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Energia in Sardegna, da Solinas e Mauro Pili solo vecchie soluzioni spacciate per nuove

Ve lo ricordate?

Non avendo fatto nulla in questi anni per contrastare le servitù militari, la servitù sanitaria (vedi Mater Olbia) e la servitù politica in senso stretto (vedi alleanza con la Lega), il presidente della Regione Christian Solinas ora prova a cavalcare il tema della servitù energetica per rilanciare la sua scassatissima azione di governo. Lo schema è sempre lo stesso: ridurre la politica a mera dichiarazione, alzare i toni dello scontro utilizzando parole roboanti, ergersi a paladino di interessi in realtà mai o mal tutelati nelle sedi e nei tempi opportuni.

La questione energetica è terribilmente seria e complessa: ma il presidente Solinas non può certo affermare che il Dpcm di Draghi sia stato calato dall’alto e imposto alla Sardegna, in quanto innumerevoli sono stati gli incontri in questi anni tra i rappresentanti della Regione e quelli del Ministero. Ma se a Roma mandiamo assessori inconsistenti, la colpa di chi è?

Inoltre, leggendo in controluce le generose interviste concesse in questi giorni dal presidente della Regione, appare lampante che dietro preoccupazioni che sono evidentemente ragionevoli (invasione indiscriminata di impianti eolici e fotovoltaici, approvvigionamento delle aziende, questione delle tariffe), si cela solo il tentativo di ritornare a vecchie formule, come il mantenimento in attività il più a lungo possibile delle due centrali a carbone di Portovesme e Fiumesanto (e qualcuno ha perfino ipotizzato la riapertura delle miniere di carbone del Sulcis!!) e la riproposizione della famigerata dorsale del metano.

Solo questo sta realmente a cuore a Solinas e a gran parte della politica sarda (sindacati compresi) e ai nostri giornali, cioè il mantenimento di uno status quo figlio dell’autonomia, ovvero di una stagione che non vuole superare e che invece si mantiene artificialmente in vita, e questo perché non si è in grado di affrontare le sfide che il futuro propone.

In questo quadro di sconcertante contorsionismo, spicca la questione della dorsale del metano, vecchio pallino della vecchia politica di ogni colore e meritoriamente bloccata dal Movimento 5 Stelle. La guerra è evidentemente un coperchio buono per tutte le pentole ed ecco che, con la spinta dell’ex presidente della Regione Mauro Pili, torna di attualità il Galsi, il metanodotto che doveva collegare l’Algeria alla Sardegna.

Nella sua nuova carriera da giornalista, Pili sembra essere animato soprattutto dal desiderio di ricordare ai lettori quanto fossero geniali le sue intuizioni politiche, tra cui innanzitutto il metanodotto. Nella foga di cotanto impegno, ci può stare che ogni tanto scappino delle cadute di stile, come pubblicare, a margine dell’ennesima articolessa fatta di “scippi”, “blitz”, “scandali”, “carte segrete”, il ritaglio di un giornale in cui si vede il giovane Pili in versione presidente della Regione. 

La situazione è grottesca: no ai rigassificatori galleggianti (che nella iconica prima pagina del noto quotidiano sono raffigurati in fiamme!), no all’eolico off shore (senza mai dire chiaramente a quale distanza dalla costa verrebbero collocate le pale) ma sì ovviamente alla dorsale del metano (con tutti gli sfracelli che provocherebbe), agitando lo spauracchio inesistente dei carri bombolai e soprattutto negando la realtà, ovvero che il metano nei paesi sardi sta già arrivando, e questo senza la famigerata dorsale.

E quanto al Galsi, la manipolazione consiste anche nell’ignorare che l’opera sarebbe conveniente solo se portasse il gas in Italia e non solo in Sardegna, tacendo anche il fatto che un metanodotto che collega l’Algeria all’Italia esiste già (lo sapevate?).

La vecchia politica (impersonata da Christian Solinas e Mauro Pili) si ammanta di nuovo, sbandierando un ribellismo di comodo o fuori tempo massimo, giocando con parole come “colonia” il cui senso viene svilito da un agire politico presente (quello dell’attuale presidente della Regione) e passato (quello dell’ex presidente della Regione) che poco ha di rimarchevole, sorretto da una sardità a corrente alternata e più che altro simulata, amplificata a dismisura da un giornalismo in piena crisi di identità e che propone per la Sardegna vecchie ricette e nulla più. 

L’opposizione di centrosinistra in tutto questo tace oppure acconsente. E a ragionare son rimasti in pochi. Perché non fare, ad esempio, di tutta la Sardegna una comunità energetica? La proposta l’ha avanzata l’esponente di Europa Verde – Verdi Sardegna Ignazio Carta

Nel pezzo “Il futuro energetico della Sardegna” trovate un quadro esaustivo della situazione. È un articolo lungo, è vero, ma merita di essere letto. Ma nemmeno una volta troverete scritto “scippo”, “scandalo”, “carte segrete” o (peggio ancora) “terra dei nuraghi”.

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2 Comments

  1. Ignazio Carta says:

    Abbiamo tante di quelle risorse potenziali di energie rinnovabili che potremo fare a meno sia del Gnl che del Gpl molto presto.
    Il percorso del GALSI ripropone quello della S.S. 131 e della Sassari -Olbia, da un lato, e della ferrovia Iglesias-Cagliari-Chilivani-Olbia dall’altro. Sarebbero 3 percorsi utili allo stesso scopo: trasportare il gas dall’iglesiente a Olbia.
    Ce ne sono quindi due di troppo: il primo è la sede autostradale (usata attualmente); un altro il gasdotto, che verrebbe realizzato tra una decina d’anni quando le norme internazionali prevedono per quella data una drastica riduzione delle fonti fossili con emissione di CO2, ma potrebbe essere utilizzato in seguito per il trasporto dell’idrogeno.
    E’ vero che l’impatto ambientale sarebbe enorme: uno scavo di 270 km di lunghezza, con 30 metri su ogni lato come area di rispetto vincolata, a cui dovranno seguire le diramazioni laterali verso le reti cittadine, se si vuole eliminare il trasporto su gomma.
    Il terzo è quello della rete ferroviaria, che può essere adattata con minor spesa e utilizzata per il trasporto del gas, ma anche eventualmente dell’idrogeno, con i carri cisterna adibiti allo scopo. Non solo, ma con la ferrovia il gas può transitare anche oltre il mare, sia proveniente dall’Algeria (porto di Annaba) sia verso la Toscana (porto di Piombino e Livorno), ma anche Lazio (Civitavecchia), Liguria (Savona, La Spezia) ecc.
    Investire su un raddoppio con elettrificazione della ferrovia, con diramazioni verso tutti i quadranti dell’isola, sarebbe il miglior investimento che la Sardegna può fare.
    Sulle idee per abbattere le bollette con eolico e fotovoltaico sono d’accordo: le idee non mancano, manca la Politica regionale

  2. Medardo says:

    Caro Vito, su Galsi non sono d’accordo con te. La ipotesi di soluzione ad un problema non la valuterei secondo i canoni del nuovo e del vecchio ma mi chiederei piuttosto se è valida, ancora valida o meno. Per ricordare Rossini come rispondeva ad un giovane musicista, a proposito di una composizione, “tutto ciò che è nuovo non è bello e tutto ciò che è bello non è nuovo”. La dorsale del gas Italo-algerina era e resta utile alla sardegna. Non si è realizzata allora non per il M5S, ha fatto danni ma non questo, ma per la sotterranea, costante e esiziale opposizione di SNAM ed Eni; per l’opzione russa della Germania e del governo Berlusconi che, entrambi, per ragioni diverse, hanno preferito accordarsi con l’amico Putin piuttorlsto che guardare al mediterraneo e diversificare le forniture. Il galsi non solo passava in sardegna ma arrivava a Piombino ovvero nel cuore dell’Europa. È vero che il gas e già in sardegna, ma non è quello naturale bensì derivato dalla raffinazione petroliferia (gpl), aria propanata e in pochi comuni metano trasportato su gomma. E si distribuisce già casa per casa grazie agli intingenti della regione di molti anni fa per creare i bacini locali. Manca una dorsale regionale che li colleghi e che se gestita ( come si deve) da una società regionale porrebbe al sistema molti benefici di efficienza e di calmierazione dei prezzi. Tu caro Vito accenni agli “sfracelli che provocherebbe” la dorsale: quali? fammi capire meglio. Su eolico e fotovoltaico: la prima e unica cosa che farei se fossi presidente della regione è se non vietare nuovi impianti privati, imporre che una quota significativa della produzione energetica sia immersa nella rete a beneficio pubblico (regione e enti locali) per abbattere il costo della bolletta della: illuminazione pubblica, stazioni di pompaggio delle acque di irrigazione ecc.

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