Coronavirus / Politica

La lettera disperata dei malati oncologici di Nuoro: “Non toglieteci i nostri medici”

L’ospedale San Francesco di Nuoro

Facciamo seguito alla notizia appresa dai media locali e relativa alla oramai certezza che i medici oncologi dell’Ospedale San Francesco di Nuoro saranno a brevissimo destinati, in termini di supporto, all’Area sospetti Covid19 del nuovo reparto appena creato. 

Ciò significa che i professionisti dovranno garantire l’ordinarietà del reparto oncologia, turnando, con i colleghi di altri reparti, per garantire la costante presenza nell’area sospetti Covid 19. 

Si potrà ben capire che una tale notizia ha gettato noi, malati oncologici, in uno stato di disperazione. 

Essere un malato oncologico significa vivere la quotidianità senza sapere cosa ti aspetta domani, se vivrai il prossimo Natale, se potrai vedere i tuoi figli e nipoti crescere, se avrai un domani. E nel momento in cui sopraggiunge una pandemia della portata del Coronavirus, tutte queste incertezze vengono amplificate all’ennesima potenza. 

Perché tu, malato oncologico, ti devi proteggere dieci volte più degli altri. Il rischio che tu possa contrarre il virus, in quanto immunodepresso, è elevatissimo. Va da sé che se poi a questo rischio ordinario si aggiunge un rischio di carattere straordinario che proviene dal luogo al quale ti sei affidato per combattere la tua battaglia, allora qualcosa non quadra più. 

Ecco perché non condividiamo la decisione assunta dalla Direzione Generale del San Francesco di Nuoro. 

I tuoi medici oncologi, quelli che quotidianamente sono a contatto con te, per supportarti in questa battaglia, che non è fatta solo di interventi chirurgici e chemioterapia, ma di costante presenza di effetti collaterali che compaiono e che richiedono un supporto medico pressoché quotidiano, vengono assegnati ad un reparto nel quale potrebbe esserci la presenza del virus dal quale cerchiamo di proteggerci, non uscendo mai di casa se non per recarci in ospedale, non incontrando nessuno, privandoci anche del contatto dei nostri conviventi. 

Ecco perché, ribadiamo, non condividiamo la decisione assunta dalla Direzione Generale del San Francesco di Nuoro. 

Perché è una decisone, e ciò emerge dalle parole della dr.ssa Cattina, basata esclusivamente su ragionamenti di tipo economico, volti a far quadrare i conti e non a pensare a salvaguardare la salute ed il benessere dei pazienti che transitano quotidianamente nel reparto oncologia dell’Ospedale da Lei diretto. 

Probabilmente il Direttore Generale non ha ben ponderato, le difficoltà che oramai da diversi mesi si vivono in oncologia, difficoltà proprie dei professionisti che vi operano e che, inevitabilmente si ripercuotono su noi pazienti. 

Forse non sa, che è diventato complicato anche solo recarsi per un prelievo pre-terapia, per la necessità di dover rispettare orari prefissati e turni che spesso saltano, e non dovuti a scarsa organizzazione del reparto ma semplicemente perché il ritardo di uno si ripercuote su tutti. 

Forse non sa che già al momento è tutto rallentato, per la necessità del pre triage, per la necessità di garantire la distanza fra pazienti, perché tutto il personale, medico e infermieristico lavora in un clima comunque difficile, bardato da testa a piedi, con un rallentamento dell’intera attività del reparto e che questo rallentamento si ripercuote sui pazienti, spesso chiamati ad un’attesa di ore prima di poter assumere la terapia. 

Forse non sa che quindi il personale medico e infermieristico è chiamato a prestare la propria opera quotidianamente, ben oltre il canonico orario, con tutti i rischi connessi ad un eccessivo carico di lavoro. 

Forse non sa che viene garantita solo l’attività ordinaria, mentre non viene più garantita l’attività ambulatoriale, fondamentale per chi dubita della presenza del male. 

Forse non sa che anche gli esami di controllo dell’andamento del male, quali ad esempio Tac, hanno subito un rallentamento spaventoso, con la conseguenza che chi si deve sottoporre ad intervento chirurgico o chi attende l’esame per capire se è necessario sottoporsi o modificare la terapia salvavita, resta in attesa, con le conseguenze che ben si può immaginare. 

Ecco perché non condividiamo la decisione assunta dalla Direzione Generale del San Francesco di Nuoro. 

Perché è una decisione che non tiene conto del paziente. È una decisione che prescinde dal paziente, esclusivamente volta a colmare carenze di organico che si devono invece colmare mediante scelte meglio ponderate, quali assunzioni a tempo determinato. 

La necessità di far quadrare i conti non si può ripercuotere sui pazienti. 

Alla luce di quanto sopra, noi pazienti oncologici, invitiamo la Direzione Generale del San Francesco di Nuoro a rivedere la propria decisione, trovando soluzioni alternative all’inserimento del medici del reparto oncologia presso il reparto Covid19 Area sospetti di recente apertura. 

Ci riserviamo inoltre, nel caso in cui la decisione venga confermata, il diritto di tutelare la nostra persona nei modi che riterremo più opportuni, non ultimo il rifiuto di sottoporci a terapia salvavita al fine di evitare un elevato rischio di contagio da Covid 19 che sarebbe per noi sicuramente letale, assumendo conseguentemente poi tutte le iniziative, anche di carattere legale, volte a tutelare noi e i nostri familiari per le eventuali conseguenze che dovessero derivare da tale gesto, imposto dalle scelte della Direzione Generale. 

Un gruppo di pazienti oncologici del reparto Oncologia dell’Ospedale San Francesco di Nuoro 

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4 Comments

  1. Maria Ignazia Massa says:

    La lettera dei pazienti nuoresi mette in evidenza una cosa ovvia per alcuni , anche se non per tutti: che i Sardi non sono una popolazione di persone sanissime che devono temere solo l’agguato del Coronavirus. Per questo motivo non è sensato sfoltire i ranghi già ridotti dei medici degli Ospedali pubblici: è notizia recente che al San Martino di Oristano è rimasto un solo anestesista, limitando di fatto gli interventi (Unione Sarda, 29 aprile). Tanto meno è comprensibile la turnazione degli oncologi di Nuoro tra Oncologia e Covid19, quando poche settimane fa gli ospedali privati dedicati al Covid19 sono stati forniti con sollecitudine delle professionalità di cui erano sprovvisti. E proprio allora Oristano ha “contribuito” con quattro anestesisti… I problemi non si possono risolvere solo per il grande senso di responsabilità del personale, che sta lavorando con la massima abnegazione.
    I politici e i dirigenti sanitari che prendono le decisioni non considerano che in questo modo aggravano l’ansia di chi sta lottando contro la sua malattia, visto che i tempi si dilatano, rendendo la cura più pesante. E capisco anche la paura di chi si sente fragile e teme il possibile contagio, come del resto è già successo all’interno degli ospedali. Non è inutile ricordare che il termine “paziente” non è riferito alla pazienza comunemente intesa quanto piuttosto al patire, dal verbo latino. Il patire è fatto da vari elementi.
    E infine, essere pronti per il Coronavirus non significa avere un numero consistente di letti in terapia intensiva, quanto piuttosto rafforzare tempestivamente gli interventi a livello territoriale per evitare di arrivare alla fase più dolorosa e pericolosa: gli esperti l’hanno ripetuto tante volte e abbiamo le esperienze positive delle regioni che hanno messo in atto esami sierologici e tamponi. Noi invece non abbiamo ancora risolto completamente neanche l’approvvigionamento delle mascherine. Forse qualcuno spera che il caldo estivo, ormai vicino, aggredisca il virus e lo dissolva.

    • Mario Melis says:

      Concordo perfettamente…e il Mater Olbia (dall’inizio alla fine) è un obbrobrio politico che “grida vendetta”.
      Ovviamente peró bisogna sempre citare nei titoli i protagonisti e non in generale “i privati”. Ci sono privati (mosche bianche) che continuano a lavorare (nei limiti imposti di oncologici e non dilazionabili) per i pazienti…e lo dico per esperienza diretta avendo operato in due mesi una quantità di oncologici (“di necessità” non trattati nel pubblico) superiore a quella che in genere tratto in un anno.
      Alcuni oncologi dicono di aiutare volentieri per il Covid…ma siamo certi che non vi sarebbero altri medici che si girano i pollici da utilizzare?

  2. Alessandro Murgia says:

    Lavoro in Ematologia e curo Pazienti con malattie ematologiche maligne, come i Colleghi dell’Oncologia. Non condivido le preoccupazioni dei Pazienti che hanno manifestato le loro legittime preoccupazioni. Trovo, invece, naturale dare una mano per gestire meglio questa situazione eccezionale. Noi Ematologi ci siamo offerti spontaneamente; non tutti, ma chi lo sentiva come un dovere lo ha fatto. Non abbiamo gradito il successivo Ordine di Servizio, che, invece abbiamo interpretato come una prepotenza superflua, come non abbiamo capito come mai in questo OdS siano comandati solo i Medici di alcune Unità Operative e non di tutte. Mi chiedo anche se sono state coinvolte tutte le persone interessate, prima di prendere queste decisioni: sarebbe stato più giusto concordarle. Insomma, certe critiche sono giuste. Però, al di là di tutto, pur soffrendo di una gravissima carenza di organico (manca quasi la metà dei Medici) noi Ematologi ci siamo resi disponibili concordando i turni direttamente con i Colleghi che stanno operando nelle Aree Covid e nella zona filtro, senza nasconderci dietro un dito o dietro pareri di sindacati vari, come qualche altro Collega. Personalmente, da giovane medico, ho coperto tante volte dei turni in Pronto Soccorso, dove, tra l’altro, ho imparato molte cose e ho arricchito la mia esperienza. Giusto per non passare per eroe a vanvera, il mio impegno in questo auto-mutuo-aiuto fra colleghi e amici si sta concretizzando in due turni di 6 ore, una mattina e un pomeriggio, di Domenica, a distanza di due settimane l’uno dall’altro. State tranquilli che con migliaia di ore di straordinario non pagato alle spalle, per me questo “grande impegno” rappresenta una minima parte delle ore di lavoro che, già ora, regalo alla mia azienda e, soprattutto, ai miei Pazienti. Tra l’altro si lavora bardati come astronauti, c’è un rischio infettivo molto inferiore a quello che normalmente corro nel mio Reparto, dove si vede di tutto dal punto di vista microbiologico, per cui mi sembra tutta una polemica inutile. Se tutti dessimo una mano ai Colleghi delle Malattie Infettive e della Pneumologia, i turni aggiuntivi di solidarietà sarebbero veramente pochi. Tra l’altro, con tutta quella bardatura addosso trovo più pericoloso uscire da casa con una mascherina chirurgica – perché non sai mai se chi incroci è infetto o meno, e neanche lui lo sa di se stesso e di te – piuttosto che lavorare in area COVID e dintorni con le protezioni a norma.
    Dr. Alessandro Murgia

  3. Mario Melis says:

    Non conosco il problema nel merito, però, in generale, i pazienti “oncologici”, più degli altri, hanno bisogno di trattamenti rapidi ma soprattutto punti di riferimento specifici e stabili che siano in grado i fornire supporto specialistico e psicologico contestuale. Per questo non gli si devono sottrarre in alcun modo le figure professionali abituali.

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