Cagliari / Elezioni comunali a Cagliari 2016

Piazza San Michele, parla la progettista Ilene Steingut: “Ecco le nostre ragioni. Ma sulla partecipazione serve un dibattito”

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Ilene Steingut è, insieme a Giuseppe Vallifuoco e Mirko Pani, la progettista della nuova piazza San Michele. Ilene è un’amica e la ringrazio per avere voluto intervenire al dibattito, seguito al mio articolo “In piazza San Michele il muro che divide l’amministrazione dai cagliaritani”. Quanto alla partecipazione, sull’Unione Sarda di oggi l’amministrazione riporta date di incontri avvenuti per parlare del progetto: ma è evidente che una assemblea con la cittadinanza non c’è mai stata.

***

Rispondo all’articolo “In piazza San Michele il muro che divide l’amministrazione dai cagliaritani” e ad alcuni dei commenti su piazza San Michele, sul piano tecnico e progettuale in quanto il nostro studio, VPS Architetti, ha progettato quell’intervento.

1 – Non è un unico muro di 30 metri ma si tratta di due setti sfalsati, di 5,2 metri, tra di loro. Per la precisione, in architettura il termine setto distingue le strutture a muri paralleli aperte su un lato rispetto a quelle a scatola chiusa. Quello a destra, più avanzato, contiene un’apertura larga 8 metri che costituisce un ingresso alla chiesa feriale. Infatti attualmente si accede a questa parte, la più utilizzata della chiesa, attraverso un ingresso assolutamente inadeguato.

2 – Questo sistema di setti contiene scale e rampe per mettere la chiesa in diretto rapporto con la piazza e viceversa, collegamento assente nell’assetto attuale, dove l’accesso viene effettuato solo tramite la rampa di lato alla chiesa.

3 – Tale rampa, che nel nostro progetto viene affiancata dal setto posto a sinistra della chiesa, non sarà più utilizzata dai pedoni per accedere alla chiesa ma, in alcune occasioni (matrimoni, funerali), dagli automezzi e per dare accesso veicolare ai disabili motori. L’accesso pedonale per i diversamente abili, realizzato nel 2008, è già presente alla destra della chiesa ed è costituito da un sistema articolato di rampe sostenute da una successione di setti di cemento armato.

4 – Gli alberi, a meno di quelli malati, verranno TUTTI conservati e saranno integrati da una decina di nuovi esemplari. È stata proprio l’osservazione dell’invaso spaziale creato dagli alberi che ha dato lo spunto per il nuovo disegno, dalla forma ovale, dello spazio centrale della piazza. Non esistono ora e non sono previste sistemazioni a prato in quanto i pini, specie prevalente, non lo consentono se non con un dispendio ingente di risorse per l’impianto e per la gestione/manutenzione.

5 – I muri/setti non costituiscono volumetria.

6 – I muri che vengono imbrattati dai writer non sono, e non saranno, solo questi, ma sono anche le recinzioni delle case, i basamenti degli edifici lungo le strade, le pensiline degli autobus, le scuole ed ogni altro luogo disponibile del nostro paesaggio urbano. Ma non per questo si evita di fare case, edifici, scuole ed altri luoghi pubblici. Se, invece, parliamo di una forma artistica, sarebbe auspicabile trovare luoghi deputati per questo tipo di espressione (per esempio uno skatepark) oppure avviare iniziative simili a quella di Segni Urbani: “Un contest nazionale che permette ai writer italiani di promuovere la propria capacità tecnica e di esprimere il proprio talento attraverso l’esibizione in spazi autorizzati”. Questa come molte altre – che non sto qui ad elencare, sono sotto gli occhi di tutti – è una questione di comportamenti sociali diffusi (scambiata spesso per un problema di ordine pubblico) che coinvolge tanti spazi pubblici delle nostre città. Ma dai fallimenti degli esperimenti della “defensive architecture” degli anni 60/70, è ormai risaputo che l’architettura non può risolvere i problemi sociali. La soluzione di questi problemi spetta ad altri soggetti e ad altri strumenti. Il progettista è solo uno (e forse neanche il più importante) dei tanti agenti coinvolti nel processo di formazione, caratterizzazione ed utilizzo degli spazi sociali.

7 – Più in generale, il progetto è stato pensato, come dovrebbe essere pensata qualsiasi opera di architettura, come un insieme di elementi materiali (setti, pavimentazioni, alberi, panchine, cestini) ed immateriali (proporzioni, geometrie, misure) in relazione tra di loro e con il contesto sia fisico che intangibile di riferimento. Credo che “i muri”, come spiegato nell’articolo pubblicato sul blog CagliariPubblica dovrebbero essere presi in considerazione dal punto di vista relazionale e non come elementi isolati a se stanti. Quell’articolo tenta di illustrare, in termini comprensibili, le motivazioni dietro alle nostre scelte progettuali. Poi ad ognuno il suo parere.

8 – Comunicazione di servizio per quanto riguarda l’”istituzionalizzazione” della partecipazione: il testo del disegno di legge delega per il recepimento delle direttive europee e la riforma degli appalti (che dovrebbe essere attuata nel 2016), all’Art 1 lett. fff) e ggg) stabilisce quanto segue:

fff) trasparenza nella partecipazione dei portatori qualificati di interessi nell’ambito dei processi decisionali finalizzati alla programmazione e all’aggiudicazione di appalti pubblici e contratti di concessione nonché nella fase di esecuzione del contratto;

ggg) introduzione di forme di dibattito pubblico delle comunità locali dei territori interessati dalla realizzazione di grandi progetti infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull’ambiente, la città o sull’assetto del territorio, nonché previsione di una procedura di partecipazione del pubblico, di acquisizione dei consensi necessari per realizzare un’opera in tempi certi, utile e condivisa stabilendo la pubblicazione online dei progetti e degli esiti della consultazione pubblica.
 Bisognerà vedere poi quali strumenti verranno impiegati e, soprattutto, quali risorse economiche saranno dedicate a queste attività.

Il dibattito che fino ad ora si è sviluppato intorno al progetto di piazza San Michele, a mio avviso, sembra si sia nutrito di contrapposizioni facili e allo stesso tempo rudimentali, una per tutte: il verde è sempre buono/il cemento è sempre cattivo.

In ogni caso, aldilà di questo “muro del momento”, vengono sollevate una serie di questioni importanti legate alla pianificazione e alla gestione delle trasformazioni urbane, sulle quali sarebbe necessario aprire un dibattito strutturato su più fronti – politico, sociale e culturale – al fine di innalzare il livello della riflessione collettiva su Cagliari, che sembra progredire con grandi difficoltà.

Ilene Steigut

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23 Comments

  1. giampaolo says:

    …io la trovo bellissima……..

  2. Gentile architetto,
    l’opera suscita alcune perplessità. Come già sottolineato, i muri (setti se preferisce il linguaggio tecnico) segnano limiti, confini, divisioni. Nascono proprio per questo originariamente. Forse lei, e i suoi colleghi, avreste potuto pensare a un’opera che rappresentasse l’accoglienza, l’invito, l’elevazione anzichè la divisione. La chiesa ha una sua scalinata, mi chiedo se un suo prolungamento adeguatamente studiato non avrebbe richiamato questo concetto.
    Saluti
    Renzo

  3. La difesa del progetto da parte della sig.ra Steingut forse potrebbe essere valida da un punto di vista tecnico e progettuale, anche se i vari argomenti addotti sono piuttosto deboli…ai più però non sfugge la tempistica dell’incarico (ciclo politico-economico), a ridosso delle elezioni amministrative del 2016.

  4. nicola says:

    composizione interessante che purtroppo non funziona, ne prendano atto i progettisti

    • antonio says:

      Nicola, con tutto il rispetto, non funziona? Cosa? Visto dall’alto a me sembra un bel lavoro. Se vale la mia opinione come la tua, siamo a zero.

      • E’ proprio vero, funziona visto dall’alto. Peccato che non abbiamo le ali.

      • fabrizio says:

        Va bene, andremo tutti in piazza san michele con l’elicottero

  5. anche leggendo le motivazioni tecniche dei setti, continuo a non capire perchè si è preferito questo tipo di soluzione ad una semplice scalinata frontale (e accesso alla chiesetta feriale con delle scalette ai lati della scalinata principale) o qualsiasi altra soluzione meno impattante. La chiesa risulta “chiusa” e “nascosta” dai muri; si lo so che ci si può accedere dalle scalette che verranno fatte dietro i setti, ma il risultato visivo sarà di divisione netta tra piazza e chiesa, sinceramente orribile.
    Poi anche io ho pensato al problema writers e se da un lato il progettista può avere ragione in un “mondo ideale”, bisogna anche avere capacità di pensare al mondo reale e in un mondo reale quel muro non dura più di 10 minuti.
    Infine una considerazione sull’uso del cemento armato. Si, è vero che riprende certi elementi della chiesa, ma il cemento armato è brutto, oggettivamente brutto da qualsiasi punto di vista. E’ davvero una scelta architettonica che valorizza la piazza? A me sembra di più una scelta del tipo quartiere povero, soluzioni povere, soluzioni brutte. Fate un bel muro di cemento armato davanti al Riva quando ci sarà da rifare piazza Garibaldi, sono certo che dividendolo in setti con le scale a scomparsa la gente sarà sicuramente felice.

    Per me sto muro fa il pari con piazzetta maxia e credo che sarà per Zedda quello che è stato piazzetta maxia per Floris.

    • Ilene Steingut says:

      Rispondo, sempre sul piano tecnico e progettuale, al commento.

      1. La soluzione progettuale dei setti curvilinei che creano una quinta – che si affianca alla rampa veicolare e alla chiesa feriale/catechismo – e un basamento alla chiesa vera e propria (non dimentichiamo che la chiesa principale è quella posizionata in alto, che non viene schermata e/o coperta dai nuovi setti) è stata raggiunta dopo aver considerato diverse soluzioni, tra cui quella che viene proposta in questo commento, scartata per i motivi che seguono.
      La scalinata frontale per salire al sagrato avrebbe relegato l’ingresso alla chiesa feriale e al catechismo, la parte della chiesa più utilizzata durante la settimana (la chiesa principale viene utilizzata solo per le funzioni principali) alla condizione di sottoscala sotto il pianerottolo di arrivo al sagrato superiore. Questa soluzione non solo avrebbe negato la presenza di questa parte che, seppur ancillare, risulta essere la più frequentata, ma avrebbe anche oscurato i suoi ambienti, coprendo le finestrature anteriori che le danno luce.
      La nostra soluzione, al fine di valorizzare questa parte della chiesa e di meglio collegarla con la piazza, propone un varco di ingresso frontale (e non laterale come viene proposto nel commento) largo 8 metri. Il portico di ingresso, illuminato durante la sera e la notte, e la larga scalinata, che scende alla chiesa feriale, a nostro avviso, daranno visibilità e decoro a quell’ingresso, configurando una transizione spaziale adeguata dalla piazza al luogo di culto.

      2.Il setto è alto 3.80 mt, 1 metro più alto del livello della copertura della chiesa feriale (il pavimento del sagrato). Quel metro serve per costituire un parapetto per lo spazio del sagrato superiore, e sarà di 30 cm più alto di quello attuale (pari all’1% dell’altezza complessiva della chiesa, che supera i 30 metri). Quindi la chiesa sarà sempre visibile dagli stessi punti da cui è visibile oggi. Naturalmente, da una distanza molto ravvicinata alla chiesa feriale, distanza dalla quale sono state fatte le fotografie del “muro” incriminato, la chiesa, anche oggi, è scarsamente visibile. Dalla quasi totalità della piazza, la chiesa avrà la stessa visibilità che ha attualmente.

      3. Per un uso poetico del cemento armato, anche per la realizzazione di edifici religiosi, ci si può riferire alle opere di maestri come Le Corbusier, Tadao Ando ed altri, opere che servono da ispirazione, per gli architetti, così come quelle dei grandi della letteratura o della pittura lo sono per gli scrittori e gli artisti odierni.

      • Rosa Bassu says:

        Io nei locali della cripta ci vado molto spesso e le posso assicurare che i setti da lei progettati hanno levato aria e luce oltre a suscitare un senso di oppressione che fa venire voglia a chiunque entri di abbatterli immediatamente. Sembra di essere in un campo di concentramento (ci manca solo il filo spinato) più che in una chiesa. Se vuole un consiglio da semplice cittadina, non progetti mai più da nessuna parte setti, quinte, etc… A meno che non siano muri di contenimento e necessari.

    • Ilene Steingut says:

      Rispondo, sempre sul piano tecnico e progettuale, al commento.

      1. La soluzione progettuale dei setti curvilinei che creano una quinta – che si affianca alla rampa veicolare e alla chiesa feriale/catechismo – e un basamento alla chiesa vera e propria (non dimentichiamo che la chiesa principale è quella posizionata in alto, che non viene schermata e/o coperta dai nuovi setti) è stata raggiunta dopo aver considerato diverse soluzioni, tra cui quella che viene proposta in questo commento, scartata per i motivi che seguono.
      La scalinata frontale per salire al sagrato avrebbe relegato l’ingresso alla chiesa feriale e al catechismo, la parte della chiesa più utilizzata durante la settimana (la chiesa principale viene utilizzata solo per le funzioni principali) alla condizione di sottoscala sotto il pianerottolo di arrivo al sagrato superiore. Questa soluzione non solo avrebbe negato la presenza di questa parte che, seppur ancillare, risulta essere la più frequentata, ma avrebbe anche oscurato i suoi ambienti, coprendo le finestrature anteriori che le danno luce. La nostra soluzione, al fine di valorizzare questa parte della chiesa e di meglio collegarla con la piazza, propone un varco di ingresso frontale (e non laterale come viene proposto nel commento) largo 8 metri. Il portico di ingresso, illuminato durante la sera e la notte, e la larga scalinata, che scende alla chiesa feriale, a nostro avviso, daranno visibilità e decoro a quell’ingresso, configurando una transizione spaziale adeguata dalla piazza al luogo di culto.

      2.Il setto è alto 3.80 mt, 1 metro più alto del livello della copertura della chiesa feriale. Quel metro serve per costituire un parapetto per lo spazio del sagrato superiore, e sarà di 30 cm più alto di quello attuale (pari all’1% dell’altezza complessiva della chiesa, che supera i 30 metri). Quindi la chiesa sarà sempre visibile dagli stessi punti da cui è visibile oggi. Naturalmente, da una distanza molto ravvicinata alla chiesa feriale, distanza dalla quale sono state fatte le fotografie del “muro” incriminato, la chiesa, anche oggi, è scarsamente visibile. Dalla quasi totalità della piazza, la chiesa avrà la stessa visibilità che ha attualmente.

      3. Per un uso poetico del cemento armato, anche per la realizzazione di edifici religiosi, ci si può riferire alle opere di maestri come Le Corbusier, Tadao Ando ed altri, opere che servono da ispirazione, per gli architetti, così come quelle dei grandi della letteratura o della pittura lo sono per gli scrittori e gli artisti odierni.

  6. fabrizio says:

    I chiarimenti della progettista sono ben argomentati e soprattutto garbatissimi. Tutto ciò rende onore a lei e al suo progetto. Però l’impatto visivo dell’opera è molto brutto, perché la prospettiva normale non è la vista dall’alto, ma dal piano strada.inoltre, sebbene non si tratti di muri in senso tecnico, sono dei muri nella percezione di chi guarda e in una chiesa il muro intaccail simbolo dell’accoglienza. Provate ad immaginare l’uscita degli sposi dopo la celebrazione, il lancio del riso, le foto di quegki attimi di gioia. Sembra banale, ma la fruibilità anche visiva del sagrato segna i ricordi di chi entra in una chiesa.penso, per concludere, che non si possa progettare l’accesso ad una chiesa coi criteri dell’accesso ad un ufficio pubblico. Ma io non sono un esperto

  7. A chi vive nel quartiere, come me, del muro (pardon “setto”) non importa alcunché, anzi pare che la piazza alla fine sarà sicuramente più sicura di prima (pavimentazioni, illuminazione, percorsi ecc…). I venditori ambulanti, veri protagonisti della piazza, sono interessati solo a tornare quanto prima nei loro spazi, visto che ora intasano le strade limitrofe (fino a P.zza Is Maglias) creando caos al traffico e ai parcheggi.
    La polemica interessa solo chi NON vive nel quartiere di Is Mirrionis e vuol fare l’intellettuale, senza capire la differenza tra architettura e “manutenzione straordinaria”. E poi, in cosa consisterebbe la tanto sbandierata partecipazione? Il diritto di veto di ciascuno di noi su ogni singola scelta del progetto? Il fatto di giudicare le scelte della piazza con un “mi piace” o “non mi piace” (tipo facebook)??!!

    • Fourthciucciu says:

      Brava Vale concordo su tutto, ma fallo capire ai nostri illuminati intellettuali o a tutti gli autoproclamatosi genierisi ed espertoni di architettura, mi parinti cussu becciu pensionau che si poniri a segai sa conca a is manorba ki traballanta in cantieri ” aicci non si fairi, là ki sesi sballiendi”

      • fabrizio says:

        Quindi, signor fouthciucciu, soltanto gli architetti possono dire se un’opera pubblica è bella o brutta? Non le viene in mente che ci sono diverse scuole e tendenze (quindi diversi gusti) anche fra gli architetti e che uno può trovare orribile un’opera progettata da un altro? Perché lei è così livido di rabbia nei confronti di chi esprime semplicemente il proprio parere estetico? Se lei vuple accettare supinamente tutto ciò che le propina un professionista, la informo che non può sostituirsi alla scienza e alla tecnica, ma può ben dire che una cosa fa schifo a guardarsi se questo è il suo pensiero

      • Fourthciucciu says:

        a te fa schifo, a me no, ciao genieri

    • evidentemente frequentiamo persone diverse. Io conosco molte persone in quartiere che frequentano la piazza e la chiesa e non mi sembra che non gliene interessi alcunché, anzi… mi sembrano decisamente inca##ati… forse perchè anziche parlare con quelli di Is Mirrionis dovresti parlare con quelli di San Michele (dato che la piazza è li)… e se Zedda sentisse le cose che ho sentito io in questi giorni verrebbe di notte con la picozza a buttare personalmente giù il muro…

      • Lantanio says:

        Se vedi Zedda con una picozza che lavora duro, avvisami…Mi pare strano, comunque

      • Simone says:

        Zedda con la picozza, lavorare duro in piazza San Michele? Bisogna segliere: Zedda, oppure la picozza, oppure lavorare duro in piazza San Michele.

    • Valente vera says:

      Come lei Vale ben dice, alla gente che abita nel quartiere non importa alcunchè del muro e subisce e accetta passivamente tutte le decisioni prese in altra sede come quella di costruire un muro “bavaglio” della chiesa, cosa che contribuisce ad abbruttire ulteriormente il quartiere. Non sarebbe il caso qualche volta di alzare la testa e farsi VALEre? o è così bello chinare il capo e sottomettersi al potere?

  8. personalmente avrei optato per un progetto che abbracciasse tutto il contesto, non solo la piazza (quindi le vie attigue san michele, abruzzi e bosco capuccio e magari anche piazza medaglia e il giardino fronte piazza con quelle due rampe orribili). Con questo restyling cambia poco e niente perché sarà una pavimentazione nuova in un contesto identico al passato. per riassumere, un’opera da amministrazione de biddixedda

  9. francu says:

    Custa si zerriara steingut, cuss’atra di piazza maxia govodó. Su prossimu Piano, ma non quello famoso. Unu manorba di assemini!

  10. lino grill says:

    Giusto per capire se ho capito….non hanno alcuna funzione strutturale, questi setti (non a tutta altezza almeno) e nasconderanno la vista della Chiesa, essendo così alti. Rendendo vana la funzione principale ovvero quella di collegare la.piazza al.sagrato.

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