Politica / Sardegna

“La nostra voglia di studiare uccisa dalla burocrazia regionale”: le storie di due universitari sardi in Continente

Vi propongo due storie. Sono le testimonianze dirette di due ragazzi sardi che, trasferitisi in Continente per studiare,  si sono drammaticamente scontrati con i limiti della nostra burocrazia regionale.

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Buongiorno,

a scrivervi è un comune studente universitario di ventidue anni, nato e cresciuto in Sardegna da due dipendenti statali. Dopo cinque anni di liceo classico decisi di trasferirmi dall’isola per fare e sognare quello che lì non era possibile.

Il prezzo per vivere fuori per un sardo è alto: il legame con l’isola è forte e anche dal punto di vista economico non si scherza. Parliamo di 400 euro per vivere (escludendo l’affitto) e lavorare è un’utopia per chi non ha esperienza lavorativa come me.

A tamponare i sacrifici e a farci sentire un po’ protetti dalle istituzioni, una volta tanto, è l’Ersu col suo rimborso affitto. Duemilacinquecento euro massimi di rimborso (per un affitto che costa mediamente fra i 300 euro mensili e oltre nelle cittadine universitarie per una camera singola) è una soluzione, di questi tempi, necessaria.

Dato che gli assegni di merito sembrano, almeno temporaneamente, estinti, questa è l’unica agevolazione economica attualmente esistente per gli universitari sardi che non possono usufruire della borsa di studio.

Devo però parlare al passato se mi riferisco al mio caso. L’unico appoggio da parte delle istituzioni, almeno adesso, non è per me più usufruibile.

È successa una cosa molto semplice; un anno fa mi sono trasferito dall’Università di Firenze a quella di Pisa riuscendo a non perdere gli esami dati fino ad allora che ammontavano a 72 crediti, abbastanza da essere considerato, secondo i documenti dell’ateneo pisano, in corso col secondo anno.

Il “fittocasa” l’ho ottenuto dal primo anno di università (a.s. 2010/11) e sono sempre stato “beneficiario idoneo” fino ad oggi.

Da quest’anno però non l’avrò più per un errore burocratico.

Sono stato assegnato, senza che i diretti responsabili riuscissero a motivarlo chiaramente, nella graduatoria dei “nuovi assegnatari” e non nei “vecchi assegnatari”.

Non ci sarebbe stato quasi nessun problema se non fosse che la Regione Sardegna ha deciso di tagliare il Fittocasa per i “nuovi assegnatari”.

Così mi ritrovo ad essere “idoneo non beneficiario”, mentre i vecchi assegnatari (fra cui ci dovrei essere anche io) avranno tutti il loro meritato rimborso.

Una volta stilata la graduatoria definitiva, mi è stato spiegato dagli impiegati regionali che “non si può più fare niente”, dopo aver cercato di celare goffamente le proprie colpe.

Come unica via, rimane il ricorso al Tar che ha un costo di circa 2000-3000 euro, comprese le spese per l’avvocato e per l’apertura della pratica. Tale spesa risulterebbe superiore all’intero rimborso affitto, senza considerare che la Regione Sardegna schiererebbe in campo un Azzeccagarbugli di prima scelta.

Cosa chiedo quindi a voi lettori? Niente di speciale in realtà, solo di leggere questa lettera sino in fondo e di riflettere.

Voglio credere, e voglio farlo con voi, che Davide possa ancora battere Golia in un Paese dove “La legge è uguale per tutti”.

Il risultato? Il più vicino, al quale miro, è di non mettere in croce una famiglia come tante; il più lontano è un Paese con un amministrazione pubblica Preparata e Competente.

Mattia Sedda

***

Caro Vito,

mi chiamo Andrea e sono uno studente di 23 anni. Nel 2009 ho scelto di andare a studiare a Trento, trascorrendo un anno all’estero e mantenendomi, seppur solo in parte, con i soldi che la Regione Sardegna stanzia annualmente per gli studenti con gli assegni di merito e i contributi fitto-casa. Come me tanti altri studenti che, nonostante i ritardi con cui regolarmente la Regione pubblica i bandi ed eroga i contributi, sono riusciti a finanziarsi gli studi lontano dalla propria famiglia. Da quasi sei mesi siamo in attesa della pubblicazione del nuovo bando degli assegni di merito, per il quale la Regione ha stanziato alcuni milioni di euro con la finanziaria approvata in maggio (che peraltro dimezza i fondi destinati agli assegni).

Ma non è né sui ritardi della nostra amministrazione né per lamentarmi del taglio delle risorse destinate agli studenti universitari che voglio scriverti. Ciò di cui voglio parlarti riguarda il rapporto con la pubblica amministrazione nella nostra Regione. Visto il ritardo nella pubblicazione del bando e la mancanza di comunicazioni in merito da parte della Regione, il 25 giugno ho scritto all’indirizzo e-mail assegnidimerito@regione.sardegna.it (come previsto dal bando), per chiedere informazioni circa le tempistiche della Regione. Non avendo ricevuto alcuna risposta dopo un mese, decido di scrivere un’altra mail, destinata allo stesso indirizzo e all’assessore Sergio Milia, nella speranza che almeno il vertice dell’assessorato si preoccupi di dare una risposta ai propri cittadini. Anche in questo caso nessuna risposta.

Se si fosse trattato soltanto di episodi sporadici riconducibili al periodo estivo non ci avrei fatto molto caso. Tuttavia, questa non era la prima volta che scrivevo all’amministrazione regionale (e, in particolare, all’assessorato all’Istruzione) senza ottenere alcuna risposta, né sono l’unico nella stessa situazione. Nel migliore dei casi, quando si riesce ad entrare in contatto con gli uffici di Viale Trieste, si ottengono risposte contrastanti (“la pubblicazione del bando è imminente” dice uno; “non se ne parla prima di un paio di mesi” dice qualcun altro). Ma non voglio nemmeno rassegnarmi a chiedere ai miei genitori di recarsi presso gli uffici regionali per ricevere una risposta che io, studente fuori sede e molto lontano da Cagliari, mi aspetto di avere per e-mail.

Non mi sembra che chiedere che l’amministrazione regionale risponda alle mail dei propri cittadini significhi pretendere uno sforzo titanico da parte della Regione. Né mi sembra chiedere troppo che la Regione spieghi pubblicamente le ragioni del ritardo nella pubblicazione dei bandi che, a elezioni imminenti, potrebbe sollevare qualche dubbio su un possibile utilizzo a fini elettorali.

In questi ultimi anni in cui ho vissuto in Trentino ho imparato ad apprezzare un’amministrazione che, nonostante i suoi difetti, non ha mai mancato di rispondere ai propri cittadini. Possibile che con tutti i soldi spesi dalla Giunta Cappellacci per sponsorizzare la nostra Regione sui giornali nazionali, all’estero e addirittura ai meeting di Comunione e Liberazione, non ci si possa preoccupare di far funzionare un po’ meglio la pubblica amministrazione regionale? Anche questo è chiedere tanto?

Ti sarei veramente grato se potessi aiutare a rendere pubblica non tanto la mia storia, che probabilmente non interesserà molti, quanto la difficoltà con cui si riesce ad ottenere delle risposte da parte della nostra pubblica amministrazione. Sono certo di non essere l’unico a lamentarsi di questa situazione, ma non voglio rassegnarmi a questo stato delle cose.

Ti ringrazio in anticipo,

Un caro saluto.

Andrea Carboni

 

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14 Comments

  1. riccardo says:

    quando il paese non era in crisi economica hanno speso i nostri soldi per una industralizzazione fallimentare (hanno puntato sulla chimica e non sull’alimentare…)hanno distrutto la scuola in particolare le scuole professionali che se fossero realmente in contatto con il mondo del lavoro ….

  2. riccardo says:

    laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche con 110 e lode, sta per ingrossare le fila dei cervelli in fuga (in Svizzera…..in sardegna l’unica prospettiva e di lavorare come farmacista, industrie farmaceutiche da noi non esistono e sono poche anche in italia. secondo me si incentivano i giovani a conseguire lauree poco spendibili, forse dico una fesseria ma ci sono troppi laureati rispetto ai bisogni effettivi della società….

    • Mattia Sedda says:

      Il problema non è tanto dei troppi laureati penso, ma di un paese in forte crisi economica che non sa accogliere nè giovani in possesso di un semplice diploma, nè laureati e di un amministrazione politica, sia a livello nazionale che locale, lasciata allo sbando da decenni

  3. Edmondo costa says:

    A Mattia Sedda
    Avrei un po’ di cose da dire, ma mi fermo ad un solo problema.
    Hai dichiarato di aver perso la borsa di studio per un errore burocratico ed anche che gli impiegati regionali, autori dell’errore, hanno dichiarato “che non si può più fare niente”.
    Spero stia scherzando!
    Evidentemente l’essere stato un po’ lontano dalla Sardegna ti ha fatto dimenticare il carattere dei Sardi.
    Se hai ragione, devi pretenderla, a tutti i costi.
    Se non ce l’hai………..
    Una curiosità.
    il corso(od i corsi, visto il tuo cambio di sede) di laurea che hai scelto non esiste in Sardegna?

    • Mattia Sedda says:

      Caro Edmondo Costa,
      Mi fa piacere che tu abbia tante cose da dirmi: ne avrò di più da risponderti, visto che in una lettera si è costretti ad essere sintetici ma essenziali.
      Purtroppo non scherzo; ovviamente, quello di pubblicare è un modo, ma ho contattato personalmente diversi esponenti politici, a prescindere dal colore, e sindacalisti degli studenti per capire come posso muovermi e sto studiando la situazione. Comunque no, io faccio teatro con un gruppo qui e studio all’Università prima a Firenze Scienze politiche, curricula Comunicazione, Media e Giornalismo (a Cagliari esiste solo studi internazionali), e ora Discipline dello spettacolo e della comunicazione (diversa dalla cagliaritana, e costosa, circa 2000 euro di tasse fisse, Scienze della comunicazione di Cagliari). Oltre a questo, RICORDO CHE ANCHE I NON FUORI SEDE GODONO DI FITTOCASA. Stia tranquillo che i fuori sede non sono avvantaggiati in nessun modo e sarebbe bello far capire a molti sardi che un esperienza fuori non vuol dire soltanto studiare materie diverse, ma fare esperienze umane diverse da quelle che ci ha offerto Cagliari per 18 anni, che conosco abbastanza bene; non per questo migliori, ma per un sardo sicuramente nuove.

      Saluti,
      Mattia Sedda

  4. Supresidenti says:

    Caro vito, qualcuno prima di me ha fatto notare il paradosso del pagare l’affitto a chi va fuori sardegna all’università (dove esistono gli ersu e si può chiedere una borsa di studio o un alloggio nella propria sede di studi, a prescindere da dove risiedi) ed avere in sardegna, a cagliari per esempio, 30 studenti su 100 che hanno diritto ad una borsa di studio (lo dice la costituzione) e che si sentono rispondere dall’ersu di cagliari che non ci sono i soldi. Tutto questo nasce durante la giunta soru. faccio una piccola premessa. gli anni della giunta soru sono stati i migliori anni del diritto allo studio in sardegna. Pero, c’è sempre un però, sono state anche attuate riforme stupide, ribadisco stupide, che negli anni successivi hanno causato non uno ma cento casini diversi. cosa si è fatto di cosi tanto grave? ribadisco, con soru abbiamo avuto per la prima volta il 100% degli idonei beneficiari (molto modestamente in quegli anni ero consigliere dell’ersu eletto dagli studenti) e lo ribadisco perchè è un dato importante. pero poi con le riforme si è andati fuori strada e di parecchio. ricordo che sono state istituite delle borse di studio gestite direttamente dall’assessorato regionale (come nel caso oggetto del post) e non invece dall’ente strumentale preposto, ovvero l’ersu. cosa vuol dire questo? intanto si è creato un doppio binario con requisiti e importi diversi delle borse di studio (illegittimo di sicuro, sarebbe bastato un piccolo ricorso per far andare tutto a gambe all’aria) forse, e dico forse, con la speranza di avere con l’assessorato un rapporto, diciamo così, più malleabile che con l’ente preposto (che era amministrato da 5 persone). Storia molto lunga che meriterebbe un post a parte. vorrei solo sottoporre ai lettori un altro punto. Nel frattempo il sottoscritto si è laureato e non credo che tra i lettori del tuo blog non ci sia nessuno studente impegnato all’università (tipo unica 2.0 ad esempio, sempre in prima linea nelle campagne elettorali, universitarie e non) che possa in qualche modo dare una risposta alle giuste osservazioni (perche se partecipano ad un bando profondamente sbagliato non è mica colpa loro) dei ragazzi che ti hanno scritto. ma sono sicuro che, almeno per rispondere alle mie critiche, gli studenti del terzo millennio faranno sentire la loro voce.
    saludi e trigu a tottus.

  5. casumarzu says:

    informazioni dall’interno:
    non mi sorprende affatto che le mail non trovino risposta; è il solito discorso dello scarica barile che dal vertice arriva al dirigente, dal dirigente al settorista, dal settorista allo sfigato/a che non può inventarsi le risposte, o meglio non ci sono risposte coerenti con regolamenti e procedure. Perchè sono puntualmente disattese per inefficenza, ignoranza, sciatteria.
    Tuttavia gli obiettivi sono sempre raggiunti alla fine dell’anno e tanti si portano a casa il lauto premio per lo splendido lavoro svolto.
    Senso di impotenza? a vederlo e combatterlo dall’interno si ottiene esclusivamente l’isolamento

  6. Leggere queste due storie mi dà un senso d’impotenza e di rabbia. Ho un figlio che grazie al programma Master&Back ha potuto trovare subito un lavoro (però a Milano!), mentre mia figlia, laureata in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche con 110 e lode, sta per ingrossare le fila dei cervelli in fuga (in Svizzera). In bocca al lupo ad Andrea e Mattia! Che riescano negli studi e nella vita, nonostante le difficoltà e l’incapacità delle nostre stituzioni…

    • Mattia Sedda says:

      Grazie dell’appoggio,
      stranamente viene da qualcuno che ha vissuto l’esperienza direttamente (chi è più coinvolta di una mamma), mentre molti altri sardi etichettano chi immigra come viziati; preferisco non commentarli.

      Grazie ancora, fa veramente piacere in mezzo a questi commenti pieni d’astio, tanto più da chi credi sia la tua gente in qualche modo

      Mattia Sedda

  7. a non imho says:

    la domanda è semplice: perché la regione paga gli studenti che vogliono andare a studiare fuori dalla sardegna quando abbiamo due università e tutte le facoltà possibili, tranne minime eccezioni, nella nostra regione?

    capisco il contributo per chi prende la borsa erasmus e studia all’estero: 1 anno di internazionalizzazione dovrebbe essere obbligatorio per tutti, anche perché poi gli studenti tornano a ss o a ca.

    ma firenze, pisa, trento…..e paga la regione: perché?
    tra l’altro il primo studente, se ho capito bene, dopo due soli anni è andato fuori corso e si è iscritto al secondo anno in altra università per rimanere in corso e avere diritto alla borsa, oppure ho capito male io?

    forse prima di entrare nel merito dei singoli inadempimenti della regione bisognerebbe affrontare questi problemi.

    • Mattia Sedda says:

      Buongiorno,
      la Regione rimborsa, e con un anno previsto di ritardo, parte dell’affitto dei fuorisede come dei non, che inoltre possono godere anche, e giustamente, della borsa di studio completa. Comunque non sono mai andato fuori corso, fino a quando si rientra nei tre anni anche se non si è dato un solo esame non si è fuoricorso.
      Forse prima di scrivere e ad affrontare dei problemi farebbe bene a conoscerli. Ma continuate a votare Cappellacci in Sardegna e ad andare contro a prescindere a ragazzi di ventidue anni; provate a lamentarvi poi dei giovani che migrano.

      • a non imho says:

        ok riformulo: dopo due anni lo studente aveva dato gli esami di un solo anno, quindi anziché iscriversi al terzo anno si è iscritto al secondo anno di altra università, così potendo dimostrare di aver dato gli esami previsti per il suo curriculum. giusto così? la sostanza non cambia.

        detto questo non voto cappellacci (anche se quest’anno il pd sardo fa di tutto per convincermi…), a 22 anni ero laureato, a cagliari, e penso che il nostro futuro sia nelle mani dei ventenni, che studiano.

        ma mi piacerebbe che i soldi sardi fossero spesi per aiutare gli studenti sardi a laurearsi, possibilmente in corso, nelle università sarde, salvo (sempre sia lodato) l’erasmus.

        e allora, forse sarebbe meglio utilizzare i soldi dei fuori sede espatriati per migliorare il sistema bibliotecario sardo, per dare un accesso internet veloce a tutti gli studenti delle nostre università, per ottenere una licenza per i libri di testo digitalizzati da fornire a tutti gli studenti delle nostre università etc.

        fermo tutto questo, se avevi diritto alla borsa che la regione (giusto o sbagliato) aveva bandito, hai ragione di lamentarti. ma, capisci, qui il singolo errore, la singola ingiustizia, rilevano poco rispetto ai profili generali della politica dell’istruzione della regione.

      • Andrea Carboni says:

        Caro A non imho,

        quello che il tuo commento e alcuni precedenti non vogliono – o non riescono – a cogliere è che i contributi della Regione non sono finalizzati a finanziare le università sarde, ma a consentire a tutti gli studenti sardi di seguire i propri sogni e le proprie aspirazioni.

        Discriminare chi studia nelle università del continente – come tu stesso dici – sarebbe anzi dannoso. Uno studente che studia lontano dal proprio luogo d’origine, per poi farci ritorno in età lavorativa, è una ricchezza per il proprio territorio: ha acquisito un bagaglio di conoscenze derivanti dal confronto con altre comunità, dalla conoscenza di altre regioni, dalla pratica di nuove esperienze che mai avrebbe fatto restando nel luogo d’origine. Ti parlo per esperienza personale, ma potrei trovare decine di altri esempi.

        Non è un caso se in tutta Europa gli studenti sono incentivati a studiare lontano da dove vivono, non solo andando all’estero, ma cambiando città all’interno del loro stesso paese. Questo avviene non perché all’estero siano fessi, ma perché stimolare i giovani a vivere per conto proprio alla lunga porta benefici. Certo, forse è impossibile quantificarli come l’aumento del FFO all’università -peraltro tutto da dimostrare- ma non è affatto ignorabile.

        Ed eviterei la sterile retorica della facoltà che già esiste nella città dove vivi: se uno studente va a studiare scienze politiche o medicina a Firenze o a Trento, non lo fa certo perché gli piacciono la città o le montagne; semplicemente ritiene che le proprie qualità possano essere meglio valorizzate altrove (poi certo ci può essere chi va a Milano per divertirsi, ma dubito che possa essere in regola con i criteri di merito previsti per richiedere i contributi)

        Si tratta di una visione antiquata quella per cui una comunità si autoriproduce, immutata nel corso degli anni e sotto l’unico effetto di stimoli endogeni. A me piacerebbe che le università sarde siano popolate di giovani continentali, così come mi fa piacere incontrare giovani sardi che studiano nel resto d’Italia e che, in molti casi, portano lustro alla nostra Regione. Sinceramente non sento di aver “portato via” soldi a studenti che hanno scelto di restare in Sardegna, come il tuo commento sottintende.

        Perdona la prolissità, ma dopo che la nostra generazione è stata accusata di essere piena di “bamboccioni” che vivono con mamma e babbo fino a quarant’anni, non posso sopportare di essere accusato perché ho scelto di fare l’inverso.

        Con simpatia,
        Andrea

      • Mi rendo conto che la mia risposta arriva con qualche anno di ritardo, ma avrei piacere a commentare quanto letto sopra. Sono un ragazzo sardo di 24 anni, con una brillante carriera accademica alle spalle e diverse esperienze all’estero – sia come erasmus, che per studio di una terza lingua. Ci tengo a precisare che studio Architettura a Milano, città che ho scelto ad occhi chiusi, e con questo voglio dire, per l’offerta didattica offerta, e sinceramente non mi sento in colpa di essere “evaso” dalla terra natia. Ne’ tantomeno di essere stato plurime volte beneficiario delle borse di MERITO che la MIA regione, sostenuta anche dai MIEI genitori in quanto contribuenti, nonché dai molteplici lavori stagionali che ho fatto per sostenere i miei studi, mi ha assegnato in quanto beneficiario. Con quale ragione ci si arroga il diritto di considerarmi studente di serie B perché non studio in Sardegna? dovrei forse pensare che i miei traguardi siano meno meritevoli di chi ha studiato avendo la (s)fortuna di vivere a casa con i genitori (e magari rimanerci fino ai 30 perché è più comodo così)? O forse vogliamo un attimo iniziare a scrollarci di dosso questa becera convinzione che la Sardegna sia uno stato a se e che chiunque provi a volersi rapportare con quello che è “il continente” sia da considerarsi un eretico.
        E con questo scaglio una pietra in difesa dell’amministrazione regionale, che tra le tante lacune e inadempienze questo, quantomeno, l’ha capito.

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