Politica / Sardegna

Talete, Harvey e l’intollerabile superbia degli intellettuali al potere (il caso Sardegna)

amatus

Una riunione della giunta Pigliaru (in primo piano la Sardegna)

Come fece Talete, bisogna “calarsi di proposito nei pozzi per vedere meglio le stelle, anche quando la loro luce è fioca”. Silvano Tagliagambe su Sardegna Soprattutto (nel post “Gli intellettuali, il pozzo e le stelle”) ci spiega come la politica abbia bisogno degli intellettuali (cioè di persone “che fanno della loro vita un esercizio genuino e costante di studio e di ricerca per sforzarsi di capire sempre meglio la realtà che li circonda”) per riuscire a “cogliere anche i segnali più deboli, ma non per questo meno importanti e significativi, che provengono dalla realtà”. Perché, secondo Tagliagambe, senza questo ascolto non ci può essere buona politica.

Sì, ma quando gli intellettuali sono al potere, cosa succede? Tutti i problemi sono risolti? In Sardegna abbiamo un presidente intellettuale figlio di intellettuale, che ha chiamato in giunta molti docenti universitari, intellettuali ipso facto. Va tutto bene? Direi di no. E il motivo ce lo spiega sempre la storiella di Talete rievocata da Tagliagambe.

L’intellettuale non è solo colui che fa della sua vita un esercizio genuino e costante di studio e di ricerca per sforzarsi di capire sempre meglio la realtà che lo circonda, ma colui che per farlo si cala dentro ad un pozzo. Cioè sceglie il miglior punto di osservazione possibile, anche se questo dovesse sembrare bizzarro, inusuale, non convenzionale. Con tutta la sua sapienza avrebbe potuto Talete osservare le stelle senza calarsi nel pozzo, utilizzato come un rudimentale telescopio? Evidentemente no. E la posizione di presidente della giunta o di assessore è per un intellettuale il migliore osservatorio possibile per valutare la realtà? Secondo me no.

Con tutta la loro sapienza, Pigliaru e soci non possono capire da soli se stanno facendo la cosa giusta nel momento giusto. Perché anche gli intellettuali hanno bisogno degli intellettuali (così come nessun chirurgo si opera da solo e perfino il Papa va a confessarsi da un prete qualunque). L’attività politica ai massimi livelli scaraventa su chi è chiamato ad avere responsabilità una quantità tale di informazioni che non può essere elaborata da una sola persona. Per questo chi governa ha bisogno di essere sostenuto idealmente da un movimento culturale, e praticamente da uno o più riscontri esterni: che però questa giunta pare non avere, o forse anche non volere. Questa giunta sembra essere slegata dalla realtà isolana, non sembra avere con essa un rapporto dialettico costante, sufficiente a dare slancio alla propria azione.

Perché avviene tutto ciò? Perché i partiti non esistono più e perché chi guida una Regione o un assessorato spesso pecca di superbia. Tanto più se è un intellettuale, e pensa così di non dover imparare niente da nessuno (tanto più se sta dentro un pozzo). E da intellettuale prestato alla politica, ha imparato dai politici di professione ad ascoltare con riluttanza chi non la pensa come lui e a circondarsi prevalentemente di yes-man e yes-woman.

Tempo fa lessi un aneddoto che riguardava William Harvey, lo scopritore della circolazione sanguigna. Nell’Inghilterra del ‘600 osò mettere in discussione secoli di convincimenti che si basavano più sulla filosofia antica che non sull’osservazione della realtà. Ma per quanto Harvey portasse elementi a favore della sua tesi, c’era sempre qualche medico del tempo che, osservando arterie e vene in un corpo senza vita, diceva: “Se non sapessimo che Aristotele ha assolutamente ragione, verrebbe da dire che Harvey non ha torto. Ma ha torto”.

Ecco, i politici sardi sono come quell’oscuro medico sconfitto dalla scienza e dalla storia che negava la circolazione del sangue. Hai voglia a metterli in guardia dalle volontà centraliste del Pd di Renzi che tra non molto proverà ad affossare la nostra autonomia speciale; hai voglia a metterli in guardia dalla slealtà dei ministeri quando si parla di grandi vertenze industriali; hai voglia a provare a dimostrar loro che sulla vertenza entrate ciò che è stato fatto finora rischia di portare al tracollo i conti della Regione; hai voglia a invitarli a non fidarsi dell’Eni e delle grandi multinazionali dell’energia. Hai voglia!

Che tu sia intellettuale o no, puoi metterli in guardia su qualunque cosa, anche la più banale ed evidente, ma non ti ascolteranno: perché sono superbi, perché pensano di non avere bisogno dell’aiuto di nessuno.

E così ci tocca assistere sgomenti alle scorribande del  il Pd di Renzi il quale, novello Aristotele, per la classe dirigente sarda ora ha sempre ragione. Anche quando basta calarsi in un pozzo per dimostrare facilmente il contrario.

 

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6 Comments

  1. Complimenti ho letto nella maggior parte delle risposte commenti molto interessanti,
    Probabilmente ciò che cerchiamo o vogliamo alla guida della Sardegna non esiste.
    Intellettuali, politici, tecnici non conta la provenienza o l’aggettivo che li distingue. Contano le persone: il loro buon senso, la schiena dritta, l’umiltà , l’onestà, la conoscenza politica ( senza che sia dogmatica) e quella tecnica. La somma di questi fattori porterebbe ad individuare un buon amministratore della ‘cosa’ pubblica. Trovarne uno o due é difficile trovarne trenta o quaranta é ( di questi tempi ) impossibile.
    Mario

  2. Gianmarco says:

    Mah, egregio Dottor Biolchini che dire?!
    Intanto, mi sembra, che quanto scritto potrebbe valere in qualsiasi epoca politica della nostra regione e anche della nostra Penisola. Tra l’altro mi dica da quanto non vede un politico collegato con la realtà che lo circonda. Io forse, e sono grandicello, non ne ho mai visti. Quindi devo dirle, senza scomodare Harvey e Talete, che il problema è proprio la stessa politica o forse siamo noi che vorremmo che facessero cose che non possono o non sanno fare. A lei la scelta.

  3. Il Medievista says:

    Non chiamerei intellettuali un gruppo di docenti universitari, figli del più bieco baronato accademico, che occupa posizioni di potere politico per difendere gli interessi della propria lobby di potere e che, approfittando della sua posizione di comando, crea un monopolio nella gestione dei finanziamenti pubblici in materia culturale, possibilmente annientando altri gruppi di interesse di un’area regionale con la quale si è in secolare contrapposizione.
    A me pare che il ruolo degli “intellettuali” in Sardegna si limiti essenzialmente a questo, altrimenti dovremmo vivere in una sorta di città ideale.

  4. enrico says:

    Adesso capisco come ragionano i componenti della Giunta comunale di Cagliari.
    Sono tutti intellettuali .

  5. Luca Vadilonga says:

    Caro Vito, quando sembra mancare umilta’ e senso della realta’, l’essere colti serve a poco per risollevare le sorti di una Regione o di una Nazione….e anche chi ha buone intenzioni si stacca dalla gente che dovrebbe rappresentare e governare. Un abbraccio Luca.

  6. francu says:

    Come disse séguéla, uno stupido che cammina va piú lontano di dieci intellettuali seduti. E i nostri hanno pure il culo grosso…

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