Cultura / Sardegna

“Dominio .srd: ecco perché sarebbe importante” di Andrea Maccis

Sono passati già cinque anni, da quando ho aperto la petizione online (https://change.org/srd) per l’attivazione del dominio Internet .srd per la Sardegna. Cinque anni nei quali ho cercato di spiegare perché il dominio .srd sarebbe importante.

Prima di me però, a più riprese, per almeno altri dieci anni, un discreto numero di persone ha affrontato il tema, cercando di evidenziarne i punti di forza e di valutarne quelli di debolezza. In questi quindici anni quindi, abbiamo usato un sacco di parole diverse, cercando di inquadrare l’argomento da molte angolazioni, arrivando a parlare anche di implicazioni commerciali o culturali. E lo abbiamo fatto in varie lingue: italiano, sardo e inglese almeno. 

Tuttavia, malgrado questa varietà di soluzioni comunicative, non abbiamo suscitato alcun interesse nella maggioranza dei sardi.

Sia chiaro, non è scontato che la varietà coincida con l’efficacia, quindi è assolutamente plausibile che il messaggio non sia stato trasmesso nel modo corretto. 

E poi, come tutto, anche il .srd si scontra da sempre con il fisiologico e anche comprensibile benaltrismo. Ci sono molti problemi qui in Sardegna, non sono problemi di poco conto e colpiscono moltissime persone. Come lo si potrebbe negare? Pensiamo solo a disoccupazione ed emigrazione, tanto per semplificare. Quindi, come si può sperare di convincere delle persone che vivono in un territorio in costante difficoltà, che sia una cosa giusta destinare tempo e risorse alle ultime tre lettere dell’indirizzo di un sito web?

Molto probabilmente però, c’è qualcosa in più che ostacola l’iniziativa, e che prescinde dagli altri problemi e dal benaltrismo. Qualcosa che è percettibile solo se si paragona la nostra esperienza a quelle di altre comunità geografiche.

Lasciamo chiaramente da parte la Catalogna, perché fare paragoni con una realtà indiscutibilmente più ricca sarebbe quantomeno ingenuo. E lasciamo da parte anche i Paesi Baschi, perché lì la forte dimensione politica rischierebbe di portarci fuori strada e di confonderci.

Andiamo altrove.

Partiamo dalla Corsica, passiamo per l’Aquitania, arriviamo in Bretagna, attraversiamo l’Alsazia, saliamo in Galles e da lì fino in Scozia, scendiamo in Frisia e infine puntiamo verso la Saar. Un bel giro d’Europa, non vi pare? 

Cos’hanno in comune tutte queste comunità? La richiesta, già accettata o ancora in attesa, di un dominio Internet di primo livello. Volete che in nessuno di questi luoghi esista il benaltrismo? O che la gente che ci abita non debba affrontare problemi reali? Difficile da credere. 

Presumibilmente, il punto è che riconoscono un valore molto alto al loro essere comunità e quindi si interessano con convinzione a qualsiasi iniziativa che li aiuti a farlo percepire anche al mondo.

Quando ho aperto la petizione online, sapevo che non sarebbe stato quello il modo attraverso il quale arrivare all’attivazione del dominio .srd, dato che l’Autorità ICANN ha già una procedura rigidamente normata che non richiede firme.

Era un modo per valutare l’appeal dell’iniziativa, lo avevano già fatto catalani e bretoni ad esempio. Era un modo per contare quanti sono ad esprimere interesse per la questione e per questo sono disposti anche ad investire due miseri minuti per inserire nome, cognome e indirizzo email in una pagina web. Una volta che a un certo bisogno corrisponde un certo consenso, si sa, anche le Istituzioni sono disposte ad ascoltare e valutare.

Offri ad una comunità la possibilità di appendere una targa proprio per mostrarsi a tutto il mondo come comunità. Quale dovrebbe essere la reazione degli appartenenti a questa comunità? Prendere la targa e appenderla in alto, dove tutti possono vederla? O non prenderla neanche? Fare finta che non esista?

Ecco, malgrado non ci sia certezza, temo che sia proprio questo il problema.

A prescindere dalle opinabili implicazioni commerciali o culturali dell’adozione di un dominio Internet, perché un individuo che sente profondamente di appartenere a una comunità, non dovrebbe essere favorevole all’adozione di uno strumento che evidenzi l’esistenza stessa di questa sua comunità? Perché non dovrebbe fargli piacere che la sua comunità sia facilmente distinguibile tra tutte le altre del mondo?

Forse il sentimento di appartenenza che noi sardi facciamo sempre a gara ad esprimere, a parole o a colpi di quattro mori, non è così forte come ce lo raccontiamo.

Andrea Maccis

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12 Comments

  1. David Harris says:

    La volontà della Giunta Regionale sotto il presidente Pigliaru era chiara. Vede: DELIBERAZIONE N. 55/16 DEL 13.12.2017 ————— Oggetto: Acquisizione e gestione del dominio di rete di primo livello generico da denominarsi “.srd”.
    .

    • Andrea Maccis says:

      La volontà sarà pure stata chiara, ma si erano impegnati a usare la somma stanziata per commissionare un’analisi preliminare a dei professionisti e invece non risulta lo abbiano fatto.

  2. Gianny says:

    Scusa ma se non serve a nulla una raccolta firme on line come tu stesso dici perché uno dovrebbe frantumarsi le palle ad andare a cercare la petizione e firmare? Partiamo da questa semplice domanda.

    • Andrea Maccis says:

      Be’ diciamo che “frantumarsi le palle” per cercare la petizione in questo caso si traduce nel cliccare il link che c’è nell’articolo… non mi sembra questo grande sforzo. Poi se uno non vuole farlo… pazienza.

      La raccolta delle firme ha due motivi:
      – la pubblicizzazione della campagna allo scopo di creare consenso interno, da usare per impegnare le Istituzioni;
      – la dimostrazione dell’esistenza di una reale comunità di interessi dietro al dominio, da spendere effettivamente con ICANN in fase di richiesta.
      Quindi, malgrado le firme non siano richieste, possono essere allegate alla domanda, esattamente come hanno fatto bretoni e catalani.

  3. Andrea says:

    Magari tra chi popola la Sardegna c’è un buon numero di silenziosi dissidenti da questo mito della comunità sarda, tutto qui. Il problema di fondo degli identitaristi è che pensano di rappresentare se non tutta, almeno la maggioranza della popolazione: e così, per fortuna, non è.

  4. Antoine says:

    Andrea, in quest’ultimo articolo, ha centrato in pieno il problema.

    Quando la società non risponde, è passiva, e non coesiva, i risultati sono questi.
    La carenza di potere economico, ovviamente, rende il tutto ancora più arduo ed è forse il primo problema da risolvere ormai che condiziona l’intera catena di problematiche socio-economic he sarde.

    I sentimenti sardi, quelli beh, sono distorti già da 100 anni, a partire dai falsi miti con cui i giovani crescono:
    Il vero sardo
    La vera lingua sarda
    Il vero territorio
    Il vero formaggio
    Il vero vino…si continua per giorni. La sostanza non cambia. Creare questi stereotipi tende ad allontanare l’interesse comune e a generalizzare, oltr che danneggiare ciò che è la stessa economia e società sarda.

    Vedrete che poi qualcuno se ne verrà fuori dicendo che Andrea non fa abbastanza… E che era meglio se la battaglia l’avesse condotta un sardo del centro-nord… Più vero e puro

  5. Aldo Cesare Cauli (Aldo) says:

    “… il sentimento di appartenenza che noi sardi facciamo sempre a gara ad esprimere, a parole o a colpi di quattro mori, non è così forte come ce lo raccontiamo.”
    L’ha scritto Andrea Maccis, io ho tolto la parola “forse”, perché superflua e fuorviante.
    La “sardità” è agonizzante, forse. O, in alternativa, è fisiologicamente morta e resiste solo nella memoria.

    • mi pare un pensiero abbastanza “tranchant”.
      io non ho un metro di giudizio incontestabile per un’ affermazione del genere.
      a me pare che il sentimento di “sardità” sia diffuso ma pauroso, quasi represso.
      sul perchè di quest’ ultimo attributo ci sarebbe da scrivere libri…
      sempre “a mio parere”, senza che io abbia altro che non sensazioni personali

  6. L’iniziativa è interessantissima ma non è chiaro dall’articolo come si possa andare avanti. Da Wikipedia leggo: “L’ICANN autorizza l’ente (registration authority) che in ogni stato si occupa dell’assegnazione dei ccTLD (domini di primo livello nazionali)”. E’ qualcosa che può essere richiesta dalle istituzioni/enti regionali o necessariamente da quelle nazionali? Si tratta di procedimenti amministrativi o vi è un ruolo anche da parte della politica?

    • Andrea Maccis says:

      La Sardegna non ha la possibilità di richiedere un ccTLD dato che non è uno stato sovrano. Può però richiedere un gTLD e sì, esiste una procedura normata che prevede requisti economici e tecnici. Ma è importante anche la “questione politica”, perché la richiesta non deve dare adito a possibili malumori che possono arrivare a ICANN e influenzarne negativamente la decisione.
      Insomma non è necessario che sia la RAS a fare la richiesta ma la RAS deve mostrarsi più che favorevole e lo Stato italiano non deve mostrarsi contrario.
      Si può fare.

  7. gcabocla says:

    Non ne sapevo niente, potrebbe essere una buona idea per far conoscere maggiormente la Sardegna….ma…La nostra, che comunità è ? In che cosa siamo uniti ? Che politici generiamo ? Oltre a una identità negata e calpestata da noi stessi, eternamente vittime e mai responsabili ?

    • Andrea says:

      Sinceramente non vedo come un dominio .srd potrebbe far conoscere maggiormente la Sardegna, anzi, se usato maldestramente dagli utenti potrebbe ottenere l’effetto contrario ghettizzandola digitalmente. Dobbiamo metterci nei panni di un mister X che forse non sa localizzare la Sardegna su una carta geografica: che cosa cambierebbe per lui? Gli renderebbe più facile accedere alle informazioni turistiche, culturali e organizzative sulla Sardegna? La risposta è no.

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