Ambiente / Politica / Sardegna

Galsi, un no che inquieta. E sull’energia serve una moratoria, esattamente come nel 2004 si fece con la Salvacoste

A rileggere oggi sia il programma elettorale che le dichiarazioni programmatiche, appare chiaro che l’idea di dire no al Galsi si era fatta strada da tempo nella testa di Francesco Pigliaru. “Se il gasdotto non fosse più praticabile, bisognerà rapidamente concentrare le risorse finanziarie sulla realizzazione un impianto di rigassificazione di gas naturale liquido”, recitava il programma della coalizione presentato quattro mesi fa; un mese e mezzo fa in Consiglio regionale il presidente invece aveva detto: “Sulle reti del gas il lavoro del Galsi non deve essere perduto perché il fabbisogno di energia termica a costi competitivi per imprese e famiglie richiede che il gas arrivi comunque in Sardegna. La scelta tra il collegamento alla rete nazionale o la costruzione dei rigassificatori sarà oggetto di una attenta valutazione di costi-benefici per decidere bene e in fretta”.

La decisione di uscire dalla partita del metanodotto Galsi non è stata dunque improvvisa, né scaturita da elementi di novità sopraggiunti dopo le elezioni ma soltanto una scelta maturata da tempo e tuttavia non condivisa né con l’elettorato né con l’opinione pubblica. E questo inquieta.

Per questo è condivisibile il pensiero di Raffaele Deidda quando su Sardegna Soprattutto, nel post “A che punto è il gas?”, afferma

“Perché Pigliaru e la sua giunta hanno rinunciato al gas metano attraverso una condotta sottomarina proprio adesso che la crisi russo-ucraina farebbe ritenere il gasdotto dall’Algeria ancora più strategico? Cosa significa che la Regione non rinuncia alla metanizzazione e che la soluzione operativa dovrà essere indicata da un “advisor” da scegliere con un bando? Ci sono alternative al “tubo” sottomarino, diverse dalle navi metaniere e dai rigassificatori?
Quale il livello di discussione politica per una tale iniziativa? Quali il coinvolgimento e la partecipazione della società sarda nelle sue articolazioni? Sono decisioni eterodirette che la Sardegna subisce come ai bei tempi di Nino Rovelli? Viene il dubbio che la ricerca di nuove soluzioni sia referente di una preoccupante estemporaneità e di obiettivi tutt’altro che chiari”.

Sono domande importanti, alle quali questo esecutivo deve dare risposte convincenti, sia per fugare la paura che dietro la scelta di rinunciare al Galsi ci sia la volontà di voler favorire questo o quell’altro soggetto privato, sia perché è curioso che la scelta del modello energetico non sia preceduta da un dibattito sul modello di sviluppo che la Sardegna vuole costruire per il suo futuro.

Perché la questione energetica oggi è questione doppiamente cruciale per la Sardegna. Sia perché è legata all’idea di nuova economia che tutti attendiamo dopo il crollo del vecchio sistema industriale, sia perché è evidente che su questo fronte la nostra isola sta subendo un attacco incredibile da parte di poteri forti e oscuri. Ed è stato lo stesso Procuratore della Repubblica di Cagliari Mauro Mura un mese fa a lanciare l’allarme.

Contro le speculazioni energetiche in questi anni sono sorti in Sardegna tantissimi comitati che oggi, riunitisi in rete, avanzano la proposta più ragionevole possibile: una moratoria che preveda “lo stop immediato delle procedure di autorizzazione per tutti i nuovi progetti di impianti di produzione di energia da combustione con la revoca delle incentivazioni per quelli esistenti, dei progetti per la produzione di energie rinnovabili non vincolati all’autoconsumo, degli impianti di incenerimento dei rifiuti e di potenziamento di quelli esistenti” (il testo della richiesta lo trovate alla fine di questo post).

Nel 2004 Renato Soru varò la legge Salvacoste, che congelava ogni intervento urbanistico in attesa del varo del Piano Paesistico. Oggi Pigliaru dovrebbe fare lo stesso, perché il bene più indifeso non sono più le coste ma l’intero territorio isolano, minacciato da interventi senza capo né coda e, proprio per questo, terribilmente pericolosi.

Un’ultima cosa: ieri il leader dei Rossomori Gesuino Muledda ha affermato “Abbiamo bisogno che nasca un forte partito di governo sovranista”. I partiti forti nascono dal basso e si fanno portatori di idee coraggiose. Questa della moratoria è un’idea sia sovranista che coraggiosa: i Rossomori e il Partito dei Sardi la faranno propria?

***

Coordinamento Sardo Non Bruciamoci il Futuro – Comitati Sardi InRete

 

Al Presidente della Regione Sardegna

Richiesta di moratoria

Nel rivendicare il diritto dei cittadini all’accesso alle informazioni e alla partecipazione ai processi decisionali che coinvolgono l’ambiente, la salute, il lavoro e il benessere sociale (diritto sancito da numerose normative internazionali, europee e statali) i comitati, gruppi territoriali e associazioni della Sardegna impegnati su questi temi portano all’attenzione dei cittadini e dei decisori politici quanto segue:

– è in atto una schizofrenica politica industriale tesa a trasformare la Sardegna in una piattaforma energetica per progetti di sviluppo esterni all’isola e in centro di commercio, stoccaggio o smaltimento di merci, di fonti energetiche e di rifiuti prodotti altrove, anche mediante l’accaparramento delle migliori terre a preminente vocazione agricola, con la conseguente ulteriore marginalizzazione delle tradizionali attività agro-pastorali;

notiamo la sostanziale inerzia della Regione Autonoma della Sardegna nel rivendicare il diritto legittimo nella gestione dei bacini idrici, degli impianti idroelettrici e di altre fonti energetiche rinnovabili esistenti utili ad una produzione energetica nel rispetto della salute dei cittadini e degli intessi degli operatori del settore primario e del turismo;

– osserviamo come la politica verticistica non partecipata (chi amministra attualmente ha il mandato da appena il 18% degli elettori Sardi) sia spesso funzionale agli interessi delle lobby finanziarie e speculative estranee agli interessi dei Sardi favorendo l’accumulazione, la centralizzazione e il trasferimento fuori dell’Isola della ricchezza prodotta lasciando solo le macerie ambientali, sanitarie e sociali;

– in una situazione di degrado ambientale e sociale diffuso, di aggressioni continue al nostro territorio, di minaccia alla nostra salute, assistiamo ad una continua esclusione dalla possibilità di partecipare come singoli e come comunità alla costruzione di un nuovo modello di sviluppo lontano da quello che negli ultimi 50 anni ha portato la nostra Terra ad avere il triste primato di regione con l’estensione più vasta di territorio contaminato (445 mila ha), associato ad elevati tassi di incidenza e di mortalità per malattie delle popolazioni residenti, e sul piano sociale a registrare i tassi di disoccupazione, particolarmente giovanili, tra i più alti dello Stato;

– un Governo Centrale “amico” con il D.Lgs 23 dicembre 2013, n. 145, convertito con modificazioni dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9 (in G.U. 21/2/2014, n. 43) e noto come Decreto “Destinazione Italia“, ha posto le basi per un sostanziale disimpegno degli inquinatori dall’obbligo di bonifica a partire dalla sottoscrizione di accordi di programma con lo Stato ed Enti Locali per una riconversione industriale di tali aree, con agevolazioni fiscali a carico della comunità e spesso indirizzate, come a Porto Torres e a Portoscuso, a scelte non certo sostenibili sul piano ambientale, sanitario ed economico portate avanti in assenza di una preventiva efficace azione di bonifica;

– il medesimo Decreto “Destinazione Italia” vede lo Stato avocare a se competenze che riguardano la nostra Isola nel settore ambientale come nella ricerca di risorse geotermiche per la produzione di energia elettrica con possibile compromissione di ulteriori 200 mila ha, in un momento nel quale fioriscono nel territorio sardo innumerevoli progetti di produzione energetica con ricorso alle biomasse, ai biodigestori, ai mega parchi eolici, ai campi fotovoltaici, ai mega impianti termodinamici solari in aree a vocazione agricola, fino alle trivellazioni per la ricerca di idrocarburi e ai nuovi inceneritori di rifiuti.

CHIEDIAMO un atto urgente di MORATORIA che preveda

– lo stop immediato delle procedure di autorizzazione per tutti i nuovi progetti di impianti di produzione di energia da combustione con la revoca delle incentivazioni per quelli esistenti, dei progetti per la produzione di energie rinnovabili non vincolati all’autoconsumo, degli impianti di incenerimento dei rifiuti e di potenziamento di quelli esistenti, a tutela dei nostri territori e della nostra salute, fuori dalle speculazioni attualmente in essere, in attesa della definizione dei nuovi Piani Regionali su Energia, Rifiuti e tutela del Paesaggio;

– lo stop immediato al nuovo Piano Energetico Ambientale approvato dalla Giunta Cappellacci e la rimodulazione dei PAES nel rispetto della sostenibilità ambientale e territoriale;

– la difesa delle prerogative della RAS e il rafforzamento in materia legislativa concorrente, nella gestione dell’ambiente e delle fonti energetiche messe in discussione dal Decreto “Destinazione Italia”.

Comitato Medio Campidano per i Beni Comuni, Comitato Terrasana – Decimoputzu, Comitato Sa Nuxedda Free – Vallermosa, No Galsi Cagliari, Comitato Non Bruciamoci Il Futuro – Macomer, Movimento Rifiuti Zero Sardegna, Comitato S’Arrieddu – Narbolia, Comitato Torre Grande, Comitato Fuori dalle Pale – Villanovaforru, Comitato Cittadini Liberi – Ottana, Comitato No Chimica Verde-No Inceneritore – Sassari/PortoTorres, Arci Sardegna, Isde Sardegna, ABC Planargia Montiferru, Collettivo Carraxu – Cagliari, Comitato Non Bruciamoci Il Futuro – Cagliari, Progetto Comune Villacidro, Comitato No Megacentrale – Guspini, Comitato Terra che ci Appartiene – Gonnosfanadiga, No Galsi – Villacidro, Comitato Nurra Dentro-Riprendiamoci l’Agro, Associazione Culturale Athenaeum2000 – Decimomannu, Eutopia Turritana, Comitato Ambiente e Territorio – Samatzai, Cittadini per Decimomannu, Associazione “Nuoro Atene Sarda”, WWF Sassari, Csoa Pangea – Porto Torres, Carlofortini Preoccupati, Comitato Basso Campidano-aria-terra-acqua, Comitato No TrivelPaby – Pabillonis, No al Progetto Eleonora – Arborea, Presidio Piazzale Trento – Cagliari, Sardegna Pulita-Cagliari, Assotziu Consumadoris Sardigna – Cagliari, Malerbe – Alghero, Assòtziu Zirichiltaggia – Cagliari, Gruppo di Informazione Indipendente InBosa No Trivelle Sardegna, Italia Nostra Sardegna

 

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16 Comments

  1. Se proprio si deve scegliere, meglio il gasdotto, anche proveniente dalla Toscana, che la soluzione metaniere+rigassificatori. Così la pensava un grande esperto.
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    Come contributo al dibattito in corso su Galsi e dintorni, invio uno scritto sui rischi del trasporto del gas con le metaniere (sistema alternativo al gasdotto via mare), al quale si associa la realizzazione di almeno 2 rigassificatori. Lo scritto risale al 1988 e contiene una serie di informazioni aggiornate rispetto all’epoca. Mettiamoci allora in caccia di dati aggiornati ai nostri giorni.
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    Scrive il prof. Mario Silvestri (compianto docente del Politecnico di Milano 1.) nel suo libro “Il futuro dell’energia” (Edizioni Boringhieri, 1988), pagg.128-129 (…) Il più grave incidente possibile con gas naturale è legato al suo trasporto via mare con metaniere. Nel 1986 51,6 miliardi di metri cubi di metano sono stati trasportati in questo modo: 38,9 verso il Giappone, 12,9 verso l’Europa e 0,1 altrove. Metaniere da 100.000 m3 di metano liquido trasportano un potenziale energetico enorme, che può anche esplodere, se una concatenazione molto improbabile ma non impossibile di eventi si succede in maniera perversa. Ad esempio, in una collisione, una metaniera danneggiata potrebbe rovesciare in mare parte del suo contenuto di metano liquido. E, mentre questo ribolle a contatto dell’acqua di mare molto più calda, la metaniera stessa, in cui la pressione del gas liquido aumenta perché la valvola di scarico del vapore di metano può risultare insufficiente a smaltire il metano che evapora all’interno, si spezza rovesciando sull’acqua l’interno contenuto. Il metano liquido divenuto gas, pur espandendosi e ribollendo, rimane aderente alla superficie del mare, poiché la sua temperatura molto bassa lo rende più denso dell’aria (circa una volta e mezza) e solo lentamente esso si riscalda, mescolandosi nell’aria, con cui forma miscela esplosiva, se la sua percentuale è compresa tra il 5% e il 15%. Una brezza può spingere questa infernale mescolanza verso terra e, alla prima scintilla, si ha una gigantesca esplosione o una serie di gigantesche esplosioni, con un equivalente esplosivo, nei casi peggiori, dell’ordine di un megatone. Tanta energia, sviluppata in fronte ad un centro abitato come Genova o Napoli o Venezia, oltre a distruggerlo completamente, innescherebbe incendi, coinvolgenti quantità di energia persino superiore a quella sviluppata dall’esplosione, indomabili per la messa fuori servizio di tutti i servizi antincendio. Nulla di ciò può avvenire in un disastro nucleare, pur avendo questo in comune con il precedente la liberazione di sostanze cancerogene.
    Tale situazione è stata messa in evidenza, anche se studiata solo in parte, perché non si è mai spiegato che, in simile conflagrazione, le sostanze oncogene si formerebbero in grandi quantità, spargendosi nel mondo, senza che alcuno sia attrezzato e abbia intenzione di attrezzarsi a misurarle. Rischi di poco inferiori sarebbero legati alla costruzione di grandi serbatoi di metano liquefatto, che sarebbe necessario creare per avere una infrastruttura di deposito a terra, qualora si espandesse eccessivamente l’impiego di metano a spese della altre fonti energetiche; a questo punto, infatti, non sarebbe più sufficiente l’uso di giacimenti metaniferi italiani, come caverne di contenimento di sufficienti quantità di gas, pulsandone la pressione fra un valore minimo e un valore massimo. Quanto alla rete metaniera, esso è un serbatoio di modestissima capacità, visto che i 20.000 km di tubazioni della sezione di 1 m2, oscillanti in pressione d 10 atmosfere, equivalgono a un serbatoio di 200 milioni di metri cubi. Applicando questi numeri all’Italia, si vede che la rete è sufficiente per la pendolazione giorno-notte, ma come serbatoio non può fornire più di due giorni del fabbisogno.

    1. Mario Silvestri, 1919-1994, ingegnere e storico, ordinario di impianti nucleari, poi di fisica tecnica e quindi di energetica nella Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano, medaglia d’oro del Collegio degli ingegneri e Architetti di Milano.

  2. Vito,
    ci sarebbe una questioncella politica che tu (forse) non vedi. Anzi due: una grandicella, una piccolina.
    Però andiamo con ordine.
    .
    Sul GALSI sarei d’accordo con Campus. Ma non sul livello di gravità dell’accaduto. Non è una iattura. Piuttosto un’occasione persa. Per molti motivi. Prima di tutto perché è tutto da dimostrare che la soluzione Rigassificatori(due)+rete sia meno impattante di Gasdotto+rete. E poi per i costi del gas. Che con i rigassificatori costerà di più.
    Però è una situazione complessa. E la soluzione Rigassificatori(due)+rete potrebbe rivelarsi più flessibile rispetto ai cambiamenti geopolitici in atto. Quindi più conveniente sui tempi lunghi.
    .
    C’è però una questione tutta politica. Anzi due.
    La grandicella: le due soluzioni individuano due gruppi di interesse completamente diversi. Detto diversamente: convengono a gruppi di potere ben distinti. La situazione che si prospetta adesso è molto, ma molto più conveniente per i gruppi di potere locali. La precedente no. Se davvero si arriva alla realizzazione dei due rigassificatori c’è da sperare che le procedure di assegnazione delle commesse siano trasparenti. E controllate. Altrimenti vale quanto accaduto (ad esempio) per l’Expo. E si finisce in tribunale.
    Inoltre c’è il problema successivo della gestione della struttura. Che si spera non diventi il solito carrozzone. Visto l’attuale andazzo c’è poco da stare allegri. Anche alla luce del guazzabuglio di cespugli e fili d’erba che sostengono Pigliaru.
    La piccolina. Pigliaru non ha fatto alcuna scelta. IL GALSI dipende pochissimo dalle volontà locali. E la giunta ne ha semplicemente preso atto. In tempi di magra ha preferito uscire e riprendersi i quattro soldi. Dando una giusta pubblicità alla cosa. A questo ci si deve abituare perché dall’insediamento non ha fatto ancora nulla. Neppure a livello di anticipazione di una qualunque strategia. Questi nuotano a vista. E se si nuota a vista si lanciano spesso i razzi per segnalare di esser vivi.
    A volte anche i cazzi&mazzi.
    Anzi, direi più spesso.

    • Purtroppo, per la Sardegna ogni occasione persa è una iattura.
      Si potrebbe (facilmente) obbiettare che a furia di “non perdere occasioni”, la stessa Sardegna se l’è presa in saccoccia più volte: vero anche questo.
      In realtà, i mali sardi derivano in larga misura non tanto dalla mancanza di sviluppo (mancanza che pure esiste), quanto dalla presenza di determinanti e gravi fattori di sviluppo subalterno (cioè, “sottosviluppo”).
      Ora, almeno nella mia opinione di pianificatore, sarei sempre portato a preferire infrastrutture strategiche di rete – come un gasdotto – invece che tristemente noti “punti di appoggio”, dei quali abbiamo fatto tragica esperienza non solo nel settore industriale, ma anche in quello turistico e insediativo. Come minimo, con un gasdotto siamo parte del sistema, che avrà tutto l’interesse a garantire i propri investimenti su ben altra scala che quella derivante dai potenziali consumi sardi.
      Nel caso dei gassificatori, come al solito: se vanno, bene, qualcuno (non noi) ci guadagnerà sopra; se non vanno, cavoli dei Sardi e ciccia.
      A prescindere da tutto, un gassificatore è un’azienda; rende?

  3. Giovanni says:

    Ma perché secondo voi il Galsi non si fa perché la Sfirs esce col suo 10%? La Sfirs esce perché è in scadenza il termine entro cui uscire senza perdere 11 milioni. Poi il restante 90% può decidere di continuare. Peraltro, Galsi ha deciso di decidere a fine 2015 SE continuare a crederci….

  4. Il GALSI è virtualmente defunto, l’ha dichiarato più volte l’azionista di maggioranza algerino. Quindi, bene ha fatto la Regione a recuperare la sua quota di capitale, che sarebbe risultata inutilmente immobilizzata. Quanto ai discorsi strategici, credo che se avessimo avuto disponibilità di metano (gasdotto), probabilmente il Sulcis non si troverebbe nella situazione di miseria attuale. Non scordiamoci, del resto, che l’energia anche per uso domestico in Sardegna ha costi perversamente più elevati che nel resto d’Italia. Pensiamo alle bombole di GPL, mediamente il 50% più care che in Sicilia o sul continente. Il metano, più economico, più efficace e meno inquinante del GPL aiuterebbe anche le economie domestiche.

  5. Lo sblocco degli 11 milioni non giustifica certo l’uscita dal Galsi, con la rinuncia ad una quota partecipativa che, seppure di minoranza, consentiva alla Regione Sarda di avere un titolo concreto per essere presente nella formazione delle politiche energetiche che riguardano il Mediterraneo del Sud. Certo se la Regione è incapace di pesare sulle politiche energetiche italiane ed europee, in sostanza se non ha persone e risorse politiche e intellettuali per reggere tale presenza, bene ha fatto ad uscire … Ma è una rinuncia che allo stato sembra invece avere motivazioni prevalentemente economiciste. L’uscita dal progetto Galsi nel ribadito perseguimento della scelta di metanizzazione della Sardegna non può che rilanciare la soluzione navi metanifere + rigassificatori, come osserva Mario Guanziroli. Ne è pienamente consapevole Stefano Deliperi – che con il Gruppo d’intervento giuridico ha meritoriamente approfondito la questione (http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2014/05/16/bye-bye-gasdotto-galsi-arrivano-i-rigassificatori/) – e che salutando favorevolmente il disimpegno su Galsi mette in guardia rispetto ai rischi conseguenti al proseguimento del programma senza il gasdotto di mare. Che fare allora? Allo stato, associandomi alle perplessità di molti rispetto alle scelte della Giunta Pigliaru (riprendo particolarmente il citato Raffaele Deidda) ritengo che la questione abbia necessità di essere ripresa in modo aperto e per quanto possibile partecipato, ovviamente organizzando la partecipazione alla formazione delle decisioni che devono essere assunte conclusivamente dal Consiglio e dalla Giunta regionale), anche attraverso la pratica della “procedura di consultazione pubblica preventiva aperta all’intera collettività regionale” proposta dallo stesso Gruppo d’intervento giuridico (http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2012/05/17/la-consultazione-pubblica-preventiva-un-metodo-per-il-miglioramento-e-la-condivisione-delle-grandi-opere/). Sempre in argomento credo sia utile soprattutto nell’attuale fase di crisi della partecipazione democratica istituzionale (non dimentichiamo la scarsa rappresentatività del Consiglio regionale e della Giunta in relazione agli esiti elettorali) proporre con forza la pratica della democrazia partecipativa. Segnalo in proposito le interessanti e utili elaborazioni universitarie che hanno nel prof. Umberto Allegretti, docente cagliaritano dell’Università di Firenze, un autorevole riferimento anche di rilievo internazionale (ecco il video di un suo intervento a un convegno su”Partecipazione e comunicazione”, tenutosi a Cagliari nei gg 1 e 2 aprile 2008: https://www.youtube.com/watch?v=LphdCFcmmN4)

  6. Pingback: in giro con la lampada di aladin per Galsi e dintorni | Aladin Pensiero

  7. Appunto: il problema si pone da parte algerina. Affermano che, non essendo garantita una quantità minima ragionevole di metano, il progetto rischia di finire in perdita. Vorrei ricordare che, dallo storico accordo Prodi/Soru/Algeria in avanti, hanno governato gli interessi di Berlusconi che ha privilegiato le forniture russe. Quindi: d’accordo sulla moratoria, ma temo che la soluzione navi metanifere + rigassificatori sia l’unica rimasta. Non scordiamo, inoltre, che opposizioni (stupide) al gasdotto sono emerse anche in Sardegna.

    • Esatto. C’è molta disinformazione in merito su un tema strategico, capisco Pili che aspira ad una serata sul lettone di Putin ma gli altri oppositori al Galsi farebbero bene ad informarsi meglio

  8. Rinunciare al Galsi sarebbe una iattura, soprattutto nella prospettiva di costituire almeno una piattaforma energetica integrata fra diverse fonti, usando il gas come ammortizzatore. Si potrebbe provvedere a un potente rilancio del Sulcis e delle sue risorse.

  9. Sulla questione credo sia stata fattota maggiore chiarezza nel corso del dibattito/campagna elettorale che si è tenuto venerdì alla festa dell’Unità a Pirri.
    A detta di Soru, con la conferma dell’Assessore Deiana, la Regione aveva una partecipazione fortemente minoritaria sul progetto che le permetteva semplicemente di sedersi al tavolo decisionale come spettatore interessato.
    Pigliaru ha ritirato quella quota (11 milioni) per evitare di perdere quei soldi in un ipotetico (ma non troppo) naufragio del progetto, già abbondantemente in ritardo.
    Il progetto Galsi è in difficoltà per i problemi economici del maggiore azionista algerino, ma conserva tutta la sua rilevanza strategica.
    La Regione impiegherà quei fondi per studiare vie alternative di approvvigionamento del metano auspicando sempre e comunque che lo stesso possa arrivare abche dall’Algeria in alternativa all’unico altro canale attualmente esisstente (almeno per il continente) che è quello russo.
    Insomma si rivedono i piani ma non si sconfessa l’accordo di Alghero con Prodi.
    Sarà così?
    A te l’onere di una verifica, se ne avrai la voglia. Sta di fatto che su certi temi i cittadini hanno diritto di essere informati e sarebbe bene che Giunta e partiti non lasciassero certe notizie in pasto al Pili o all’Unione di turno.

    • teresa says:

      E’ vero,a Pirri c’ero anch’io e vorrei aggiungere che si è parlato(Soru in particolare) di tanti piccoli rigasificatori invece di due o tre giganteschi ed impattanti.

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