo?Quando anche le ultime voci di dissenso verranno fatte tacere allora sì che si scatenerà la vera rivoluzione mondiale, con le persone (tutte) che diventeranno proprietà delle imprese multinazionali che prenderanno il posto degli stati, essendo già ora in nuce degli stati sovrannazionali e senza confini geografici e politici
dita, lune etc…
ma quali multinazionali? è dell’ugnone che parliamo
e non ci sono stati sovrannazionali e rivoluzioni, ma un teatro che non funziona.
ma forse è più facile parlare per slogan senza entrare nel merito
Nel dettaglio non lo riproporrò, fa parte di un mio studio da sottoporre, nel caso, a tecnici del settore. Comunque provo a spiegarmi.
Io parlavo del settore PRODUZIONE, unicamente del settore PRODUZIONE di opere liriche. Esiste una possibilità, numeri alla mano, di permettere al Lirico in tre o quattro anni di dotarsi si una “libreria di titoli” di grande repertorio e di sicuro richiamo, di esclusiva proprietà del teatro, da poter far ruotare (sempre con nuovi interpreti) negli anni a venire con allestimenti quindi già pagati (una volta speso per il primo allestimento, per le messe in scene successive il costo è di pochi mille euri alla volta) e che potrebbero avere i cast delle recite completamente pagati dagli introiti di abbonamenti è botteghino. Questo è quello che da sempre accade IN TUTTI I TEATRI DEL MONDO, eccetto in Italia.
Questo permetterebbe, a regime, di avere una ricca programmazione annuale che preveda solo UNA produzione ospite e UNA nuova produzione l’anno ammortizzate dagli introiti dei biglietti, dagli affitti ad altri teatri delle stesse e delle co-produzioni opportunamente attivate.
Inoltre con un utilizzo delle potenzialità di produzione scenografica, attrezzistica e sartoriale del Lirico si potrebbe attivare delle sinergie con i teatri stabili della Sardegna e con l’altro ente Lirico Sinfonico di Sassari permettendo ulteriori economie di scala.
In questa maniera si otterrebbe un risparmio sul settore produttivo che permetterebbe di far funzionare quel comparto a costo zero compreso le spese per i lavoratori aggiunti necessari per la stagione. Non ho mai detto che questa operazione potrebbe portare a pagare le spese per gli stipendi dei lavoratori indispensabili, ma potrebbe ridurre di molti milioni le spese del Lirico aumentando nel contempo l’impatto produttivo e occupazionale.
I miei calcoli (ho avuto fior di consulenti, chiaramente) sono stati fatti tenendo conto dei dati di botteghino medi degli ultimi quattro anni del Teatro di Cagliari, dei costi degli oneri sociali e delle spese produttive di materiali e di cast e della forza lavoro a disposizione.
Questa a mio parere, l’unica maniera nella quale può essere rivitalizzata una Fondazione che versa in condizioni di sottoutilizzo.
Mi rendo conto che è un argomento molto tecnico e che non riesco a spiegarmi con sufficiente chiarezza, ma ripeto che è l’unica maniera nella quale debba e possa funzionare un Teatro Stabile Lirico.
Grazie per la domanda, comunque. E grazie per l’opportunità di spiegazione che mi ha dato.
molto d’accrodo con Floris. Non solo, aggiungo che si potrebbe anche immaginar una compagnia stabile di canto, almeno per alcune parti, e un contratto con artisti di fama su più titoli, in modo da legarli al teatro per un periodo e risparmiare sui cachet. Immagino anche che il teatro abbia molti begli allestimenti da riproporre..insomma..con un po’ di volontà i costi di produzione si possono contenere pur salvaguardano (e in alcuni casi potenziando) la qualità.
Si chiama modello tedesco. Sarebbe bello importarlo da noi.
Grazie a lei per la risposta. Era chiara e l’idea sembra tanto sensata da non poter essere snobbata. Gli si dovrebbe dare grande risalto.
cosi, ad esempio, a me piacerebbe un loro spettacolo a villanova per gli stranieri del quartiere. chissa non apprezzino la lirica più degli autoctoni. se non mi costasse un occhio della testa lo farei. il problema è che ci sono teste troppo dure per capire che un artista, in quanto tale, fa altro che marchette.
PS. sono sicuro che se vado a chiedere al coro di cantare in piazza san domenico tra due settimane ci metterebbero cinque minuti a dirmi di si aggratis.
Ok, allora 10.000 su 1.500.000 (non su 420.000).
Scusa Gianluca,
ma parlare di una città di 150.000 persone presuppone che al lirico l’ingresso sia riservato ai soli residenti di cagliari, oppure si da per scontato che chi vive al di fuori sia un biddaio buzzurro e ignorante. Non sarebbe + corretto dire 10.000 persone su 420.000 (Area Vasta di Cagliari) ? In questo caso possiamo parlare di elite o no?
Infatti ci sono abbonati e spettatori che provengono da altre Province. Di solito scelgono la recita pomeridiana domenicale. Arrivano e ripartono in pullman. Per Nabucco, domenica scorsa, teatro esaurito e ben quattro pullman al completo parcheggiati davanti al teatro. Mica male per uno spettacolo d’elite.
Bruno hai ragione, allora parliamo di 10.000 persone su 1.500.000 in tutta la Sardegna, circa lo 0,6%.
I dipendenti chiedono da più di due anni di utilizzare tutto il monte ore a disposizione del loro contratto.
Proprio due anni fa, maggio 2010, ci fu uno sciopero per pagamento degli straordinari dell’opera “La leggenda della città invisibile di Kitez e della fanciulla Fevronija”. La richiesta dell’organizzazione dei lavoratori fu il pagamento giornaliero maggiorato del 400%, che avrebbe costretto il Teatro al pagamento di 400.000 euro.
Tutto ciò per tre ore di effettivo esubero, che per effetto di una norma del contratto integrativo danno origine ad una eccedenza di 15 ore per gli artisti del coro e di 9 per i professori d’orchestra.
http://www.teatroliricodicagliari.it/pages/scioperoabellupo.htm
Scusa Broz, da dove prendi la fonte delle tue affermazioni a proposito di queste conseguenze contrattuali che se vere parrebbero davvero lunari? Non ne trovo traccia né nel link, né nel comunicato stampa a cui si perviene da tale link. Non per altro, perché se la fonte sono cose dette all’epoca della gestione dell’amico di Alemanno che era allora sovrintendente, la prenderei un po’ con le pinze …
Nell’articolo de l’Unione Sarda del 10.05.2010.
Una fonte di tutto rispetto.. Affidabilissima su queste e tante altre tematiche legate al mondo del lavoro.. A tipu france presse. Certu…
Soprattutto se la fonte fosse il direttore amministrativo dell’epoca, è di quelle che un giudice recepisce senza neanche farsi troppe domande …
Ogni tanto torno a leggere qui per vedere se qualcuno ha fonti che smentiscano quanto scriveva l’Unione Sarda (della quale Broz non si lamenta ogni piè sospinto, quello è Biolchini).
Ma non trovo nulla di tutto ciò: trovo solo che siete gente granitica, senza dubbi, che se una notizia rischia di falsare la vostra opinione allora è falsa.
Da quando in qua l’Unione Sarda da notizie? ahahahahahahahah
là là.. un atru Mongili..
Ti volevi Mongili! 😀
La stessa Unione Sarda della quale lo stesso Broz si lamente ogni piè sospinto? O un’altra che viene distribuita parallelamente? Per capire se le fonti stigmatizzate un giorno lo sono meno quando ci fanno comodo.
No no aspè pagu pagu. L’onere della prova spetta a chi la prova la esibisce. Tu dici: la fonte è questa. Noi diciamo: non si trova nulla in merito a parte quello che scriveva l’Unione. Ora, fatta salva la veridicità di quanto scrive l’Unione, non ti sembra un po’ strano che sia l’unica fonte in merito a ciò che sostieni? Chi vive di verità granitiche? Tu o il sottoscritto che nemmeno ha espresso un’opinione in merito visto e considerato che non si ritiene un tuttologo, ma un semplice lettore che prende ogni cosa con le pinze? In quanto a verità granitiche, caro Broz, non mi sembra che tu sia secondo a nessuno, ma forse mi sbaglio. Comunque qua non si sta discutendo di te o di me o di chissà che altro, ma della lettera del Sig. Floris. Tu hai postato un link sullo scipero passato dove non si riscontra quello che tu concludi nel commento. Poi dici che la fonte è un articolo dell’Unione. Con i ”si dice” non si va da nessuna parte. Qua c’è un problema da risolvere e io sono più portato, da non tuttologo, ad ascoltare tutti coloro che sono del campo piuttosto che rimandare a supposte fonti che di ufficiale hanno ben poco.
Dimenticavo, prima di essere tacciato di antizeddisimo a prescindere: ho votato Zedda e ho votato Sel. Dissi, all’epoca, che era l’ultima speranza che mi concedevo. Ora, non che sia importante il mio voto e quanti voti ho fatto prendere a Zedda con un paio di scritti, cosa che rifarei anche domani, ma sinceramente gli adepti, così ormai si possono definire numerosi personaggi che gravitano intorno a Via Puccini, mi hanno veramente stancato. Mi sembra di essere di fronte allo stesso atteggiamento fideistico visto nel ventennio berlusconiano. Vogliamo davvero fare politica partecipata e condivisa a tutti i livelli e ricordarci che Cagliari e l’area vasta sono composte anche da persone critiche e da altre che Zedda non l’hanno proprio votato, o vogliamo fare peggio di quello che ha fatto Floris sindaco tempo addietro e ogni berluscones ancora oggi?
Io non ho espresso un’opinione in merito: io ho riportato un fatto di cronaca del 2010.
Non t’incazzare troppo dai Matteo. Non sono riuscito a trovare quell’articolo in rete, ma se la fonte è interna all’amministrazione del Lirico, posso immaginarne l’attendibilità, dato che quello fu uno dei tanti scioperi che fecero saltare la sovrintendenza Pietrantonio. Comunque nota a margine: dopo la “Cura Crivellenti” la biglietteria del Lirico era stata esternalizzata presso il box Office, determinando disagi e un calo degli abbonamenti. Mi pare che a tutt’oggi sia ancora esternalizzata, tanto è vero che i sindacati ne chiedono il rientro.
L’articolo è nel link che ho postato, zunk..
Ok ora l’ho cassato. Beh se è vero è una stortura contrattuale un po’ pesante. Però se mi consenti dell’Ugnone mi fido con beneficio di inventario. Ora purtroppo non ho tempo di cercarmi la contrattualistica dei lavoratori del settore. E comunque ce n’è tante di contrattualistiche bizzarre in giro, non so se hai presente quella degli agenti di commercio …
Io non ci scommetto un euro che sia vero.
Ma mi riconoscerai che è un’aggiunta alla discussione a pari dignità con le altre, espresse spesso da passanti e alle quali si è dato grande credito.
Beh, in qualche modo confermerebbe che per chissà quale diabolico meccanismo a volte capita che i lavoratori percepiscano gli stipendi con ritardo, altre volte, come ho sempre detto conoscendo un pochino (non certo a menadito) il “giro”, si trovano letteralmente ad essere pagati per non lavorare o lavorare in modo ridotto, cosa che può essere appagante per il classico fannullone, ma per un artista e chi è legato alla mentalità dell’artista può anche risultare molto frustrante. Il nodo mi sembra se ci sia modo di ampliare l’offerta del Lirico, anche mantenendola ancorata alla sua “Mission” particolare, ancorando il tutto a una giusta misura qualità prezzo creando però produzioni attraenti per il pubblico. Per intenderci non come Meli che chiamava i grandissimi lasciando buchi di bilancio, ma neanche come Di Benedetto che chiamava Marcocarta. Mi son preso la briga di leggere una relazione che Angela Spocci, da commissario del Comunale di Bologna (credo dopo il disastro lasciato da Tutino, allora il Comune era governato dalla Cancellieri quale commissario straordinario), aveva predisposto per il rilancio del Comunale, e la strada che delineava sembrava essere proprio questa. Poi non so come siano andate le cose a Bologna dove nel frattempo ad onta delle cugurre il centrosinistra si è tenuto il Comune con facilità. Qualcuno dirà che sono fissato con Angela Spocci, ma il problema non è la persona di Angela Spocci, che suppongo che avendo lavorato prevalentemente con amministrazioni di centrodestra (a Parma, prima di Meli, e anche in Calabria) sia magari poco ben vista a sinistra. Il problema è se si possa attuare una linea del genere, e chiaramente ci vuole uno staff di grande competenza (anche a prescindersi dal sovrintendente).
Io sono un’abbonata del teatro e ricordo questo episodio, l’unica inesattezza è la data, non è accaduto nel 2010 ma nel 2008.
Ricordo che lo sciopero fece saltare un concerto perché le maestranze richiesero per 3 ore di straordinario, che avevano maturato in occasione dell’opera “La leggenda della città invisibile di Kitez e della fanciulla Fevronija”, una maggiorazione al 400%.
Egregio Floris,
non voglio entrare nel merito della validità culturale della programmazione del lirico, né tranciare giudizi sul reddito o sul titolo di studio dei suoi spettatori, né tanto meno discutere del curriculum della Crivellenti.
Tuttavia “9 milioni di euro dalla Regione Sardegna, 2 milioni e 4 o più dal Comune di Cagliari, altri 2 milioni e sei dalla Regione per un progetto Ca-SS” a fronte della povertà dei finanziamenti per tutti gli altri settori della cultura in Sardegna, mi sembrano uno sproposito.
Tanto più se confrontiamo queste somme con la miseria che viene stanziata per l’attuazione del bilinguismo e quindi per la cultura sarda: certo, se per salvare Boboli, Venezia e la Scala (significativi i tuoi riferimenti culturali…) dobbiamo buttare giù Barumini e mandare a casa il canto a tenore (patrimoni Unesco), allora non sono d’accordo: se ti piace l’opera, vattene a Verona!
E quindi, di fronte a queste cifre, i 10000 spettatori di cui parli, sono davvero un’esigua minoranza di privilegiati, perlopiù cagliaritani: infatti 14 milioni di euro sardi sono spesi per un solo tipo di spettacolo, quello a cui sono abbonati loro, che viene presentato da te come l’unica Cultura esistente. E se invece i sardi avessero davvero la possibilità di scegliere?
Caro Davide, che cumulo di banalità. Se ti piace l’opera vattene a Verona è una perla.
A Verona? a vedere opere carrozzone messe in piedi da un leghista?
e sarò pure banale, ma continuo a pensare che l’opera lirica non sia “il nostro patrimonio artistico e culturale di gran lunga più conosciuto al mondo”, anzi neppure che sia nostro (di sardi) e che soprattutto si possa essere colti pur apprezzando altri tipi di spettacolo e di musica; inoltre che in sardegna il pubblico istruito e colto sia ben più numeroso e perfino non coincidente con gli abbonati del lirico; che la spesa del lirico sia eccessiva in confronto all’intero ammontare dei finanziamenti per la cultura in sardegna e, infine, da cagliaritano, ritengo che l’opera lirica non rispecchi la cultura di tutta la città né tanto meno del resto della sardegna…
Lei dovrebbe studiare la storia della Sardegna e delle città sarde. Scoprirebbe che ha detto una castroneria.
Caro Davide, l’opera lirica è un patrimonio nazionale (ne scrivevano anche sardi, come Fara e Porrino, però sono bruttine) che tutto il mondo conosce. Lei no e se non le piace fa bene a non sentirla. Sopravviveremo. Però si perde molto. A me piacciono anche is launeddas e il canto a tenore. Ma l’indipendentista contro la lirica non mi era ancora capitato. Davvero divertente.
Davide hai proprio ragione, oggi se c’è un’elite in Sardegna è quella rappresentata dagli specialisti della lingua sarda, ditemi chi scrive in maniera corretta il sardo, ditemi quanta gente ascolta i programmi in sardo di rai regione (penosi), quanti assistono con attenzione ai concerti a tenore, la maggioranza beve birra e chiacchera, infischiandosene degli artisti. Con ciò non voglio dire che non vadano difese la lingua e la cultura sarde, e tantomeno che non occorra un maggiore controllo sui fondi spesi per la musica sinfonica e per la lirica, iniziando magari a pagare meno i manager e a depotenziare un poco i sindacati di categoria.
insomma, come dire: chiudiamo la Treccani, visto che a scrivere correttamente l’italiano son davvero in pochi (e non parlo solo di ortografia); e chiudiamo tutti i teatri, non solo la lirica, visto che c’è chi si addormenta, chi va in bagno prima della pausa, chi messaggia, chi è lì perché ce l’ha portato la scuola etc…
o, in alternativa, perché non mandare alla ghigliottina chi sta attento?
“chi non sta attento”, naturalmente
E restiamo qui a goderci mondo Ichnusa. Sulla lingua sarda si sono spesi una montagna di soldi, caro Davide, eppure la lingua muore e resta solo un carrozzone.
Mi dispiace contraddirti Anonimo, questa è una falsità. Sulla lingua si spende meno dell’uno per cento del bilancio della Pubblica Istruzione. Lo sanno tutti e basta google. Alle attuali percentuali di finanziamento , ci vorrebbero dieci anni alla lingua per pareggiare le spese della Fondazione in un anno. Ma la lirica è una cosa seria…la lingua, si sa, è da grezzi.
Ma perché, in una Sardegna indipendente, ascoltare Mozart a teatro sarà vietato? Dovremmo buttare a mare l’arte d’oltremare? Niente più Beethoven, Shakespeare, Richard Strauss? Solo tenores e ballu tundu, rigorosamente in limba? Brucerete in piazza i libri di Thomas Mann? E’ questo il modello di autonomia che propugna un certo indipendentismo? Io vorrei una Sardegna libera, indipendente ma pienamente inserita nel contesto internazionale. Ma se avete un’altra idea ditelo chiaramente, perché io e molti altri chiederemo asilo politico alla Germania.
“solo tenores e ballu tundu, rigorosamente in limba”
vede, signor Ghiglieri, vivo all’estero da vari anni e insegno italiano in un’università europea, nella vita quotidiana parlo due o tre lingue a seconda della situazione e ascolto musica di tutti i tipi, da Mozart a Parov Stelar; quanto a Thomas Mann l’ho letto in lingua originale, anche se, è il mio cruccio, non ho ancora imparato su passu torrau…
ma con tale curriculum mi darà il Suo permesso, signor Ghiglieri, di dire che la lirica è finanziata in maniera sproporzionata rispetto al resto della cultura in Sardegna?
e comunque, che cosa Le fa pensare che parlare in sardo significhi bruciare Mozart?
d’altra parte puo’ stare tranquillo: non vedo tutti questi tenores in giro né tutta questa limba in Sardegna.
Però, per favore, mi lasci la libertà di preferire, e di gran lunga, su cuncordu Battor Moros di Fonni al coro del Nabucco, senza sentirmi per questo un ignorante o un rozzo villico. E piuttosto spieghi Lei, innanzitutto a sé stesso, perché i tenores e la lingua sarda isolerebbero la Sardegna dal contesto internazionale e invece l’Aida ci farebbe diventare, taumaturgicamente, europei.
a menzus bider!
Lei mi attribuisce concetti che non ho espresso. Perché non ho mai scritto che il nostro patrimonio etnomusicale valga meno della musica d’arte e che non abbia valenza universale (europea sarebbe limitativo). Così scivoliamo nella malafede. L’ironia sulla limba è solo una metafora per stigmatizzare una certa ossessiva tendenza all’autoreferenzialità. P.S. Sono un indipendentista convinto.
secondo me, in Sardegna, bisognerebbe guarire dall’eteroreferenzialità compulsiva, di cui talvolta neppure ci si rende conto: per esempio, distinguendo tra musica d’arte e patrimonio etnomusicale, come fa Lei, come dire, tra musica “alta” e roba da festa paesana o da archivio museale. Eppure, per quel che ho visto io, a Bitti, a Fonni e in tanti altri paesi, ci sono molti più giovani che ascoltano o cantano piuttosto che melomani tra i giovani di Cagliari e hinterland. però i primi sono pressoché ignorati, i secondi invece vengono trascinati di peso a teatro da volenterosi insegnanti, non senza un’adeguata preparazione: e se le cose stanno così, quale delle due cose merita la definizione di “patrimonio etnomusicale”?
Che sia roba da festa paesana lo sta dicendo lei, non certo io, dimostrando ancora una volta la sua malafede e, mi permetta, un forse inconsapevole senso di inferiorità che la porta implicitamente ad attribuire un giudizio di valore negativo a ciò che invece vorrebbe difendere ed esaltare. Peccato che lei voglia metterlo in bocca al sottoscritto, ma non attacca. La musica d’arte esiste ed è tale suo malgrado. Le ragioni per le quali viene definita “colta” sono molteplici. Una di queste risiede nel suo essere scritta, nell’essere frutto di un’elaborazione intellettuale fondata su determinati codici e modalità di scrittura, mentre la musica popolare si fonda sulla tradizione orale. Detto così, in due righe, semplificando molto, forse troppo, e lasciando fuori altre considerazioni. Musica colta che, forse le sfugge, è stata prodotta anche in Sardegna da sardi. Ma non ho più voglia di perdere tempo con quelli come lei che vogliono sempre avere ragione e trasformano la notizia di una legittima protesta di lavoratori, preoccupati per la futura gestione della loro azienda (così, giusto per ricordare da dove siamo partiti, e per “restare sul pezzo”), in un dialogo disordinato e senza fine sui massimi sistemi (della cultura, dell’economia, della politica, dell’indipendentismo), allo scopo di creare contrapposizioni, stabilire priorità, scale di valori che non avrebbero ragione di esistere, perché la lingua e la cultura sarda dovrebbero essere finanziate a prescindere, perché lo sviluppo della storia della Sardegna – e le sue microstorie – non è un albero da cui possiamo tagliare i rami che non ci garbano, perché… No, ora mi fermo. E chiudo, a mo’ di suggello, con il copia e incolla di quanto ho scritto oggi su Facebook. Vale anche per lei e per molti commentatori di questo e altri blog: “I lavoratori del Lirico vadano in miniera”. “Chi se ne fotte di Mozart, a me piace Vasco Rossi che almeno crea posti di lavoro”. “Gli insegnanti sono dei fannulloni privilegiati, con 18 ore alla settimana e tre mesi di ferie”. “Gli operai di Alcoa e Ilva vadano a raccogliere pomodori”. “I lavoratori di Sardegna Uno possono anche tornare a casa e restarci, perché io pago già il canone e la Regione non può elargire i miei soldi a una tv che fa marchette”. “Cellino è un santo”. Basta! Vorrei che per un mese si spegnessero Facebook, i blog, gli sms di Rai-Radio3, i commenti agli articoli dei giornali on line di ogni borgo e paese, di grande e piccolo formato. Urge severa disintossicazione da logorrea dissenterica di commentatori da blog (me compreso), anonimi e firmati, illustri e non, causa grave overdose di castronerie sparate a palla senza possedere informazioni e/o competenze sugli argomenti trattati. Fine delle trasmissioni. Sipario. Silenzio.
“Una di queste risiede nel suo essere scritta, nell’essere frutto di un’elaborazione intellettuale fondata su determinati codici e modalità di scrittura, mentre la musica popolare si fonda sulla tradizione orale”
La musica popolare del canto a tenore, che si fonda sulla tradizione orale, cioè soprattutto sulla composizione e pubblicazione orale (ma anche sulla pubblicazione e trasmissione scritta: libri e magnetofoni sono conosciuti perfino in Barbagia), è pur essa frutto di un’elaborazione intellettuale fondata su determinati codici e modalità di scrittura (=composizione). Anch’essa è colta, e anche parecchio, esattamente come la lirica, sia poeticamente sia musicalmente, però a quella sono riservati milioni di euro e il titolo di musica d’arte, a questa nemmeno una lira e invece il titolo di patrimonio etnomusicale: perché? Sarà lecito domandarselo?
Comunque, non c’è bisogno di incazzarsi. A menzus bìdere torra!
Oh Floris, anch’io faccio il mestiore più bello del mondo (secondo me!) ma non pretendo certo che me lo paghi lo Stato, la Regione, la Provincia o il Comune!
Ma guarda un po tu questa gente! Roba da chiodi!
Io sono una psicologa del lavoro e nel leggere l’ultima parte della lettera mi sono trovata molto in disaccordo con quanto scritto dal signor Floris.
Solo un paio di esempi:
– Per invidia, perché facciamo il lavoro più bello del mondo (Non è invidia è solo il desiderio di avere tutti un’opportunità. Se le persone scelgono bene il loro lavoro, tutti i lavori sono belli).
– Perché viviamo di musica e siamo capaci di dare brividi ai tanti che ci vengono ad ascoltare,( le posso assicurare che i brividi li danno tanti lavori, forse non ha una grande conoscenza dell’ALTRO MONDO DEL LAVORO).
– Perché siamo capaci di studiare e il nostro potere è quello di capire, di interpretare.
(E gli altri??? Ribadisco lei non conosce il mondo del lavoro).
– Perché è uno dei pochi lavori che nobilita sia chi lo fa sia chi ne fruisce.
(Avrei troppe cose da dire……)
– Per questo ci odiano:
(non condivido, io parlerei di DEPRIVAZIONE RELATIVA da parte degli altri, a voi permettono quello che ad altri è negato, vuole parlare con qualche operaio?? Ne conosco molti con cui mi farebbe piacere che lei si confrontasse).
– Perché di mestiere regaliamo attimi di felicità. E questo, gli invidiosi, i gretti, proprio non ce lo perdoneranno mai.
Ha mai sentito parlare della scala dei bisogni di Maslow, le consiglio di dargli uno sguardo, perché forse potrebbe aprire la sua mente (anche se lei si reputa molto aperto), bene si parte dal basso, sa i bisogni fisiologici, prima si soddisfano quelli poi si passa agli altri.
Prima si mangia, tutti non solo lei e i sui cari.
Un caro saluto da una psicologa del lavoro che lavora con la gente che viene licenziata e non ha soldi con cui dar da mangiare ai figli figuriamoci se li può portare a teatro.
Sono un artista e non uno psicologo, quindi leggo con interesse le sue annotazioni sul mio intervento. Sulla scala dei valori lei ha certamente ragione, anche se anche in lei ravviso il solito razzismo strisciante verso noi artisti da lei contrapposti ai “veri lavoratori”. Ne prendo atto come una comprova di quello che evidenzio.
Per quanto riguarda la scala dei valori dissento sulla sua logica che “visto che c’è crisi, la cultura è un in più”. Io sono convinto e lo ripeto sempre che proprio in periodo di crisi dovremmo ripartire da una grande offerta culturale in tutti i settori, compreso il Lirico fra gli altri. Io sono convinto che solo ripartire dalla cultura e dall’ambiente possa accendere una ripresa economica della nostra isola. Lei no, e ne prendo atto.
Io dico che se il governo centrale continua a finanziare il lirico con dei denari, la Sardegna (proprio perché in crisi nera) dovrebbe utilizzare quei soldi per creare indotto e offerta rivolta ai cittadini e ai turisti. Lei pensa che siano soldi buttati, ne prendo atto.
Un’ultima notazione: io mangio coi soldi che guadagno io in giro per il mondo e non prendo una lira dal Lirico di Cagliari. Non guadagno nemmeno male, perché sono bravo (lo dice il mio curriculum) e non perché ho una poltrona.
Quindi la frase “Prima si mangia, tutti non solo lei e i sui cari.” la respingo come volgare e ignorante della situazione mia e dei miei cari, della quale lei nulla sa, e della quale mi auguro continui a non occuparsi.
Mi saluti Maslow.
Gianluca, bella e sottilissima risposta. E’ evidente che la nostra sedicente psicologa dimostra di non avere ben temperato gli strumenti del mestiere. Forse la voce Maslow l’ha letta frettolosamente su Wikipedia. Dovrebbe rileggerlo meglio, per capire che la piramide dei bisogni serve a specificare che il potenziale umano si sviluppa dai bisogni elementari fino a quelli più elevati, e che l’uomo ha la necessità di raggiungere TUTTI i livelli di bisogno per poter dirsi veramente realizzato. Inoltre Maslow non ha mai dato un giudizio di valore a un bisogno piuttosto che a un altro. Nei suoi testi non c’è scritto che il bisogno di sopravvivenza debba essere messo in contrapposizione con il bisogno di cultura. La soluzione che la nostra sedicente psicologa propone (troppi “sedicenti” tra questi commentatori) è la tabula rasa. Ma questo Maslow non lo ha mai scritto.
Bravo Ghiglieri un commento sottile come quello di Floris. Sottile come un tram. In psiocologia si chiama spocchia. I cittadini di Cagliari saranno felicissimi di sapere in quali tasche finiscono i soldi pubblici. Pro caridade!
Di certo non nelle mie, caro anonimo sprovveduto.
Continuate a vivere nel mondo dei sogni così, quando vi sveglierete, non saprete nemmeno dove siete capitati!
Oh Floris, quindi il tuo ragionamento si può anche riassumere con un bel “cnta che ti passa”? Ma per carità!
E quindi se c’è gente senza soldi non deve andarci più nessuno, a teatro. Muoia Sansone con tutti i Filistei. Viene davvero voglia di emigrare in Germania, dove i bambini studiano musica nella scuola primaria e nessuno si sogna di fare certi discorsi, perché i teatri e le sale da concerto, anche nelle piccole città di provincia, sono pieni di gente. Gente che paga biglietti a prezzi alti o popolari, a seconda delle proprie disponibilità economiche. Gente che per risparmiare i soldini per il concerto o per l’opera rinuncia all’i-Phone e gira in bicicletta. P.S. L’uscita sull’invidia può essere poco felice, ma l’analisi di Floris non fa una grinza.
Cara psicologa, lei per chi lavora? chi la paga? non sarebbe bene che i soldi del suo stipendio vadano direttamente nelle tasche di quei lavoratori licenziati che ha ipocritamente tirato in ballo cosi che possano contribuire a dar da mangiare ai loro figli anzichè sentire le sue “chiacchere”? giusto così per tenere il dibattito al suo livello …
Personale che lavora poco? o sarà semplicemente sovradimensionato? no, effettivamente le sedie del lirico sono pesanti e servono otto attrezzisti per spostarne una.
Concorsi severissimi per essere ammessi? sicuramente, ma continua ad esserci una strana coincidenza tra posto di lavoro e gusti sessuali; o forse è un criterio di selezione europeo.
Patrimonio culturale da mantenere vivo? sarà, ma perchè non prestare/affittare i mille spazi del lirico (non parlo di palco e sala) anche ad altre realtà dello spettacolo, che solo con uno dei loro stanzini riuscirebbero a sopravvivere e offrire cultura alla città. Preservare viene dopo creare. Lo so che non siete solo dei ciccioni che cantano lentissimamente, che nei panni dell’eroe appaiono ridicolmente goffi e abbondanti..lo so che non siete questo: ma davvero servono tutti sti soldi per mantenervi in vita? A dieta, per favore. In tempi di crisi si mangia poco.
Diecimila non ricchi a teatro? Può darsi, ma i giovani delle scuole ce li portano a forza (facile così avere pubblico) e dei tanti vecchietti che apprezzano la lirica una buona (molto buona) fetta, non resta sveglia tutto lo spettacolo. Oltre ad essere cultura è anche una costosissima ninna nanna.
Ti invidierei, davvero, ma non ne ho il tempo: devo prepararmi per fare il concorso europeo per il lirico.
Quando si fa del qualunquismo un’arte. Avanti un altro.
Molte verità, qualche inesattezza.
troppe realtà volutamente tralasciate perché scomode da raccontare.
Altre ….. Molto mimetismo sotto la protezione della parola “cultura” !
Sennò si può andare, ma solo una volta all’anno a mondo Ichnusa dove si può bere birra, ubriacarsi sino a cadere in coma, vomitare e pisciare al Poetto, sentire mentre si è ubriachi musica in lontananza e poi stare male per giorni e giorni dopo essersi fatto tutto quello che ci si può fare. La birra è gratis e le pastiglie costano poco. E si autofinanzia lo spettacolo. Bisogna coltivare i nostri ragazzi e ci pensa Ichnusa. Siamo all’avanguardia in Europa e tutti ci invidiano. Oppure alla festa del tatuaggio. Chiudiamolo il Teatro, una berretta al b ar del teatro costa troppo. Abbiamo tante belle manifestazioni che ci divertono tanto.
Aggiungo che la questione dei danni del belusconismo fatti anche a sinistra deve far riflettere sulle modalità con le quali si comunicano le cose. Sembra quasi che tra cultura e sinistra si sia creata una barriera insormontabile. Quando poi in una vicenda come quella del teatro si contrappone un sindaco marcatamente di sinistra ai sindacati, la frattura sembra insanabile. E non sono sicuro che la colpa sua tutta da una parte
oh Gianluca Floris sai altre barzellette ?
Gianluca ho già scritto che apprezzavo l ‘intervento e condividevo tutto tranne proprio la parte sull’invidia. Spero di essere stato chiaro perché invece mister perdusemini aveva giustamente da dire la sua anche quando uno si rivolge direttamente ad un interlocutore che non é lui
Grazie Gianluca, ci hai aperto gli occhi in maniera ancora maggiore. Mica come Biolchini 😉 oh Vito, forza Larry 😉
Quanto lavorano i dipendenti? meno di quanto il loro contratto di lavoro permetterebbe
….ma se in teatro va in scena un concerto senza coro, se io volessi far lavorare il coro durante il periodo in cui il teatro è occupato, cosa dovrei fare?
lo dovrei mandare il coro a cantare altrove?
e se si, dovrei sopportare costi ulteriori?
….così, giusto per la precisione
E’ arrivato me ne vado …
caro zunk, il fatto che io possa essere polemico non credo giustifichi il tuo commento.
anche perché, se tu avessi idea di come funziona il contratto collettivo delle maestranze artistiche, forse dovresti rivedere profondamente il tuo punto di vista.
il fatto che nessuno degli artisti col coltello tra i denti abbia risposto al quesito dovrebbe far riflettere un commentatore professionale come te
…tanto per voler essere precisi
come smerdare un post importantissimo con la tirata finale sull’invidia degna di un bimbominchia qualsiasi.
ce n’era proprio bisogno?
ho pensato la stessa cosa. stava andando così bene…
Studia, Massimo, studia …