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“Chi vuole cancellare Sa die de sa Sardigna?”, di Salvatore Cubeddu

ElRey

Cagliari, cripta della Cattedrale (foto Olliera) 

Penserete che l’evento istituzionale più importante della settimana trascorsa sia costituita dalla visita della presidente della Camera? Purtroppo no. Certo, Laura Boldrini è una bella figura di donna e di militante della sinistra. Intorno a sé crea fascino ed attesa. Vorrei soffermarmi più a lungo su di lei – ma ci ritornerò alla fine – se non ci fosse una notizia oggettivamente più rilevante e, come spesso succede, più spiacevole per noi e per le nostre cose.

La giunta regionale non ha messo un soldo nella legge finanziaria per “Sa die de sa Sardigna 2015”. Lo scorso anno si era scusata della modestia della somma dicendo che doveva gestire un bilancio approvato dal governo di centro-destra. Quest’anno se n’è totalmente “dimenticata”, ponendo le condizioni per cancellare definitivamente la festa dei sardi.

All’arrivo in aula se ne accorge il segretario del Partito dei Sardi, Frantziscu Sedda, che attiva i consiglieri del suo partito e gli amici sovranisti, arriva a contrattare una correzione di 200 mila euro (in verità, cifra essa stessa modesta), per i quali ottiene l’approvazione del Consiglio regionale. Ma i componenti del neo-costituito comitato di Sa Die (composto da numerose associazioni culturali e presieduto, dopo la scomparsa del professor Giovanni Lilliu, dalla professoressa Nereide Rudas) controllano l’elaborato che esce dalla Giunta e… la voce Sa Die continua a non esistere. È stata trasgredita anche la decisione del Consiglio regionale!

Ovvia la protesta del Comitato, immediata la richiesta di chiarimento dei sovranisti, sconcertante la spiegazione offerta da parte della Regione (chi?): “È successo un errore, rimedieremo in qualche modo…”, riferiscono agli interlocutori del Comitato.

Chi è il responsabile di questo “errore”? Come si intende rimediare?

E torniamo alla visita della terza autorità dello Stato italiano. Dalle nostre autorità è stata ricevuta come forse neanche lei si aspettava. Come un tempo si accoglievano le principesse di sangue reale. Come, credo, lei non viene ricevuta da altre parti. Non mi riferisco al suo comportamento, ma al nostro. In lei era ben verificabile l’attenzione per l’interlocutore, le parole di conforto, l’adozione maternale di chi si china verso una “Sardegna malata e sofferente”. Ma, appunto, quasi solo di parole di consolazione potrà trattarsi.

La presidente della Camera potrà agevolare la discussione della mozione per “salvare la Sardegna” presentata l’altro giorno dai nostri parlamentari, visto che stiamo tornando in pieno Ottocento, con l’Isola tartassata dalle tasse, bloccata da collegamenti impossibili, esautorata di tutto se non dei servizi a cui tiene lo Stato. I nostri rappresentanti a Roma si rendono ben conto che nel Parlamento serve alla Sardegna ben più che una mozione.

“Sa die de sa Sardigna” serve a ricordarci l’unico fattore vero della nostra salvezza, quello che sembrava venire meno in tanti atteggiamenti riscontrati in questi giorni: la fiducia in se stessi, la speranza che l’assunzione di nuovi comportamenti e scelte siano in grado di risolvere i nostri problemi, il senso di una storia comune che, tra luci ed ombre, può continuare e portarci alle mete attese.

Post scriptum
1 – Nella finanziaria “applicata” dalla Giunta c’è un regalo anche per alcune associazioni: la pratica cancellazione, dopo il 2014 anche per il 2015, dei contributi ad un certo tipo di associazioni culturali, quelle che si occupano della lingua e della cultura sarda e che concorrono alla legge regionale 20/09/2006, n.14, art. 20 e 21 lett. r. Sarà un caso: tutte queste partecipano da vent’anni alla promozione di Sa die de sa Sardigna… Come mai?
2 – E guarda caso: le uniche associazioni politiche non coinvolte nell’operazione-memoria per il centenario della prima guerra mondiale sono le stesse che promuovono Sa Die, insieme alla lingua e alla cultura sarde e che studiano, scrivono libri, organizzano seminari e convegni sul sardismo. Ma il sardismo e l’autonomia della Sardegna non l’hanno pensata, combattuta e sofferta i Sardi protagonisti della guerra di cento anni fa?

Salvatore Cubeddu

 

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6 Comments

  1. La mia umile valutazione, e scuatemi la scompotezza .
    La Sardegna, cosi’ come le altre nazioni, deve necessariamente essere cosmopolita, e questo e’ un vantaggio, anche un valore aggunto, e perche’ no un ‘opportunita’.
    Cio’ non significa smantellarne il tessuto storico-culturale, ne’ significherebbe annullare tantomeno dimenticare la tradizione.
    La sovranita’ e’ necessaria, seppur bignorebbe fare un’analisi ampia e forse anche complicata. Per secoli abbiamo dovuto subire svariate dominazioni, (altri tempi certo), che poi Garibaldi, che orgogliosamente almeno si e’ stabilito in Sardegna e non in Corsica per trascorrere gli ultimi anni della sua vita, ne’ interruppe il ciclo aprendne di fatto uno nuovo che e’ sostanzialmente quello attuale rivelatosi fallimentare per la Sardegna, diventando succube dello stato Italiano, delle decisioni altrui tranne che dei Sardi. Siamo diventati schiavi del capitalismo e della mafia russa e cinese, come se quella italiana non bastasse. Ci siamo accomodati ad una tipologia di crescita non idonea, fatta dagi altri. Ben vengano gli altri, ci mancherebbe, benvenga il progresso, la crescita, il miglioramento, ma da Sardo esigo rispetto da costoro.
    Allora io dico e concludo: evviva Giovanni Maria Angioy, che egli risusciti e riaccenda in noi Sardi la voglia di riprenderci la nostra sovranita’, quella di cui abbiamo il diritto.

  2. anonimo says:

    Sa die scompare giustamente perché è una distorsione della realtà. Fosse stata carina la messa in scena, almeno. Sono contento.
    Quanto a Marvin che insulta, dà dello schiavo a chi non condivide i suoi sentimenti, caccia i “continentali”, reclama un’autonomia di cui non si è dimostrato capace, classifica il resto del mondo e si mette al centro dell’umanità, Marvin è interessante e per fortuna ancora raro. Attivo solo dalla tastiera.

    • MARVIN says:

      La definizione di te stesso, te la sei data da solo definendoti “anonimo”.
      E’ evidente che sei un continentale o uno “addomesticato”.
      L’ho capito dal fatto che parli di autonomia, quando io tratto di sovranità.
      Ma, è inutile che te lo racconti, tanto non coglieresti la differenza.
      Quanto all’ultima frase “attivo solo alla tastiera”, potrebbe essere una provocazione.
      Se così fosse, non ti rimane che fare la prova. Mandami un’amica.
      Per te faccio uno sforzo.
      Se non è quello che penso, ti chiedo scusa.
      Comunque sia, un saluto.
      Il Comandante

  3. Quando i Valori diventano disvalori fortemente elettoralistici, ecco il risultato. Per decenni un becero ignorante internazionalismo di sinistra ha confuso la Natzione con lo Stato e dunque viva il progresso socialista della cortina di Ferro, più il Maoismo comunista e il Castrismo del fu Che. Dimenticandosi che in quelle Nazioni-Stato imperava il nazionalismo vivace, colorato e pure rumorosamente musicale, da noi niente per cui il Sardismo era accomunato al fasciosardismo e alle trincee di novencentiana memoria. ed ora? Un centrosinistra di formazione governativouniversitaria sorride al più di questi folk-lore locali con berritta e quattro mori sbendati. ed essendo dei cinici economisti (chiamati dai segretari dei partiti per questo motivo a governare una economia da post guerra,) privi d’insegnanti alla Lilliu, per dire l’ultimo di una srie di figure Nobili Sarde. Nelle scuole regna il silenzio da troppo tempo, dove sono quegli insegnanti che rivendicavano il dovere-diritto di’insegnare Storia della Patria Sarda? Chi c’è bussi forte, chissà che qualcuno non sia costretto a sentire oltre le grida di chi non ha più stipendio/salario anche che stiamo vendendoci qul poco che resta di dignità a chiunque arrivi con la nave da crociera o l’areo privato grondante petroldollari.
    Asibiri tottus inpari e in paxi

  4. Ospitone says:

    Chi vuole cancellare “Sa die de sa Sardigna” siamo proprio noi Sardi.Triste dirlo, ma è solo un capitolo della nostra decadenza come popolo.
    Ironia della sorte,un contributo sostanzioso, lo danno una giunta di centrosinistra e un consiglio regionale che al suo interno contano rappresentanti del cosiddetto sovranismo,dell’indipendentismo,dell’autonomismo: ….una beffa, o solo a dimostrazione che alle enfatiche affermazioni di sardità, per alcuni è poi difficile dare un’applicazione pratica, quando è il momento (vedi oggi con “Sa Die”,ma i casi del passato sono numerosi).
    Mi viene da pensare che forse per la politica,questa sia una festa scomoda ,che fa pensare,un minaccioso ostacolo alla proverbiale legge “de su connottu” .Ma no!!In fondo parla solo di rivoluzione,uguaglianza,giustizia,libertà,cambiamento,ma sopratutto di dignità,la dignità degli ultimi.

  5. MARVIN says:

    Ma di cosa ci dobbiamo stupire?
    Lo sappiamo benissimo che il popolo sardo, come tutti i popoli, è costituito di uomini e donne Fatti di carne ed ossa. Sappiamo pure che esistono varie tipologie di uomini e donne.
    Ci sono quelli che vendono la testa della propria madre per un piatto di minestrone.
    Quelli che il marchio della schiavitù la portano stampigliato nel DNA ed infine quelli resi schiavi dall’ideologia, anche quando di ideologico rimane solo il rappresentante dell’ultima ora.
    Tutte e tre le tipologie di schiavo hanno alcune caratteristiche in comune.
    Sgomitano, tra di loro, alla vista del padrone, sbandando e collidendo tra loro nell’incedere.
    Si rivolgono a lui con sorrisi fraterni e deferenti.
    Fargli capire che può contare su di esso, fargli capire che se sarà il preferito gli sarà fedele per sempre e che per il padrone è disposto a tradire la famiglia, gli amici, il popolo intero.
    L’amore per il padrone supera ogni montagna, varca ogni confine.
    Grande è il dolore quando costui parte senza che li abbia degnati di uno sguardo particolare, senza un sorriso dedicato, senza una parola che, seppur senza senso, lo schiavo può girare a suo favore. Dolore che si trasforma in dramma quando il padrone si rivolge allo schiavo confondendone il nome, facendogli capire che per lui è solo una pedina da accantonare una volta utilizzata. E’ schiavo vero colui che, pur vituperato per tutta la vita, si vanta con schiavi del suo stesso livello di essere stato il più fedele al padrone.
    D’altra parte, esistono, in terra di Sardegna, UOMINI e DONNE che schiavi non lo sono mai stati, non lo sono e, mai lo saranno.
    Nati, non da schiavi o da schiavi liberati ma da uomini liberi che non riconoscono padrone alcuno.
    Sono quelli che, anche oggi, guardano lo schiavo commiserandone la condizione meschina della propria misera esistenza.
    Sardos ischidadebonde kest’Arvreskende.
    A fora su continentale.
    Pensade a babbos vostros kena bos tepper virgonzare.

    Il Comandante.

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