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E se fosse successo a Pirri? E adesso il Pps di Cappellacci che fine fa? Qualche domanda post alluvione in Sardegna

[youtube http://youtu.be/EhWSzY7erPA]

 

E se fosse successo a Pirri? Se la “bomba d’acqua” che ha devastato Olbia e la Gallura fosse invece caduta nella zona di Cagliari, cosa sarebbe successo? La Protezione Civile e il Comune di Cagliari avevano già pronti i piani di intervento e di evacuazione delle zone più a rischio? Perché Pirri, frazione del capoluogo (frazione si fa per dire, visto che ha 30 mila residenti), è evidentemente una zona ad elevatissimo rischio alluvione (guardatevi il video, guardatevi quello che è successo lo scorso 31 agosto, meno di tre mesi fa, ed era uno scherzo rispetto all’alluvione del 2008). La domanda non è dunque pretestuosa o provocatoria.

Esistono quindi da qualche parte in via Roma dei piani di emergenza che riguardano Pirri nel caso in cui un evento alluvionale come quello che ha interessato la Gallura due giorni fa dovesse scatenarsi sul capoluogo? E per piano di emergenza non intendo dei fogli con su scritto “piano di emergenza” ma evidentemente un meccanismo studiato e rodato, in grado di informare i residenti sui comportamenti da tenere in casi simili: chi annuncia l’emergenza e come, dove andare in caso di evacuazione della propria abitazione, che strade evitare.

Da qualche tempo, ogni volta che c’è un allerta, le strade di Pirri si riempiono di volontari della Protezione Civile e delle loro Panda di servizio: tutto questo sarebbe bastato davanti alla forza del ciclone Cleopatra?

La verità è che a Pirri ognuno si arrangia come può e i residenti non hanno realmente la minima idea di cosa fare in caso di nubifragio o alluvione. Certo, qualcuno ha provato ad attrezzarsi alla buona, ma temo che di fronte alla tempesta che si è scatenata su Olbia a poco sarebbero servite quelle specie di paratie mobili montate per difendere l’ingresso della loro  casa da diversi residenti di via Balilla e dintorni.

Ribadisco dunque la domanda e la rivolgo a chi di dovere: e se fosse successo a Pirri? Non sarà il caso che il Comune di Cagliari inizi a pensare ad un serio piano di emergenza da concordare con i residenti, magari da testare con una serie di esercitazioni?

Seconda domanda.
La sorte non è solo ironica ma anche sarcastica e cattiva. Poche ore prima che su Olbia si scatenasse l’inferno, il presidente della Regione Ugo Cappellacci presentava a Cagliari il suo nuovo Pps, il Piano paesaggistico dei sardi, la nuova versione del massimo strumento di pianificazione urbanistica e del territorio. Ieri l’Unione Sarda, con una efficace infografica, ci avvertiva che tra le nuove regole del Pps c’è anche quella di vincolare “solo i fiumi e torrenti di rilievo paesaggistico”. Ora, alla luce di quanto avvenuto, ritiene il presidente Cappellacci di dover modificare il Pps? La catastrofe avvenuta è un elemento di novità di cui tenere conto nel momento in cui si riforma lo strumento di governo del territorio oppure il nuovo Pps contiene già tutte le indicazioni necessarie in grado di dare risposte anche ad eventi straordinari come quello verificatosi lunedì in Sardegna?

Le altre domande le aspetto da voi.

 

 

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43 Comments

  1. Benigno Moi says:

    In un solo giorno si riversano sulla Sardegna le piogge di sei mesi. E le promesse di cent’anni.
    http://www.spinoza.it/

  2. Massimo says:

    per la verità a Pirri da anni la protezionie civile blocca le le zone maggiormente allagabili in previsione di piogge importanti.
    Ho visto con i miei occhi cittadini che si lamentavano perchè dopo la chiusura magari non si allagava piazza italia.
    Questo è il punto: se qualcuno pensa che esistono modi, conoscenze scientifiche, e modelli matematici di previsione certa del centro abitato in cui capiterà un’alluvione è uno stolto.
    E in attesa che ciascun Comune delle centinaia di comuni sardi a rischio idrogeologico riuscità a mettere su in piano completo di Protezione Civile e ancora meglio, realizzare opere di mitigazione del rischio,
    già avere zone di Pirri sorvegliata è una prevenzione.
    Olbia e moltissimi altri comuni sardi non hanno manco individuato le aree che bisogna evitare, e presidiare in caso di pioggia.

  3. Massimo says:

    i vincoli sui fiumi non li da mica solo il PPR, anzi il PPR è stato solo l’unico strumento che recepito vincoli già esistenti.
    i vincoli pianificatori sono di tanti tipi, il PPR mette i suoi vincoli (paesaggistici) e stabilsice cosa si può fare in certe aree che comprendono i fiumi.
    Ma ci sono altri strumenti legislativi che vincolano le attività a ridosso de fiumi, e ben prima che arrivasse il PPS di Capellacci, il PPR di Soru e il Codice Urbani del 2004.

    Si inizia dal R.D. 523/1904 che stabilisce che non si possono realizzare opere a determinate distanze dalle sponde di TUTTI i fiumi e dagli argini. (badate, 1904….)
    Poi ci sono le norme nazionali di difesa del suolo del D.P.C.M. del 29 Settembre 1998,
    che prevedono che nella aree perimetrate a rischio idraulico (in cui ricadono fiumi a rischio) ci siano delle norme di salvaguardia che non permettono in pratica di fare edificazioni.
    E soprattutto ci sono le norme di settore dell’Assetto idrogeolico regionale, ovvero il PAI e il Piano fasce Fluviali, (che recepiscono il DPCM del 1998) che non possono essere destabilizzate certo dal PPR (o PPS) perchè recepiscono (soprattutto per la tipologia di vincoli) norme nazionali e norme europee.
    Questi sono i vincoli e gli strumenti di tutela già esistenti per i fiumi, poi certo, con altre norme (come il PPS e i piani casa) ci si può indirizzare dalla parte opposta e andare contro l’intenzione generale della difesa del suolo stabilita in altre leggi e in altre istituzioni legiferanti.

    • Solo per precisare la Legge del 1904 che indichi recepisce quanto previsto dalla legge del 20 marzo 1865 n.2248.
      Esistono vincoli da almeno 148 anni, ma tanti operatori del settore, sia pubblici che privati spesso ignorano, ed applicano la legge in proprio ossia quella che recita: “chi comanda fa legge”.
      Tale legge dice che a distanza inferiore ai 10 metri dal piede dell’argine(punto più esterno del fiume, non certo il letto dove scorre l’acqua) sono vietate non solo le costruzioni ma anche gli scavi, ed invece spesso e volentieri lungo l’argine sono state realizzate strade pubbliche(anche una strada sterrata è una costruzione), magari sfruttando sentieri esistenti realizzati dal bestiame. E poi chiaramente attorno alla strada capita che nascano anche le case, e si badi non sempre sono abusive, anzi spesso hanno ottenuto anche il benestare dell’assessorato ai beni culturali.
      Le cose forse sono un pochino più complesse dal voler ricondurre tutte i problemi in capo all’abusivismo, ci sono purtroppo anche tantissimi problemi di malagestione dei lavori pubblici e privati che spesso sono interdipendenti, e si contagiano a vicenda.
      Non è affatto vero che i Piani Regolatori, ora PUC vengono redatti sempre al meglio, anch’essi spesso sono portatori d’ingiustizie e si possono trovare aree a vocazione edificabile che vengono vincolate a verde pubblico, mentre canaloni impervi (dove anche il bestiame ha difficoltà a pascolare) assumono destinazione residenziale.
      Non è tutto oro quel che luccica.

  4. Que Se Vayan Todos says:

    Dicono che non si deve fare sciacallaggio su una tragedia, ma la tragedia non è certo solamente responsabilità per chi crede del Padreterno e delle bombe d’acqua che manda in terra.
    Ci sono responsabilità pesantissime, e per quanto sia forte la tentazione di concentrarle in capo all’uomo simbolo della devastazione ambientale in Sardegna, il plurinquisito Cappellacci col suo stupendo PPS, purtroppo la situazione non è così lineare.
    Il comportamento dello stesso Pd non è stato così lineare, non è per niente lineare.
    Quando non fa cavolate bisogna dare atto al sindaco Zedda di ciò che di pregevole c’è nella sua linea, e obiettivamente lui è contrario a iniziative che vanno in direzione ostinata e contraria alla direttrice del “consumo di suolo zero” che ormai è prevalente a livello europeo, vedasi Su Stangioni.
    Peccato che la sua linea, su questo terreno, sia attivamente contrastata soprattutto da quelli che nel consiglio comunale fanno capo a Renzi, benché il Matteuccio nazionale sia teoricamente un acceso propugnatore del “consumo di suolo zero”. Eppure nel Pd a contrastare attivamente questa linea restano solo i civatiani, mentre i cuperliani fanno sempre finta di non capire, chissà perché dato che sono i più legati alle cooperative rosse.
    Quando il Tar bocciò la lottizzazione di Tuerredda, emerse che invece il Pd di Teulada e in parte lo stesso segretario provinciale del PD Castangia – altro civatiano, altra contraddizione – erano favorevoli o, per quanto riguarda Castangia, “comprensivi”.
    Il PD come ha votato sugli usi civici? Come ha votato sull’emendamento ad palazzinam per via Gallinara?
    Cappellacci è il nuovo Attila, ma la sedicente sinistra, e soprattutto il PD (non ci metto più il “menoelle” così nessuno sbrocca) non è che può dare molte lezioni. Forse Soru, che quando non era ancora evaSORU ha fatto molto di pregevole col suo PPR, ma intanto c’è stata la pronta reazione di Cabras e dintorni che hanno fatto votare per il centrodestra alle regionali 2009.
    In materia ambientale la vigilanza non è mai troppa, e pazienza poi se ci si prende degli ambientalisti talebani, come capita al MoVimento 5 Stelle.
    Spero solo di non vedere la Barracciu in campagna elettorale fare la trombona sui temi dell’assetto del territorio, non potendo certo rivendicare grande coerenza su questo terreno da parte dell’inesistente opposizione del Pd in consiglio regionale. Anche se parlare della Barracciu credo che significhi parlare del passato, specie dopo la condanna emessa ieri a carico di Salis, di cui curiosamente non parla nessuno. Almeno se c’è ancora un po’ di sale in zucca da parte della sedicente sinistra, poi, sperando che la situazione del MoVimento abbia ancora spazio di ricomporsi, se quel che vogliono è affidare le sorti della Sardegna a un’improvvisatrice ambigua come Kelledda …

  5. Benigno Moi says:

    La risposta è nell’incredibile dichiarazione di Biancareddu ai GR RAI di stamattina.
    Quando afferma che l’allerta è inutile, perché non ci sarebbe comunque il tempo di rifare le fogne e spostare le case!?!

    • Ismaele says:

      L’ho sentito stamattina alla radio e stavo per uscire fuori strada dallo sbigottimento. Proprio non hanno gli strumenti intellettuali.

    • Biancareddu,e l’esempio lampante del pessimo politico sardo spero che evapori per sempre nelle prossime elezioni regionali

  6. Casu Axedu says:

    Spero proprio che il forestale che diceva a Cappellacci di metterci la faccia che la spinta gliela avrebbero data loro, ci ripensi oggi alla luce di quello che è successo.

  7. L’individuazione di determinati fiumi (di valenza paesaggistica) serve solamente per individuare quali sono gli interventi hanno la necessità dell’autorizzazione paesaggistica. Di fatto il Piano Paesaggistico non può nulla contro i rischi idrogeologici, non è nelle sue competenze ne odierne ne future.
    Io verosimilmente posso chiedere e OTTENERE l’autorizzazione paesaggistica per un qualsiasi intervento in zona a rischio idrogeologico. Saranno altri enti, preposti al controllo delle zone a rischio a dirmi che non posso costruire.
    Il piano paesaggistico tutela il bello (concetto astratto e diversamente interpretabile), ma non valuta appunto i rischi idrogeologici, l’inquinamento, e quanto altro ancora danneggia realmente la nostra salute e incolumità.

  8. Noi abbiamo un piano di emergenza.Sappiamo bene di dover evitare via balilla con l auto , basta leggere i foglietti che vengono sistematicamente messi nelle strade interessate(basta prestare un po’ di attenzione) da parte dei forzuti uomini della protezione civile.Sono belli numerosi perche’ devono mettere paura alla eventuale marea di detriti, auto e fango che arriverebbe da via balilla, e zone limitrofe,credo siano loro il nostro “piano salva Pirri” . Sappiamo bene che in caso di allerta meteo salterebbe la colazione da mariuccia o giocare al gratta e vinci al tabacchino evitare le numerose attivita’ commerciali di piazza italia , gia impoverite dalla crisi.Lo sanno bene i politicanti clientelari che quotidianamente girano x la piazza ed il mercato civico promettendo Mari e monti che l unico Piano evacuazione avviene nei nostri bagni.( scusa la finezza del mio esempio) .Se fosse capitato a Pirri chi avremmo dovuto incolpare?Delogu? Floris? o Zedda? Non esiste un responsabile con nome e cognome .Esiste un sistema di interessi e regalie che va’ avanti da decenni.Questa e’ l unica marea che siamo in grado di fermare.Che siano Pirresi , Olbiesi; Terralbesi, poco cambia, i morti sono morti e qualcuno dovra’ pagare per questo.PRIMA O POI.

  9. roberta says:

    dott. biolchini, ha preso visione dello scandalo del mutamento della cartina con cui la protezione civile italiana illustrava l’allerta meteo?
    passati due giorni la cartina è apparsa miracolosamente adeguata alla situazione che poi si è effettivamente verificata…
    veda sardegna e libertà e mi dica che ne pensa

  10. Francu says:

    Oh vito cappellacci le idee le ha chiare e le ha espresse già qualche mese fa. I mattoni a conca!

    http://youtube/ywK3ezPor9Q

  11. Gerònimo Araolla says:

    L’importanza della toponomastica sarda: perché si chiama Pauli Pirri e perché l’acqua arriva da via S’Arriu?

    • bachis efisi says:

      Perchè gli antichi sapevano il fatto loro e gli incompetenti facevano poca strada a differenza di oggi.

  12. Una riflessione di mio cugino Stefano Puddu Crespellani che da 15 anni vive vicino a Barcellona ed ha appena postato sulla sua pagina FB.
    Comunque una cosa dev’essere chiara: esiste un sistema, finora vincente, insieme economico e di pensiero, per il quale ogni cosa che ci circonda —il territorio, le “risorse”, perfino le persone— va sfruttata per trarne il massimo beneficio monetario nel minor tempo possibile. Questo modello gode di grandi consensi, vince elezioni, cambia leggi, trasforma persino la fisionomia di partiti, oltre che dei territori e della nostra vita, da almeno cinquant’anni; è il modello che ha portato la Spagna a un boom economico effimero e a uno sfacelo destinato a durare; è il modello che riesce a mettere insieme la speculazione del mattone e quella delle finanze, a beneficio dei grandi interessi bancari e immobiliari, e creando nel territorio danni irreparabili, di cui ci si accorge quando accadono fenomeni meteorologici estremi. Il paradosso terribile è che la ricostruzione viene affidata alle stesse mani che hanno lucrato con la sventatezza ecologica e finanziaria dei loro interventi sul territorio, costruendo dove non si doveva, senza nessuna considerazione per il metabolismo ecologico, creando così le premesse per il disastro. Questo paradosso dovrebbe essere impedito, con regole chiare, che, se non ci sono, vanno definite. Gli elettori, soprattutto, dovremo impedirlo. Ne avremo una opportunità a breve. Speriamo che la memoria del popolo arrivi quantomeno fino ai primi di marzo.

  13. Matteo says:

    Arriverà un giorno in cui chi ha messo delle firme laddove non si sarebbero dovute mettere verrà rimosso dal suo incarico? E verrà il giorno in cui gli stessi cittadini, consapevoli dei rischi, non passeranno la mazzetta per avere comunque l’autorizzazione? E arriverà un giorno in cui, dopo il passaggio di un fiume dove c’era un fiume un tempo, si tornerà a lasciare spazio al fiume e i soldi per la ricostruzione si usino per ri-costruire altrove e a modo?

  14. DAL 1795 Pirri è sott’acqua.Leggere lettera dell’ex Presidente dell’Ordine Regionale dei Geologi Dr. Antonio Fadda pubblicata integralmente in:
    http://pierluigimarotto.blogspot.it/2013/11/sosardegna-le-responsabilita-della.html

  15. ninosardonico says:

    E piantare 10 milioni di nuovi alberi specie nelle zone dove l’assetto idrogeologico è più degradato ti sembra una cattiva idea?

    • Giuseppe says:

      che ideona, cosi nel caso non straordinario (perché questi eventi si verificano si e no con un tempo di ritorno massimo di 10 anni) di un nuovo ciclone gli alberi vengono sradicati dalla furia delle acque e vanno a ostruire il deflusso delle acque, gli alberi si mettono a monte non a pera…

      • ninosardonico says:

        Hai ragione Giuseppe.
        Bruciamo quelli rimasti così tutti i paesi di montagna li portiamo al mare…

      • Giuseppe says:

        Hai ragione tu invece, che vuoi mettere gli alberi nelle zone dissestate, senza far studi ne niente. Le zone dissestate vanno studiate, scelti i piani di intervento, e se si decide di imbrigliare le acque, allargare i canali o piantare alberi o tagliare degli alberi lo si fa in base a degli studi. Guarda che fine hanno fatto gli alberi che erano nella golena del Cedrino, sono stati sradicati dalle acque e hanno arrecato più danni che altro, impedendo il corretto defluire delle acque. Ti dico una cosa per non avere danni con 450 mm di pioggia in 12 ore, si devono realizzare importanti opere di mitigazione idraulica, che facciano scolare a mare dell’acqua in eccesso, ne hai voglia di piantare alberi per smaltire 450 mm di pioggia

      • ninosardonico says:

        Il mio era un discorso valido per tutta la Sardigna,aree dissestate è tutto ciò che in seguito a interventi come incendi,disboscamento dissennato e speculazione edilizia si presenta in maniera inequivocabile ai nostri occhi.
        L’abbandono della terra causa scarsa remunerazione è il fattore primario,gli aramenti con pendenze proibitive(a rischio della vita)accelerano ulteriormente la velocità dell’acqua.

      • Giuseppe says:

        Ma anche il mio era un discorso generale per tutta la Sardegna, le dirò anche che gli interventi di cui parla possono mitigare solo il parte questi fenomeni alluvionali, perché se osserva questi forti cicloni, arrivano dopo un forte caldo e scaricano sulla terra, secca e non pronta a ricevere queste forti piogge,un immensa quantità d’acqua che va ad infilarsi nelle spaccature della terra arsa fin al giorno prima. Quest’acqua trovando la terra in queste condizioni ha un tempo di corrivazione molto breve, e trascina a valle tutto, terra, alberi tutto. Io direi si per il 50% si può risolvere con il governo del territorio, e per il 50% aumentando le opere idrauliche per il deflusso delle acque aumentando le portate dei canali al posto di tappare tutto come si stava cercando di fare ultimamente per strappare pochi metri di terra che l’acqua costantemente si riprende.

  16. casumarzu says:

    vuoi una domanda? Il Piano di Assetto idrogeologico consegnato alla RAS nel 2002 contiene una serie di interventi per la messa in sicurezza degli alvei dalle piene eccezionali con tempi di ritorno di 50 anni, con diversi livelli di criticità e urgenza, nonchè la stima economica degli interventi.
    Domanda: perchè gli interventi ammissibili dal genio civile hanno le stesse caratteristiche di cento anni fa, ossia risagomatura a sezione trapezoidale, consolidamento argini etc etc? Salvo qualche innovazione spacciata per ingegneria naturalistica, le tipologie di interventi hanno come effetto principale (non sempre garantito) quello di salvaguardare manufatti posizionati in luoghi molto discutibili tipo in prossimità degli alvei o a quote uguali se non più basse del livello di piena (depuratore consortile di chilivani, depuratore di telti etc). Poichè questi manufatti sono stati realizzati in tempi meteorologicamente recenti, chi autorizzò la realizzazione si è preoccupato di verificare le mappe? altro effetto è quello di aumentare la velocità dell’acqua che, aumentando la forza erosiva sui sedimenti depositati sul greto del torrente, determina a valle i problemi che si è voluto evitare a monte e probabilmente amplificandoli.
    allora chi deve rispondere delle conseguenze devastanti? la piena millenaria, il geometra comunale che scrive il bando per l’affidamento dell’intervento o gli estensori del PAI regionale che hanno dichiarato urgente quella tipologia di intervento?

  17. paulsc says:

    E gli incendi? Una piaga che produce morte e distruzione d’estate e conseguenze catastrofiche d’inverno quando i terreni restano poveri e depauperati della loro superficie boschiva… Ci son le indagini in corso per stabilire chi siano i responsabili? Si è riuscito a capire se ci sia la malavita organizzata dietro a tutto questo o è solo l’ignoranza e la follia di qualche singolo? E i piani di rimboschimento a che punto sono? Problemi che creano altri problemi in una spirale terrificante…

  18. La revisione dei vincoli panoramici del PPR, in relazione ai vari tipi di corpi idrici, non presuppone certo una riduzione delle cautele introdotte dal PAI in merito ai rischi idrogeologici.
    Il problema vero è l’assenza di pianificazione realmente indirizzata, invece che a vietare soltanto (anche se i divieti sono in molti casi sacrosanti), a predisporre l’insieme delle cose che si devono fare a tutti I costi.
    Costi che, per quanto elevati, sono ben più modesti di quelli che si devono affrontare dopo le catastrofi.
    I dissesti ci sono, altri sono prevedibili: bisogna intervenire adesso, identificando anche I responsabili (chiunque siano) e facendo assumere loro ogni concreta responsabilità per passato, presente e futuro. Non ci stanno? se ne vadano.
    In mancanza di questo, oltre al negazionismo più bieco e ridicolo, ci troveremmo (e, probabilmente, ci troveremo) di fronte al solito “benaltrismo” proiettato dalla estensione materiale del problema.
    E’ già successo col debito pubblico: dato che è così sterminato, tanto vale non fare niente per ridurlo.

    • basterebbe ricordare, arch. Campus, che il piano paesaggistico “modificato” prevede: “negli ambiti di paesaggio, in qualunque articolazione del territorio disciplinata dal PPR, sono ammessi” interventi edilizi e ristrutturazioni con aumenti di volumetrie fino al 15% (art. 12, comma 1°, lettere b, c, delle norme tecniche di attuazione).
      Basta questa disposizione – e ce ne sono parecchie altre – per dire che aumenti il rischio idrogeologico, visto che riguarda ogni zona, comprese quelle a rischio.
      Il resto sono favole.

      Stefano Deliperi

      • Non sono sicuro che la norma preveda quello che espone Deliperi, e cioè che – invece che al solo paesaggio – ci si possa riferire – con gli ampliamenti – anche a contesti altrimenti vincolati.
        Se così fosse, non avrei difficoltà a convenire con lui sulla inopportunità di consolidare ulteriormente edificati già riconosciuti come a rischio.
        Gli “ambiti di paesaggio” non sono direttamente legati (purtroppo? per fortuna?) alla carta dei rischi; almeno così mi pare.

      • se esiste ancora uno straccio di regole nell’interpretazione delle norme, c’è scritto proprio così e pure tante altre cosette simili nel piano paesaggistico modificato.
        Ripeto, il resto sono favole.
        Vengono autorizzati, cementificano, dopo piangono.
        E i responsabili fanno finta di indignarsi e si comportano da eroi.
        Personalmente ne ho le scatole abbondantemente piene.

        Stefano Deliperi

      • Beh, mi sembra una cosa da chiarire.
        In generale, I limiti all’edificabilità imposti dai vincoli idrogeologici sono piuttosto perentori e ineludibili (salvo, naturalmente, abusi).
        Non così quelli legati al paesaggio, che, non di rado, lasciano spazio a deroghe e interpretazioni.
        Per chiarezza, dirò che conosco casi nei quali – pur in assenza di rischio – è vietato edificare per ragioni di panoramicità o di ambiente (non rischioso ma vulnerabile), e altri nei quali il rischio è enunciato ma non accompagnato da destinazioni urbanistiche che escludano l’edificazione (è anche il caso dei luoghi a rischio mitigabile).
        In generale, ritengo che i PUC debbano fare giustizia di contraddizioni e ipocrisie, ma bisogna che siano partecipati e sostenuti. Gli interessi sono molti, purtroppo.

      • evviva l’ottimismo!
        Così, per curiosità, guardi che ne han fatto a Capoterra dei “limiti all’edificabilità imposti dai vincoli idrogeologici … piuttosto perentori e ineludibili”: http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2012/11/17/il-piano-urbanistico-comunale-di-capoterra-un-piano-a-rischio-alluvioni/ .
        La realtà supera (in peggio) qualsiasi fantasia.

        Stefano Deliperi

      • E quindi?
        non vorrei che si arrivasse a dire che è inutile pianificare…

  19. Ismaele says:

    Questo è un articolo de La Nuova Sardegna risalente allo scorso luglio:
    http://lanuovasardegna.gelocal.it/oristano/cronaca/2013/07/24/news/fasce-fluviali-per-terralba-nuova-delusione-1.7473916

    Il sindaco di Terralba è “deluso” perché sembra non sarà possibile limitare i vincoli allo sviluppo edilizio in zona a rischio idrogeologico. Il comune ha fatto ricorso contro questo provvedimento che, ovviamente, è un danno per l’economia, e ha presentato un suo studio per dimostrare come quelle zone sono sicure.

    Domanda: ora che farà, ritira il ricorso?

    • Ismaele says:

      Questo è ancora più notevole, e vista la brevità mi permetto di incollarlo integralmente, riportando la fonte (Ancora La Nuova Sardegna)
      http://lanuovasardegna.gelocal.it/oristano/cronaca/2013/09/22/news/tutti-in-ginocchio-per-pregare-sant-ugo-contro-i-vincoli-1.7792226

      TERRALBA. Altro che papa Francesco. Qui si invoca Sant’Ugo per essere salvati dai vincoli idrogeologici. Ieri mattina un gruppo di cittadini ha messo in piedi una manifestazione per smuovere Sant’Ugo Cappellacci da Cagliari, affinché voglia ascoltare le istanze di sopravvivenza dai vincoli idrogeologici che il Piano stralcio delle fasce fluviali prevede su quasi tutto il territorio comunale. I cittadini inginocchiati in mezzo alla strada hanno pregato il loro patrono affinché li salvi da questa spada di Damocle. «Sono vincoli sull’edificabilità che non metteranno in sicurezza diecimila abitanti, ma li costringeranno a rimanere immobili e inattivi verso un inesorabile e breve decadimento economico-sociale – si legge nell’appello della cittadinanza –. Terralba nella sua storia millenaria non ha mai subito alluvioni. Il Rio Mogoro è stato canalizzato e arginato nel 1920 ad opera di un certo ingegner Omodeo. Secondo il Piano stralcio, con tempi medi di ritorno pari a 50 anni, dovrebbe riempirsi, tracimare e inondare tutta la piana. Invece secondo i dati storici del Distretto Idrografico della Sardegna e ignorati dallo studio della Regione, la diga non si è mai riempita e non ha mai tracimato. Il livello massimo raggiunto si è avuto nel 1942, quando si è riempita per circa un terzo della sua capienza massima a causa dell’ostruzione del foro di scarico». Ancora una volta la cittadina esprime il suo rifiuto per i divieti di edificazione che rischiano di metterne in ginocchio l’economia. «Terralba non vuole soldi, perché non ha bisogno di opere di mitigazione. Chiediamo che si provveda a mettere in sicurezza quei territori come Capoterra che in questi ultimi anni hanno subito le alluvioni e che tuttora vivono in condizioni di grave rischio». Ci penserà Sant’Ugo da Cagliari? I santi mantengono le promesse. (c.d.)

  20. Casu Axedu says:

    Visti gli avvenimento dei giorni scorsi e l’evocativo nome della zona dove dovrebbe sorgere il nuovo insediamento, il PD cagliaritano è ancora dell’avviso che si debba costruire a “Su Satangioni”?

  21. Radio Londra says:

    Una domanda da poco uscito.
    Quali sono i fiumi e torrenti di rilievo paesaggistico?
    E come si fa a riconoscerli se non hanno cartellino?

  22. Monica says:

    La domanda è: ci sarà mai un momento nella storia della Sardegna nel quale i politici, gli imprenditori e i comuni cittadini stessi riusciranno a vedere più in la del loro naso e a programmare e portare a termine progetti e interventi utili alla messa in sicurezza e alla tutela del territorio che vadano oltre il cordoglio e alla la campagna elettorale e che siano durevoli nel tempo, validi e utili anche per le generazioni future, o tra un mese chi ha perso tutto non avrà più lacrime nemmeno per piangere mentre gli altri cercheranno di continuare a cementificare sperando in un prossimo condono edilizio che al solito porterà a buttare più soldi di quanti non ne faccia incassare? Con triastezza infinita, Monica

  23. agugliotto says:

    Corrisponde a verità che durante la giunta Cappellacci due geologi esperti e un dottore in scienze forestali, con Phd e master in difesa del suolo (a contratto, non sia mai che dei geologi vengano assunti in Regione) sono stati allontanati dall’Ufficio del PPR, del quale facevano parte ormai da sei anni, con la motivazione che non fossero utili “date le nuove esigenze” dell’Assessorato Urbanistica?

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