Elezioni comunali a Cagliari 2016 / Politica / Sardegna

Il no al referendum costituzionale, vero spartiacque della politica sarda (e anche cagliaritana)

No

 

Una settimana al voto cagliaritano. La campagna elettorale è tutta qui, di Renzi e Boschi (più volte annunciati per spaventare gli avversari) nemmeno l’ombra. La ministra però oggi è ad Olbia (a Cagliari dunque non è conveniente venire), mentre si scopre che il presidente del Consiglio arriverà in Sardegna addirittura dopo i ballottaggi del 19 giugno. Se tutto questo qualcosa vuol dire, non dice bene per il centrosinistra cittadino.

La città è sparita da tutti i radar dell’opinione pubblica italiana. Un anno fa i siti specializzati in sondaggi preelettorali monitoravano Cagliari, stavolta no: neanche l’emozione di una “corsa clandestina”, niente di niente.

Molti candidati sul campo, pochi santini nelle strade. La città si trascina all’appuntamento in un clima ben diverso da quello, elettrico, di cinque anni fa. Ora di elettrico c’è solo il sindaco Zedda che ad ogni confronto pubblico mostra un crescente nervosismo nei confronti di tutto e tutti: schema già visto in questi cinque anni di consiliatura, nei quali, sfoggiando un mix di arroganza e scarso self control, ha più volte perso il controllo della situazione ogniqualvolta doveva confrontarsi in ambienti non protetti con i cittadini e le loro legittime rimostranze (clamoroso il battibecco pochi giorni fa con una signora nella sede di Confindustria Sardegna, penosa la performance a Sardegna Uno). Uditorio sconcertato e giornali sempre silenti.

La campagna elettorale di Zedda si riduce quindi ad un solo slogan: “vinco al primo turno”. È una specie di profezia che spera di autoavversarsi ma il clima che si respira in città e un concreto buonsenso fanno ragionevolmente immaginare una conclusione diversa. Dalle periferie di ode un mormorio di disapprovazione sempre più forte, mentre nei quartieri con la pancia piena piazzette, giardinetti e marciapiedi sono sempre piaciuti.

Ci sarebbe da sorprendersi di tutto ciò ma neanche più di tanto. In cinque anni il panorama politico italiano è profondamente mutato. A Cagliari nel 2011 la campagna elettorale di Zedda l’aveva fatta Nichi Vendola, segretario di un partito che adesso non esiste più da nessuna parte se non qui e solo per salvare le apparenze (e infatti neanche Vendola ormai fa più politica). Venerdì prossimo sul palco di piazza del Carmine con chi sarà Massimo Zedda? Con Luca Lotti?

Solo i giornali (che non spiegano più niente e non vogliono fare la fatica di raccontare la complessità del reale) si ostinano a parlare di centrodestra e di centrosinistra. La verità è che il nuovo discrimine passa attraverso il concetto di partecipazione e di autogoverno, valori che sono sempre stati associati al campo progressista ma che oggi proprio da questo schieramento (sedicente “di centrosinistra”) vengono clamorosamente disattesi.

Un presidente del Consiglio non votato da nessuno mette mano ad una radicale riforma della Costituzione in chiave autoritaria e centralista: la sinistra a Roma protesta, per convenienza invece a Cagliari tace.

Eppure il referendum di ottobre sarà il vero spartiacque della vita italiana del prossimo decennio. Se vince il sì, si aprirà una stagione in cui la partecipazione dei cittadini alle scelte della politica e la loro capacità di influenzare le istituzioni verrà drasticamente ridotta.

E ancor peggio andrà alla Sardegna, che vedrà ridursi progressivamente il proprio raggio di azione politica. Sottorappresentata nelle istituzioni, minacciata da un centralismo che non ha neanche più pudore di manifestarsi neanche nei modi più beceri (all’ordine del giorno di Renzi c’è la riduzione dei comuni e una riforma che mira ad abolire le specialità delle regioni), la nostra isola rischia di essere ridotta ad una mera “entità geografica”.

Eppure in Sardegna l’assessore alle Riforme ha già sottoscritto l’appello per il sì, senza che questo abbia minimamente suscitato le proteste della sinistra e degli indipendentisti che sostengono la giunta Pigliaru, forze politiche che chiaramente da qui a pochi mesi finiranno in una trappola mortale.

Visto il disastro del Pd sardo, per sopravvivere questo esecutivo regionale non può che allinearsi il più possibile al governo RenziPigliaru lo ha già fatto con il referendum sulle trivelle, l’assessore Demuro ha già detto come la pensa su quello di ottobre, e da adesso in poi sarà tutto un tripudio di innocui penultimatum lanciati da Pigliaru sulle questioni più incandescenti (chimica, trasporti, energia), alternati a smodati ringraziamenti per novità che non cambiano nulla o quasi (dalla vertenza entrate alle risorse per i trasporti che, come affermato oggi dall’assessore Deiana in una intervista all’Unione Sarda, “fossero arrivati subito, saremmo riusciti a sistemare già un po’ di cose”).

Possiamo quindi anche parlare di programmi e di progetti per la città, ma se passa il sì al referendum cambia tutto, cambia il contesto politico nel quale quei programmi e quei progetti dovranno essere calati. Ecco perché sarebbe opportuno sapere qual è la posizione dei candidati sindaci a Cagliari sul referendum di ottobre (tanto più che nel progetto renziano il nostro primo cittadino dovrebbe diventare anche senatore).

Perché nel momento in cui destra e sinistra si sfaldano ed emerge un nuovo modo di fare politica, poco rispettoso delle minoranze e del confronto democratico garantito dalla nostra Costituzione, un modo che vuole imporsi e che rischia di essere modello per tutte le amministrazioni locali, è su questo che dobbiamo confrontarci.

Questa tornata amministrativa sarà il primo momento in cui potersi opporre concretamente al disegno renziano che mira ad una politica centralista e non partecipata. Ed è a chi dirà no al referendum che io a Cagliari darò innanzitutto il mio sostegno.

 

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22 Comments

  1. Buon giorno, Vito. Mi dispiace contraddirla.
    1) In Italia il Presidente del Consiglio dei Ministri non lo vota il popolo, ma lo elegge il Presidente della Repubblica Italiana, e la sua nomina è posta alla fiducia del Parlamento. Consiglio un ripasso della Costituzione e dell’art. 42 a tutti coloro che continuano a lamentarsi dicendo “Renzi non lo ha votato nessuno”, non lo dico da renzista, ma da chi conosce l’art. 42 della Costituzione.
    2) Nella riforma costituzionale, nulla dice che la Sardegna perderà la propria autonomia, né gli enti locali perderanno di importanza: anzi, il Senato sarà proprio ciò che li rappresenterà, il Senato sarà la camera che riunirà i rappresentanti di 19 consigli regionali e delle due province autonome di Trento e Bolzano (uniche che non verranno abolite), più un sindaco per regione, tranne che per il Trentino Alto Adige, che ne avrà uno dalla provincia autonoma di Trento, e uno dalla provincia autonoma di Bolzano. Con ciò, gli enti locali, in special modo le regioni, come fanno a perdere di importanza?
    3) Come fa la partecipazione dei cittadini ad essere ridotta, se, per esempio, viene proposto il referendum ‘propositivo e d’indirizzo’, ossia i cittadini ‘propongono’ alla Camera di fare una nuova legge? Si riferisce alle firme per chiedere un referendum abrogativo? Allora, ricordo che l’aumento delle firme è legato solo e soltanto all’affluenza: sono sempre sufficienti 500 mila firme per indirne uno. Ne bastano sempre e comunque 500 mila, per chiedere un referendum. La riforma introduce una nuova norma: se anzi che 500 mila firme, se ne raggiungono 800 mila, allora scende il quorum. Come fanno i cittadini a perdere potere?
    4) In Sardegna, mi dispiace dirlo, ma ci sono Comuni dove ci sono più abitanti in cimitero, che nei palazzi. La riduzione dei Comuni sarebbe un bene economico, un risparmio notevole, meno stipendi per Sindaci di Comuni aboliti e incorporati in altri più grandi. Non possiamo, in questo periodo di crisi economica, permetterci Comuni con pochi abitanti, quindi stipendi (poi si può discutere sullo stipendio del sindaco e del consigliere comunale), per una carica che rappresenta pochi cittadini.
    Cordiali Saluti, Vito.
    Francesco.

  2. Gavino says:

    Spesso non ho condiviso le tue opinioni, ma devo dire che queste riflessioni sono frutto di una intelligenza non comune. E pongono domande che nessuno pone, il che è una ricchezza non da poco. Condivido totalmente.

  3. L’avvocazione a se di sempre maggiori poteri rappresenta il malcelato concetto che una ristretta oligarchia ha del popolo bue. Articoli della sacra Costituzione (in verità mai rispettati se si considera il popolo sardo) modificati in modo da eliminare qualsiasi forma di resistenza pacifica e democratica di un popolo quale quello sardo: uno fra tutti l’abusato ricorso all”Interesse Strategico Nazionale”. In virtù dell’ISN sarà infatti possibile confinare tutte le scorie radioattive italoeuropee in Sardegna, migliorare la capacità di reclusione, gestire direttamente con le AIA ministeriali qualsiasi sito dove è meglio che la locale ARPAS non metta becco, evitare che la competitività produttiva dell’isola possa impensierire lobbies italiane (portualita’ diportistica, acquacoltura, specificità alimentare, produzione energia elettrica da fonte alternativa). Chi continua a sostenere che i sardi se la sono cercata o è in malafede o ignora il processo che in 50 anni ha fiaccato la forza motivazionale del popolo sardo. Voterò NO qualsiasi sia il governo italiano in quanto non esiste (ammesso che sia mai esistito) un governo italiano amico della Sardegna. E soprattutto del popolo sardo.

  4. Paolo Bozzetti says:

    Al referendum voterò SI, perchè trovo sostanzialmente giuste le riforme.
    Questa è la ragione principale di questo voto. Ma più passano i giorni, pià cresce il numero delle ragioni per cui votare SI.
    Il tuo articolo veicola potentemente questo trend, anche se, a priori, si era già capito che, storicamente, seguire le tue indicazioni di voto, caro VitoCassandra, non conviene.
    Basta ricordare l’esperienza del buon Pigliaru.
    Quando ancora si scrive (e tocca leggere) “… Un presidente del Consiglio non votato da nessuno “… il referendum di ottobre sarà il vero spartiacque della vita italiana …” siamo arrivati al mero riutilizzo delle stesse baggianate usate, in tempi non sospetti, da Berlusconi, senza tenere, comunque, in conto che viviamo, grazie alla nostra Costituzione, in una repubblica parlamentare (quindi il perfido Renzi non è un abusivo imbucato) o che, comunque la riforma non abolisce l’eleggibilità del Parlamento, né vieta il meccanismo delle votazioni.
    Avremmo ancora il diritto/dovere di sceglierci un Parlamento (con una possibilità, per quei cittadini che avranno votato lo schieramento vincitore, di influenzare, con il loro voto, anche la nascita del nuovo governo.
    Per finire, basta con questa menata del centralismo dello Stato, nel senso che è ovvio come esista il centralismo e tendenzialmente sarà sempre più fortr, ma che trova la sua ragione principale nelle storiche debolezze (professionali e umane) ed incapacità (politiche) del nostro ceto politico e del nostro essere (in senso antropologico) “sardi”.
    Su Zedda non mi esprimo ma, per la proprietà transitiva, se VitoCassandra non lo vuole, forse è il caso di pensarci sù …

    • E’ commovente questo tentativo non solo di confutare le mie posizioni ma anche di ridicolizzarle. Detto questo, a Cagliari lei chi vota?

      • Pauliccu says:

        Non so per chi voterà Paolo Bozzetti, ma so come voteranno Berlusconi, Salvini, Meloni, Grillo, CasaPound ……..esattamente come lei.

      • Pauliccu says:

        Intendo al referendum

      • Nuvolanera says:

        La risposta migliore a queste battute da cetto la qualunque l’ha data crozza: c’è una bella differenza tra votare come … e votare con… per esempio, il pd ha votato CON verdini, l’ANPI (e tante altre associazioni democratiche) voteranno COME i personaggi da lei citati. Ma, prosegue crozza, un conto è dire che qualcuno va a dormire ad una certa ora come un prete…altra cosa è dire che va a dormire con un prete. Comunque, a parte la satira. Chi andrà a votare al referendum sarà il
        popolo sovrano e nessun elettore può scegliere coloro che voteranno come luo o diversamente da lui. Mentre in parlamento, la boschi avrebbe potuto scegliere con chi votare. E lo ha fatto. Ha scelto verdini, altrimenti col cavolo che la riforma passava.

      • Ceee, battutone! Se ti dicessi “specchio riflesso”, cosa mi rispondi?

      • Pauliccu says:

        specchio rotto va nell’occhio, ne riparliamo il 6 giugno….

    • Gabriele Burricchis says:

      Bozzetti è piuttosto avvelenato, sarà tutto il lavoro inutile fatto a infestare questo blog di commenti spudoratamente pro Barracciu e spesso insultanti per chi osasse dubitare delle sue virtù? 😉

    • Paolo Bozzetti says:

      Al nostro caro tenutario del blog, posso rispondere che accetto il “commovente” ma il tentativo di ridicolarizzarlo assolutamente non rientra nello spirito del post, dove utilizzo alcune espressioni ironiche (come è mia abitudine) ma il 90% dello scritto riferisce pensieri, anche banali, ma veritieri. Se pensassi che lei merita il ridicolo, non perderei il mio tempo a leggerla e a partecipare al blog.
      Al caro Burricchis dico che difendo il diritto di essere “avvelenato”, ma non ho fatto mai nessun lavoro “per” o “su” Barracciu (che neanche conosco) ma che mia sempre ispirato simpatia (per il trattamento a cui solo lei è stata sottoposta) e rispetto (perchè ha dimostrato di prendersi le sue responsabilità e di mantenere i suoi impegni.
      Su Cagliari non so, dato che ho le mie rogne a Nuoro e, oramai la pokitica mi deprime.

      • Gabriele Burricchis says:

        Bozzetti, al linciaggio della Barracciu non ho mai partecipato, né sotto pseudonimo né in chiaro sui social network, non è uno sport che amo. Purtroppo c’è stata una satira politica un po’ attizzata da una difesa mal impostata che non ha convinto i giudici.

      • Paolo Bozzetti says:

        Né io, caro Burricchis, l’ho accusata di aver partecipato al linciaggio. Ma devo dire che mi fa piacere che si utilizzi questa parola per definire quella vecchia storia.

    • Nel suo commento, signor bozzetti, c’è una riflessione che condivido, nella parte in cui dice che “il centralismo…trova la sua ragione principale nelle storiche debolezze …ed incapacità del nostro ceto politico”. Estendo questa riflessione al ceto politico nazionale con riferimento alla cosiddetta governabilità. Tuttavia, proprio perché siamo consapevoli delle incapacità e dei vizi del nostro ceto politico, proprio perché noi italiani siamo campioni del mondo nella produzione di (pessime) leggi, perché utilizzare come capro espiatorio la Costituzione? Ma davvero crediamo alla narrazione del potere taumaturgico delle “riforme”? La stagione delle riforme, in Italia, è finita da molto e questa fine è coincisa col peggioramento della nostra classe politica, col dissolvimento dei partiti e del loro ruolo di corpi intermedi. Ecco, credo che tutta questa enfasi “riformatrice” nasconda esattamente il vuoto cosmico della visione politica. In questo confuso e febbrile “riformismo”, la Costituzione è l’unico punto di riferimento chiaro, solido, una bussola giuridica e politica del nostro ordinamento democratico. Senza questo riferimento, si determina la tracotanza di maggioranze sedicenti riformatrici, ma piegate sulla loro limitatissima visione del mondo. Detto questo, nessuno nega la necessità di correggere il bicameralismo perfetto o i costi della politica, ma vorrei sommessamente osservare che con questa “riforma” costituzionale non si realizza né una cosa né l’altra. Non si semplifica un bel niente, anzi (si legga l’art. 70 della revisione e lo paragoni con quello della Costituzione vigente e provi ad immaginare l’aumento esponenziale del contenzioso stato /regioni che ne deriverà). Ovviamente non intendo convincere nessuno delle ragioni per cui voterò convintamente NO al referendum, ma su una cosa vorrei che ci fosse massima chiarezza: se in italia non si riesce a fare un governo degno di questo nome non è “colpa” della Costituzione. Anzi, per molti di noi la Costituzione resta l’unico argine alla prosopea di una classe politica di pessima qualità. Perciò condivido e rilancio la gran parte dei contenuti di questo articolo di Biolchini e mi risulta impossibile votare un partito che ha scritto e sostiene questa revisione costituzionale. Aggiungo che molti sostenitori di questa revisione costituzionale sbraitavano contro la “dittatura della maggioranza ” quando a modificare la Costituzione fu Berlusconi. Ecco, stendiamo un velo pietoso sul percorso parlamentare della “riforma” Boschi…altrimenti lo spettro della dittatura assume le sembianze di un partito sedicente democratico che molti di noi hanno fondato e sostenuto finché non è impazzito.

    • Paolo Bozzetti says:

      Cara Luisa, premetto che sono andato a rileggere il nuovo articolo 70 e che, comunque, continuo a trovare, nelle nuove norme, un credibile margine di semplificazione del sistema, rispetto alla situazione attuale.
      Quando indico nel post come “sostanzialmente giuste” le riforme approvate, credo che sveli chiaramente una valutazione dove non trovi perfette queste ultime, ma si individui un significativo passo in avanti verso un miglioramento.
      Concordo sul fatto che la Costituzione non debba essere vista come un capro espiatorio, ma se pensiamo a un paese (dove paese vale anche per la società civile o incivile, non solo per la classe politica), dove sia stato possibile:
      – creare rendite politiche con la sola formazione di micro agglutinazioni di interessi pseudo partitici;
      – sfornare governi come pasticcini e farli cadere come birilli al bowling;
      – ribaltare, nella pratica amministrativa e legislativa, gli esiti di referendum;
      – permettere la rimodulazione del sistema economico in ordine ai desiderata degli interessi multinazionali (e non ditemi che ne è Renzi il principale autore, perchè il processo è iniziato da un bel pezzo e soggetti come Berlusconi, Bersani e Monti hanno prodotto danni enormi);
      direi che il nostro sistema costituzionale e democratico si è dimostrato molto bello a livello formale, ma nella pratica ha permesso (grazie all’azione del nostro ceto politico) troppe cose e garantito molti meno diritti.
      Sulla nostra Sardegna, mi ricollego al “sedicente” Burricchis (che di sicuro troverà insultante l’aggettivo utilizzato, ma se mi invia un documento legale con tale cognome, sarò pronto a porgergli le mie scuse) afferma che sono avvelenato ed ha perfettamente ragione.
      Ma la Pantera di Sorgono (su cui noto che, ancora, dopo diversi anni non è stata confinata nello zoo) non c’entra niente, nel mio stato di afflizione.
      Se posso confessarmi devo dire che per trent’anni ho sperimentato, in campo professionale e culturale, i limiti, senza alibi, dei nostri conterranei, siano essi amministratori, amministrativi, operatori culturali che normali cittadini.
      I retaggi della cultura pastorale, la frammentazione geografica e la mancanza, vecchia di secoli, di politiche di sviluppo culturale hanno prodotto lo svilupparsi di una patologia sociale alla cui base troviamo la totale mancanza di autostima nella maggior parte delle nostre genti.
      Al famoso “pocos, locos y mal unidos” mi sento di obiettare solamente sul “locos”, ma lo sostituirei senza dubbio con “envidiosos”, tanto l’invidia sia una piaga endemica di molte comunità.
      A queste banali valutazioni, mi sento di aggiungere una riflessione solo su cosa sia diventata oggi l’istituzione “Regione Sardegna”, nel suo complesso di soggetti politici e amministrativi.
      Personalmente la vedo come un ostacolo allo sviluppo economico-culturale per quei cittadini che ne sopportano pesantemente i costi.
      Questo grazie al diffondersi nella missione dell’apparato, di una compulsiva forma di onanismo tecnocratico che mira a rendere privi di ogni buon senso le norme e i processi, che diventano sempre più inutilmente complessi (con l’unico scopo di rendere demiurgico il normale ruolo amministrativo).
      Un onanismo ovviamente sterile nel raggiungimento di qualsiasi obiettivo, ma, comunque, gravido di effetti disastrosi per le imprese e i professionisti che lavora per la Regione, e per i cittadini normali (che dovrebbero fruiri dei servizi regionali).
      Oltretutto, ci ritroviamo con un esercito di funzionari e dirigenti in grado di operare senza alcuna responsabilità, come dimostrano innumerevoli episodi (es. i finanziamenti agli alberghi, di cui,ora, si chiede la restituzione).
      Mi domando: sarebbe Renzi il problema? O lo Stato centralista?
      Illudetevi pure, praticate la vendetta politica del referendum votando NO, ma i principali problemi della nostra terra rimarranno tutti dove sono oggi: nella nostra terra e nelle nostre menti.

      • Renzi non è il problema. Ma neppure la soluzione. E la stragrande maggioranza di coloro che voteranno NO, lo faranno dimenticando Renzi, sebbene lui si ostini a personalizzare il referendum. Quindi, niente vendetta. Mi dispiace deluderla, ma voteremo per passione

      • Ghostwriter says:

        La riforma fa schifo. La Costituzione si può cambiare ma nel modo barbaro in cui è stato fatto: regia JPMorgan, organizzazione Giorgio Napolitano, esecuzione Matteo Renzi, Maria Elena Boschi e soprattutto Denis Verdini. Abusi di maggioranza continui, blocchi di qualunque discussione anche interna al PD. Produzione di una riforma che produce un’oligarchia se non un regime, travestito da presidenzialismo, travestito da repubblica parlamentare.
        I sostenitori del sì vanno avanti a slogan, continuando a personalizzare asserendo che il NO è una ripicca, quando in realtà è Renzi per primo, seguito dal suo codazzo a non perdere occasione per mettere la sua persona davanti ai contenuti, probabilmente per nasconderli, non sia mai che qualcuno si accorga di cosa sta combinando. Armi di distrazione di massa, le stesse di Berlusconi.
        Sul tentativo maldestro e malcelato, e poi negato, di screditare Vito (e non solo lui, ma qualunque interlocutore) c’è poco da commentare: tattica vecchia come il mondo. Vito in questi 5 anni se ne è prese di ogni da certo salottino radical chic cittadino, anche diffamazioni, uscendone, Lui, sempre a testa alta.

      • Paolo Bozzetti says:

        Di tentativi maldestri (come del resto di slogan), lei sedicente Ghostwriter, mi sembra un esperto, dato che tenta di trasformare una velata ironia indirizzata al caro Vito, in un malcelato atto di discredito, oltre ad inanellare un rosario infinito di slogan, appunto, senza cercare di declinare minimamente la sua affermazione iniziale, sulla qualità delle riforme.
        Se avesse avuto l’accortezza di leggere quanto ho scritto (e avesse l’anima in buona fede) si renderebbe conto che i riferimenti alla persona del nostro Umile Tenutario sono, ESCLUSIVAMENTE, alla sua capacità di sostenere candidati che, in breve tempo, lo deludono senza appello.
        È innegabile che questi siano, oramai, fatti storici, ma, penso che lei lo sappia, ciascuno di noi, del resto, ha avuto simili disavventure nella vita (e si dice anche che solo gli idioti non cambiano mai idea).
        Quindi caro sedicente, eviti di accreditare tentativi maldestri alla mia umile persona (perchè il sottoscritto, con il suo nome e cognome “in chiaro”, è una persona, non un anonimo pseudomino come lei).
        Spero che queste piccole notazioni non arrechino danno al suo credito personale, nel caso contrario mi dispiace, non era mia intenzione

  5. Ghostwriter says:

    Come nelle periferie anche in centro c’è molto malcontento. In Marina e a Villanova non so quanto possa sfondare Zedda. E’ vero che ha decimato la popolazione, facendola scappare, permettendo qualsiasi sorta di abuso (acustico, suolo pubblico ecc.), ma quelli che sono rimasti anno decisamente il dente avvelenato. Come dimostra l’incontro con i candidati avvenuto questa settimana, all’ostello della gioventù, organizzato dal comitato “Rumore. No grazie” da cui il sindaco si è guardato bene non solo dal presentarsi ma anche solo dal rispondere all’invito. E’ nervoso, molto nervoso, non ha contatti con la popolazione se non quelli blindati in cui va solo chi già lo vuole votare e il suo stesso codazzo è molto meno forte rispetto 5 anni fa. Per quanto riguarda il mantra “vinco al primo turno”, a parte essere molto improbabile, se non impossibile, rischia che gli si rivolti contro, perché questa sua arroganza che lo sta portando ad aggredire tutto e tutti lo sta ulteriormente staccando dall’elettorato suo, ma anche degli “avversari più vicini” che potrebbe convogliare su di lui in un eventuale secondo turno (sempre se ci arriva, perché questo ostentare sicurezza risulta essere molto ambiguo).

    Per quanto riguarda il referendum costituzionale è la carta finale giocata da Renzi. Conscio che molto probabilmente questa tornata sarà abbastanza disastrosa per il PD, ha voluto staccare la propria immagine dalle situazioni più gravose e rischiose e Cagliari è decisamente una di queste. Spostare l’attenzione sul referendum tra l’altro penalizza ulteriormente Zedda, che se fosse coerente con se stesso sarebbe nella zona del NO con Sinistra Italiana, che dovrebbe essere il suo ordine di riferimento, ma che per evidenti conflitti di interesse non può esternare.

    Per concludere, se non si fosse capito, #IoVotoNO, anche se non sono candidato 😀

  6. Gabriele Burricchis says:

    Chiunque abbia la possibilità di leggere i verbali delle sedute dell’Assemblea Costituente, può constatare quanto alto fosse in quella sede il dibattito sui principi a cui dovevano dare seguito le varie norme, con contributi di altissimi giuristi quali Piero Calamandrei, Costantino Mortati, Paolo Rossi (non il calciatore né il comico, ma il futuro presidente della Corte Costituzionale) e ne dimentico sicuramente tantissimi, e di statisti di ben altra levatura quali Aldo Moro, Renzo Laconi, e anche qui ne dimentico sicuramente tantissimi.
    Constatare che oggi la “madre di tutte le riforme” è stata scritta da una giovane avvocatessa (la Boldrini si incazzerà se uso il femminile ancora secondo l’uso inglese, ma me ne frego se lei preferisce l’uso spagnolo, come me ne frego di qualsiasi cosa sostenga costei) il cui curriculum è tutto da costruire rispetto a cotanti giuristi, ma questo sarebbe il meno, le argomentazioni sono di un prosaico da fare invidia alle contrattazioni al mercato del pesce.
    E comunque, Zedda è figlio di questo tempo: il suo atteggiamento in occasione dei confronti porta a ritenere, al confronto, quello fastidioso di Renzi il massimo della tolleranza, il che è tutto dire.
    Un NO alla rielezione di Zedda adesso, un NO alla riforma costituzionale fatta su queste basi domani.

  7. Gianni Campus says:

    Caro Vito,
    da quando sono in grado di connettere, per me Italia e Costituzione sono state la stessa cosa. E’ vero: quando Costituzione e Statuto della Regione sono stati fatti, avevo già qualche anno; ma quegli anni non erano sufficienti a farmi percepire il passaggio. Così, mi considero un sostanziale contemporaneo della Costituzione Repubblicana. Esistenzialmente e, per mia buona sorte, idealmente.
    Sappiamo tutti quando – storicamente – quella carta sia stata elaborate, condivisa, scritta e approvata. Sappiamo ogni perchè e percome; sappiamo quindi che la nostra identità di cittadini è largamente frutto di quei pensieri, di quegli ideali, e anche di quei compromessi.
    Un lavoro maestoso, un’elaborazione che poi ci ha riguardato tutti, per molti decenni.
    Ora, si cambia.
    Chi lo dice? Il Parlamento, dunque, gli elettori.
    Ma è veramente così?
    Purtroppo, a me sembra che – posto a cento il numero degli elettori potenziali, data a cinquanta la percentuale dei votanti – il numero reale di cittadini concretamente rappresentati dai colpi di fiducia del Governo, sostenuti da maggioranze in buona parte scaturite da “premi di maggioranza” (quale ?) e da “cambi di casacca” (!), sia piuttosto basso.
    Per intenderci: fra quanti hanno votato (già pochi), quanti hanno dato il voto a un simile cambiamento, nel merito e nel metodo?
    Francamente, non sono contento.
    Ricordo, peraltro, che sia Mussolini che Hitler sono giunti al potere dopo aver “vinto” le elezioni.
    Chi ha creato quello spazio?
    Certamente, un buon numero di farabutti, ma – temo – un numero ancora maggiore di distratti.
    Parliamone, dunque, fino a che abbiamo ancora la possibilità di votare.
    Francamente, che Renzi resti o vada non mi turba affatto. Mi turba invece, l’idea che si cambi, e in questo modo.

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