Lavoro / Politica / Sardegna

Ci scrive Claudia: “Il dramma di noi over 30, troppo vecchi per essere aiutati e troppo giovani per avere un lavoro…”

Ricevo e molto volentieri pubblico. Pensavo che questa riflessione la potessimo fare a ragion veduta solo noi over 40, evidentemente la situazione è molto più grave…

***

Caro Vito,

aiutami a capire una cosa: se uno ha 37 anni è troppo vecchio per rientrare nella categoria dei giovani precari o senza lavoro e partecipare a bandi, concorsi etc. riservati ai giovani. Però è troppo giovane per ambire ad un lavoro ben pagato. Troppo vecchio per poter ricominciare dal basso e giovare degli incentivi per le categorie protette. Troppo giovane per potersi considerare esperto. Insomma uno sfigato e basta. Perché allora non adottare una legge proteggi-sfigati?

Lo so, la mia è una provocazione. Il fatto è che in tanti anni di lavoro all’estero (Stati Uniti, Svizzera e Gran Bretagna) non ho mai visto bandi di concorsi, bandi per borse di studio, annunci di lavoro e similaria che impongono limiti d’età. La chiamerebbero discriminazione. E andrebbe contro il sacrosanto diritto a cambiare (e migliorare) la propria vita anche cambiando carriera lavorativa.

Tant’è che all’estero è comune che ci si iscriva o si torni a studiare all’università ben oltre i 40 anni, e non per sfizio ma con uno scopo preciso. Solo da noi non si può. Qui siamo cornuti e mazziati: fregati da una legislazione che ha trasformato la flessibilità lavorativa in precariato, e mazziati da una legislazione che concede sgravi fiscali solo a chi assume, preferibilmente (cito solo per fare un esempio) donne sotto i 30 anni che siano neo-diplomate o neo-laureate, con tot anni di disoccupazione alle spalle, etc.

Peccato poi per tutti gli altri, che devono avere a che fare con un mercato del lavoro saturo, immobile, stritolato da tassazione e quant’altro.

C’è qualcuno, nella classe politica che pretende di governarci e fare gli interessi dei cittadini, che si rende conto che il problema non è solo e semplicemente la disoccupazione giovanile (ovvero quella dei minori di 30 anni), ma la vera tragedia è la disoccupazione e la totale mancanza di prospettive degli over 30 che magari hanno titoli di studio anche superiori alla laurea ed esperienze lavorative importanti, e che hanno raggiunto quell’età per cui vorrebbero tanto poter avere una loro vita, una loro famiglia, una loro casa, etc?

Con amarezza

Claudia

 

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75 Comments

  1. Giuseppe says:

    Sto c. di paese prendesse fuoco. Chi può, impari bene due lingue, metta qualcosa di soldi da parte, cerchi lavoro all’estero e poi scappi subito!!!! Questo paese è morto cavolo ci fate ancora qui?

  2. Fabio 18/03 says:

    Salve, mi chiamo Fabio e ho 35 anni e mi sono laureato in Scienze Politiche all’eta’ di 27. Appena conseguita la laurea per ben due anni ho trovato assiduamente lavoro provando con tutti gli strumenti di ricerca possibili ed ogni volta che le (poche) aziende mi rispondevano mi dicevano che non ero idoneo vuoi per la mancata esperienza, vuoi per l’eta, ecc… Cosicche’ nel 2012 decidendo di emigrare in Svizzera, a distanza di soli 15 giorni, presso la citta’ di Berna, ho trovato lavoro come lavapiatti a tempo indeterminato percependo una paga di €2900 al mese più straordinari pagati
    La differenza che ho notato che mentre li’ non mi hanno chiesto ne’ chi mi ha raccomandato, ne un tedesco fluente, ne’ esperienza e nemmeno l’eta’. A questo punto dico io il perchè anche in Italia non si prenda esempio da certi paesi per far lavorare la gente!!!

  3. Candida says:

    Mi chiamo Candida e ho 38 anni. sono quasi tre anni che sono disoccupata. Mi dicono che sono troppo vecchia per il lavoro,che devo ritenermi fortunata perché vivo ancore in famiglia( vivo con una zia anziana e pensionata che poverina mi darebbe anche la luna se potesse) che devo avere solo pazienza,che se mi assumo potrei sposarmi oppure avere figli ( sono single). secondo voi è giusto .? Ho il morale a terra,ma alcuni sembra che non capiscano il disagio che sto vivendo. scusatemi per lo sfogo, ma se ogni tanto non faccio coì impazzisco. grazie

  4. Sabrina says:

    Sono nella vostra situazione e aggiungo un altro sfogo liberatorio contro i nostri coetanei che hanno un lavoro (e che non hanno mai mosso il culo da casa) e si permettono di prendere in giro gli italiani all’estero. Recentemente ho letto piu’ di una volta su fb “perche’ gli italiani all’estero lottano per il loro futuro mentre gli immigrati qua ce lo rubano?”
    Insomma non c’e’ solidarieta’ ed empatia tra chi una mano ce la potrebbe dare, anche solo moralmente. Nel mio piccolo cerco di mandare annunci di lavoro o consigli a chi ne ha bisogno, forse e’ un buon modo per aiutarsi.
    Anche io over 30, laurea in lingue ed esperienze all’estero.

  5. Il governo italiano deve capire che senza un sostegno al reddito e senza una politica volta a favorire l’insediamento di nuove imprese che diano opportunità di lavoro a tutti indipendentemente dall’età anagrafica non si va da nessuna parte, si arriverà al punto che la gente commetterà reati apposta per andare in galera, almeno là un pasto e un letto sono assicurati.

  6. Forse il governo non si rende conto che a lungo andare il paese imploderà: mancanza di lavoro, tasse altissime, gente che non fa più figli, siamo in balia di un pifferaio che ci condurrà verso il burrone.

  7. La crisi economica c’è in tutta Europa e non solo in Italia, esattamente come la disoccupazione.
    Andare all’estero senza aver raggiungo in Italia un professionalità medio-alta in grosse realtà unita ad un ottimo inglese (come minimo) non serve a nulla.
    Significa solamente dover riscontrare in un altro paese la stessa difficoltà che ci si può trovare a vivere in Italia.
    La verità è che non c’è abbastanza lavoro per tutti, qualificati o meno che siano.
    Quindi in un sistema del genere qualcuno rimarrà sempre disoccupato, è inevitabile.
    Non ci sono aziende tanti quanti sono gli aspiranti lavoratori.
    Quindi invece dei flussi migratori, dei luoghi comuni, delle persone che pensano che il lavoro sia un diritto divino (anziché una condanna quale in effetti è) ecc., servono piuttosto delle misure integrative di sostegno al reddito, che contemplino anche chi non viene accettato dal mercato del lavoro, e chi non vuole nemmeno entrarci in un mercato del genere, accontentandosi di una serena sopravvivenza limitata all’essenziale.
    In questo modo lavorerebbe solo chi effettivamente motivato, non chi deve cercarlo per “obbligo” trovandosi a fare qualcosa che odia, sarebbe socialmente controproducente, sia per lui che per la società stessa.
    La nostra generazione è stata cresciuta dai media con il mito del consumismo e della ricchezza, quindi ora soffre quando non può comprarsi determinate cose che il sistema propina.
    Anche l’idea del matrimonio, della famigliola, della macchinetta, della casetta con mutuo trentennale è un prodotto del sistema. Non è che tutti devono sposarsi, fare una famiglia propria, divorziare, acquistare un’auto, comprare una casa, ecc.
    Si può anche mettere in discussione ciò che tutti pensano sia normale e vivere in modi alternativi.
    Non si muore facendo ciò che si vuole fare, si muore facendo ciò che la società si aspetta che noi facciamo.
    Dai vostri commenti infatti, voi sembrate già tutti morti.
    In questo sistema non è il lavoro ad essere una necessità per la sopravvivenza, ma il denaro.
    Il denaro deve quindi essere dato, dagli stati stessi che hanno reso legale questo sistema di vita, ai cittadini che non lavorano e non hanno denaro (per casualità o per scelta personale)

    • Questo e’ l’unico commento intelligente letto in generale su internet. Penso pero’ che gli altri ragazzi dei post non siano morti, ma semplicemente arrabbiati perche’ cresciuti con degli schemi e delle promesse (e da giovanissimi e’ difficile avere un pensiero critico, specie se le scuole e le famiglie sono le prime a non dartelo), e si sono ritrovati senza aver raggiunto un risultato adeguato alle aspettative. In quei casi bisognerebbe accettare di aver sbagliato tutto e ricominciare, pensando a quali siano le proprie esigenze reali e non quelle indotte.

  8. franco says:

    Bisogna scappare….non c’è più nulla per qui valga la pena restare

  9. Perchè il governo se ne frega dei disoccupati della fascia di età 30-50 anni? Non esistono secondo loro? io ho 37 anni, iscritto al centro per l’impiego e a tutte le agenzie interinali della zona dal 2009, da quando il mio capo mi ha dato il ben servito dopo 12 anni, senza alcun sostegno alla disoccupazione perchè lavoravo con partita iva (finta), l’ammortizzatore sociale è costituito dalla mia famiglia, chiedo solo un lavoro, anche da 500 euro al mese, chiedo troppo? cosa devo fare? aspettare fino a 51 anni e sperare che ci siano ancora gli incentivi per assumere gli over 50? Bel paese fondato sul lavoro, l’art. 1 della costituzione esiste ancora o è stato mandato in pensione a causa della crisi?

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  11. Antonio says:

    La mia impressione è che il lavoro, il denaro, insomma le condizioni per creare benessere per tutti ci siano, ma lor signori preferiscono lasciarci così, disoccupati, poveri e incazzati. E certo, sennò dove e come troverebbero il consenso i vari politicanteddos pagliacci che si esibiscono nel circo della politica italiana? Meglio fare in modo che ci sia sempre qualche milioncino di disgraziati da costringere a venirci a supplicare col cappello in mano, piuttosto che risolvere i loro problemi. Questo pensano gli sciagurati che hanno il potere, a tutti i livelli: politica, imprenditoria, banche. Anche la Chiesa, che si scaglia contro il benessere ed il consumismo, così più siamo poveri e sfigati, se malati anche meglio, e più andiamo nei santuari ad invocar grazie.
    Forse tutto questo un pò ce lo meritiamo. Noi italiani, di noi sardi non parliamone proprio, ingurgitiamo tutto. Tra poco, tra un balzello a l’altro, ci faranno pagare anche l’aria che respiriamo e noi, sempre lì, fermi, immobili, come quella magnifica imitazione di Prodi-Crozza sul marciapiede della stazione, sempre fermo lì al variare delle stagioni.
    Il lavoro è una necessità moral-psicologica, ancor prima che economica. Del resto, qual’è la prima cosa che fanno fare ai tossicodipendenti quando arrivano nelle comunità? Li disintossicano, eppoi li mettono a lavorare. Per non pensare, per non ricadere giù all’inferno.
    Il disoccupato, di qualunque età, ma se oltre i 40 è peggio, è all’inferno, e il fuoco è sempre lì, e brucia, brucia, brucia l’anima.
    Ammiro chi ha avuto l’idea ed il coraggio di creare un’attività. Ma non tutti siamo in grado di farlo. E allora, che facciamo, ci spariamo? Io, dopo una vita trascorsa inutilmente sui libri, tra scuola, concorsi, corsi ed università, se adesso apro soltanto il giornale mi viene un moto misto tra angoscia e nausea. Pur di imparare un mestiere, farei l’apprendista anche gratis.
    Ma nella vita 20 anni vengono una volta sola e quando ne hai il doppio è troppo tardi, e non certo per te…………

  12. Maryma* says:

    Ciao, io ho 31 anni, ho appena vinto una borsa di studio per un dottorato a Torino ma non sto festeggiando. In realta’ non avrei mai voluto lasciare la Sardegna, non sono partita prima perche’ anche ho sempre pensato di volermi impegnare qui, per questa terra per le sue persone, insomma, i discorsi che fa la maggior parte di noi.
    Ho partecipato al concorso come ultima spiaggia, stanca del fatto di non avere prospettive di sopravvivenza al di fuori della famiglia, di non poter progettare una vita autonoma ne’ di poter svolgere il mio lavoro da laureata in maniera soddisfacente, se non adattandomi a compromessi e sfruttamento che mi sono stufata di accettare. Nello stesso tempo la clessidra che scorre, la consapevolezza, come scrivi tu Claudia, che qui l’eta’ non e’ mai quella giusta, troppo-giovane-per-lavorare troppo-vecchio-per-concorrere, e quindi con l’idea che il mio ultimo anno “utile” stesse scorrendo via senza lasciarmi possibilita’ di scampo. Lo sconforto mi ha portato a rinunciare alle mezze promesse di terra sarda (collaborazioni incerte, bandi di concorso dall’esito immaginabile, lavoro sottopagato, stage senza sbocco) perche’ ho investito tanto qui e fatto rinunce, ma non si puo’ solo sopravvivere con l’acqua alla gola aspettando mezze occasioni. E non sono solo una che aspetta, mi sono messa in gioco in molti modi, ho portato avanti progetti, idee, impegni, relazioni ma non posso piu’ permettermi di farlo. Non festeggio un successo ma celebro una sconfitta, una resa che non riesco a perdonarmi . Spero solo di poter tornare presto, dopo i nuovi 3 anni di studio, e di poter ricominciare da qui, non solo per il sole della Sardegna, ma anche per tutti i suoi sassi.

  13. Daniela says:

    Pur condividendo lo sfogo, non mi pare che questa lettera sia il primo tentativo di dare voce ad un’intera generazione. Di lettere cosi se ne trovano a migliaia in rete, e sono anche meno vaghe nel descrivere la propria esperienza e le porte in faccia ricevute. E’ sempre bene, poi, combattere in gruppo e non limitarsi a sfoghi individualistici che forse attirano commenti di momentanea solidarieta’, ma nient’altro. Ma vedo che non ci riesce nessuno, e’ molto piu’ facile lamentarsi e aspettare che siano gli altri a fare qualcosa. E intendiamoci su una cosa: pur essendo in certi casi piu’ accettabili le condizioni offerte da altri paesi, in tempi di crisi non e’ tutto rose e fiori nemmeno fuori dall’Italia.

    • cit. “e’ molto piu’ facile lamentarsi e aspettare che siano gli altri a fare qualcosa.” E’ evidente che non conosci la nostra situazione. Forse sarebbe meglio la conoscessi prima di sparare questo tipo di sentenze. Non sai che significa essere tagliati fuori perchè si hanno 32 anni… Io non ci dormo la notte quando penso che non potro’ avere figli per mancanza di lavoro. Beata te che non sai come si sta.

  14. Andrea Murru says:

    E’ da un paio di giorni che mi limito solo a leggere i commenti sul blog di Vito e noto, senza grande sorpresa, i commenti relativi alla mia frase “Il blog di Vito sta diventando il refugium pecatorum! Un minimo di dignità”.
    Rispondo.
    Sono in possesso anch’io di un titolo di studio. Importante? Meno importante?….non importa!. Fatto sta che grazie anche ad esso ho messo su una piccola impresa operante nel marketing del turismo e ora mi ritrovo a garantire lo stipendio a tre famiglie, compresa la mia. Mi sono ritrovato a vivere anch’io una vita da precario per ben 15 anni, deambulando da un ente all’altro, ma mai, ripeto mai, mi sono arreso dinanzi alle false promesse che gratuitamente mi venivano elargite dai dirigenti o chi per loro e mai ho pensato che mi fosse dovuta la stabilizzazione lavorativa in quel marasma che è l’ente pubblico. Non avendo una famiglia benestante alle spalle che mi potesse … si può dire spianare la strada?……..ho svolto mille lavori e nello stesso tempo la notte studiavo, da autodidatta, l’inglese e lo spagnolo, lingue necessarie per la mia attività lavorativa che mi portava e mi porta tuttora a lavorare all’estero. Ad un certo punto ho dato una svolta, ho fatto un’indagine di mercato e grazie a tanta caparbietà e tenacia mi sono creato un lavoro, dal nulla, ex novo. I momenti di difficoltà ci sono stati e tanti, ma mai mi sono perso d’animo, non fosse altro per le persone, le famiglie che credevano in me.
    Non sono stato lì a piangermi addosso, né ho manifestato il mio disagio sui blog, né ho cercato di condividere continuamente i miei insuccessi e la mia sfortuna con gli altri ma ho pnsato che la mia vita doveva cambiare!
    Non è stato semplice ma sono riuscito a spezzare, per lavoro, quel cordone ombelicale che mi teneva legato alla nostra bellissima terra dove però torno spesso e sempre con gioia, riuscendo a godere ancora di più, ogni volta, dei suoi profumi, sapori e colori e ovviamente della mia famiglia.
    Ciò che sto cercando di dire è che bisogna sentirsi non cittadini di Cagliari, non di Roma o Milano, non di Londra….. ma del mondo e provare, almeno provare ad aprire la propria mente alle varie opportunità che il mondo ci offre.
    A coloro che si sono risentiti per la mia frase dedico queste belle parole:

    “La nostra paura più grande
    La nostra paura più profonda non è quella di essere inadeguati.
    La nostra paura più grande è che noi siamo potenti al di là di ogni misura.
    E’ la nostra luce, non il nostro buio ciò che ci spaventa.
    Ci domandiamo: “Chi sono io per essere brillante, magnifico, pieno di talento, favoloso?”.
    In realtà, chi sei tu per non esserlo? Tu sei un figlio dell’Universo.
    Il tuo giocare a sminuirti non serve al mondo.
    Non c’è nulla di illuminato nel rimpicciolirsi in modo che gli
    altri non si sentano insicuri intorno a noi.
    Noi siamo fatti per risplendere come fanno i bambini.
    Noi siamo fatti per rendere manifesta la gloria dell’universo che è in noi : non solo in alcuni di noi, è in ognuno di noi.
    E quando permettiamo alla nostra luce di risplendere, noi, inconsciamente, diamo alle altre persone
    il permesso di fare la stessa cosa.
    Quando ci liberiamo dalle nostre paure, la nostra presenza automaticamente libera gli altri.”
    (Nelson Mandela)

    A testa alta, con dignità e sensibilità.
    Andrea Murru

    • Claudia says:

      Io ho scritto la lettera e ti assicuro che non mi sono risentita affatto per il tuo commento. Credo che non ci sia niente di male nel condividere un momento di sconforto e dare voce ad una generazione intera. Sicuramente anche tu hai notato che tra le righe, non tanto della mia lettera ma tra quelle delle risposte alla mia lettera, ci sono anche tantissime parole che infondono coraggio e speranza, un po’ come le tue. Forza e coraggio!

      • Andrea Murru says:

        Non c’è niente di male, e’ vero, nel condividere momenti di sconforto, ma mai estremizzare tanto da generare pietismo, cosa che si avverte nel leggere certi commenti.Dalle tue parole cio’ invece non traspare; ovviamente questa e’ la mia opinione. E per questo tu, cara Claudia, sarai una donna vincente! Non avere mai paura!

      • Guarda che questo è un disturbatore. E’ stato mandato qui da chi governa per dirci “Sì, è vero. Siete senza lavoro ma alla fine è sempre COLPA VOSTRA perchè NON AVETE VOGLIA DI FARE e non CREDETE IN VOI STESSI”.
        In pratica la sua funzione è quella di TROLLING: venire qua dire che lui “ce l’ha fatta” e farci sentire tutti dei FALLITI che NON MERITANO DI CAMPARE.
        Oramai questi discorsi li sento da sempre e ci ho fatto il callo.
        Tra l’altro vorrei chiedergli se hanno mai fatto quello che ho fatto io per 6 mesi A GRATIS, ossia:
        – fare la malta
        – spostare i suddetti secchi di malta su e giù da dei ponteggi a svariati metri di altezza
        – pulire le feci dei piccioni
        – il tutto all’ESTERNO e indipendentemente dalle condizioni ambientali ( sotto il sole, sotto l’acqua, al caldo e al freddo )
        – arrivando ogni sera a casa sporchi di qualunque cosa, con tagli e abrasioni di vario tipo.
        La verità è che questi non sanno cosa dire. Non hanno argomenti e non hanno nulla da insegnare. Gli è semplicemente andata bene. E’ come uno che ha vinto alla lotteria e spiega agli altri come fare per vincere. E’ inutile starli ad ascoltare. Ti diranno che Zuckerberg è diventato MILIARDARIO perchè ha CREDUTO IN SE’ STESSO ed AVEVA VOGLIA DI FARE. Ciò denota la loro IGNORANZA in un principio cardine di 1 cosa chiamata Economia: non possiamo vincere tutti contemporaneamente. Per ognuno che si arricchisce ci sono tanti altri che si impoveriscono. Non possiamo diventare tutti MILIARDARI ed avere SUCCESSO. Il mio SUCCESSO si fonda sull’INSUCCESSO altrui e viceversa.
        Tra l’altro se io devo arrangiarmi e non aspettarmi niente dallo STATO allora spiegatemi per quale motivo lo STATO si aspetta e PRETENDE che io paghi le tasse e rispetti le leggi?

    • Peppino says:

      Come confondere il particolare con l’universale, la propria vita con quella degli altri. Chiamasi edonismo reganiano, in italiano solipsismo. Atteggiamento perfettamente in sintonia con “le magnifiche sorti e progressive” che stiamo purtroppo vivendo.

      • Infatti per quanto condivisibile, lo sfogo e’ un po’ generico. Che siano i problemi di tutti e’ pacifico, ma certe volte e’ facile nascondere dietro la massa situazioni che nel dettaglio potrebbero avere ben altre spiegazioni. Choosy docet qualche volta.

  15. Io sono un fortunato che ha il lavoro. Beh, magari non è un gran lavoro ma mi pagano. La cosa che mi domando è: in una repubblica democratica fondata sul lavoro, a quale demente è venuto in mente di tassare il lavoro? Il nostro decadimento morale è divenuto decadenza economica.

  16. Sara (Cagliari) says:

    Come non condividere le parole di Claudia. Siamo anche uno dei pochi Paesi europei senza un reddito minimo garantito. Leggete qua: http://sumolentisardu.wordpress.com/2012/11/17/reddito-minimo-garantito-anche-in-sardegna-firma-la-petizione/

  17. Pingback: Ci scrive Claudia: “Il dramma di noi over 30, troppo vecchi per essere aiutati e troppo giovani per avere un lavoro…” | Informare per Resistere

  18. Supresidenti says:

    mi ricordo, berlusconi ci ha chiamato i “nutella boys”.

  19. Anonimo says:

    Indire un referendum?

  20. nonsivivedisoloamore says:

    Claudia, io ho 10 anni più di te e sono tornata in Sardegna dalle Americhe per “regalare” alla mia famiglia la vicinanza nonni- nipotino che altrimenti non si sarebbero praticamente conosciuti. Stra-qualificata, dopo 9 anni di sbattimenti senza mai un lavoro fisso e famiglia a carico ho ceduto le armi e mi sono trasferita all’estero. Un solo dato ti basti a capire perché l’Italia, non solo la sardegna, per me non ha futuro: 5 gg di ricerca per Istituto Nazionale italiano = 500 euro pagati dopo 6 mesi; 4 gg di ricerca per privato inglese= 4000 euro pagati in una settimana. Devo aggiungere altro?

  21. Kalaris says:

    Purtroppo per Claudia, e per tanti giovani come lei, le porte di ingresso al mondo del lavoro sono sbarrate da chi occupa posizioni di rendita e osteggia un sacrosanto ricambio generazionale e la valorizzazione di competenze innovative e specialistiche.
    Per esempio, le pubbliche amministrazioni prediligono le assunzioni avvenute con spada appoggiata sulla spalla che prescindono da qualunque competenza specialistica e funzionale alla propria missione istituzionale, con tanti saluti alla via maestra indicata dalla nostra Costituzione repubblicana, i concorsi pubblici, trasparenti e democraticamente aperti a tutti.
    Ogni riferimento alle vicende dell’Osservatorio economico srl è puramente casuale, visto che purtroppo non è l’unico caso.

    • a proposito di concorsi…
      l’Università di Cagliari stia facendo diversi concorsi ed io ho fatto domanda a 2 di questi.
      Stranamente per quello dove avevo maggiori competenze non sono stato ammesso per mancanza di requisiti, che stranamente invece avevo per l’altro concorso per il quale sinceramente non saprei neanche da dove iniziare…

    • Per caso lo stesso Osservatorio economico che fin quando è esistito ha assunto solo a chiamata diretta, in maniera totalmente discrezionale, foraggiato con soldi pubblici per fare studi del tutto inutili, che è stato assunto in massa alla Regione nonostante il proprio personale non avesse alcuna competenza in ambito amministrativo, in sfregio a un concorso per funzionari amministrativi bandito nel 2009 e mai tenutosi?
      E poi ci si lamenta delle corrutele clientelari e dell’inefficienza della pubblica amministrazione?
      Che strano…

  22. Concordo con Matteo, che esprime benissimo un concetto che è anche mio da anni.
    La generazione più colpita è quella del ’70-’80 (circa), colpita non tanto dalla crisi recente, ma da tutta una serie di politiche sbagliate portate avanti dalla generazione precedente alla nostra. Anche senza “la crisi”, noi saremo comunque nella stessa situazione.

    Ho 37 anni ed ho la fortuna di lavorare ininterrottamente da 13, con qualsiasi tipo di contratto (anche indeterminato) sia in Italia che all’Estero. Ho ancora altri 7 mesi di contratto (per fortuna) e dopo non si sa. La mia ragazza invece, anch’essa laureata, lavora con contrattini di mese in mese… insomma, una situazione purtroppo diventata normale per chiunque.
    Vorremmo costruire assieme, se non un futuro, almeno un presente e lo vorremmo fare a Cagliari, ma è davvero difficile.

    Dopo tante sofferenze e notti insonni ho deciso che di questa precarietà non me ne frega nulla! Che se voglio avere una famiglia la tirerò su anche lavorando 3 mesi all’anno, che se voglio vivere, vivrò lo stesso… in un modo o in un altro. Perché l’unico modo per salvarsi è non sentirsi schiavi di questa situazione (come cerco di spiegare, non senza difficoltà, alla mia ragazza).

    Poi c’è il discorso “estero”.
    Vedo che in molti abbiamo fatto questa esperienza e in molti la stanno ancora facendo.
    Nel 90% dei casi tutti riscontriamo un sistema del lavoro molto migliore del nostro, meritocrazia ed elasticità vera… non schiavismo, nepotismo e clientele come è da noi.
    Io oggi continuo a ricevere telefonate per offerte di lavoro all’estero, che a malincuore declino sempre… ma il pensiero di tornare al nord è sempre vivo, vivissimo direi.

    Sono dell’idea che oggi non ci sia ne la volontà ne tanto meno la capacità della nostra classe politica e manageriale di cambiare questa situazione.
    Perché il problema è che siamo governati da persone che non solo sono più interessati al mantenimento del loro potere che al bene comune, ma che, a mio giudizio, non hanno proprio la preparazione e le competenze per farci uscire da dove siamo finiti.

    Aggiungo infine che dispiace vedere che molte persone continuano a votare il politico che promette un aiuto personale in caso di elezione; finché staremo a questi ricatti vivremo sempre col culo per terra.

  23. Anonimo says:

    ciao vito,scusa se non non mi presento con il mio nome , forse questa notizia non la troverai sui quotidiani sardi oggi 15-11-12. dentro l’ospedale s,s, trinita’ hanno messo fuoco a due macchine , e non e’ la prima volta , per non parlare dei furti , e del traffico incasinato, domanda :gli ospedali della citta’ di cagliari sono sicuri? la vigilanza dove? e se c’e’ fanno il propri dovere? vedi tu se ne vuoi parlare nel tuo blog

  24. matteo says:

    Cara Claudia, tempo fa scrissi a Vito e lui pubblicò il mio intervento. Sono in Olanda, ho 32 anni e finalmente inizio a sentirmi realizzato. Ti capisco benissimo, siamo come quei computer appena comprati, pieni di aggiornamenti, con tutti gli ultimi programmi, ma che sono già vecchi, perché è pieno di altri computer, magari con meno aggiornamenti, ma che costano meno e sono più sfruttabili.
    Purtroppo la mia disillusione mi ha portato a chiudere le orecchie di fronte ai discorsi ”dobbiamo restare, se no chi cambia le cose?” e sai perché? Perché chi lo dice, troppo spesso, sono persone con il culo al caldo o, ancora peggio, persone che hanno interesse alla nostra permanenza così da mantenerci come termine di paragone per sentirsi affermati. Non mollare, ma non nel senso di non mollare la Sardegna, ma di non mollare tu in quanto persona. Il mondo è grande, ci sono un sacco di posti e non si vive di solo sole per poi, magari, avere il fegato ammorbato.
    Io sarei voluto essere un giornalista, ma quando mi sarei potuto iscrivere al corso di specializzazione non avevo i titoli e quanfo ho avuto i titoli ho scoperto il limite di età a 27 anni. Sai qual è la verità? La generazione ’70-’80 è stata tutta presa per il culo e lo sapevano dall’inizio che le cose sarebbero andate così perché sono loro stessi ad aver creato ad arte queste dinamiche. Loro chi? I nostri genitori, non i nostri miei e tuoi, ma le generazioni che ci hanno preceduto, quelle dei baby pensionamenti, quelle che adesso siedono in Parlamento, quelle che comandano in qualsiasi azienda o settore pubblico. Ne ho conosciuti diversi l’anno passato da animatore in un hotel e ti garantisco che non c’è speranza: appena abbandonano la presa si sentono morti, non hanno altro nella vita a parte l’occupazione del posto di potere e non lo mollerebbero mai, pensa sentirsi morti.
    È una triste realtà, ma bisogna essere realisti e pensare alla propria felicità che, per me, non era in sardegna e chissà se lo sarà mai.
    In bocca al lupo.

    • Anonimo says:

      Sottoscrivo ogni singola parola, anche io ho abbandonato la Sardegna per non abbandonare me stesso.

    • Anonimo says:

      Ho 29 anni, dopo la laurea in Filosofia, non ho trovato uno straccio di stage, tirocinio, lavoro di nessun tipo. Certo, la mia laurea non aiuta..ma al tempo avevo 25 anni. Mi sono trasferita in Toscana per motivi personali..ma ..niente. Annunci che pretendono di avere eta’ giusta, esperienza pregressa, conoscenze delle lingue perfette. Tutte le regioni sono uguali se non conosci nessuno.

    • Claudia says:

      Fuggire, fuggo sicuramente. Su questo non ci sono dubbi. Ma prima o poi qualcuno dovrebbe fare una bella class action contro il parlamento intero per tutte le leggi che sono discriminanti. Vogliamo stare dietro all’UE, all’ONU etc, tanto che sembra che se non lo facciamo tutto potrebbe andare a rotoli? E allora adeguiamoci anche in termini di normativa del lavoro.

  25. anzi…a volte vogliono l’impossibile…un neo laureato/diplomato ( per poter essere assunto in contratti piu’ leggeri per le aziende tipo l’ apprendistato) PERO’ CON ESPERIENZA (quando abbiano potuto farsi l’esperienza i ragazzi che fino a ieri studiavano e davano esami non si sa). é un controsenso. Ma perdere del tempo a formare una persona per la ditta è tempo prezioso. Dalle mia parti si dice che si vuole uovo, gallina e culo caldo (tutto in uno)

  26. Reblogged this on Io, Valentina and commented:
    Leggo, approvo e sottoscrivo quello che scrive Claudia, e anch’io mi domando, se qualcuno si accorge di noi, prima di dire che siamo bamboccioni e che non vogliamo più fare figli.

  27. Anonimo says:

    piena solidarietà…..perchè anche io sono da quando ho 35 anni che mi sento dire ai colloqui di lavoro che non sono adatta ma troppo competente in alcuni casi oppure troppo vecchia ora…….bene anche io nonostante sappia l’inglese perfettamente ( ho studiato in america per 5 anni ) un bel pò di tedesco ( mia madre lo è )…..non riesco a vivere per quel che ho studiato tanto….e nonostante mi sia adattata nel campo del turismo…sono una precaria da 22 anni……nonostante abbiamo la forza ,energia,competenza e professionalità,ci ritroviamo con il solito dilemma come quando si aveva 18 anni ( anni in cui ho lasciato casa dei miei genitori) per andare a migliorarmi…..non si riesce ad avere una propria identità lavorativa,professionale ed in ultimo economica…..nel posto dove vivi….mah !!!

  28. zunkbuster says:

    Cos’era il liberalismo secondo Luigi Einaudi, non secondo Che Guevara? UGUAGLIANZA DELLE BASI DI PARTENZA, ciò che sta scritto nell’articolo 3 della nostra Costituzione. Con tanti sepolcri imbiancati che si ammantano di liberalismo di comodo, che poi diventa protezionismo e corporativismo quando ci sono da difendere le famose “rendite di posizione” (spero che Renzi si riferisca a queste, dato che è un tormentone del suo argomentare), questa condizione non si realizza mai. Chi ha talento e voglia di lavorare a 20 come a 50 anni o perfino oltre deve avere i mezzi per concorrere alla pari con chiunque si trovi nella sua condizione. Chissà perché nella spesso vituperata America, dove pure sul terreno dello Stato sociale si combatteva da 70 anni per avere una riforma sanitaria decente (c’è riuscito Barack Obama, non senza correre rischi), sembra che però queste condizioni si realizzino maggiormente. Temo che l’Italia abbia davvero bisogno di una “rivoluzione gentile” (pacifica e senz’armi, ma facciamola davvero), perché l’impressione è che secoli di feudalesimo, di corporativismo e di particolarismi, che frenano la semplice idea della meritocrazia per non parlare della sua attuazione pratica, siano sopravvissuti fino ad oggi, appena appena coperti da sottili patine di sovrastrutture politiche friabili. Ognuno dovrebbe davvero valere uno, ma non nel senso grillino dove l’uno è solo Grillo (o forse Casaleggio).

    • Sai Zunk, la generazione degli anni 70-80 di cui anche io faccio parte è eterogenea anche per precarietà: ci sono finte partite iva, precari con contratti a tempo determinato, lavoratori in nero, e sempre di più gente che fa di tutto per sopravvivere, sapendo però che non c’è un futuro e il tempo passa. Come si fa una rivoluzione gentile? Io sono semplicemente stanca, dormo per non pensare, vorrei andarmene da casa da quando avevo 18 anni e non ho potuto ancora farlo e in vita mia non ho fatto che lavorare. Il punto è che noi siamo tanti ma non esistiamo, siamo la categoria fantasma, nessun sindacato ci rappresenta e non abbiamo nessun diritto.

  29. Quanto ti capisco. Sono scappata con mio marito, e questa è la ragione principale! Ora siamo a Londra e qui l’età non conta. Nessuno mai te la chiede, tanto meno ti chiedono se hai intenzione di avere figli.
    Sarà dura che qualcosa possa cambiare a breve in Italia, molto dura. Proseguiranno forse con i soliti contentini ma ci sono leggi da rivedere e rifare.
    Si salvi chi può!

  30. Spartaco says:

    Ci sono diverse cose che si possono proporre. Essendo consapevoli però che per ottenerle servirà una lotta dura e senza quartiere. Alcune cose si potrebbero fare anche da subito, per altre è necessario innescare una vera e propria rivoluzione culturale. Il primo passo è l’abolizione anche retroattiva del valore legale dei titoli di studio. Non è la laurea (spesso ottenuta con facili scorciatoie) a determinare il valore della persona, ma quello che sai e quello che sai fare. Concorsi con esame per qualunque impiego e vedrai quanti ignoranti con la laurea salteranno fuori e quanti finora esclusi faranno la figura dei geni. Subito dopo bisognerà far fare un passo indietro alla tecnica (filosoficamente intesa alla Umberto Galimberti) per dare un senso diverso al lavoro ( e sul senso del lavoro è la sinistra che deve fare la maggiore autocritica ), considerando che d’ora in poi se si vuole evitare il definitivo collasso del pianeta è assolutamente inderogabile rinunciare alla crescita costante e infinita (che mica poi ci riescono se non con l’innalzamento, questo sì costante, dei servi della gleba). E per impiegare in tutti i settori più lavoratori di quelli considerati indispensabili alla produttività, e quindi agli interessi del capitale finanziario, si dovranno sviluppare le tesi che ai più sembrano parolacce ma che qualcuno deve pure trovare il coraggio di dire: meno macchine più uomini, più lavorazione manuale e meno catene di montaggio, meno profitti per le imprese, meno libero mercato, ritorno alla produzione agricola non intensiva per coprire il fabbisogno interno, eliminazione delle intermediazioni, declassamento d’imperio del debito pubblico, nazionalizzazione delle banche e delle imprese strategiche, obbligo per le gerarchie cattoliche di risiedere a scadenze cinquantennali negli stati esteri che si definiscono cattolici e non condizionare così solo la cultura e la politica italiane, eliminazione dei contributi pubblici a scuole e università private, nazionalizzazione di autostrade, ferrovie e linee di navigazione, separazione tra politica e gestione del denaro pubblico ecc ecc ecc. Certo che sembra di vole r cancellare con un tratto di penna gli anni 80 e 90 e la distruzione fisica e morale che hanno prodotto, ma delle due l’una, come direbbe Capanna, o trovate in voi i motivi per fare la rivoluzione, anche in piccolo o solo in voi stessi, o si morirà lucidando le catene che alcuni hanno imposto e ancora imporranno a tutti gli uomini.

  31. Giuseppe Corongiu says:

    Non so se la solidarietà può bastare o è solo un atto formale. Che non costa niente. Penso che ognuno di noi abbia il diritto di lottare per non soccombere. E troppi sardi stanno soccombendo. So cosa vuol dire essere precario e col tempo ho cercato di metterci una pezza, senza rinunciare ai sogni (grazie Emma per le tue commoventi parole). Mi dispiace tanto leggere queste testimonianze e penso a mio figlio. In che mondo vivrà? Anche in un mondo peggiore di quello che ho conosciuto io? Credo però che partire non valga la pena. Bisogna restare in Sardegna e lottare perchè questa realtà di figli di papa e accozzati sia spazzata via da chi merita. E’ una guerra e le guerre, si sa, non sono ne facili né pulite. Io che sono fortunato (ma la mia fortuna me la sono dovuta sudare) posso solo cercare di fare bene il mio lavoro per alleviare i problemi di altri. Grazie Claudia per avre condiviso il tuo dramma personale. Ci fai crescere tutti in civiltà e senso comunitario.

    • Claudia says:

      Sei coraggioso. Io forse non lo sono altrettanto. Ho pensato, nel mio piccolo, di poter tornare e contribuire alla battaglia. Ma la battaglia mi sta svuotando e svilendo e se voglio sopravvivere devo andare via.

  32. efisio erriu says:

    Mai parole furono più giuste, mai sentimenti più condivisi.
    Comprensione infinita, perché c’è bisogno anche di quello visto che (una cosa che non dici e spero non ti capiti) neanche i familiari riescono a capire quale stato d’animo si viva in questo momento a questa età: siamo incazzati sì, ma non vogliamo compassione, avremmo commesso errori sì ma non quello di non investire in noi stessi a costo… di rimanere fuori dai giri sporchi di questo paese.

    E i conti non tornano, sicuro per i nostri mille errori, ma forse anche perchè è questo paese che non è del tutto dritto.

    L’unica cosa che mi lascia un lumicino di speranza e di forza per andare avanti è che henry ford a 40 anni cambiò vita e decise di fondare la Ford… forse a questa età non siamo cotti come vogliono farci credere, anzi potremmo avere la forza di rovesciare il tavolo di comando e sederci noi lì a far funzionare le cose finalmente come si deve.
    Sembra un discorso di Renzi, ma sono stato contatto con tanti manager e di fronte a cotanto senno chissà perchè ad avere paura erano sempre loro e non io…

    Auguri a Claudia (brava nel risollevare le nostre coscienze e il nostro spirito d’orgoglio), auguri a tutti noi, ci sarà prima o poi una resa dei conti e allora chi ha preso schiaffi per anni sarà più forte di chi ha preso un calcio in culo una volta nella vita.

  33. Francesco Sechi says:

    Gentile Claudia la risposta alle sue domande è semplicissima si chiama “meritocrazia” che in Italia è una parola semisconosciuta. In italia si ragiona in termini di “politiche dell’occupazione” anziché in termini di “politiche del lavoro”. Ciò significa che i lavoratori sono tutti uguali e tutti bravi per cui quel che conta è il numero di occupati, punto e basta. Non esistono i lavoratori bravi e quelli inetti si fa peccato solo a pensarlo. Ci pensi un attimo, l’indicatore che viene utilizzato con maggiore frequenza per valutare il lavoro di un lavoratore è il “tempo” le “ore lavorate”, 35 ore, 24 ore, 18 ore, straordinari, etc. Ma quando mai il lavoro si misura in tempo? Il risultato è che ci sono posti di lavoro occupati da persone inette e persone competenti disoccupate. Comunque non si rassegni e continui a migliorare le sue competenze.

    • Enrico says:

      La più grande riforma del lavoro forse potrebbe essere la riforma dei sindacati. Il sindacato italiano è una delle più grandi cause di arretratezza del nostro mercato del lavoro. Una lobby molto potente che pensa solo a perpetrarsi. Avversari della meritocrazia, contro i lavoratori e a favore del posto di lavoro (una follia).

  34. Pruppugiudeu says:

    Stavo per andare a dormire quando la mia compagna Marybonny mi ha chiamato per segnalarmi il tuo post sul blog di Vito. Stavo per andare a dormire perchè il sonno per quanto agitato e discontinuo rappresenta un momento di pausa. E’ triste quando si è giovani o meno giovani,ma comunque in forza per sentirsi ancora in grado di dare e di ricevere; constatare che non hai nulla da dare e tantomeno nulla da ricevere. Ci sono dei momenti, come quello che sto vivendo, in cui vorresti sparire dalla vita pubblica e rifugiarti in una sorta di liquido amniotico che ti avvolga e protegga. Ma quando vieni al mondo e soprattutto in questo mondo, non ti è concesso di rifugiarti in un cantuccio, ignorato da tutto e da tutti, in attesa che passi il periodo brutto. La vita ti richiama prepotentemente e non è una vita sociale fatta di realzioni con i tuoi simili, è una vita FISCALE fatta di codici, di numeri, di bollette da pagare, una vita in cui la tua persona diventa un numero perchè qualcuno ha deciso cihe quel NUMERO deve essere semplicemente un NUMERO da cui attingere il massimo possibile … e si spera che nessuno prema il tasto DELETE. Un abbraccio Forte , FORTISSIMO Claudia !!

    • Anonimo says:

      Il blog di Vito sta diventando il refugium pecatorum! Un minimo di dignità.

      • Pruppugiudeu says:

        Anonimo , vorrei saper cosa intendi per dignità. Appartengo ad un ordine professionale che ha fatto dell’ Aggiornamento Professionale Obbligatorio un suo cavallo di battaglia. E nel “Manifesto” dell’Aggiornamennto Professionale Obbligatorio si legge che esso è stato istituito per tutelare la figura del professionista che per la sua dignità professionale esso è tenuto a frequentare i corsi , spesso a pagamento, che gli consentano di mantenere alto l’onore e il decoro. Mi chiedo quale onore e decoro ci può essere se ti manca il lavoro. Anonimo prima di parlare di dignità firmati come ho fatto io usando uno pseudonimo che è noto a tutti e tutti sanno chi sono. Dall’utilizzo di latinismi presumo che sia anche una persona di una certa cultura, inversamente proporzionale alla tua sensibilità. La prossima volta firmati almeno il confronto dialettico può essere alla pari. A testa alta e con Dignità! Alberto Murtas.

      • Anonimo, vogliamo scambiarci un pochino i posti??? vieni a stare nei miei panni o delle altre persone che qui hanno scritto, poi vediamo se ti lamenti o se parli di dignità: fra l’altro spiegami cosa c’entra la dignità con tutto questo, Io non ritengo di averla mai persa, e non l’ha persa nessuna delle persone che racconta l’esperienza terribile di avere 40 anni ed essere precario. Prova a non avere uno stipendio fisso e poi ne riparliamo.

    • Claudia says:

      Liquido amniotico? Beh, consolati Pruppugiudeu. A volte penso che vorrei essere sotto morfina, per avere quell’effetto di stordimento che non ti permette di pensare, e svegliarmi quando tutto è passato.

  35. Già qualche anno fa la sensazione era quella di essere “sfigati” : troppo giovani e/o istruiti per alcune misure di sostegno, troppo vecchi per alcuni tipi di contratti, con troppa poca disoccupazione perchè nel frattempo si era accettato di tutto, ma soprattutto con la carica vitale ridotta al lumicino.
    Mi sembra che i nostri fratelli minori, almeno, abbiano imparato la lezione e si comportino diversamente da noi, 35-45 enni colpiti in pieno da un rimescolamento di carte che non abbiamo saputo vedere in tempo, o non abbiamo interpretato correttamente. Certo è che i “decisori” politici ne sanno molto meno di noi, primo perchè vista l’età e la provenienza sociale ed ecomomica non hanno mai sperimentato quello di cui spesso straparlano; e secondo perchè non hanno, tuttora, alcun progetto globale per fare ripartire l’Italia con le ottime risorse che ci sono, continuando a tamponare con un incentivo di qua e uno di là, che inevitabilmente ogni volta lasciano fuori qualcuno.
    Io ho visto anche qualche caso felice, ma sono pochi e comunque segnati da lunghissime precarietà; nel frattempo il rischio è di dimenticarsi, stritolati dalle difficoltà pratiche e psicologiche,anche, che il tempo scorre e ci sono anche altre cose da fare, realizzare, concretizzare. Anche di questo, purtroppo, vediamo e vedremo gli effetti.

  36. Siamo la generazione a cui veniva detto di studiare per trovare un lavoro..

  37. i bandi sono scritti senza considerare la reale situazione lavorativa sarda. Se qualsiasi bando per idee innovative, europeando, vari ed eventuali mettono il limite a 35 anni. Non hanno capito che stanno mettendo contro le generazioni. E se uno di 40 avesse le capacità di creare un’azienda che funzioni, assumendo persone, facendo girare davvero l’economia?

  38. Cara Claudia, io e il mio compagno viviamo la tua stessa situazione, io ho 36 anni dopo un anno di tirocinio nel settore pubblico , dove ho capito che non c’era trippa per gatti, mi sono buttata sul privato,e mi hanno sfruttato per anni,stavo lavoravo una media di 50 ore alla settimana in nero per un picco di 800 euro al mese, il mio primo stipendio è stato di 300 euro! Letteralmente mi stavo esaurendo, ci pagavo a malapena le spese. ora ho mollato, ho ritrovato un pò di serenità, ma sono senza soldi da agosto, mentre il mio compagno ha lavorato 12 anni per un ente aspettando di anno in anno di essere stabilizzato, costretto ovviamente ad aprirsi la partita iva con tutto quello che comporta. Questo argomento è ovviamente il nostro argomento principale di conversazione, e non solo ci toglie la speranza, ci toglie proprio la voglia di vivere, di stare in mezzo ad altri esseri umani. Dobbiamo sforzarci di non pensare per non impazzire. Le nostre lauree erano “buone” Una laurea in ingegneria e una in geologia, anni di studio e di grandi sacrifici, e ora non esistiamo, se non per pagare le tasse.Tutti mi chiedono come mai non parto, la risposta è semplice, io amo tantissimo la mia terra, i miei genitori sono vecchi e avrei voluto aiutarli io, non parlo l’inglese, la mia vita i miei amici, il mio mondo sono qui. Pensavo che potesse essere mio diritto stare qui, evidentemente choosy significa anche questo: fai una valigia e parti

    • 50enne says:

      Non è che bisogna per forza lavorare negli enti pubblici eh..e poi che vuol dire “stabilizzato”, di solito nel settore pubblico si entra per concorso, altrimenti continuamo con la solita tiritera degli amici degli amici, di destra e di sinistra..
      Sei ingegnere ambientale per caso? Comunque auguri, si puo’ anche partire perchè no, chi ha una laurea ‘importante’ è giusto che sia “choosy”, se no che ha studiato a fare, deve essere valorizzato, la tua è una laurea importante non è vero?

  39. Claudia says:

    Grazie a tutti. Davvero. Almeno sapere che ci sono altri che si sentono come me mi fa sentire compresa. Non meglio, ma compresa. Sono sfinita e avvilita.

  40. gentarrubia says:

    Io parto in Cile, con moglie figlio e due dottorati (uno per me e uno per lei).
    Anche noi nell’età della sfiga.
    Dai Sette Fratelli alle Ande, senza valigia di cartone, ma poco ci manca.
    Partiamo con poche certezze, se non che li le possibilità nel mondo accademico e della ricerca sono incomparabilmente superiori a qua, qua Sardegna ma anche qua Italia.
    Un medico, a cui abbiamo commentato la cosa, ci ha detto “Vi trasferite in Cile?!! Siamo proprio messi male qua…”. E infatti…

    PS: è molto articolata come domanda, ma può essere un interessante spunto da proporre a Miguel Gotor.

    • gentarrubia says:

      come domanda intendo quella con cui chiude il post Claudia…

      • Claudia says:

        Beh, anche a me hanno suggerito il Cile. Dottorato in mano e via.

    • Complimenti! E’ ciò che abbiamo fatto io e mio marito. Non in Cile però, siamo a Londra, per ora. Passate per il mio blog, in bocca al lupo per tutto!

    • Ipazia says:

      Puoi darmi qualche indicazione per il Cile? È il paese nel quale vorrei trasferirmi anche io perché qui non è’ più possibile continuare…

  41. Alexandra Porcu says:

    Cara Claudia. Hai troppo ragione e capisco benissimo il tuo discorso. Ma sinceramente, non so se qui si tratta di un problema italiano. Anche in Germania (sono figlia di emigrati e di Berlino), la situazione per questa età, non è migliore, anche se presumo che gli aiuti dallo stato tedesco siano più forti. Ma se uno si laurea tardi, se si laurea nella materia “sbagliata”, se sei donna e non hai lavorato per anni ecc. anche qui è un problema grave per quanto riguarda trovarlo e anche per il compenso. Sinceramente guadagnavo il doppio da cameriera per sostenere gli studi, di quello che poi ho guadagnato come laureata. Tieni duro. Grazie di questa lettera e tanti saluti.

    • Claudia says:

      Beh… io mi sono laureata prestissimo, in una materia che credevo ottima. E ho proseguito gli studi e li ho arricchiti di esperienze lavorative importanti. Grazie per l’incoraggiamento!

  42. Cara Claudia, mi vedo in te e per la prima volta trovo il coraggio di esprimermi “pubblicamente”. Io ho 38 anni, non ho un lavoro da quasi 3. Aspetto un figlio, perchè sai, dicono che ai sogni non possiamo, non dobbiamo rinunciare. Io e il mio compagno (42 anni) viviamo (si fa per dire) con 980€ al mese che lui porta a casa grazie ad un contratto di lavoro di 12 mesi (wow!). Eppure siamo felici di aver scelto di tentare lo stesso, che pazzi, vero? Vogliamo proprio “provocarla” questa vita. Cosi’, per vedere l’effetto che fa.

  43. straniera says:

    Io sono nella stessa situazione di Claudia e per di più sono anche più vecchia. Ho vissuto prima a Parigi, e poi a Londra per ben 13 anni. Ora, nonostante la mia ottima conoscenza dell’inglese e del francese (più una laurea in lingue) e tantissime esperienze di lavoro, mi ritrovo a 40 anni suonati e non trovare uno straccio di lavoro. Ovviamente tutti mi chiedono: ma perché sei tornata? E io mi dico che hanno sì ragione, ma allo stesso tempo mi dico: ma perché proprio io che mi sono formata, ho fatto esperienza non ho il “diritto” di tornare nella mia terra e sperare in uno straccio di lavoro? Mi è stato detto che ho “troppa esperienza”, che il mio CV “spaventa”, insomma faccio parte di quella categoria che Claudia definisce “sfigata” e che non sa più dove sbattere la testa. Aggiungiamo pure che ho una figlia e quindi sono una rompipalle che non si sa mai che chieda i permessi per motivi famigliari e siamo a cavallo. Sono stata una delle 3 candidate prescelte per il secondo colloquio con il CTM (per il famoso lavoro in cui si chiedeva ai laureati di astenersi – poi corretto), e la prima domanda che mi hanno fatto è stata: – Lei è sposata? Ha figli?. Ecco come va l’Italia, e ancor peggio la Sardegna.

    • Claudia says:

      Beh è considerato folle voler tornare nella propria terra, e contribuire al suo sviluppo e al suo progresso. Siamo formati per poi essere gentilmente ceduti a Paesi che ci sanno apprezzare. Uno spreco di risorse immane per lasciare il Paese in mano ai soliti.

  44. Andrea Ibba Monni says:

    Pelle d’oca. Solidarietà.

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