Politica / Sardegna

“Crimea, Scozia, Veneto e Canton Marittimo: voglie di indipendenza tra sarcasmi e paure”, di Nicolò Migheli

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Certo è che il referendum della Crimea ha innescato paure in tutta Europa. È il meccanismo della consultazione popolare che spaventa, anche se poi si è tradotto nella più grande annessione di territori dopo la seconda guerra mondiale. Ancora una volta la domanda: è più importante l’autodecisione dei popoli o l’intangibilità delle frontiere sancita dal trattato di Helsinki?

Il concomitante referendum online fatto in Veneto, benché dubbio, ha comunque confermato il desiderio di indipendenza che da anni soffia in quelle terre. Il 2014 si annuncia come cruciale. Cento anni dopo che la guerra europea portò a fase finale i risorgimenti ottocenteschi facendo crollare gli imperi, dando uno stato a molte nazionalità.

In Spagna, nonostante l’opposizione del governo che lo ha dichiarato illegittimo, il referendum catalano si terrà. A novembre sarà la volta di quello scozzese e l’Inghilterra si prepara a modificare l’Union Jack, togliendo il blu e la croce bianca di Sant’Andrea bandiera della Scozia. Segnali che hanno indotto Francesco Merlo a scrivere un articolo sulla Repubblica. Il giornalista mette insieme le rivendicazioni Sud tirolesi con gli indipendentismi da condominio. Il dubbioso referendum veneto con Sardegna Cantone Marittimo e i movimenti neoborbonici. La ricerca delle università di Cagliari ed Edimburgo,  che rivelava un desiderio di indipendenza del quaranta per cento dei sardi, non ebbe ugual riscontro mediatico.

Merlo scrive un paginone di sarcasmi che finge di informare e non spiega, un mega esorcismo contro la paura delle secessioni. Il giornalista non si chiede perché avvenga ora. Lasciando da parte Sardi e Sudtirolesi, che avrebbero molte ragioni storiche e culturali per essere indipendenti, perché l’Italia cova dentro di sé il tarlo della disgregazione? Un paese ad identità labile che non è riuscito a trovare unità nel contratto costituzionale non come la Francia che si riconosce in un patto repubblicano.

In Italia è in crisi quello che Slavoj Zizek, citando Ètienne Balibar, chiama “égaliberté”, la libertà nell’eguaglianza. È in corso una precarizzazione delle esistenze, che si fanno più evidenti nelle regioni meridionali. A questo si aggiunge la scoperta di essere governati da una oligarchia che perpetua il proprio potere, che diminuisce le rappresentanze locali perseguendo un disegno neo centralista; abolisce le provincie ma non i prefetti, benché entrambe le istituzioni facciano parte della stessa organizzazione di derivazione napoleonica.

Il prossimo passo saranno le regioni, che verranno limitate nei poteri e capacità di spesa con la riforma del Titolo V della Costituzione. Uno stato che non riesce più a garantire i servizi minimi con una amministrazione che è sempre più blocco a qualsiasi sviluppo. Una fuga dalle inefficienze dello stato, una richiesta di democrazia diretta, un desiderio di poter riprendere in mano le proprie esistenze.

È emblematica la vicenda di Sardegna Cantone Marittimo che arriva dopo le illusioni e delusioni della zona franca integrale; nata come provocazione si sta trasformando in qualcosa che assomiglia ad un movimento di opinione. L’iniziativa rivela una condizione culturale più che un desiderio politico. La Svizzera attrae non solo per la sua ricchezza, ma anche per un’ottima organizzazione amministrativa, per la democrazia partecipata esercitata in ogni occasione, per i referendum propositivi senza quorum usati in ogni occasione. Un luogo dove i cittadini contano ancora.

Vi è inoltre un altro elemento poco valutato. Il paese alpino non è nella Ue, ha la sua moneta. Questi ultimi due aspetti rispecchiano la demonizzazione fatta da più parti dell’euro diventato il capro espiatorio della crisi europea. Vi è inoltre un rigetto della stessa Ue vista come un organismo burocratico freddo e distante, che impone regole incomprensibili. Il luogo delle “lacrime e sangue”. Ancora una volta un desiderio di fuga più che una proposta di azione soggettiva. Un affidarsi ad altri nella speranza che siano loro a risolvere i nostri problemi. Con in più un aspetto consolatorio: lo scoprire che gli svizzeri sono affascinati dall’idea, che considerano i sardi seri e laboriosi così come sono loro.

Tutto serve però. Chi ha promosso l’idea confessa sul suo profilo facebook che in questi mesi ha scoperto quanto l’Italia sia stata ingiusta con noi, quanto i nostri diritti siano negati. È indubbio che mai come in questi anni l’idea di autodeterminazione dei Sardi sia stata così popolare. La secessione che l’Italia sta compiendo nei nostri confronti muta il nostro rapporto con la Repubblica italiana.  A poco valgono le paure della grande stampa italiana trasformate in sarcasmo. La talpa scava. Sempre più Sardi scoprono che il destino del loro popolo può essere nelle loro mani; che potranno vivere nel mondo da eguali agli altri popoli. Sentimento che fino ad ora non si traduce in scelte politiche maggioritarie.

Trecentouno anni dopo il trattato di Utrecht che tolse la Sardegna alla Spagna, la storia sembra riprendere il suo cammino. Starà a noi saperla vivere da protagonisti.

Nicolò Migheli

 

[youtube http://youtu.be/eZXbHFW1Cjg]

 

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20 Comments

  1. Alessandro says:

    La Svizzera darebbe alla Sardegna meno di quanto quest’ultima riceve dallo Stato italiano. Ma perchè l’Alto Adige o la Valle d’Aosta non lasciano questa sgangherata Italia, così come oramai è diventato sport nazionale definirla? Perchè loro in Italia stanno bene e ricevono tanti quattrini che si scorderebbero altrove. La Sardegna ha mille problemi, imputabili soprattutto alla sua posizione geografica e alla mediocrità dei rappresentanti politici che fin qui l’hanno governata, ma deve fare attenzione a non perdere anche quel poco che possiede. “l’Africa” è ha un tiro di schioppo, mai dimenticarlo.

    • “La Svizzera darebbe alla Sardegna meno di quanto quest’ultima riceve dallo Stato italiano.”
      La Svizzera darebbe alla Sardegna un autogoverno che le permetterebbe, con una gestione dei trasporti, della cultura e dell’energia, di sostenerci molto meglio che con gli “aiuti” italiani.
      Cosa che potremmo comunque ottenere meglio con un indipendenza assoluta.

      Ma perchè l’Alto Adige o la Valle d’Aosta non lasciano questa sgangherata Italia, così come oramai è diventato sport nazionale definirla?”
      Non hanno mai abbandonato l’idea. Per ora non hanno iniziato un processo definitivo perchè appunto le loro richieste e necessità sono state ascoltate. E non solo di tipo economico (dato che i soldi possono gestirli come vogliono), ma anche e soprattutto di tipo culturale. Ma, dato che un impostazione federale non sembra negli obiettivi governativi, e che quindi si potrebbe ancora cercare di togliere loro gran parte di quei diritti, la situazione rimane in bilico.

      “La Sardegna ha mille problemi, imputabili soprattutto alla sua posizione geografica”
      Cioè strategica, al centro del mediterraneo?

      “e alla mediocrità dei rappresentanti politici che fin qui l’hanno governata”
      Ah beh, questo senza dubbio.

    • D’altronde non erano indipendentisti.

  2. La Svizzera meglio dell’Italia? Senza dubbio, non è che ci voglia molto. Ma sarebbe meglio cercare di farcela con le nostre forze, comunque.

  3. Caro Migheli, non le esce il nome, non le viene fuori e le resta in punta di polpastrelli. Intendo il nome di Angioy e del gruppo che gli ruotò intorno e che si sfaldò lentamente e malinconicamente. Tutto racchiuso in pochi anni dopo l’improvvisa ribellione maturata durante la marcia di Angioy verso Sassari come Alternos del Viceré. Sino all’esigenza della “giustificazione” davanti al Re che divise irreversibilmente i partigiani di Angioy e finì con la sua fuga definitiva in Francia.
    “Quelli eran anni!” cantano gli attuali indipendentisti, divisi come i “novatori” di allora.
    E mentre cantano pensano che gli manca un Angioy, che non saranno né Sale, né Murgia, né Maninchedda. Pensano che gli manca anche un Re.
    Però, come allora, cercano un protettorato, una guida lontana e suprema che li accolga tra le braccia.
    Sempre la medesima vicenda che si ripete.

  4. Luca Carta says:

    ”Va sempre ribadito che la Sardegna fu sì tolta alla Spagna ma ceduta non all’Austria bensì alla Baviera”. Vero, e certe cose venivano riferite con la stessa precisione pure nell’Ottocento.

    Oggi perfino portali di successo quali Wikipedia riportano i fatti in maniera errata – per rendersene conto è sufficiente consultare le pagine (in varie lingue) concernenti i trattati e i personaggi in questione. Si potrebbe intervenire ed avanzare le correzioni necessarie.

  5. Riccardo76 says:

    Mi dispiace ammetterlo, ma la Repubblica Italiana ha definitivamente tradito La Sardegna. Ora l’Isola avrebbe tutto il diritto di puntare verso la piena indipendenza. Cos’altro può dare l’Italia alla terra dei 4 mori? Oramai ben poco. Il contratto sociale che univa la Sardegna alla Repubblica Italiana dovrebbe rescindersi per l’inadempimento di una delle due parti: lo Stato Italiano. Quel che è curioso è che i sardi invece, stando alla provocazione del cantone marittimo, siano più propensi a cambiare bandiera facendosi annettere da un’altro stato, anzichè rivendicare la piena e totale sovranità, sic et simpliciter…

  6. Alessandro says:

    Ma perchè non metterci all’asta? Perchè non offrirci al miglior offerente? Probabilmente i tedeschi potrebbero offrire di più degli svizzeri? 🙂 Dietro questo sciocchezza della Sardegna cantone svizzero si nasconde la vera molla che spinge verso l’indipendenza, ossia il quattrino. Sia chiaro, questo è legittimo, ma io non partecipo. D’altronde è lo stesso discorso degli indipendentisti lombardi, che prima strepitano per la secessione, poi propongono l’annessione alla Svizzera. Cioè ti lamenti che non sei “padrone in casa tua” e poi vai alla ricerca di nuovi padroni?
    Da sardo, auguro alla Sardegna tutte le fortune, ma sono anche consapevole che le sfide globali che ci attendono sono molto serie e affrontandole da soli, noi “abbandonati” nel cuore del mediterraneo dove tutto costa più caro, potrebbero risultare ancora più ardue di quanto siano oggi. Ma si sa, basta vedere una bandiera quattro mori che sventola per risolvere tutti i problemi.

  7. Susuncu says:

    A pustis de essere istetiu italianu no m’at a spantare prus nudda, po cussu po cussu puru a essere aliga est mellus de abarrare cun issus.

  8. Le considerazioni acute di Migheli sono tutte da condividere tranne una, più importante di quanto possiamo pensare, infatti…

    …per quanto riguarda il trattato di Utrecht (11 marzo 1713, trecento e non trecentouno anni fa) va sempre ribadito che la Sardegna fu sì tolta alla Spagna ma ceduta non all’Austria bensì alla Baviera. È soltanto nel trattato di Rastatt (6-7 marzo 1714) che la Francia sottoscriverà il trattato di pace con l’imperatore, a cui verranno confermati (ufficialmente) i suoi possedimenti italiani e la Sardegna.

    Ecco alcuni approfondimenti: http://tramasdeamistade.org/htdocs/cms/index.php?option=com_content&view=article&id=343:un-piano-segreto-per-la-sovranita-1712-1714&catid=80:giovanni-masala&Itemid=9

  9. “Con l’indipendentismo catalano «torna il feudalesimo» o si va verso gli Stati Uniti d’Europa?” http://www.cagliarifornia.eu/2012/11/con-lindipendentismo-catalano-torna-il.html
    “La dimensione delle nazioni” http://www.cagliarifornia.eu/2013/01/la-dimensione-delle-nazioni.html

  10. senzasenso says:

    “In Spagna, nonostante l’opposizione del governo che lo ha dichiarato illegittimo, il referendum catalano si terrà.”
    E’ il “tribunal constitucional” ad averlo dichiarato illegittimo, con una sentenza di cui riporto alcuni estratti:
    “En el marco de la Constitución una Comunidad Autónoma no puede unilateralmente convocar un referéndum de autodeterminación para decidir sobre su integración en España”. E continua:
    “Se declara inconstitucional y nulo el denominado principio titulado ‘Soberanía’ de la Declaración’ porque ello dotaría a Cataluña del poder de quebrar, por su sola voluntad, lo que la Constitución declara como su propio fundamento: ‘la indisoluble unidad de la Nación española’”, defiende la sentencia.
    En cambio, reconoce “el derecho a decidir” del pueblo catalán siempre que se ejerza ajustándose a la Constitución.

    E’ una differenza abissale, non è il governo che si oppone politicamente a un referendum, ma la corte costituzionale che lo dichiara illeggittimo.

    • Emanuele says:

      E’ in po’ parziale la citazione degli estratti. La sentenza spagnola ha un’altra ricaduta, che scontenta sia i catalani che il governo centrale. Il tribunale costituzionale spagnolo stabilisce che è costituzionalmente nullo l’articolo riguardante la sovranità della Catalogna, sovranità di cui è titolare l’interno popolo spagnolo a Costituzione vigente: che l’indipendenza della Catalogna non può essere proclamata unilateralmente, che però la Catalogna ha diritto ad aspirare all’indipendenza a Costituzione vigente; e ad ottenerla con una riforma della Costituzione, espressione della volontà dell’intero popolo spagnolo, dal momento che in Spagna, a differenza dell’Italia, non esiste nucleo normativo inaccessibile a processo di revisione costituzionale

    • Emanuele says:

      dimenticavo: il tribunale costituzionale spagnolo non s’è pronunciato autonomamente, ma su ricorso del Governo. Il governo spagnolo s’è opposto dunque sia politicamente che col ricorso sulla legittimità costituzionale. Credo anche, ma non ne sono sicuro, bisognerebbe vedere il ricorso, che il Governo spagnolo mettesse in discussione il fondamento giuridico della definizione di “popolo catalano”. La sentenza sembra comunque ribadire la soggettività giuridica del popolo catalano come formazione storico-sociale e così come stabilito dallo statuto di Catalogna nel quadro costituzionale vigente.

  11. Riflessione molto interessante.

    Se posso permettermi, queste due frasi: “…Ancora una volta un desiderio di fuga più che una proposta di azione soggettiva. Un affidarsi ad altri nella speranza che siano loro a risolvere i nostri problemi…” denotano un’informazione frammentaria dovuta verosimilmente alla difficoltà di reperimento della stessa nella confusione del gruppo fb Canton Marittimo.

    Rimando pertanto alle FAQ presenti sul sito che offrono un quadro più completo del razionale a sostegno del progetto.

    http://www.cantonmarittimo.com/it/domande-frequenti-faq

    Ho notato che nell’articolo si associa il nome di Merlo al sostantivo “giornalista”.
    Segnalo la cosa perchè potrebbe creare confusione semantica nei lettori.

  12. E’ permesso crederci ? Anche io all’inizio non ho dato conto alla provocazione, preso come ero nel credere ad una Sardegna possibile. Unita, indipendente, che vive con le proprie risorse e amministrandosi con le proprie forze. Se poi staccandoci dall’Italia facciamo una ‘partnership’ economico-amministrativa con un paese europeo che ci rispetta e ci guida dove non non siamo capaci, perchè no ?

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