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Dio esiste oppure no? La potente lobby degli editori sardi e lo strano caso di una giunta che voleva svuotare una piscina con un cucchiaino

Molti anni fa, a Pirri, conobbi un personaggio straordinario. Era un cagliaritano di una certa età a cui la vita aveva regalato molte sorprese e tante avventure. Aveva girato il mondo, parlava dell’Africa e del Giappone, dell’America e dell’Europa, era diventato un uomo d’affari e nonostante il ruolo conservava ancora un meraviglioso accento verace, da vero casteddaio come sempre meno ce ne sono in circolazione. E verace era anche il suo approccio alla vita: gaudente, disincantato, raffinatamente ed etimologicamente volgare. Viveva, mi sembra di ricordare, in Olanda, paese che da giovane lo aveva sessualmente attirato e dove con una tecnica superba riusciva ad agganciare le bellezze indigene. Per fare colpo scendeva dalla macchina, indicava la targa ed esclamava: “Ca: California!”.

Soltanto a chi aveva un po’ di puzza al naso questo signore (di cui purtroppo non ricordo il nome) poteva sembrare uno sprovveduto. Era invece un intellettuale finissimo, uno che si sforzava di mettere tutte le cose della vita al loro posto e di trovare i nessi causali tra fatti anche apparentemente lontani.

L’incontro che in qualche modo mi segnò avvenne negli anni del berlusconismo imperante. In quella casa borghese, in cui mi trovavo casualmente, ci si interrogava sulle sorti dell’Italia e sul modo per liberarsi da tanta piduistica sciagura. Il nostro ascoltava, interloquiva, domandava: ma ad un certo punto perse la pazienza. Accadde infatti che il padrone di casa uscì con non so più quale proposta per arginare l’ascesa del Cavaliere. Fu a questo punto che lui disse la frase che mi fulminò: “Ma la chi tui de politica no di cumprendis nudda! La domanda non è Berlusconi sì o Berlusconi no! La domanda è: Dio esiste oppure no?”. Rimanemmo folgorati. Perché lui, ragionando sull’esistenza di Dio o meno, ci diede la sua lettura del caso Berlusconi.

Lo so che ora vi starete chiedendo cosa c’entra questo raccontino con Pigliaru, la Firino e gli editori sardi a Torino. Ma è a questo personaggio che io ho pensato con rimpianto (lo incontrai una sola volta e anni fa mi giunse, non ricordo come, la notizia della sua scomparsa) e con tanta gratitudine per la lezione che mi aveva voluto regalare: mai fermarsi all’apparenza, mai accontentarsi delle prime risposte che sembrano riuscire a spiegare un fenomeno ma arrivare alla radice delle cose ponendosi domande sempre più impegnative.

È ovvio che se gli editori sardi associati all’Aes quest’anno non parteciperanno al Salone del Libro di Torino non casca il mondo. I giornali ne hanno fatto un caso, sollevando un polverone e non ponendo (a se stessi e soprattutto agli interlocutori) le domande giuste: Dio esiste oppure no?

Sulle risposte date in questi giorni dell’assessore Firino è meglio soprassedere per concentrarci sul nocciolo della questione.

Il motivo addotto per negare il finanziamento in questione (50 mila euro, ma forse anche meno) è legato alla necessità di fare economia: “Purtroppo la crisi finanziaria della Regione ci ha suggerito di soprassedere” ha affermato l’assessore alla Cultura. Bene, partiamo da qui. Peraltro sono stato io a riportare, qualche giorno fa, la frase dell’assessore Paci “Se i conti sono questi, a questo punto possiamo anche tornarcene a casa”.

Ora, a leggere i giornali si scopre che nelle casse della Regione Sardegna mancano la bellezza di un miliardo e 700 milioni di euro. Ripeto: un miliardo e 700 milioni di euro. Per questo Pigliaru e Paci vogliono che Roma autorizzi una maggiore spesa: perché a fronte di maggiori entrate da parte della Regione, il patto di stabilità impedisce il loro utilizzo. E se Renzi non dà il via libera, la Sardegna sprofonda.

Quindi che la Regione, per evitare il tracollo debba fare tagli per un miliardo e 700 milioni di euro è una ipotesi più che credibile. Che però inizi questa terrificante opera di macelleria contabile partendo dallo stand degli editori sardi a Torino è ridicolo. “Da qualche parte bisognerà pur iniziare…” direte voi. Sì, ma con i tagli alla cultura non si risolverà nulla, perché non è in quell’assessorato che ci sono le risorse.

Pigliaru, Paci e Firino possono pure gonfiare il petto davanti all’opinione pubblica e passare per responsabili moralizzatori della spesa. Ma devono rispondere alla domanda: Dio esiste o oppure no? Ovvero: approfittato dell’inesperienza dell’assessore e tolte le briciole dai capitoli della cultura, cosa si fa con la sanità? Perché è lì che bisognerà intervenire per recuperare le risorse che mancano per mandare avanti la Regione.

Cosa si fa con i piccoli e talvolta inefficienti ospedali isolani? Quand’è che si annuncia la chiusura delle strutture di Isili, Sorgono, Muravera, Bosa, Ghilarza, Ozieri, San Gavino, Ittiri, La Maddalena e Thiesi (per non parlare di almeno due ospedali ad Iglesias) e la loro trasformazione in Case della Salute? La giunta Pigliaru che taglia 50 mila euro alla cultura in nome dell’emergenza finanziaria, come intende affrontare la questione della 162, la legge che meritoriamente sostiene l’assistenza domiciliare dei disabili gravi ma che evidentemente da qualche anno ha visto aumentare in maniera esponenziale le richieste ed è oggi fuori controllo anche se nessuno ha il coraggio di ammetterlo?

Ad iniziare un’opera di risparmio tagliando 50 mila euro all’editoria si rischia di fare anche una bella figura, ma ci si rende ridicoli come chi pretende di svuotare una piscina con un cucchiaino. Mala tempora currunt, probabilmente tagli alla cultura saranno nell’ordine dei milioni di euro e ce ne faremo una ragione: ma quelli alla sanità dovranno essere giocoforza nell’ordine delle centinaia di milioni euro. E lì vedremo cosa diranno i soliti difensori d’ufficio, schierati in servizio permanente effettivo a difesa dell’indifendibile, vedremo se avranno lo stesso coraggio sfoderato con la potente lobby degli editori sardi quando si tratterà di affrontare il mondo della sanità.

Dio esiste oppure no?

 

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15 Comments

  1. Daniele says:

    a proposito di domande giuste o sbagliate. Per quanto riguarda la 162, la domanda sbagliata è “quanto costa la 162?”; la domanda giusta è “quanto si spenderebbe se non ci fosse la 162?”

    • E’ vero. Diciamo però che le domande giuste sono tante e non una sola. La 162 è una legge sacrosanta, ma che sia uscita fuori controllo è una di quelle verità che la politica non ha il coraggio di ammettere.

  2. La soluzione ci sarebbe e mi sembra strano che in questa giunta di accademici dell’inciucio nessuno ci abbia ancora pensato. Basta rimuovere la Firinu e nominare al suo posto Oppi come assessore alla cultura. Un volto nuovo molto adatto a questi tempi di cambiamento in nome del sovranismo. Chi potrebbe far meglio del sovrano del Sulcis? Vedrete che come per miracolo le cose andranno a posto da sole..!

  3. Federico DeV says:

    Mi chiedono quindi se credo in Dio…bè, crederci è una parola grossa, diciamo che lo stimo molto… ( magari fosse mia, è di quel geniaccio di W. Allen )

    Saludi e Trigu !

    F.

  4. Mi chiedevo…potrebbe essere che quell’uomo carismatico, giramondo e capace fosse il rimpianto Beppe Loy?

  5. Francesco P. says:

    la domanda è lecita – ha ancora senso investire (o elargire a seconda delle opinioni) in fiere del libro e similari quando ormai ci si può autoprodurre un libro su Amazon o su piattaforme simili? Ci sono scrittori – anche italiani – che ci campano e anche bene. Ai posteri l’ardua sentenza. Tra vedere e non vedere, non posso più fare a meno del Kindle da tre anni a questa parte.

    • Pier Franco Fadda says:

      Posso sapere i nomi degli autori autoprodotti che campano bene dalle loro pubblicazioni on line? Sono curioso… 😉 Altrimenti non riesco a spiegarmi la corsa alla pubblicazione cartacea “di vanità” che mantiene in vita tanti stampatori in Italia e all’estero!

  6. Chissà se Dio esiste, ma la sfiga esiste di sicuro!

  7. Non so se Dio esiste oppure no, ma so che la mia piccola associazione culturale, S’Ischiglia a Carbonia, con soli due anni di attività documentabile, non
    ha diritto al finanziamento di neppure un solo euro. Svolgiamo un’attività di conferenze settimanali (lunedì e mercoledì) da ottobre a maggio. Ci occupiamo di promozione e di valorizzazione di tutto ciò che attiene alle radici della nostra identità, dalla letteratura alla storia, dall’etnomusicologia alla lingua, dalle tradizioni popolari all’arte, al cinema, al teatro. Ci occupiamo di medicina, di agricoltura sostenibile e di ambiente, facciamo volontariato in psichiatria con i nostri laboratori di lettura, musica, poesia e disegno. Organizziamo due crisi gratuiti di alfabetizzazione digitale per over 60. Ci occupiamo di divulgazione scientifica con l’apporto di docenti universitari e di ricercatori del CRS4. Ci occupiamo di cultura per otto mesi all’anno, facendo affidamento solo sulla generosità di amici che, riconoscendosi nella nostra mission accettano di farla propria mettendosi gratuitamente a disposizione. Otto mesi consecutivi. Non so se mi spiego. Non i pochi giorni di durata di uno dei tanti festival letterari finanziati da con 500mila euro. Il nostro, quello di tante altre piccole associazioni è un servizio culturale permanente al servizio delle comunità locali e meriterebbe ben altra considerazione. Invece veniamo ignorati. Quelli che fanno cultura sono solo i grandi e occasionali eventi?

  8. Francu says:

    Un giorno mi apparve in sogno un uomo anziano, con la barba bianca che parlava di uguaglianza e solidarietà: era karl marx!

  9. Lelio Lecis says:

    Dio esiste per chi ci crede.

  10. Carletto says:

    Case della Salute o Ospedali sempre soldi costano. Quando si chiude un ospedale (o casa della salute, come li chiami tu) stai negando qualcosa a delle persone in carne e ossa, ricordalo, io preferisco non buttare soldi in inutili festival della cultura o finanziare quattro scarsi che studiano da attori (attooooriii con la dizione giusta imparata ai corsi di Faticoni, un’atru bellu..)

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