Politica / Sardegna

Sardegna Possibile, dove sei? Dopo i fasti elettorali, molte parole e pochissimi fatti

Sardegna Possibile

 Poco meno di un anno fa

Sotto l’albero il partito nuovo che ho chiesto a Gesù Bambino non l’ho trovato. Ma diversi buoni libri sì, dai quali evidentemente sono chiamato a trarre qualche ragionamento.

“Come rendere chiare le nostre idee” è un testo di Charles Sanders Pierce un po’ datato (uscì nel 1878, oggi lo ripropone la Utet in una versione tascabile) ma assai utile in tempi come questi dominati da una certa diffusa illogicità. Cosa dice, tra le tante cose, il padre del pragmatismo? “False distinzioni sono dannose quanto la confusione fra credenze che realmente si differenziano”.

Ora, è chiaro che il nuovo partito (che bisognerebbe chiamare per precisione “nuovo partito nuovo”, giacché di partiti nuovi ne nascono in continuazione ma quasi mai sono portatori di quella carica innovativa di cui ci sarebbe bisogno) dovrebbe aggregare forze simili tra loro. “Simili” non vuol dire ovviamente “identiche”. Si tratta dunque di capire dunque quali sono i tratti capaci di avvicinare e allontanare le forze politiche interessate al progetto, quali gli elementi non negoziabili di una identità che si vorrebbe comunque mantenere nel soggetto futuro, e quali invece quelli che possono essere sacrificati in nome di un progetto comune e più alto.

Sostenere l’aspirazione del popolo sardo all’autodeterminazione è un elemento che aggrega più di quanto possa dividere la partecipazione di alcune forze politiche alla giunta Pigliaru? Parliamone.

Si tratta di mettere in ordine gli argomenti e di iniziare un ragionamento (detto per inciso, Sardegna Sostenibile e Sovrana, di cui faccio parte, persegue l’idea di una maggiore unità dei partiti della sovranità da quasi due anni). Un ragionamento che magari alla fine può anche concludersi con un nulla di fatto. Perché la politica non è un’equazione e il contesto vale quanto il testo e forse le condizioni per far nasce un nuovo soggetto politico in Sardegna ancora non ci sono.

“False distinzioni sono dannose quanto la confusione fra credenze che realmente si differenziano” dicevamo. Ora io non capisco perché i più ottusi detrattori dell’idea di un nuovo partito nuovo della sovranità si contino proprio tra i sostenitori di un progetto che appena un anno fa, con parole d’ordine e idealità molto simili ma con una strategia a dir poco strampalata, si apprestava ad affrontare la sfida elettorale.

Dov’è finita Sardegna Possibile? È pensabile escludere a priori dal progetto di un “nuovo partito nuovo” un cartello elettorale che se avesse avuto una strategia più lungimirante oggi avrebbe avuto i suoi rappresentanti in Consiglio regionale? Io direi proprio di no. Perché a mio avviso i punti di unione sono tanti, a scapito delle “false distinzioni” che in tanti provano ad alimentare.

Il problema è però che Sardegna Possibile non c’è più, è evaporata. Assente alle amministrative dei mesi scorsi, travolta nell’unico centro (Serrenti) in cui si è presentata, senza leadership (una delle poche figure di riferimento, Romina Congera, ha preferito farsi da parte in silenzio), ancora vittima delle contraddizioni che ne hanno decretato la sconfitta (politica più che elettorale), senza uno straccio di progetto capace oggi di dare voce e gambe a quelle decine di migliaia di persone che l’hanno votata meno di un anno fa, ancora contraddittoria nel suo rapporto con l’unico partito vero del cartello, Progres.

Il quale, peraltro, sembra indeciso sul da farsi: se liquidare l’esperienza di Sardegna Possibile e riprendersi la propria soggettività (e dunque riprendere a dialogare con le forze politiche in campo) oppure se continuare ad alimentare un progetto con soggetti di cui però a questo punto è lecito dubitare anche della reale esistenza.

Ora, che il progetto di un nuovo partito nuovo sia criticabile (anche aspramente) va da sé. Ma che a farlo sia chi si riconosce in un soggetto che da quasi un anno vaga senza bussola nella scena politica isolana è un’offesa all’altrui intelligenza.

Un partito o un progetto politico non sono una sommatoria di voci isolate che ogni tanto si levano contro questo o contro quell’altro, con gli stessi toni arroganti di chi, a due settimane dal voto regionale, era straconvinto della vittoria.

Per cui Sardegna Possibile batta un colpo e si rimetta in moto. Si sia una organizzazione, un progetto, una leadership. Metta in campo le sue idee, metta a scrivere i suoi intellettuali di riferimento e riparta al più presto. Delle due, l’una: interagisca con gli altri soggetti politici per la costruzione di un nuovo partito, oppure (forte del risultato elettorale, continuamente sbandierato) si faccia carico di elaborare un percorso politico alternativo che non sia semplicemente la riproposizione di idee, strategie e leadership bocciate dagli elettori. Perché l’idea di vincere dal soli alle elezioni è naufragata.

In due parole, Sardegna Possibile faccia politica. Il momento per dimostrare le proprie capacità è questo. Criticare duramente gli altri non basta; e, a fronte di tanto immobilismo, può risultare anche un po’ patetico.

 

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9 Comments

  1. Schifato says:

    Dovete cominciare ad ascoltare sul serio la gente. Non partire dalla open space technology (termine scemo per dire tavola rotonda) e poi accentrare tutto sotto un unico faccione, per giunta privo di capacità autocritica e convinto di poter insegnare al mondo come si vive, incluso il mondo dei suoi stessi (ex sostenitori). La bastonata presa da Sp alle regionali è stata indicativa di un modo di agire poco politico e fuori dalla realtà. E da quel che leggo qui ancora non si sta facendo autocritica. Poi, domanda numero zero: Sardegna possibile è mai diventato formalmente un partito? No. E allora di cosa parliamo, di egotrip spacciato per politica? Ciao belli, per un po’ vi ho seguito, poi ho visto che il modo di agire all’interno del “movimento” era peggio di quello dei peggio partiti verticistici italiani. Datela a bere a qualcun altro

  2. Sardegna possibile è stato l’unico processo politico partecipato di questi ultimi anni, e capisco che proprio questo possa spaventare. Come andrà avanti non lo sapete bene neanche voi. Noi in questo lasso di tempo ci abbiamo lavorato, sia in sa Mesa di SP, che in tante discussioni. Vedremo cosa riusciremo a combinare. Io spero qualcosa di utile per la Sardegna e per l’innovazione della sua cultura politica. La nostra è un’operazione inedita nel panorama politico (non solo sardo) e consiste proprio nel mettere assieme non un paio di leaderini in libera uscita, ma cittadini “non dipendentisti”, talvolta cani sciolti, altre radunati in comitati, in reti, in associazioni, e addirittura un partito indipendentista “tradizionale”. Quello che è certo è che i partitini sovranisti si sono ridotti a sgabelli per la Giunta Pigliaru, continuano ad essere fenomeni leaderistici senza base, mentre il PD è sempre di più solo ed esclusivamente oligarchia. E a me questi mi sembrano i veri problemi del quadro politico, un quadro politico che produce spazio per l’astensionismo, per le derive reazionarie, e per progetti lontani dalla Sardegna, come i 5Stelle.
    In ogni caso ti ringrazio per le tue critiche e per le tue proposte, sempre utili e interessanti.

  3. Bisogna approfittare di questo fermento culturale neo-sardista per far si che la sinistra, quella vera, della gente, si incontri, e inizi a porre le basi per l’unità delle varie anime della Sinistra e del Sovranismo, mettendo l’accento sulle cose che ci uniscono (cultura di sinistra, cultura dello Stato, sardità, rispetto del diverso), piuttosto che su quelle che ci dividono?

    Son sicuro che tutti, e dico tutti, saranno d’accordo sul fatto che son di più le cose che uniscono tutte le sigle del variegato mondo della Sinistra, dal Pd di Francesco Pigliaru al SeL di Luciano Uras passando per Gesuino Muledda e il Partito dei Sardi di Paolo Maninchedda, fino ai vecchi compagni dell’ indipendentzia Repubrica de Sardigna di Gavino Sale, piuttosto che quelle che le dividono.

    E a quel punto, superate le antipatiche divisioni, si potranno porre le basi per l’Unità della Sinistra Sovranista, quella con la doppia S maiuscola.

    E’ logico che in una piattaforma del genere non si possa prescindere da tre punti programmatici che esplicito per coloro i quali non hanno colto al volo cosa sia l’idea di Sinistra Sovranista:

    1 – Resistenza alla dittatura oligarchica dell’economia capitalistica, senza un’imposizione contestuale di un solo profilo ideologico che dovrebbe fare da unico fondamento legittimo di questa lotta di liberazione nazionale.

    2 – Resistenza all’attuale struttura imperialistica del mondo, di cui il colonialismo italiano in Sardegna non è che l’odierno aspetto dominante nella nostra Nazione, ma che certamente non è l’unico o quello cui bisogna ricondurre tutto,

    3 – La scelta di tenersi integralmente fuori dal bipolarismo Centrosinistra-Centrodestra, non per ragioni di principio astoriche eterne, ma sulla base di un giudizio politico determinato, che potrebbe anche essere modificato in futuro se cambiasse il panorama politico europeo e mondiale.

    Spero di aver dato un contributo al dibattito, e soprattutto alla Cultura di Sinistra, con la C maiuscola, al fine di Battere le Destre.

    • Sono sicuro che con questa profonda conoscenza della realta’ sarda (fermento culturale neo-sardista??? Ma si rende conto di cosa sta parlando?) unita allo Sproloquiare con Diluvio di Iniziali Maiuscole molto MinCulPop style del signor “MazzaPesante”(NomenOmen) si sia trovata la quadratura del cerchio!
      Se questo e’ il modo piu’ moderno che la sinistra o le tante sinistre sovraniste/opportuniste che ci circondano hanno oggi per battere le destre siamo tutti a cavallo. Destre che poi mi pare si dichiarino ormai sovraniste anche quelle.

      Io non vedo nessuna “nazione”ma solo una guerra provinciale tra meschini mercanti combattuta con le armi della menzogna e del compromesso, guerra tutta in famiglia, con le stesse impresentabili facce di sempre e sempre per le stesse poltrone. Mentre in realta’ ci vorrebbe forse del napalm. Oppure un’atomica per fare realmente piazza pulita.

  4. Luca Carta Escana says:

    Le critiche sono sempre preziose. Come detto, Sardegna Possibile conosce una fase di rilancio. L’intenzione è che essa divenga una Comunità politica meglio organizzata, paritaria, sempre più plurale (ergo, meno leaderistica).
    Veniamo dunque alla proposta nel ”nuovo partito unico”. Cos’è questa smania di giungere alla creazione de ”il partito della Nazione (sarda)”? Noi non siamo la Scozia (dove un partito indipendentista egemonizza la Causa); noi non siamo la Catalunya (dove fuoriusciti del Partito Socialista voltano le spalle al loro passato unionista, facendosi nuovo partito sovranista); noi non siamo la Spagna (Podemos intende governare a Madrid, ma si dice a favore della secessione catalana); e non siamo neppure l’Italia (dove, nel pieno di una deriva neo-centralistica, un leader deride chi non la pensa come lui e al tavolo delle riforme siede un pregiudicato). Noi siamo la Sardegna, nella quale è sì primo partito 5Stelle, ma che continua a non dire mezza parola sul diritto del popolo sardo ad autodeterminarsi. E’ questa lungimiranza? La prossima volta portare i Quattro Mori a tracolla potrebbe non bastare…
    Insomma, un ”nuovo unico casermone” nel quale stare tutti assieme, appiccicaticci Sinceramente credo occorra altro: a prescindere dalla tessera, compagne e compagni di pensiero aperti al dialogo; rispettosi delle differenti visioni politico-culturali (ideologiche o meno che siano); capaci di proporre soluzioni valide e sensate. Così facendo, non dovrebbero mancare le occasioni per condividere grandi risultati.
    Formare una classe di statisti sardi, con irrinunciabile meta l’indipendenza politica della Sardegna; scardinare il monopolio mediatico imperante (lancio di un nuovo quotidiano su tutti); graduale rinuncia all’uso di fondi pubblici verso un finanziamento del movimento indipendentista da parte dei privati (in maniera trasparente, con un limite donazioni stabilito, ragionevolmente contenuto; il tutto liberamente consultabile e giudicabile). Ad esempio.

    • Ospitone says:

      Prima “dell’irrinunciabile Indipendenza politica”,viene la necessaria indipendenza economica (programmata su misura).Noi sardi, siamo prima di tutto schiavi di un’economia che viene decisa altrove ma che noi ,per vari motivi abbiamo avallato (per secoli).Senza un minimo benessere economico saremo sempre deboli e ricattabili.Per fare questo,serve una serena autocritica e un partito veramente “slegato” dalle logiche italiane,nel quale a mio parere non possono più stare i soliti noti.
      In questo senso un partito-calderone per giunta “unico” mi ricorda un Pd di renziana memoria.
      Servirà molto coraggio.

  5. Federico DeV says:

    Sono rimasto delusissimo da questa sparizione. O meglio , da questa evanescenza. Una delusione in più da aggiungere all’album delle delusioni, della serie : ce l’ho , ce l’ho, questa ce l’ho doppia, ce l’ho…aspetta, questa mi mancava .

  6. Fermo restando che condivido (da sostenitore) le critiche a SP, il punto focale è uno: i rapporti col PD. Sardegna Sostenibile e tutta quell’area che attorno ad essa ruota deve rompere le alleanze con quel partito (escluse particolari situazioni locali, eventualmente). È una decisione irrimandabile, inutile continuare a girarci attorno.

  7. Vito sei proprio intempestivo, basta chiedere… Il 10 gennaio ci sarà un’assemblea plenaria degli aderenti a SP, aperta a tutti coloro i quali abbiano interesse a conoscere, ed eventualmente aderire, al progetto di comunità politica che le diverse componenti della ex coalizione elettorale hanno elaborato in questi ultimi mesi.

    (Nicola Meloni – ProgReS)

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