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Massimo Cellino, il “padrone” con tanti servi: nel centrodestra isolano e nelle redazioni di giornali e tv

Tutt’Italia parla della figuraccia di Quartu. I giornali nazionali sono scatenati. Sul Corriere della Sera Massimo De Luca stigmatizza “la sfida addirittura allo Stato lanciata da un delirante comunicato di Cellino”, “un episodio di tale gravità da lasciare sconcertato anche chi da anni è abituato ai suoi colpi di testa”.

Repubblica è senza pietà.  Per Fabrizio Bocca “al Cagliari e a Cellino doveva essere imposto l’alt ben prima che cominciasse il campionato”; Massimo Mauro parla della “vergogna di Cagliari; per Fulvio Bianchi quello di Cellino è un “atto senza precedenti, con il rischio di gravi sanzioni sportive e anche risvolti penali”.

Secondo Maurizio Crosetti invece, il presidente del Cagliari è un “padrone”: “Alzi la mano chi sa trovare un termine più moderno, più efficace e più esatto”, scrive nel suo articolo dal titolo “Cellino, l’arroganza al potere”.

Ma non c’è padrone senza servi. E questi, umilmente, vorremmo indicarli noi.

Il centrodestra sardo ha consentito in questi anni a Cellino di fare e disfare tutto a proprio piacimento. Ogni cosa è stata consentita al presidente del Cagliari. Che ricambiava la cortesia offrendo sponda mediatica agli onorevoli di turno, sempre al fianco (quando serviva) al presidente in tribuna al Sant’Elia. Sempre pronti i politici di centrodestra a sopportare qualunque cosa pur di non disturbare il presidente. E di favorirlo in tutto e per tutto, sia nella folle avventura di Elmas che nella finora delirante esperienza di Quartu. Concepita dal Pdl soprattutto per dare una lezione al nuovo sindaco di Cagliari.

Perché solo Massimo Zedda ha osato dire no al presidente del Cagliari. Che prima ha blandito, poi insultato il “sindaco ragazzino”. Facendo però male i suoi conti. Dopo aver messo in croce l’amministrazione Floris e quella di Elmas guidata dal sindaco Piscedda, Cellino pensava di ottenere il Sant’Elia gratuitamente, magari scatenando due o tre campagne-stampa killer.

Perché in questi anni i maggiori organi di informazione isolani hanno assecondato Cellino in ogni modo, tappando occhi, orecchi e bocca davanti alle imprese più sconcertanti di questo presidente. Mai un’inchiesta, mai un approccio critico. Solo lodi, applausi e (quando le cose si mettevano male) opportune giustificazioni.

Nemmeno ieri si è letto niente, quando l’incredibile decisione del prefetto Balsamo di impedire la gara del Cagliari con la Roma poteva consentire alle maggiori firme del nostro giornalismo di formulare un giudizio severo. E invece no: la solita lagna, le solite giustificazioni, la solita patetica tiritera fatta di frasi fatte, di sotterranee complicità con un presidente che negli anni ha saputo punire chi non raccontava la realtà come lui avrebbe voluto, e premiare invece chi dispensava ai tifosi la “sua” verità.

Poche volte nella mia vita ho provato vergogna per dei miei colleghi come quando ho partecipato ad alcune conferenze stampa del Cagliari ad Assemini. Ma io d’altra parte non ho mai volato in trasferta con la squadra, né ho mai assistito alla partita affianco al presidente.

La vicenda di Is Arenas è stato il culmine sconcertante di questa assoluta mancanza di approccio critico da parte dei nostri maggiori organi di informazione: ora improvvisamente la stampa nazionale si accorge che lo stadio è inadeguato, ma ai cronisti autoctoni sarebbe bastata una visita al cantiere quartese per rendersene conto. Cellino però rassicurava tutti. E per i giornali e le tv, più adusi a fare da megafono al potere che non a raccontare quello che si può vedere con i propri occhi, le parole false e bugiarde del presidente bastavano e avanzavano.

“Con il mio invito ho evitato il caos, ho solo difeso i sardi” dice ora pateticamente Cellino, cercando di schivare la valanga di merda che meritatamente lo sta sommergendo. Ma state pur certi che nei giornali in edicola stamattina ci sarà pure qualcuno capace ancora di ascoltarlo, di comprenderlo, di giustificarlo, di dire che “è una sconfitta di tutti”. Perché non c’è padrone senza servi.

Il Cagliari quasi sicuramente perderà a tavolino la gara con la Roma e giocherà a Trieste la prossima gara interna con il Pescara. Con quale stato d’animo la squadra stia affrontando questa tempesta provocata dal suo presidente (in questi giorni rifugiatosi a Miami; peraltro cosa ci farà mai a Miami? Ma non c’è qualche grande giornale che c’abbia la curiosità di capire che cosa combina in Florida Massimo Cellino?) ce lo possiamo solo immaginare. Le vere vittime di questa situazione sono innanzitutto i giocatori.

Questa vicenda rappresenterà il punto di non ritorno? L’era Cellino volge al termine? Chissà. Per il Cagliari è appena iniziata una stagione travagliata, durissima. E la questione dello stadio avvelenerà i rapporti tra le istituzioni, e tra le istituzioni e i cittadini.

Una cosa è certa: se l’obiettivo del sindaco Contini era quello di ospitare il Cagliari a Is Arenas per far conoscere il nome di Quartu in tutt’Italia, possiamo dire che il risultato è stato raggiunto. Pienamente.

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161 Comments

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  2. Stefano reloaded says:

    Ma un articolo titolato “Cosa vi avevo detto che Cellino incasinava anche Quartu!?”, non lo scrivi?
    (il commento l’ho messo qui non a caso)

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  4. Vito Biolchini says:

    Cellino ha tenuto fuori dallo stadio di Quartu un giornalista della Gazzetta dello Sport! “Non abbiamo fatto gli articoli-ovazioni che gli piacerebbe sentire”, dice il direttore Andrea Monti. Cose che capitano. Solo a Cagliari, però.
    http://www.tuttocagliari.net/?action=read&idnotizia=16413

  5. casteddaiu69 says:

    Leggo sull’Unione di giovedi 27 che la Procura di Cagliari ha aperto un’indagine, per ora contro ignoti, su eventuali irregolarità legate alle autorizzazioni concesse per l’edificazione dello stadio, sulla provenienza dei fondi spesi e su eventuali violazioni delle leggi urbanistiche e di quelle poste a tutela dell’area protetta di Molentargius.
    Insomma, l’incubo continua, per Cellino, per il Cagliari e per noi tifosi.
    Questa storia non finirà mai!!!!!!!

  6. Gentile professor Campus,
    certo che non può replicare, ci mancherebbe, però io sì!
    Lo faccio brevemente (così faccio stramazzare tutti!).
    Le sue suggestioni sono incredibilmente coinvolgenti (e le assicuro che nelle mie parole non c’è ironia o sarcasmo; per me sono sbagliate, per quanto possono esserlo le suggestioni, ma intriganti lo sono di certo) però si resta sempre nel vago, nel non detto da intuire perché bisogna stringere le ginocchia e non far scappare lo stallone al galoppo (che altrimenti si spaventa). Se però si scende sul pratico (visto che non sono un grammatico): che vuol fare di Casteddu? Se lo dice o no? E con quali soldi? (Le rammento che «Boh!» non vale, anche se ci prova).
    Personalmente pendo dalle sue labbra e deve darmi atto che sono il responsabile delle sue risposte, per questo ha un qualche debito nei suoi confronti (non nei miei). Si risponda! (Se non si risponde le illustro la mia teoria sulle somiglianze tra la Sardegna e l’Isola di Pasqua: attento, eh!)
    Cordialmente,

    • Visto che insiste in questo drammatico esercizio di provocazione (nei confronti della pazienza di tutti quanti, eccetto il sottoscritto), le dirò di avere ancora in mente la teoria dei poli di sviluppo, che tanta parte ebbe nella formazione dei programmi di industrializzazione forzata di prevalente ambito petrolchimico, a cavallo fra gli anni ’60 e 70.
      François Perroux aveva teorizzato qualcosa che poi non avvenne: una seconda fase di diffusione degli effetti di crescita strutturale, dopo una prima fase di concentrazione.
      Bene, io credo che la Sardegna abbia mancato quest’obiettivo per una precisa ragione: non tanto la forzatura indotta nella fase di concentrazione, quanto la scelta di un “tema” industriale, come quello della petrolchimica, intrinsecamente portato ad essere eterodiretto: in estrema sintesi, la programmazione “polare” si basava su un’apertura clamorosamente viziata da prospettive di sottosviluppo.
      Questo, e non altro, è il vero nemico della Sardegna: uno sviluppo subalterno, indifferente alle risorse locali, e del tutto disinteressato rispetto a ipotesi di radicamento. Detto in termini quotidiani: “altro che matrimonio e famiglia, meglio una botta, e via…”. Con ciò la Sardegna ha passato decenni a tentare di abbellire la sposa, come in un film di Pupi Avati, ricevendo in cambio ciò che è facile intuire, anche in senso biblico…
      Da questo io derivo la mia opinione sulla necessità di valutare con estrema attenzione chi e dove siamo.
      Lei insiste nel tentativo di farmi dire a tutti i costi la parola magica “manifattura”; non mi spaventa tale affermazione, ma il fatto che a tale termine non si accompagni quello di “distretto”, ormai inevitabile, come ci ha fatto presente anche il recente terremoto emiliano.
      Che “sistema produttivo” si può pensare per Cagliari? Inevitabilmente, quello che vede presente una concentrazione di una mezza milionata di persone nel bel mezzo di un deserto, come quello che circonda l’area “metropolitana”: tutte le funzioni tecniche e amministrative, tutte le produzioni di primo consumo, tutti (e solo) i prodotti ad alto valore aggiunto in grado di poter essere trasferiti economicamente sul mercato globale. Per il resto, logistica, per chi ne abbia bisogno; anche qui, purtroppo, non siamo soli, come insegna il Porto Canale.
      E la Saras?
      La Saras non ci fila neppure, anche se non è nelle mani di Marchionne; secondo me, è un mero episodio “fiscale”, e come tale deve essere gestito. Se diventasse il laboratorio dell’integrazione energetica (il nostro modo di cogenerare nel modo più complesso possibile), allora potremmo riparlarne.
      Cosa ci vuole?

  7. Anonimo says:

    chissa’ perche chissa ‘per come ora il cagliari calcio puo’ fare entrare i suoi tifosi,chissa cosa e successo in 7 giorni,? c’e’ voluto il casino che giustamente ha fatto cellino,per colpa del prefetto balsamo e della sua fantasia vedeva un enorme massa di pubblico che domenica scorsa entrava dentro lo stadio is arenas?????e per colpa della sua fantasia il cagliari perde a tavolino 3 punti,

  8. Anonimo says:

    E i servizi dell’ugnone e del tg reggione che parlavano del molentargius solo disisperato e devastato proprio nelle vicinanze di quartu un paio di giorni dopo che qualcuno aveva parlato, sempre sull’ugnone, di fare bei parcheggi dietro allo stadio di is arenas? casualità o offerta di buoni motivi per “riqualificare”? io penso che al sindaco di quartu gli stia ben sul cazzo lo stagno, mentre al nostro semplicemente non va di pagare gli arretrati del sant’elia, quindi, non potendo stare a trieste vita natural durante cerca casa vicino e sicura dove qualcuno cova interessi che si sposano coi suoi. che poi se va male a quartu(che me li vedo in 20000 girottando in quel budello) fa giocare le partite in casa a miami, m’han detto.

    ma insomma: caso sportivo o governo della città tenendo per le palle l’umore instabile dei tifosi? mah, vabbè che per uno scudetto c’han fatto la Saras…

  9. cmq Domenica 30 settembre il Cagliari giochera’ a Quartu con circa 5000 persone sugli spalti.sbaglio o qualcuno parlava di stadio impossibilitato a ricevere avvenimenti sportivi.mah!!!!

  10. Salve Sig. Biolchini. Ho letto attentamente il suo articolo. Mi sembra che lei sia un giornalista schierato politicamente verso i raggi di sole del suo amatissimo sindaco. Da un peso notevole all’idea che l’italia si è fatta in questa occasione della Sardegna, di Cagliari e delle sue istituzioni. Ma forse ignora, perchè consapevole, della situazione burocratica del sistema che si è andato a creare. Che poi è specchio di quel che è successo.

    In questa vicenda mi sento neutrale, da una parte la voglia di vedere il Cagliari giocare davanti ai suoi tifosi, dall’altra la consapevolezza che la sicurezza vada oltre una manifestazione sportiva.

    Ma se lei viene a parlare di un presidente di calcio come padrone della politica isolana, secondo me ignora il mondo all’infuori della situazione Is Arenas, Sant’Elia e Santa Caterina. Primo perchè si ricordi che siamo in una scala di servi e altri servi e altri ancora; secondo perchè la politica ha bisogno di questa scala (senza escludere alcun partito, schierato a destra o a sinistra; che poi fanno parte di una stessa categoria: FASULLI) o cosa si crede che il suo caro sindaco del pd non sia un servo? o solo la sinistra si salva dalla sua accusa?

    La verità e che in italia non si riesce a fare un cazzo. Non si può neanche più lavorare! Neanche gratis(e io lo so per via di tante richieste di tirocinio universitario). E oramai anche una casa è diventata irraggiungibile. Proviamo a pensare uno stadio privato. Inconcepibile. Alla fine ci va bene così. L’importante e schierarci e aspettare la fine per vedere chi avrà ragione e chi no. Quando l’ingiustizia è di fondo.

    Ultima cosa.

    Lei ha detto che probabilmente anche contro il Pescara si sarebbe giocato a porte chiuse pensando che il rinvio della gara sia fondato da problemi per ora irrisolvibili. A quanto pare si sbaglia. Ha previsto male; forse perchè lo staff di ingenieri della Cagliari Calcio non si è laureato in scienze della Formazione. Chissa perchè i nodi che non hanno permesso di giocare in quattro giorni si sono risolti?

    • perchè quello che non ha permesso l’apertura (che comunque sarà PARZIALE) dello stadio era la mancanza di DOCUMENTAZIONE… che gli ingegnere del cagliar calcio, pur non avendo la laurea in scenza delle merendine, non hanno prodotto.
      Fare della documentazione richiede poche ore… se il resto è stato costruito seguendo le norme vigenti, l’apertura (parziale) dello stadio viene da se…

    • Lo staff di “ingenieri” e di “giometri” della ca.ca. sa benissimo quello che fa e, certamente, sarà al corrente di quello che succede quando non viene presentata la documentazione necessaria per l’agibilità.
      L’agibilità non la certificano gli “ingenieri” della ca.ca. e neppure i laureati in “scenze delle merendine o della formazione” ma i funzionari del territorio in cui sorge l’opera.
      Inoltre mancava la conformità relativa agli impianti antincendio che i VVUU, essendo rossi e quindi comunisti come Zedda, non hanno rilasciato.
      Trattandosi di sicurezza di persone e non di tziddicche di Cellino a me parrebbe fisiologico e, come minimo, doveroso cercare di rispettare le norme elementari che regolano l’agibilità degli impanti.
      Il signor Tito, tra le altre numerose asserzioni imprecise, parla di “i nodi che non hanno permesso di giocare in quattro giorni si sono risolti”.
      A questo proposito vorrei far presente all’amico che la partita si poteva giocare a porte chiuse e che l’unico nodo, grosso come un cagallone, l’ha annodato il grande presidente con una uscita impropria e pericolosa, per non dire “ad minchiam”.
      L’ingiustizia di fondo tocca gli abissi quando c’è chi subisce un danno a fronte della mancanza del rispetto delle regole .
      La Cagliari Calcio coi suoi bei proclami, unitamente alla pletora di decerebrati scatenati che quotidianamente ci ricordano coi loro scritti deliranti quanta strada c’è ancora da percorre per sconfiggere la piaga dell’analfabetismo, in questo predica male e razzola peggio.

    • Stefano reloaded says:

      Per ora è stato approvato il progetto.
      Domani la Commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo valuterà se la struttura, anche in parte, potrà essere aperta al pubblico.
      (tra parentesi: qualcuno sa se, nella convenzione col Comune di Quartu, è stabilita una data di inizio per l’uso dell’impianto?)

  11. In tutta questa vicenda – mi riferisco alla questione stadio – son stato ultimamente in disparte, essendo stato – ovviamente, per quanto mi riguardava – parte in causa.
    Quello che dirò – giusto per capirci – non verrà espresso contro o in difesa di chicchessia (me compreso, se mai ne avessi bisogno), quanto per proporre alcuni temi di riflessione.
    E quindi:
    – lo stadio S.Elia è figlio di un progetto amministrativo e tecnico datato; esso risale infatti alla prima metà degli anni ’60, quando a malapena esistevano due canali della RAI in BN, e lo sport veniva ancora raccontato, piuttosto che visto. Il canone era il canone, e la RAI elargiva panem ai suoi e circenses all’esterno, secondo ricetta medica.
    – Per lo sviluppo del progetto S.Elia, la RAS rese disponibili dei suoi terreni al Comune, con il preciso mandato di fare quanto amministrativamente necessario per soddisfare i bisogni di una squadra di calcio, ma anche di una città e di una regione, dato che quello stadio di tipo “olimpico” – all’epoca erano tali, dato che siamo appena poco dopo le Olimpiadi di Roma – avrebbe di fatto costituito l’impianto sportivo polifunzionale di punta per l’intera isola. Così si decise, così fu fatto.
    – Sotto il profilo temporale – senza volersi preoccupare dell’accelerazione subita dalle cose umane – forse giova richiamare il fatto che, da allora, siano trascorsi 50 anni (mezzo secolo), che corrispondono a quanto quei tempi distavano (temporalmente, ma disciplinarmente erano molto meno) dalla guerra di Libia o giù di lì.
    – Nel periodo intercorrente fra tali decisioni programmatiche e la ultimazione funzionale dell’impianto, la squadra del Cagliari ebbe a crescere – per fortuna o per abilità – fino a dover disputare nel nuovo stadio le partite internazionali conseguenti alla conquista dello scudetto. Quella esperienza, se valse a proiettare l’impianto nel novero dei maggiori impianti italiani, pose progressivamente in luce i limiti funzionali dello stesso, che cominciò immediatamente a segnalare quanto la parte impiantistica destinata all’atletica finisse per penalizzare la percezione del calcio.
    – Come si poté, si arrivò comunque alla revisione dell’impianto per Italia ’90: alcuni stadi entrarono in nuovi modi di esistere, come Marassi, altri furono progettati da zero, come quello di Bari. Il S.Elia – con molta maggiore attenzione alla sicurezza – fu solo revisionato e ridimensionato; male si vedeva prima, male si vedeva dopo. Colpa delle dimensioni? No, colpa della pista: basta andare a S.Siro per rendersene conto.
    – Sotto il profilo temporale, erano passati quasi trent’anni dalla realizzazione, quasi quaranta dalla concezione: un’eternità, ma ancora poco.
    – Dalle notti magiche, si comincia a capire che quello stadio, quel S.Elia, sia troppo grande per una gestione corrente, e che gli “eventi” destinati potenzialmente a riempirlo siano troppo rarefatti: basta uno stadio più piccolo, più facile da gestire, con gli spettatori più vicini. Si arriverà, col tempo, alle tribune interne in acciaio: meno spettatori, più vicini. E le manutenzioni? di meno? No, ovviamente: di più. Anzi, di meno. Anzi, nessuna…
    – Nel mentre, la RAI – conscia di un destino effimero – molla i pappafichi. E perde, ovviamente il monopolio dello spettacolo sportivo, calcio compreso. Si passa – piuttosto rapidamente, in verità – dallo stadio Tempio dello Sport a quello Teatro di Posa. Da calcio spettacolo a spettacolo di calcio, fra altri spettacoli, tutto compreso a Euro 39,99 o giù di lì. Da questo momento, lo spettatore (non il tifoso, ma quello che vuole vedere lo spettacolo sportivo), diventa sempre più fantozziano: mutande ascellari, frittata di cipolle, rutto libero. A differenza però di Fantozzi, egli paga; ergo: pretende (giustamente). Fra l’altro, se non pretende, almeno spera di aver fatto un buon affare, e non di aver comprato una sola, come appare essere una partita giocata in uno stadio deserto (pensate a uno studio televisivo deserto).
    – A sua volta, lo spettatore “tifoso”, non più afflitto dalla presenza del popolo dei Fantozzi passivi, spera di potersi finalmente appropriare della parte di spettacolo che gli appartiene, da interprete: masse colorate, grida smodate, striscioni, sberleffi, ola e – soprattutto – “un caldo abbraccio alla squadra del cuore”. Da dove? non da 150 metri di distanza, se possibile, non da tribune semideserte, se possibile, non schivando sgocciolii e calcinacci, se possibile; etc etc.
    – E la squadra, cosa vorrebbe? Come minimo, avere dalla sua il 12 giocatore, come si suol dire; godere finalmente – se lo merita, ma anche se non lo merita – di quel “caldo abbraccio”. E invece? Nisba: dispersi in Russia, nel gelo generale.
    – Sempre nel mentre, il Convitato di Pietra – il Cemento Armando – si preoccupa di fare la sua parte: non protetto se non da qualche giaculatoria, si degrada progressivamente. Quanto? E che se ne frega? Abbastanza da far pensare – serenamente o meno – che in un bilancio l’impianto nel suo complesso debba apparire col segno meno, a meno che non si voglia sgravare il suolo da tutto il cardampone, per destinarlo a qualcosa di più economicamente valido e attuale – magari creando più complesse economie indotte -almeno rispetto a quanto possa essere considerato un impianto obsoleto e – in prospettiva – destinato a un declino inarrestabile se costretto ad un’esistenza insostenibile.
    – La insostenibilità, sia ben chiaro, prende le mosse da un vizio iniziale, che non richiama necessariamente la colpevolezza di alcuno. Essa, infatti, risiede nell’aver pensato allo Stadio S. Elia come ad una architettura eterna. E’ uno sbaglio che abbiamo fatto in molti, storicamente, ma che non è più concesso di fare: la città di domani dovrà rinunciare – necessariamente – alla città di pietra, e curare maggiormente la sostituibilità e la complessità. E il S. Elia – ovviamente – è tutt’altro che insostituibile: è solo ingombrante; ed è tutt’altro che complesso, dato che destina – direttamente o indirettamente – una quantità sterminata di aree urbane a una sola, rarefatta funzione: meno di 40 ore di spettacolo all’anno.
    – L’altro convitato di pietra – Mamma Regione – dovrebbe cominciare anch’essa a preoccuparsi del fatto che le sue pregiate aree siano così malamente impiegate, ma – naturalmente, per una questione di buon gusto, non vuole entrare nella casistica del “cosa data e ripigliata”, che – notoriamente – comporterebbe l’andare “all’inferno incatenata”.
    – Il problema dunque non risiede nel Cagliari, ma nel S.Elia, che è una polpetta avvelenata. Supponiamo, per assurdo, che il Cagliari (l’Azionista) assuma l’impegno di demolire tutto, costruire un nuovo stadio bellissimo, e tenerselo per trent’anni per poi restituirlo – in perfette condizioni – al Comune. Non ci viene da pensare che quell’impianto – nel 2045, più o meno – possa essere a sua volta obsoleto, rispetto allo sviluppo del calcio, della visione a distanza e – soprattutto – della città? Ogni contratto in materia, per essere valido, dovrà prevedere, a fine corsa, la restituzione – a richiesta, naturalmente – di un’area fungibile, e non di un monumento a qualcosa (per quello, basta l’Amsicora).
    Ho finito, grazie al Cielo. Come si vede, non ho mai citato Cellino (oops…): se qualcuno vorrà farlo, se ne assumerà tutte le responsabilità. Io mi assumo le mie, comprese quelle che derivano dall’aver fatto presente – da assessore – le cose che ho appena scritto anche qui. Probabilmente, avevo torto allora, e torto adesso; il torto di non voler credere negli idoli, e meno che mai crearne.
    Scusate la lunghezza.

    • Ho detto una stupidaggine, a proposito di Italia ’90: ovviamente si tratta di 20 anni dalla realizzazione, e di 30 dalla concezione, non di 30 e 40 come ho scritto distrattamente.
      Chiedo scusa

    • Gentile professor Campus,
      leggerLa è sempre piacevolissimo. Anche quando non mi frega un’emerita fava del merito (adoro le allitterazioni)!
      Però mi ha fatto venire una curiosità: ma Lei, cosa proporrebbe (posto che abbia una proposta)?
      Molto cordialmente,

      (Voto: 10+ per l’uso del cardampone)

      • Come potrà facilmente intuire, in molti anni di università ho avuto modo di conoscere tante emerite fave, ma anche tante fave diventate emerite, dopo lunghe e sontuose carriere. Per questa ragione a me, del merito delle fave emerite, importa quanto a Lei importa del merito in generale: un’emerita fava.
        Uscendo comunque dal campo delle fave, per entrare in quello di calcio, mi trovo costretto – dalla Sua cortese richiesta – a porre in luce un mio piccolo difetto: credo nella pianificazione.
        Per tale vizio segreto e solitario, mi trovo costretto a risponderLe – con questa mia medesima – che la Sua domanda abbisogna di una risposta pianificata su scala territoriale, e che un sito come quello dello Stadio bene farebbe a essere raggiungibile tramite un mezzo di trasporto pubblico di adeguata capacità.
        Ciò dettosi, azzardo anche un dove: Su Stangioni e dintorni, contesto accessibile attraverso strade esistenti e linee ferrate pianificate da tempo.
        Per quanto riguarda l’area del S.Elia (anzi, di S.Elia), vedo bene la realizzazione di un nuovo quartiere fieristico/direzionale connesso con l’acqua e il parco di Molentargius, con conseguente rimozione della Fiera esistente e realizzazione di un parco urbano, da interconnettere con la zona portuale antistante e con un’eventuale struttura di accoglienza e servizio per il turismo nautico e non.
        Alla (facile) domanda: “chi paga?”, rispondo volentieri: “chi ha interesse e soldi”.
        Intanto, comunque, cercherei di sbarazzarmi del S.Elia, prima che diventi un debito comunale permanente effettivo (anche nel bilancio), scaricandolo al proprietario dell’area, la Regione, perché ne faccia un uso oculato, come quello dell’ex Ospedale Marino o della Manifattura Tabacchi (tutte polpette ingestibili a livello comunale), in attesa che sul banco del perito settore arrivino il S.Giovanni di Dio e le carceri di Buoncammino (altri opulenti polpettoni).
        Per essere più chiaro, temo che le chiacchiere su dismissioni e passaggi di proprietà e di destinazione tendano a porre in luce un problema (o un tema? faccio sempre confusione fra matematica e italiano) sconfortante: non ci sono soldi, e meno che mai per cose ormai rese inutili da decisioni che – giuste o sbagliate che siano – sembrano essere state irrevocabilmente assunte.
        La cassa integrazione, se applicata agli edifici, sembra francamente insostenibile quanto ridicola.

      • Gentile professor Campus,
        una doverosa premessa: non m’importa una fava del merito del suo primo commento (lo stadio), non del merito in generale. Del merito delle fave, invece, essendo fabico, mi corre l’obbligo di interessarmi, e come!, per ragioni di sopravvivenza (mentre altri/e, è bene specificare, se ne interessano per ben altri motivi, beati/e loro!).
        Fave a parte – e considerato che condividiamo il vizio masturbatorio di credere nella pianificazione – mi piacerebbe che lei portasse a conclusione il ragionamento: chi potrebbe essere “chi ha interesse e soldi”?
        Glielo domando perché la sua ipotesi è tecnicamente intrigante, salvo capire che tipo di città immagina per rendere sostenibile il progetto. Non intendo parlare di realizzazione, naturalmente, quanto della sostenibilità nel tempo. Tanto per intenderci: se richiamiamo dalla cassa integrazione le polpette avvelenate, per non continuare a sostenerne gli oneri, poi dobbiamo metabolizzarle in qualche modo, oppure si corre il rischio di morire avvelenati (che poi la polpetta la mangi il comune di CA o la RAS, poco cambia, in realtà).
        Da cui la domanda: a chi potrebbe interessare?
        Che sarebbe come dire: pianificare è doveroso, però in vista di un’idea precisa di città. Quale? (Turismo? Industria? Cultura? Parassitismo? Boh?)
        Cordialmente,

        PS – Non mi risponda Boh: non vale!

      • In una città, come in qualunque altro contesto, restano significative (e come potrebbero non esserlo!) le leggi dell’economia, ma non solo quelle.
        Qualche mese or sono, trovandomi con alcuni colleghi a far parte di un gruppo di studio, che visitava Londra sotto il profilo della sostenibilità, ho avuto l’opportunità di avere contatti con l’ufficio del Lord Mayor, o – se si preferisce dirlo in italiano – del Sindaco (di Londra, of course).
        Con la gentile interlocutrice – non casualmente asiatica, data l’ormai esplicita multirazzialità delle popolazione londinese – ebbi modo di fare una riflessione (non posi infatti una domanda e non ebbi una risposta, ma la conclusione fu quella) sul come e il perché si fosse modificato il paradigma tradizionale del modo londinese (e forse anche britannico) di governare il territorio.
        Riassumo per semplicità:
        – la Gran Bretagna ha una storia remota di governo radicale del territorio, con processi di planning e di design che hanno portato dall’inizio del secolo scorso allo sviluppo delle garden cities di prima generazione; città giardino – sia ben chiaro – nate dal nulla come Carbonia, giusto per fare un esempio;
        – questa capacità si è andata affinando con il piano di ricostruzione di Londra, con la creazione della green belt e delle new towns di seconda generazione; sono poi stati fatti imponenti interventi di generazioni successive – sia a Londra che altrove – dei quali vi risparmio storia e carattere, ma che sono tutti testimonianza di politiche e di capacità di gestione integrata, integrale e integerrima del territorio e delle cose sovra di esso;
        – la gestione delle cose del Millennium e quelle più recenti delle Olimpiadi hanno ancora testimoniato della capacità di sviluppare e attuare in tempi certi e con budget blindati operazioni di faraonica portata;
        – malgrado tutto questo, impostato sulla conclamata capacità di governare (magica parola!) processi neo-positivistici di sviluppo, appare chiaro come il grosso del rinnovamento in direzione della sostenibilità non possa avere altro carattere che quello di tipo metabolistico (trasformazione piuttosto che sostituzione), non apparendo ulteriormente sostenibile una progressiva, radicale sostituzione di parti significative del territorio costruito con la realizzazione della “città del domani” al posto della “città di ieri”;
        – le politiche poste in campo, e le risorse poste in gioco, abbandonando prospettive dirigistiche ma non certo prospettive di governo, tendono a promuovere e sviluppare l’iniziativa dei singoli con azioni di incentivazione e disincentivazione (push and pull), riferibili al quadro finanziario e fiscale. Il ruolo del cittadino diviene centrale, e capillare il modello di sviluppo, evidentemente bottom/up (cioè “dal basso”);
        – Londra, per altro – come ben posto in luce da uno specifico studio delle Studio Ambrosetti, risalente a qualche anno or sono – è da tempo la “Città dei Creativi”, intesi questi – presenti al Londra in quantità percentualmente superiore a quella di qualunque altra città del mondo – come coloro i quali, come mestiere, sono “addetti al futuro”. Questa caratteristica, che ben si sposava con la conclamata capacità di progetto e pianificazione dei processi di trasformazione, potrebbe sembrare più incline a secondare un atteggiamento strutturato e dirigistico, ma – in realtà – ben si adatta a garantire un futuro anche alle politiche bottom up, se queste siano effettivamente partecipate e – come detto – governate;
        – questo nuovo paradigma, da “immaginazione al potere”, ben si sposa, infatti, con la logica delle smart cities, e con il ruolo creativo assegnato, in prospettiva, a ogni cittadino. Allo stesso tempo al governo – centrale o locale – spetta il compito di controllo ma anche di agevolazione dei processi, con grande attenzione alle variabili innovative – e quindi anche imprevedibili – in grado di accentuare il progresso non solo dei processi, ma anche degli obiettivi.
        Dunque, caro Ainis, io credo che Cagliari debba cambiare anch’essa il proprio paradigma, considerando i piani come strumenti (e non come fini), e definendo quadri di congruenza, piuttosto che letti di Procuste.
        Non casualmente, a Londra trovano oggi sede non solo i ricconi di quello che un tempo – malaccortamente – veniva chiamato terzo mondo; a Londra trovano sede anche i ricconi francesi, il che è tutto dire. Perché? perché, come ai tempi della rivoluzione francese, si vive meglio a Londra che a Parigi; perché a Londra si vive già nel futuro, pur lavorando per esso.
        Tornando a Cagliari, credo che ci siano due modi per proporsi rispetto al futuro: capire come sarà, per poter seguire la corrente; oppure concorre a farlo come ci piacerebbe che fosse. Bene, io preferisco questa soluzione, e mi piacerebbe trovare – se volessi investire a Cagliari e su Cagliari – uno scenario amministrativo e culturale coerente con queste mie pulsioni.
        Prima della esplosione vera e propria della campagna elettorale (prima delle primarie, per capirci), ho incontrato – per mia iniziativa, ma non solo – diversi candidati a sindaco: a tutti ho suggerito di convenire, fra di loro, su dieci (cinque, tre, una?) cose strategiche, da farsi a tutti i costi, col concorso di tutti. Questo perché, le cose, o si convengono, creando le condizioni perché si possano fare, oppure non si fanno.
        La città di domani non deve essere solo pensata, deve essere suscitata. E quindi, sognata e amata. Da tutti, se possibile.

      • Gentile professor Campus,

        «credo che ci siano due modi per proporsi rispetto al futuro: capire come sarà, per poter seguire la corrente; oppure concorre a farlo come ci piacerebbe che fosse. Bene, io preferisco questa soluzione, e mi piacerebbe trovare – se volessi investire a Cagliari e su Cagliari – uno scenario amministrativo e culturale coerente con queste mie pulsioni.»
        Va bene, ma, se posso, sarei interessato ad altro e precisamente al tipo di Cagliari che sogna. Vedo di spiegarmi meglio.
        Se mi si ponesse il problema della mobilità in un quartiere, mi domanderei prima di tutto cosa faccia la gente che ci sta. Sono operai e/o impiegati che vanno tutti assieme al lavoro alle otto del mattino e tornano tutti assieme alle cinque? Sono professionisti che si spostano ognuno per i fatti propri con esigenze del tutto differenti dalle precedenti? Anziani pensionati che si spostano con calma per andare a farsi visionare la prostata dall’urologo?
        Se poi devo immaginare un nuovo quartiere, devo domandarmi chi lo abiterà: operai che si possono permettere un monolocale o professionisti che desiderano una villa con giardino, piscina e dependance?
        Quindi, poiché si parlava di programmazione (e lei ha suggerito alcune soluzioni che mi paiono interessanti) le domando: sono soluzioni che scaturiscono da una sua idea di città? (Immagino di sì) Quale città? Una che vive di turismo? Di soli servizi (cioè alle spalle del resto della Sardegna)? Di industria?
        Glielo domando a maggior ragione dopo che lei ha scritto la frase che io ho evidenziato nella citazione: se preferisce pensare di poter intervenire per determinare il futuro, piuttosto che provare ad immaginare quale sia: che futuro (plausibile) vorrebbe per Cagliari? (Che sarebbe la domanda alla quale vorrei il sindaco pensasse più spesso, come ho avuto modo di dire più volte).
        Come dire (e per la gioia del prode Ale Sestu): posso domandarle di lasciare per un momento il ruolo di soluzionologo per avventurarsi in quello ben più arduo del problemologo?
        Cordialmente,

        (Non è una prescrizione medica, ovviamente, ma sarei realmente interessato a capire quale città avrebbe bisogno di ciò che propone).

      • E’ la prima volta che mi cita in un commento… Sto cominciando a pensare di aver esagerato… Le stanno venendo gli incubi notturni ? Quelli classici con io che la rincorro e lei che non riesce a scappare ? Prometto di limitarmi.

        La domanda che fa al Prof. Campus è interessantissima. Però la risposta potrebbe non essere altrettanto diretta. Perché la Città non è un organismo autotrofo. Si può tentare di orientare il destino verso una direzione. Però in Caos, quando ha voglia, può decidere di rimescolare le carte.

      • Gentile Ale Sestu,
        naturalmente sì: non ci dormo la notte. Si limiti, prego.
        Cordialmente,

      • Anonimo says:

        egregio dott, GABRIELE AINIS, non che deve fare a tutti i costi il tuttologo, e chiaro a lei del calcio, del cagliari calcio, e dei suoi tifosi non glie ne’ frega niente,e quindi si limiti al alla politica o al gioco delle carte tipo il tre sette.

      • Gentile Anonimo,
        lei è un mito.
        Non è che per caso le piaceresse di fare il scritore? Guardi come che si fa:
        http://www.youtube.com/watch?v=R3S9Jl6W3MQ
        Cordialmente,

      • Il Medievista says:

        Stupnedo! Un calopavoro ke neanke mettendosici mi ci riusciva!

      • Caro Ainis,
        la Sua domanda è pertinente, almeno in assoluto; lo è meno, evidentemente, in relazione al tema proposto. Spero di non romper troppo le scatole agli altri lettori se cerco di darLe una risposta, inevitabilmente complessa.
        Come tutti sanno, la popolazione mondiale viaggia attualmente su circa sette miliardi di individui; come non tutti sanno, verso il 2050 il 75% della popolazione risiederà in una città, mentre attualmente siamo a oltre il 50%.
        Giusto per capirci, un secolo or sono, su una popolazione che viaggiava di poco oltre al miliardo, solo il 20% risiedeva in una città.
        Le riflessioni sono diverse. La più ovvia, ci impone di non fermarci alle percentuali, vista la dimensione dell’esplosione demografica: in pratica, non è che la “campagna” si spopoli, dato che è passata da 1 a 3.5 miliardi; ma ciò non esclude che la città sia passata da 200 milioni a quasi venti volte tanto.
        Queste due diverse velocità, devono indurci a capire che la città si dovrà attrezzare per essere – quando su 16 miliardi di persone “solo” 4 vivranno altrove – un consorzio umano in grado di produrre come mai al mondo si è prodotto.
        Ecco, questa è la questione: produrre.
        La città globale sarà la più grande entità produttiva, la massima risorsa dell’umanità, senza nulla togliere ai compiti – fondamentali – degli altri, dei campagnoli.
        La ragione è semplice, quanto drammatica: non è possibile pensare che i tre quarti dell’umanità campi a spese del quarto restante, neppure se – di quel quarto – producessero tutti i componenti, dai neonati agli ultracentenari, che saranno tanti.
        Produrre, quindi.
        Che cosa?
        Eh, caro Lei, non sono mica Bill Gates (per fortuna) o Steve Jobs (sempre per fortuna).
        Sono solo uno che dice: “statevi accuorti, saranno cavoli amari per tutti”, e – in particolare – per quelli che vivranno – invece che nelle città di creativi – nelle città di oreris e ponipei.
        Le città efficienti e i cittadini accorti sapranno resistere (Londra ha resistito alle V1 e alle V2), le altre e gli altri, potranno eventualmente pensare ai vuoti urbani strategici, o a come evitare di beccare una multa se in seconda fila (mi riferisco al parcheggio dei cittadini, ma ancor di più a quello delle città).
        Tutto qui?
        Tutto qui.
        State tranquilli, il mondo non finirà nel 2012…

      • Gentile Professor Campus,
        prima di tutto grazie per la risposta.
        In realtà non “si è passato”, come vorrebbe far credere. Lei ritiene che le dinamiche di una città dipendano dall’iniziativa privata e che la comunità debba coadiuvare tali dinamiche favorendo quest’ultima. Da cui la necessità di una città efficiente e neutrale, capace di generare l’uomo di genio che intraprende e crea una ricchezza stratificata (non ha caso ha citato Jobs e Gates). Per inciso, ciò mi fa pensare ad un vecchio commento, in cui qualcuno si domandava come mai una persona come lei potesse militare nella parte politica che ha scelto (detto in positivo, naturalmente).
        Personalmente non sono d’accordo con lei: pur condividendo la mania masturbatoria per la pianificazione (ed altro, molto altro) vagheggiamo una città diversa. Adesso dico anche il perché, ma nuovamente specifico che non è una prescrizione medica, quindi, parafrasando Monopoli(*), si può andare direttamente al cordialmente senza passare dal via.
        La sua osservazione sull’inurbamento è corretta e può essere usata per una proiezione ragionevole della media mondiale (se non dovessero intervenire fenomeni imprevisti).
        Tuttavia, come ben sanno coloro che masticano un poco di statistica, va presa con le pinze, perché un andamento medio è ben altro da ciò che sperimenta ciascun elemento che vi concorre. In altri termini, Cagliari, New York e Delhi contribuiscono all’andamento medio, ma sono realtà concettualmente differenti.
        Per cui, se devo pensare alla Cagliari che vorrei, sarà pur vero che bisogna tener conto dell’inurbamento, ma per le dinamiche demografiche sarde non mi pare il problema principale. Noi ci stiamo avviando verso una società (quella sarda) in cui l’età media è in clamorosa crescita, la consistenza della popolazione decresce e stiamo ancora aspettando di sapere cosa faremo da grandi (Manifatturiero? Discarica? Boh?). Finita l’era dei pensionati (che presto o tardi moriranno, si spera) avremo una comunità di pochi vecchi disoccupati senza papà e mammà che passa in posta a ritirare la pensione.
        Poiché lei, correttamente, rifiuta di essere costretto nelle vesti del sensitivo che prevede il futuro per calarsi (come me) in quelle del santone che lo determina, si pone il piccolo e trascurabile problemino di dare da mangiare e fornire servizi a questa splendida e dinamica società di vecchi (si spera non troppo rincoglioniti) che devono sbarcare il lunario.
        Personalmente, ne traggo l’impressione che l’unica soluzione ragionevole sia quella del manifatturiero, ma soprattutto che ciò che lei chiama “produrre” debba scaturire da un accordo collettivo della società e non da una situazione conflittuale dei membri. Se poi la vuole leggere come “partecipazione statale”, tanto per usare categorie ben note, la risposta è sì. Non perché sia il non plus ultra, ma perché è ciò che ci possiamo permettere (se ci riusciamo) alla luce di quello che stiamo diventando: o interviene direttamente la collettività o non ne usciamo. Tra l’altro, sarebbe anche quello che vorrebbe Biolchini, con la differenza che lui pensa alla “cultura” (ma sempre soldi pubblici sono).
        E la città?
        Ecco, se decidiamo che la si pianifica come suggerisce lei (per il poco che ci ha detto) aspettando “Chi ha interesse e soldi”, allora otteniamo esattamente ciò che è avvenuto fino ad un anno fa: commesse pubbliche e banche che gonfiano una bolla immobiliare, con una città costruita attorno a questa attività. Se decidiamo diversamente (ecco perché ripeto cassandramente che Zedda dovrebbe preoccuparsi non solo delle piste ciclabili, altrimenti Pau si dispera, ma anche della fonte di guadagno dei cittadini, così pagano le tasse, può fare le piste ciclabili e Pau gode come una vipera) pianifichiamo una città che sostiene i mezzi di produzione, dopo che li ha scelti. Per fare un esempio scemo: dobbiamo spostare la Fiera? Bene, ma quale fiera vogliamo, quella che espone le mele, i trattori, il software o un campionario di spazzatura? E la gente che ci va da dove arriva, da Pompu o da Pechino? E abbiamo davvero bisogno della fiera?
        Il mondo non finirà nel 2012…
        …ma non per tutti.
        Cordialmente,

        (*) oppure Archeopoli; chi fosse interessato ai giochi estivi può chiedere cosa sia a San Google

      • Sono sostanzialmente in linea, ma non sono molto sicuro di poter essere considerato un liberista e, forse, neppure un liberale.
        In realtà, ciò che continuo a cercare di esprimere è la necessita di creare condizioni per le quali la popolazione di una città – per il solo fatto di esistere, di “abitare” – integri un’entità produttiva e non un mero soggetto consumatore.
        La cosa che mi viene più facilmente in mente – a titolo di esempio – è la citta-stato, in equilibrio fra la polis greca e i comuni del due-trecento: un presidio territoriale, certamente governato, molto auto consapevole, molto autorevole nei confronti di altri soggetti interlocutori.
        Probabilmente, una sinapsi, se leggiamo il sistema come una rete.
        A cosa serve una sinapsi? A rendere efficiente la rete, ma anche ad attivare una “forma” di attività molto specializzata, in grado – con la propria partecipazione – di attivare processi altrimenti non possibili o meno efficienti.
        Questo ha reso possibile ad Atene e Sparta di essere ciò che sono state, e ha fatto di Firenze e delle Repubbliche Marinare il centro del mondo (di “quel” mondo). Probabilmente, è anche ciò che motiva l’esistenza e il ruolo di Singapore e di Hong Kong, almeno per la sensazione che ho avuto da queste due città, quando ci sono stato.
        Paradossalmente, mi sembra (potrei benissimo sbagliarmi) quello che sta cercando di diventare Londra: un nodo importante, invece del centro dell’universo britannico.
        Che prospettive ha Cagliari? Importantissime, topologicamente parlando: è, infatti, nel posto giusto al momento giusto.
        Se solo se ne accorgesse.
        E i cagliaritani? Hanno un cavallo da corsa che passa fra le loro gambe al galoppo: devono stringere le ginocchia, e cavalcarlo. In alternativa, possono finire col culo per terra.

      • Gentile professor Campus,
        «[…]creare condizioni per le quali la popolazione di una città – per il solo fatto di esistere, di “abitare” – integri un’entità produttiva e non un mero soggetto consumatore»
        Condivido.
        Molto meno il resto: trovo errato il parallelo (Atene, Sparta, Singapore, HK) e fuorviante la metafora del cavallo al galoppo (proprio a causa del parallelo errato). Più che un cavallo, direi un mattone che ha necessità di galleggiare.
        Come dire: «[…] Cagliari […] è, infatti, nel posto giusto al momento giusto.» per far che?
        Che sarebbe poi ciò che credo dovrebbero dirci i problemologi, se ci fossero. Purtroppo abbiamo un sacco di soluzionologi. Chissà che ne avrebbe detto Kundera, poverino, se non fosse morto. Consoliamoci con gli orti urbani e tolleriamo cristianamente quelli inurbani (sarà mica colpa loro, si vede che i genitori erano maleducati).
        Meno male che il mondo non finirà nel 2012.
        Cordialmente,

      • Stante l’impossibilità di replicare ad Ainis, devo replicare a me stesso.
        Per cominciare, le città che evoco come esempio, sono appunto tali, esempi; e sono quindi, ovviamente, obiettivi, e non oggetto di parallelo: sono ben lontani, peraltro, anche come esempi.
        In generale, sono esempi di soggetti dotati di una fortissima percezione del rapporto fra la propria collocazione topologica (rispetto cioè agli altri attori) e il proprio ruolo funzionale, in quell’istante specifico (leggasi cavallo al galoppo: non è Cagliari che corre o meno, è il tempo che passa).
        Inviterei Ainis, e chiunque voglia fare la prova, a munirsi di una carta del Mediterraneo e dintorni, e di un compasso.
        Avendo tali strumenti, far centro in Cagliari, e tracciare una serie di cerchi concentrici.
        A questo punto, cercare di leggere dove Cagliari sia.
        Prendere ciascuno dei diversi cerchi, e cercare – sempre “cercare” – di identificare cosa contenga – insiemisticamente parlando – tale campo, avente centro in Cagliari, per definizione.
        Fare poi – o cercare di fare – l’insieme degli insiemi, per identificare quale carattere appaia essere dominante.
        Cercare di valutare se, fra gli elementi del campo ritenuti significativi e il centro esista qualche relazione; se no, cercare di capire perchè non esista, e se sia possibile suscitarla.
        Abbiamo così trattato dell’ “hic”; nello stesso modo potremmo trattare del “nunc”, generando cerchi temporali, sia in forma diretta, cioè storica, che in forma derivata (per esempio, derivata prima dello spazio rispetto al tempo, derivata seconda, e così via).
        Etc. etc. etc.
        Più oltre non voglio andare, ma garantisco sorprese.
        Naturalmente, per chi le cerchi, le sorprese.
        Ci sono dei tiponi che considerano cosa naturale qualunque cosa l’uomo abbia prodotto, dalla Pietà di Michelangelo all’Ipad.
        Per fortuna, non è così.

  12. casteddaiu69 says:

    Ringrazio il sig. Gabriele Ainis per la sua replica sprezzante al mio intervento, che mi gratifica attribuendomi una “certa scolarità” e una “scrittura elementare ma senza strafalcioni” (ho molto modestamente solo la maturità classica, non ho le pareti di casa tappezzate di lauree come Lei; ogni tanto, ma solo ogni tanto, leggo qualche libro, ma di quelli molto semplici per non affaticarmi); mi attribuisce pensieri che non solo non ho espresso ma neppure mi passano per l’anticamera del cervello (“chi se ne frega delle cose più importanti del calcio”; “chi se ne frega dei fenicotteri”), e, dulcis in fundo, sostanzialmente mi dà del disonesto attribuendomi non solo il pensiero, ma persino l’identità di persona per cui “l’illegalità è un optional”.
    Insomma, un’esegesi perfetta del mio pensiero, il trionfo del razzismo intellettuale e antropologico e del disprezzo personale.
    Infine, la caduta rovinosa finale. Davvero il sig. Ainis si è sfracellato nell’abisso con la pessima battuta sul numero affiancato al mio nick. Stia tranquillo, è solo il mio anno di nascita. Però, che eleganza, che cultura, che scolarità ai massimi livelli!
    E’ un piacere interloquire con persone del genere

    • Gentile casteddaiu69,
      lei non ci crederà, ma per me è veramente un piacere leggere i suoi commenti: sono davvero illuminanti (come devo aver già detto)!
      Inoltre, sebbene sospetti che per lei ricopra poca importanza, due puntualizzazioni:
      – il mio commento non era rivolto a lei (ma all’avvocato Pubusa);
      – non era un commento sprezzante (né nei suoi confronti, né in quelli del suddetto).
      Infine, non capisco l’incazzatura per la battuta sul suo nick: trattasi di pratica sessuale assai diffusa, piacevole e appagante. La provi, mi darà ragione.
      Cordialmente,

      • Vito Biolchini says:

        Casteddaiu69 è uno nuovo di questo blog, evidentemente non avrebbe ritenuto “sprezzante” uno di più moderati commenti di Ainis! 🙂

    • Sovjet says:

      Casteddaiu69, non se la prenda. Su questo blog è un po’ come ricevere il battesimo! 😀

    • Anonimo says:

      caro casteddaiu 69, non essere permaloso, il signor gabriele. e uno che viaggia oltre la cultura media,lui deve corrobo’rare la sua immensa cultura, comunque e vero che piu’ sono aculturati ! e piu’ sono razzisti , minchia quanta cultura c’e’ in giro.

  13. casteddaiu69 says:

    Buongiorno, non sono d’accordo che il miglior presidente della storia del Cagliari sia stato il presidente dello scudetto, ovvero Efisio Corrias.
    Erano altri tempi, gestire una società era forse (dico forse, non ho certezze) se non più facile, diciamo meno complicato di oggi. Eppoi il Cagliari economicamente non era proprio indipendente, c’era la SIR di Rovelli, c’era la SARAS che contribuiva. Soprattutto, c’era un certo Luigi Riva da Leggiuno, forse il miglior centravanti italiano di tutti i tempi.
    Insomma, fu un evento accaduto in condizioni molto particolari, irripetibile nel calcio di oggi dominato da uomini ricchissimi, magnati russi, sceicchi, e soprattutto dalle televisioni, la vera rovina del calcio. Ripeto, per me Cellino fa miracoli, pur ribadendo che non è un santo, che tanto ha sbagliato (ultimo sbaglio della serie, la chiamata allo stadio di sabato sera, ma non credo fosse sua intenzione istigare alla violenza), che tanto sbaglierà, ma che tuttavia gestisce una delle poche aziende sarde non in procinto di tirare le cuoia, come tantissime altre ahinoi.
    Saluti

    • Di Gesso says:

      Gigi Riva è un’ala sinistra.
      Cerchiamo di essere precisi per favore.

      • Di Gesso says:

        Per quello che riguarda invece l’ardito termine adoperato, ai limiti del naïf, relativamente alla Cagliari Calcio spa definita, con sprezzo del ridicolo, “azienda sarda”, beh, forse è il caso di calare un un pietosissimo velo.
        Le aziende sono un’altra cosa.
        La Ca.ca. è la macchina per far fare soldi facili a poca gente.
        Forse un po’ di delicatezza e di rispetto non guasterebbe in questi casi …

      • Anonimo says:

        precisi , precisi e cosi’, partiva da sinistra ma durante la partita si acentrava da cliassico centravanti e poi sfodava . un ex custode

  14. Il Medievista says:

    Beh, a Elmas, ragionevolmente non si può costruire per via dell’aeroporto e per le ovvie ragioni di sicurezza (ci sono anche delle leggi che lo impediscono); a Quartu, nessuno dovrebbe essere così sciteriato da rovinare l’area di un parco naturale (ci sono anche delle leggi che lo impediscono). Rimane il Sant’Elia: lo stadio va fatto lì, ristrutturando il vecchio o costruendone uno nuovo. Questo è stato proposto a Cellino e questo il presidente si è ostinato a non accettare, per motivi che ciascuno di noi può riconoscere o interpretare.
    Infine una doverosa precisazione.
    Nessuno vuole fare scomparire il Cagliari e i suoi tifosi. Personalmente sono un tifoso, Biolchini, mi pare, abbia l’abbonamento da quando aveva il Chicco in bocca, quindi non sterziamo su argomentazioni fuori luogo. il problema è quello, né più né meno e piantiamola di buttarla in politica.

    • kalymer says:

      Medievista, lo stadio di Is Arenas è fuori dal perimetro del parco. Su Elmas la facenda non è chiusa. I discorsi sulla sicurezza sono un po una forzatura visto che lo stadio dovrebbe sorgere a fianco alla pista a circa 800 mt. L’Enac ha esteso il vincolo a 1000 mt solo ad Ottobre 2011 per bloccare i lavori ;)…

      • http://www.cagliaricalcio.net/news/11206/-a-proposito-del-nuovo-stadio.html

        considerando che il campo è lungo circa 100m, lo stadio è previsto a circa 300m dalla pista…

      • kalymer says:

        ..tato stai tralasciando gli ingombri degli spalti, in ogni caso con un noto sw la misurazione è abbondantemente oltre i 500 mt. Se l’Enac ha avuto necessità di aumentare il limite proprio neanche un anno fà, ci sarà un motivo.Poi se si ritiene non idoneo uno stadio vicino all’aeroporto , non mi pare strano.
        Ma qualcuno gioca sporco non per la sicurezza ma per i suoi interessi.

      • Il Medievista says:

        Su Is Arenas intendevo dire che da parte di chi sta costruendo lo stadio si è pensato di allargarsi, con altre strutture, dove “c’è ancora un mucchio di spazio” (cioè nel territorio del parco).
        Su Elmas: la faccenda non è chiusa ma si concluderà nei modi che sono obiettivamente naturali.

      • kalymer says:

        Medievista scusami, sarà per scarsa informazione o altro ma non capisco quali sono le nuove strutture che dovrebbero sconfinare nell’area del parco…Per Elmas secondo me non è finita e la fine non è neanche così scontata. Magari il Cagliari Calcio si disimpegna perchè trova un’altra area.

  15. casteddaiu69 says:

    Egregio sig. Biolchini, io sono un semplice, ma fedelissimo tifoso del Cagliari da oltre 30 anni. Ne ho viste tante, quindi, e ho conosciuto molti presidenti. Ritengo il presidente Cellino il miglior presidente della storia del Cagliari. Poichè il Cagliari è una società di calcio, solo ai risultati calcistici bisogna riferirsi. Basta studiare un pò i dati e ci si accorgerà che il Cagliari in questi 20 anni è retrocesso solo due volte in B e ha giocato 15 campionati in A.
    Mi risulta che la società sia gestita dal punto di vista contabile e finanziario in modo impeccabile. Ma il dato più importante è che mai il Cagliari è stato implicato in faccende torbide o di disonestà, tipo scommesse, doping, passaporti falsi, bilanci taroccati o altro.
    Guarda caso, in questi giorni le reprimende più dure contro Cellino provengono da un mondo del calcio marcio fino al midollo, sconquassato dallo scandalo delle scommesse e guidato da personaggi (leggasi FIGC e Lega) che nulla hanno fatto in questi anni per moralizzare lo sport più amato da tutti noi. Pensi che proprio la Roma del sacerdote della moralità Baldini è posseduta al 40% da Unicredit (curioso, no?), senza contare che più volte è stata graziata dal fallimento solo grazie alle sue protezioni politiche e per paura della reazione, questa sì pericolosa, dei suoi tifosi.
    Ma il diavolo è Cellino. Certo, anche Cellino fa parte del sistema, ma è un pesciolino in confronto ai vari squali che guidano Juventus, Milan, Inter, Roma, Napoli.
    Non credo sia impresa semplice mantenere ai massimi livelli la squadra del capoluogo di una Regione che è la più povera d’Italia, la più disastrata socialmente ed economicamente. Cellino un santo? Figuriamoci, non ho gli occhi foderati di prosciutto. Io non lo conosco di persona, ma, stando ai “si dice”, pare abbia un caratteraccio e che nelle relazioni interpersonali sia una persona piuttosto difficile. E allora? Ognuno ha il suo carattere. Quanto al suo essere padre e padrone, questa critica mi fa ridere, basti pensare ad altri presidenti di calcio. Le dicono niente i nomi di Moratti, Berlusconi, Preziosi, Zamparini, De Laurentiis? Io una persona che comanda “democraticamente” devo ancora conoscerla, in qualunque ambito. Chi sogna un mondo diverso è, appunto, un sognatore di utopie.
    Da tifoso io lo giudico solo dal punto di vista calcistico, altre questioni non mi interessano.
    Una cosa è certa: senza Cellino il Cagliari scomparirebbe in cinque minuti. Lei mi dirà che, pazienza, ci sono cose molto più importanti del calcio, di cui si può fare tranquillamente a meno. Giusto, ma, sa, per noi tifosi il calcio è la più importante delle cose meno importanti. Non mi addentro nei discorsi che Lei affronta circa i rapporti tra Cellino e una certa parte politica e tra Cellino e la stampa. Mi sembrano critiche faziose e ingiuste. Mi tolga una curiosità: se il comportamento che Lei giudica riprovevole del PDL lo avesse tenuto un altro partito, si muoverebbero le stesse critiche? Mi permetta di avere qualche dubbio.
    Del resto, ormai è un dato di realtà che in questo povero Paese ci sono gli appestati e gli illuminati, i cafoni e le persone di classe, gli ignoranti e i colti, i venduti e le anime libere,
    i servi e quelli senza peccato. Affido a Lei il compito di individuare politicamente la prima categoria e la seconda.
    Ci si può arrampicare sugli specchi quanto si vuole, ma la vicenda dello stadio S. Elia è vergognosa. La colpa è in massima parte delle amministrazioni comunali che si sono succedute negli anni, prima tra tutte le giunta Floris, che in dieci anni di mandato non ha fatto alcunchè per trovare una soluzione. Dal canto suo, la giunta Zedda è entrata subito a gamba tesa, facendo subito capire al Cagliari che un nuovo stadio non ci sarà mai.
    Ho letto e sentito interventi di importantissimi personaggi che si ergevano a strenui custodi del vecchio mastodonte, manco fosse patrimonio dell’umanità, il Colosseo o le piramidi egizie. Ridicoli!
    Il mio pensiero al riguardo è netto. Il S. Elia andrebbe abbattuto e ricostruito ex novo secondo le esigenze del calcio di oggi. Ma che se ne fa il Cagliari di uno stadio da 40-50 mila posti, con le gradinate a 50 metri dal campo, per un pubblico che quando va bene arriva massimo a 20 mila unità? Ma, no, non si può fare, perchè Cellino vuole l’area gratis, perchè vuole speculare, come se un imprenditore fosse un filantropo benefattore.
    Insomma, il S. Elia non si tocca perchè è più importante di Machu Picchu, a Elmas no perchè c’è l’aeroporto, a Quartu no perchè ci sono i fenicotteri.
    Lo si dica chiaro: il Cagliari deve scomparire e i suoi tifosi la smettessero di rompere le scatole. Almeno non ci sarebbe più nessuna ipocrisia.
    Ora forse anch’io verrò incluso tra i servi di Cellino, perchè non lo detesto e non lo disprezzo.
    Pazienza, dormirò lo stesso.

    • Vito Biolchini says:

      Forse il miglior presidente della storia del Cagliari è quello che ci ha portato a vincere il nostro unico scudetto, non crede?

      • Lo Garitmo says:

        Allora diciamo il secondo, comunque bravo casteddaiu69, difficile contraddirlo.

      • Grande risposta di Biolchini, ma forse Casteddaiu69 non dice poi così tante sciocchezze…

      • Gentile Biolchini,
        eppure l’intervento di casteddaiu69 è illuminante. Ad esempio, leggendo tra le righe (ma neppure troppo nascosti):
        1) ci sono cose più importanti del calcio, ma non me ne frega nulla perché il calcio è più importante delle cose più importanti del calcio;
        2) la legalità è un optional;
        3) chi se ne frega dei fenicotteri?
        4) perché non spostiamo l’aeroporto (che c’è già) per far posto allo stadio?
        5) c’è chi è molto peggio di Cellino;
        6) …
        Tutto ciò inquadrato in una sorta di ragionamento che, alla luce dei punti precedenti, ha una propria logica interna, quella di un mondo le cui regole sono, grossomodo, «Il più forte fa quel che cazzo gli pare!».
        Ci sarebbe da notare, inoltre, come non si tratti di una persona priva di una certa scolarità (scrittura elementare ma senza strafalcioni) e che questo signore si trova in ottima compagnia, ad esempio l’avvocato Pubusa!
        Il quale argomenta dottamente, su Democrazia Oggi, con un ragionamento che vorrebbe essere più articolato e apparentemente rivolto a sottili problemi legali, ma in realtà ricade nella stessa logica propria a casteddaiu69, senza guardare al nocciolo della questione, che sarebbe: perché il presidente di una squadra di calcio ha in mano il potere di combinare un casino di questa portata?
        Da cui: ci potrebbe anche stare che casteddaiu69 non veda dove stia il problema, ma possibile che Pubusa non si renda conto che c’è un prefetto che corre dietro al presidente di una squadra di calcio? Gli parrà normale? Piuttosto che scrivere attorno alla pretesa esagerazione di un prefetto, non si sarebbe potuto domandare se un paese in cui un prefetto deve occuparsi di Cellino (e non di calcio, attenzione, è un po’ diverso!) ha qualche problema sul quale si dovrebbe riflettere?
        Cordialmente,

        PS – Angosciante domanda: il nick di casteddaiu rimanda a sottintesi erotici?

      • Radio Londra (nonostante Er Ciccio) says:

        Sono d’accordo.
        Fa veramente specie vedere Cellino maldestramente accostato ad Amsicora o anche ad Emilio Lussu o anche solo all’immenso e incommensurabile Pili nella sua sanguinosissima crociata da padre-padrone (contro la legalità).
        E fa altrettanto specie vedere un Prefetto che corre come un ragazzino dietro le Cellinate.
        E’ normale una cosa del genere?
        Lo avrebbe fatto per qualunque altro cittadino e/o per ragioni molto più serie di una partita di calcio?
        La realtà è che questa volta Cellino ha sbagliato assai nelle sue valutazioni e nella sua guerra personale contro il Sindaco Zedda (regolarmente eletto, giusto o sbagliato che sia, dai cittadini cagliaritani): questa volta, al contrario dei suoi predecessori, Zedda non si è fatto comprare con i biglietti omaggio.
        Avrà tantissimi difetti ma, in questo caso, pretendendo il rispetto del contratto precedentemente stipulato fra il Cagliari Calcio e il Comune, ha semplicemente fatto il “Sindaco non tifoso” e ha fatto bene a farlo.
        Per cui, chi vuole far cadere il Sindaco prendendo a pretesto la questione stadio dovrà farsene una ragione e aspettare, in mancanza di fatti nuovi, la fine del suo mandato.

      • m.meloni says:

        concordo in pieno con l’analisi lucida di casteddaiu…penso che l’area del S.Elia debba essere data al Cagliari Calcio in concessione (col corrispettivo di un canone) che a sue spese abbatta e ricostruisca lo stadio secondo le esigenze di una squadra di calcio (che non possono essere i vincoli del concorso di idee, non di certo funzionali alle esigenze del Cagliari calcio). Una concessione di lunga durata che permetta alla società di recuperare l’investimento fatto e restituisca alla città uno stadio degno di questo nome.

    • il suo intervento è il primo intervento scritto bene di un sostenitore di Cellino.
      Quello che i la maggior parte dei sostenitori di Cellino non capiscono è che nessuno degli “anti-celliniani” nega le capacità di presidente di squadra di calcio di Massimo Cellino.
      Conti sempre in ordine, squadra quasi sempre salva, discreti affari fatti col mercato tra acquisti e vendite, nessuno nega questo.
      Ma questo non ha nulla a che fare col fatto che Cellino sta cercando di avera GRATIS un bene PUBBLICO!!! Così come ci indigniamo per i gravi scandali della politica e e dello sperpero di soldi pubblici così dovremmo indignarci quando un bene pubblico rischia di essere dato GRATIS ad un privato (vedi lo Stadio).
      Non contendo Cellino ha provato a costruire lo stadio in 2 aree dove le difficoltà erano evidenti (Elmas e Quartu) e se ad Elmas le possibilità di costruire sono lo 0% perchè ci sono LEGGI (cari sostenitori di Cellino, lo so che non siete abituati a considererle, ma in italia ci sono delle LEGGI!!!) che lo vietano, a Quartu invece lo stadio si può fare… con difficoltà, facendo attenzione, cercando di arrangiarsi in delle situazioni al limite, ma si può fare!!! Se è successo tutto sto casino è perchè una persona e una sola ha alzato i toni e calcato la mano per accellerare dei tempi inaccellerabili, e questa persona è Massimo Cellino (appoggiato in ogni sua follia dall’Unione Sarda). Se Cellino avesse lasciato che passassero i tempi tecnici per la realizzazione dell’opera, si sarebbe giocato a Trieste fino ad Ottobre, e poi da Novembre tutti a Quartu… senza denunce, senza partite perse, senza possibili punti di penalizzazione.
      E per favore non parlate di “perseguitato” perchè in Italia c’è questa modo di costruire le cose senza seguire alcuna norma legislativa o in modo “aumma aumma” e poi tutti a piangere quando succedono le disgrazie (vedi terremoti degli ultimi anni, vedi sarno e quindici, vedi capoterra del 2008… ecc ecc ecc ecc). Allora se uno stadio non è a norma, sbattere i piedi contro il prefetto “cattivo”, mi pare proprio un atteggiamento fortemente irresponsabile.
      Ultima cosa. Floris non ha fatto nulla per lo stadio, così come Zedda. Vero! Verissimo! Ed è stata una delle cose giuste dell’amministrazione Floris perchè la convenzione col Cagliari Calcio dice ESPLICITAMENTE che le manutenzioni ORDINARIE e STRAORDINARIE erano a carico del CAGLIARI CALCIO. E qui il discorso si chiude. Perchè con i soldi pubblici non ci si scherza. E se ci sono i contratti e le leggi, ci sono perchè siano rispettati.
      Ma del resto da persone che andrebbero (o manderebbe i propri figli) in uno stadio dove manca (tra la altre cose) tutto l’antincendio, non mi posso di certo aspettare che ci sia sensibilità e il rispetto per le leggi.

      • Anonimo says:

        Cellino non vuole avere gratis un bene pubblico per poterlo rivendere o utilizzare a suo piacimento. Cellino vuole la concessione di un bene pubblico con vincolo di utilizzo e l’utilizzo che avrebbe voluto fare Cellino di quel bene pubblico e l’utilizzo più sensato per il bene in questione.
        Quale sarebbe un migliore utilizzo per l’area del Sant’Elia?

      • ah… quindi Cellino era disponibile a spendere 20/25 milioni di euro per aver i diritti di superficie dell’area dello stadio, come è successo a Torino per la Juve… ah, grazie, non l’avevo capito…. sono certo che ce li ha pronti sull’unghia questi soldi.

        Del resto anche quando ha firmato la convenzione del 2002 (o 2003) con Floris, il Comune gli aveva “abbuonato” un debito di oltre un milione di euro e gli avevano fatto un contratto con un affitto bassissimo proprio perchè Cellino si era preso carico di tenere il S.Elia in buono stato… si è vista l’affidabilità…

      • kalymer says:

        La nuova convenzione nasceva dal fatto che il S’Elia era stato dichiarato inagibile in tre settori diversi, tanto che si montarono le tribune dalmine.Il costo irrisorio è imputabile appunto a questo fatto, insomma per essere chiari come il costo di un quadrivano con tre vani inagibili||||

    • zunkbuster says:

      Temo che lei esageri un po’. A far scomparire il Cagliari non riuscì neanche quell’autentica piaga d’Egitto di Amarugi, non ci riuscì Fausto Moi, non ci riuscì Lucio Cordeddu, che non credo siano ricordati come i dirigenti più rimpianti dai rossoblu. Perché dovrebbe scomparire senza Cellino? Certo sono scomparse in passato società come il Napoli e la Fiorentina, a Cellino va dato atto che in caso di fuoriuscita non lascerebbe una montagna di debiti irrecuperabili per un eventuale successore. Tutti utili, nessuno indispensabile. In ogni caso, per quanto poco conti la mia opinione, ribadisco un concetto: che l’approccio di Cellino sia poco gradevole non gli preclude di essere legittimato a reclamare soluzioni se si ritiene che siano anche nell’interesse generale. Anche lui, però, si dia una leggera calmata …

  16. Anonimo says:

    Non riesco proprio a comprendere tutta questa acredine nei confronti di Cellino. In questi anni cosa avrebbe fatto di negativo nei confronti di Cagliari, del Cagliari o della Sardegna? Perchè non si riflette su quello che ora è il destino dell’ area dello stadio sant’Elia? Si è fatto in modo che quell’area fosse priva della sua unica destinazione attualmente possibile: ospitare uno stadio di serie A.

    • ecco… la tua domanda comprende la risposta… Cellino ci ha privato del Sant’Elia perchè non ha rispettato i termini del contratto che aveva col Comune… (puoi cercare e leggere il contratto)… il tutto perchè sperava di avere quell’area gratis… ti basta?

  17. Claudia Anatroccola says:

    Vito , hai letto il fondo di Crivelli oggi sul Grande Formato ? Vorrà alludere a qualcuno in particolare quando parla di corvi che dai blog si levano in volo contro il povero , innocente Cellino ? Mah ! In ogni caso , amico carissimo , benvenuto nel mondo dei pennuti ! 🙂

    • francu says:

      Eia , ma mischini non possono neanche scriverne il nome. Quanto gli piacerebbe scrivere “biolchini sesi unu calloni!.

    • Il Medievista says:

      In sintesi quello che dicevo stamani (e che forse hai fatto bene a non riportare…)

  18. Francesco says:

    Vito che succede? In 70 commenti non c’è neppure un tifoso sconvolto che ti minaccia o che ti insulta? Qui c’è qualcosa che non va…

    • marcello says:

      ah ah ah, o biolchini…., sei lo specchio della democrazia che hai in mente…., nn dare voci al dissenso e far apparire un plebiscito di consensi le tue ideee….., ma x favoreeeeeeeeee….

      • Marius says:

        E che problema c’è? A dare voce ai vostri deliri basta e avanza il grande formato.

  19. antoni marchi says:

    At dau sa dispedida dae custu Mundu Juvanne Frantziscu Pintore, Iscritore, Zornalista, Intelletuale natzionalista ” inclusivu” Patriota Sardu e Homine de Abastu.
    Un’abratzu forte a Annedda e a sos fizos.
    A nos biere in sos artos chelos de sos’omines e de sas Natziones liberas.
    Chi ti siet lepia sa terra amicu caru.

    • Vito Biolchini says:

      La morte di Pintore mi lascia senza parole. E’ stato un giornalista fuori dal comune, una penna straordinaria, ma anche una persona di grande sensibilità. Domani scriverò qualcosa su di lui e sul suo blog, in questo momento non ci riesco proprio.
      Le mie condoglianze alla famiglia e agli amici.
      Grazie di tutto, Gianfranco.

      • Mi associo. Addio amico carissimo, che la terra ti sia lieve. Di te sicuramente rimangono incancellabili e straordinari ricordi.

  20. su bixinu says:

    Grande Biolchini. Condivido parole, punti e virgole di questo articolo!

  21. Jack Penna says:

    Sentire stamattina su RaiSport il cronista sportivo di punta del grande formato che glissava sulle domande e si lanciava in una sperticata difesa del presidentissimo… non ha prezzo!

    • Mammarua says:

      su l’unione sport c’era anche un editoriale di uno dei cronisti di punta de L’unione dove si vantava di aver sostenuto prima la realizzazzione dello stadio a elmas e poi della tubiera a quartu…

    • Aramis says:

      Ce l’ha, il prezzo, ce l’ha….

  22. E adesso si scopre che la colpa e’ di Baldini. Do ragione a Banana che nel suo profilo FB ha scritto del “solito vittimismo dei sardi”. E mi chiedo una cosa. Ai tempi di Amarugi si organizzarono tante manifestazioni per mandarlo via. Per quanto tempo sopporteremo ancora Cellino? Quando capiranno gli Sconvolts che la colpa non e’ di Massimo Zedda, di Giovanni Balsamo, di Luigi Savina, di Vito Riggio, di Valter Piscedda, e magari neppure di Emilio Floris, ma soprattutto sua? A foras Cellino!!!

    • Anonimo says:

      ma quando mai un rubbentino da’ dei consigli ai tifosi del cagliari, secondo lei la colpa non e di balsamo ecc,ecc, e per di piu’ la colpa non e ne anche del mitico emilio floris, uno che era famoso proprio per non toccare nulla per non fare danni e infatti sie visto,! si vede che lei ha capito tutto……………!! sa’ cosa diceva il grande TOTO’ MA MI FACCIA IL PIACEREEEEE.

  23. Francu says:

    Cee immoi il nome di Quartu é sulla bocca di tutti e può legittimamente insidiare chiagliari come capitale del mediterraneo. Bolis ponni…

  24. Stefano says:

    Sicuro che Contini abbia tenuto bordone a Cellino per far conoscere il nome di Quartu in Italia?
    A me dà la sensazione che più che altro lo abbia fatto – oltre che per assecondare un potenziale serbatioio di voti, come tutti gli altri – anche nella speranza di farci dimenticare l’osceno piano-sosta, la cancellazione della pista ciclabile in Via San Benedetto per riconvertirla in inutili e vuoti parcheggi, oggi utilizzati come surrogato della defunta pista e tutte le altre prodezze compiute dalla sua giunta (d’altra parte, il 60% dei quartesi lo ha votato, purtroppo dobbiamo tenercelo tutti).
    Le persone civili non possono che essere ben soddisfatte del “fermo-Is Arenas”, considerato il devastante impatto dei tifosi su un quartiere privo totalmente di servizi e addossato al gìà in crisi parco del Molentargius: ci mancano solo più gli sconvolts a finire di devastare il parco, non bastano gli incendi!

    • Pietro F. says:

      Quello che pioverà addosso ai quartesi quando e se lo stadio sarà aperto ai tifosi io credo che ancora nessuno lo abbia ben capito…ci sarà da ridere.
      Intanto da cagliaritano gongolo perchè eviteremo di avere la Città intasata e di pagare migliaia di euro per tenere i vigili urbani in strada la domenica e la notte.
      Pagate quartesi! E spassiaisì!

  25. Giovanni says:

    Grande Vito, articolo come sempre puntuale e coraggioso. Ma chi te lo fa fare essere sempre contro tutti?

  26. Pingback: Cagliari vs Roma: il codice dice partita vinta a tavolino

  27. zunkbuster says:

    Dopo il sindaco e il prefetto, a Cellino manca solo di litigare col vescovo per fare filotto.

  28. Vito Biolchini says:

    Ora è ufficiale: Cagliari-Roma 0-3 a tavolino.
    Ora aspettiamo le altre sanzioni: penalizzazione o gare a porte chiuse (sai la novità).
    Grazie Cellino.

    • “gare a porte chiuse” è un po un regalo per Cellino in questo momento, anche se da tifoso mi dispiace, spero che ci siano punti di penalizzazione e gare a porte aperte… così continueremo a divertirci…

      • efisio erriu says:

        io mi divertivo di più con donadoni, suazo, marchetti, ma questa è un’altra storia…

      • che poi anche donadoni, suazo e marchetti sono andati via per colpa del prefetto probabilmente…

    • Anonimo says:

      Peccato che ti sia già abbonato, avrei proposto a Cellino di rifiutare ora e in futuro di concederti l’abbonamento in quanto persona sgradita.
      Baldini della Roma al confronto tuo è un gentiluomo.

    • Zeprof says:

      A questo punto bisogna sancire che Cellino ha battuto il record di Niccolai nelle autoreti. 3 in una sola partita. WOW

  29. Supresidenti says:

    come al solito, ottimo articolo vito che condivido pienamente. poi se qualcuno si ostina a difendere l’indifendibile sono fatti suoi. a si biri.

  30. spessotto says:

    A proposito di arroganza del potere….ecco un brano di Soriano….che di calcio se ne intendeva….
    “La mia prima fionda me la fece a San Luis lo zio Eugenio, che lavorava come detective al casinò di Mar del Plata. Era un gioiello: avevamo cercato la forcella perfetta tra tutti gli alberi del quartiere e quando la trovammo salii di ramo in ramo per tagliare quello che conservava simile tesoro. Mio zio la scortecciò con un coltello e la dipinse con una vernice marroncina. Gli elastici li ritagliò da una camera d’aria che un gommista ci diede gratis e per accogliere il proiettile cercò del cuoio leggero, sembrava camoscio, che si intonava al colore del legno. Gli agganci li fece mio padre con filo di rame ben lucido.
    Quello fu uno dei grandi giorni della mia vita. Avevamo allineato dei barattoli vuoti in fondo a uno sterrato e ci allenammo fino a quando calò il sole. Mio zio era davvero entusiasta ma faceva centro raramente. Altrettanto gli succedeva con i numeri del casinò, dove lasciò fortune sue e altrui. Finché passò dall’altra parte del banco e imparò la professione dei borseggiatori per prenderli con le mani nel sacco. Tra la sorpresa di tutti, chi si rivelò proprio in gamba fu mio padre, che (…) aveva conservato la scaltrezza del nonno, il pistolero di Valencia. Come ogni mancino osteggiato, provavo una certa difficoltà a trovare la posizione per tirare. Ricordo ancora con rancore la maestra che alzava la voce e mi sgridava: – Soriano, la penna si tiene con la destra ! – E io la prendevo con la destra e scrivevo con una grafia impossibile che ancora oggi fatico a interpretare.
    Di sicuro, per me era difficile maneggiare la fionda. Una sera d’estate uscii con mio padre in un giro d’ispezione, per sorprendere chi sprecava acqua potabile. Camminavamo senza fretta dopo cena, verso il quartiere delle ville. C’era gente che aveva piscine da venticinque metri e faceva lavare macchine, strade, facciate con l’acqua che mancava ai poveretti che non avevano i soldi per permettersi serbatoi di riserva né motori elettrici.

    Mio padre suonava il campanello e si presentava molto gentilmente, si toglieva il cappello davanti alle signore. Io rimanevo qualche passo indietro ad ascoltare quel che diceva, che cambiava ogni volta e andava a finire in evocazioni poetiche e citazioni sarmientine. E’ vero che a volte faceva della demagogia. Metteva nella penna di Sarmiento e sulle labbra di San Martín cose che a scuola non mi avevano mai insegnato. Aveva la stoffa per colpire al fegato e arrivare al cuore. Una volta, di fronte a un industriale con l’aria del signorino viziato, che ci aveva mandato a cacare già due volte, indicò un rovere grande e frondoso che copriva l’ingresso di un terreno recintato e gli domandò con voce serena e convinta: – Lo sa che il generale Belgrano legò il cavallo a quest’albero, tornando dalla battaglia di Tucumán? – Il signorino rimase sorpreso e guardò verso il campo mentre nel suo cortile la festa continuava e gli invitati si tuffavano nella piscina illuminata da grandi fanali. – A me che cazzo me ne frega – , rispose e ci chiuse la porta in faccia. Mio padre mi appoggiò una mano sulla testa, si tolse la polvere dalle scarpe e suonò di nuovo il campanello. Il tizio apparve di nuovo, mise la mano in tasca e cominciò a contare delle banconote arrotolate – Prendi -, disse a mio padre, – compra un gelato al ragazzo –
    Era tanto tempo che non mi compravano un gelato e lí per lí rimasi senza fiato. Le banconote erano marroni, nuove nuove, e quel tale le porgeva a mio padre con un sorriso sgradevole e tranquillo. Bastavano per due chili di cioccolato, crema e fragola. Da dentro arrivava la voce mielosa di Lucho Gatica. Mi batteva forte il cuore mentre mio padre rimaneva fermo lí, sotto la gronda del portico, con il vestito logoro e il cappello in mano. Non gli piaceva che gli dessero del tu. A un tratto alzò un braccio e indicò di nuovo l’albero. – La truppa si accampò laggiú – disse. – Il generale era molto malato e passò la notte sotto quell’albero. Non avevano nemmeno una goccia d’acqua e tutti si misero a pregare che piovesse -.
    Ci fu un lungo silenzio finché non arrivò un ragazzo con un secchio d’acqua e si fermò vicino alla porta. – E ha piovuto tanto?- , domandò l’industriale, beffardo, mentre contava altre due banconote. – Nemmeno una goccia, rispose il mio vecchio e mosse la testa, sconsolato per il triste destino del generale. – Ordinò di fare un pozzo per cercare l’acqua e di seppellire i soldati che morivano – .
    Mi resi conto che nemmeno quella sera avrei avuto il gelato. Il mio vecchio si mise il cappello con un gesto stanco mentre si sentivano le risate delle signore e le blandizie del trio Los Panchos. – L’acqua non si trovava mettendo mano alla tasca, signore – , disse il mio vecchio. Allungò il braccio con i soldi e il mio vecchio fece un passo indietro. – Senti, – cominciava a stancarsi, – il governatore sta qui dentro, perciò prendili, e via. Deciditi se non vuoi perdere il posto -.
    Mio padre mi prese per una spalla e cominciammo a uscire. Allora arrivò la secchiata e mi sentii bagnare anch’io dagli schizzi del bagno di mio padre. Uscii di corsa ma il mio vecchio si comportò come se non fosse successo niente. L’industriale e l’altro scoppiarono a ridere e la porta si chiuse di colpo. Avevano qualcosa da raccontare al governatore e per ridere tutta la sera sul bordo della piscina.
    Attraversammo la strada in silenzio. Arrivati all’angolo non riuscii piú a trattenermi e cominciai a piangere come uno stupido. Il mio vecchio camminava a capo chino ma imperturbabile e si andò a sedere sotto l’albero dove secondo lui aveva trascorso la notte il generale Belgrano. Accese una sigaretta, tirò fuori il blocchetto e scrisse la multa con una grafia tonda e chiara che gli ho sempre invidiato. Il cielo era pieno di stelle e faceva un caldo infernale. Da stare vicino alla piscina a mangiare un gelato. – Non raccontare niente alla mamma, va bene? – mi disse. Pensavo alle banconote marroni e ai giorni che mancavano alla fine del mese, quando portava a casa il suo stipendio insignificante. Per dire qualcosa gli domandai come avesse fatto Belgrano a trovare l’acqua.
    – Non lo so, figlio mio; da ogni porta a cui bussava gli tiravano un secchio di merda. –
    Si alzò, si tolse la giacca per scuoterla e mi chiese che inventassimo per mia madre un incidente con il camion annaffiatore. Ce ne stavamo andando quando a un tratto si mise a guardare la chioma dell’albero.
    – Hai portato la fionda? – mi domandò.
    Gli dissi di sí e gliela diedi, insieme al sacchetto di sassi che tenevo legato alla cintura.
    Lasciò la giacca su un cespuglio e cominciò ad aggrapparsi al tronco. Non era abbastanza agile per quell’arrampicata ma riuscí a raggiungere il primo ramo e da lí passò a un altro piú alto finché cominciai a perderlo di vista. Avevo paura che cadesse e si rompesse qualcosa, come gli era successo altre volte. Cominciai a immaginare Belgrano inerpicato sull’albero, che scrutava l’orizzonte, malato e sporco, con i pantaloni bianchi, la giacca azzurra e il poncho rosso.
    Sentii un rumore di vetri rotti e poi un lampione che andava in pezzi e un altro che scoppiava. Mi girai e vidi che la casa della piscina rimaneva al buio. Cercai mio padre tra le foglie dell’albero e immediatamente lo sentii cadere accanto a me con la fionda in mano. Questa volta cadde in piedi, aveva la faccia luminosa.
    – Dài, mi disse a voce bassa. Andiamo a mangiare un gelato. –

  31. premessa: sono quella che non ha ancora capito cos’è un fuorigioco. detto questo, volevo solo dire che ho paura di Sapientino (benchè condivida il suo pensiero sull’importanza della virgola).
    [qualunque cosa, insomma, pur di discutere d’altro :)]

  32. Anonimo says:

    Fai nomi e cognomi dei servi Biolchini, sii nostro paladino sino in fondo. Non fare come loro che dicono e non dicono: indicaci quali sono questi servi di cui parli, Gereralizzare non fa bene, dire il centro destra, il centrosinistra, il mezzodestro o la mezzala; la stampa in forma empirica non ci basta, vogliamo i nomi dei servi. Dicceli, visto che tu li conosci.

    • Il Sapientino says:

      “Fai nomi e cognomi dei servi Biolchini,” Andava una virgola dopo “servi” per evidenziare il vocativo. “Dicui parli, Gereralizzare non va bene” oltre all’errore di battitura (anche se la R è lontana dalla N sulla tastiera) c’è un errore perché la maiuscola non va dopo la virgola. “non fa bene, dire il centro destra…” dopo “non fa bene” ci voleva il punto o un punto e virgola.
      Voto sarebbe 2 ma scrivo 4 perché la morte della maestra delle elementari in curva è un’attenuante.

      • Lo Garitmo says:

        Manca l’articolo determinativo, la frase “Voto sarebbe 2..” dopo il punto non va bene. La forma corretta è: “Il voto sarebbe….”.
        Al Sapientino diamo un bel tre e lo risentiamo a Settembre.

      • Di Legno says:

        Ti è venuta bene. Sei bravo e spiritoso.

      • efisio erriu says:

        I nomi dei mesi in italiano si scrivono con l’iniziale minuscola, 5-

      • Lo Garitmo says:

        Ogni frase o periodo vanno obbligatoriamente conclusi con il punto.
        Erriu prende 5+, la prossima volta starà sicuramente più attento.

      • Arrennegadedda says:

        Anche io tuo “Dicui”, sembra un refuso, Sapientino: meglio “di cui”.

    • senzasenzo says:

      “la stampa in forma empirica non ci basta” ,
      parole in libertà.

      • Corrector says:

        La forma della stampa è empirica, almeno così sembra. “Viceversa è giusto prenderne atto”.

  33. Anonimo says:

    cosa centra questo fatto con i giornalisti servili, con il sindaco zedda, con il fatto che sia di destra?

  34. Pietro F. says:

    Vito…ma che c’è di vero su una cordata di imprenditori caglairitani organizzata da Riva? Ma tanto quello non se ne andrà mai….un’edera velenosa.

  35. marybonny says:

    Cellino pensava di comprarsi la giunta comunale con 2 abbonamenti. Gli è andata male, ma quello che scrivi è vero: ci sono moltissime foto sue seduto fianco a fianco con politici regionali (vedi una certa foto dove sono tutti vestiti di viola). C’è un racconto di Conan Doyle che mi è rimasto impresso,dove Sherlock Holmes rimprovera un uomo ricchissimo e gli dice: “Voi ricchi dovete smetterla di pensare che con la vostra ricchezza potete comprarvi tutto il mondo e potete fare tutto”. Nel racconto l’uomo ricco china la testa, qui nella repubblica delle banane, mi aspetto che Cellino denunci il prefetto pseudo-comunista (il cui unico torto è di non avere autorizzato la partita, ma se fosse successo casino e lui l’avesse autorizzata, di chi sarebbe stata la responsabilità?). Ma comunque la legge ha i suoi ingranaggi: ho sentito alla radio che la Digos ha inviato il comunicato di Cellino ai tifosi alla procura della repubblica, perchè sono stati riscontrati molti reati (poliziotti comunisti, è tutto un complotto!!!!)

  36. anonimo says:

    Tranquilli,se i suoi cani da guardia Sconvolts,gli voltano le spalle,l’avventura di Cellino a Cagliari e’ finita…ma penso che sia talmente orgoglioso che preferirebbe mandare il Cagliari allo sfascio da Miami,piuttosto che vendere la societa’ e a maggior ragione a una con a capo Gigi Riva

    • Anonimo says:

      visto che tu non sei un cane che cosa sei ? una perdona ? unu pisittu o unu burricu che ari cumprendiu tottu ?

  37. Esimio Ainis, il legame non e’ calcio uguale destra, anche se resto profondamente convinto che quello del calcio professionistico sia strutturalmente un mondo di destra (non a caso preferisco l’atletica leggera e il volley). Casomai e’ calcio uguale propensione nulla al rispetto delle regole, propensione assoluta al populismo demagogico. Prendiamo i rapporti equivoci tra molti presidenti e le frange più’ bollenti degli Ultras: toccasse a Ingroia occuparsi della situazione la qualificherebbe in un certo modo, in quel mondo tutto e’ lecito. Cellino stesso dimentica di aver confessato, tempo addietro, di essere scappato da Miami per paura di intimidazioni contro la sua famiglia provenienti dal mondo ultras. Poi magari sara’ anche una balla, agli atti c’e’ che Grassadonia e’ stato condannato per diffamazione per aver insinuato che le scritte degli Sconvolts contro di lui fossero state caldeggiate da Cellino. Sta di fatto che facilmente trovera’ terreno fertile per questo modo di vivere il calcio professionistico a destra, molto più difficilmente a sinistra. E D’Alema, dice lei? D’Alema ha fatto di tutto assieme ad altri politici romanisti di tutti gli schieramenti, tra cui Andreotti e Gasparri, per salvare la Roma, ma non ha fatto nulla per salvare il culo alla famiglia Sensi che insanamente si e’ giocata un patrimonio miliardario alla roulette calcistica. Sono piani ben diversi.

    • Gentile Zunkbuster,
      non ho detto che ha torto (“banale” non vuol dire sbagliato) ma che sono discorsi poco producenti e finiscono in liti dove lei parla di calcio e destra e qualcun altro di calcio e sinistra, come ben dimostra questo suo commento. A questo punto chi se ne frega di chi abbia ragione, se poi Cellino manda la gente a far casino?
      Il problema (come cerco di dire) sarebbe depontenziare il calcio, non sapere se lei ha ragione o torto e la uso come esempio per mostrare come il calcio «non» vada trattato.
      Glielo dico in maniera diversa: smettiamo di parlare di Cellino e domandiamoci come sia possibile che un imprenditore dello spettacolo sia posto in condizione di combinare un casino come questo. Personalmente mi importa poco di un commerciante di granaglie (che non può muovere le persone) mentre mi preoccupa un presidente di una squadra di calcio, anche se fosse la persona più onesta e responsabile del mondo, perché possiede un potere enorme. Insomma: adesso la questione Cellino verrà messa a posto, ma il fatto che un presidente (Cellino o un altro), se si sveglia la mattina e la moglie non gliel’ha data, può (potenzialmente) mandare un migliaio di persona a Quartu, resterà!
      Apprezza la differenza?
      Da cui il mio discorso: va bene prendersela con i giornalisti, ma se nessuno riflette sul potere del calcio dentro la società di oggi, come facciamo a fermare il Cellino di turno che ha bisogno di masturbarsi, quando capita?
      Glielo dico in altro modo. Su Tuvixeddu, a torto o ragione, è saltato fuori un Todde a dire: «Attenzione!», perché su Tuvixeddu gli intellettuali riflettono (magari male, ma non è questo il punto) mentre sul calcio non riflette nessuno (e io dico perché se ne ha paura, e allora certuni fanno finta di snobbarlo).
      Come dire… non la invito a leggere meglio altrimenti faccio lavorare Di Legno, però…
      Cordialmente,

      • zunkbuster says:

        Egregio Ainis,
        forse ho letto davvero frettolosamente, da smartphone. Mi riservo di essere, se potrò, più pertinente in un momento più propizio. Al momento non posso che darle ragione: l’irrazionale potere del mondo calcistico è un qualcosa che ha punti di contatto con la politica, ma trascende anche ampiamente da essa. E del resto, non è solo un fenomeno di casa nostra. Sa quale è stato, in Argentina, il modo migliore che Cristina Kirchner ha escogitato per tenere buone le irrequiete masse popolari dei vari barrios? Partite gratis per tutti. E l’hanno votata in massa, ovviamente non solo per questo, ma anche per questo. La Kirchner è una donna molto intelligente e politicamente avanzata, il punto era che in Argentina (la seconda Italia) come nell’Italia vera e propria la fruizione del “bene-calcio” era percepita come una componente del benessere collettivo. Forse dovremmo chiederci quanto male abbia fatto consegnare il calcio ai giri, apparentemente contrapposti, per un verso delle pay-tv, per altro verso degli ultras, per non parlare delle scommesse. Ora purtroppo c’è poco tempo. Cordialmente.

      • Neo Anderthal says:

        Lo spettacolo sportivo, perché capace di catalizzare energie emotive e spinte irrazionali e insieme identitarie, è un perfetto rifugio dei mascalzoni almeno dai tempi delle piramidi, direi.
        Nei fatti, tramontate o offuscate le luci/ombre delle Grandi Ideologie e anche delle Religioni, riportate spesso a un ruolo di agenzia cerimoniale e di produzione di senso solo per tradizione o ultima istanza, le “fedi” calcistiche -o sportive in genere- suppliscono a quei bisogni di identificazione e transfert eroico di cui una parte non esigua della popolazione sembra avere necessità, almeno quanto ha necessità del pane.
        Non apro un discorso che sarebbe lunghissimo, ma vi invito a rilevare che, non casualmente, il solo ambito in cui le retoriche eroico/religiose hanno corso usuale è quello della cronaca e del commento sportivo: la “passione” più spesso citata è infatti quella sportiva, e così la “fede” e si parla, senza rendersi conto del ridicolo e magari del sacrilegio insito nelle formule, di “Calvario della B” o di “salvezza” dalla retrocessione.
        Per non dire dei titoloni come EROICI e simili enormità applicate ai ragazzi giocatori pagati per divertirsi che vincono un torneo, prestigioso e ambìto quanto si vuole, ma l’eroismo è altra cosa.
        Un mix di retorica fascioguerriera e di orridi guazzabugli gergali è il modo di esprimersi usuale delle frange più accese del tifo (parola che non a caso è mutuata dalla epidemiologia) che intercomunica attraverso un sistema di segni che va dai caratteri pseudo-runici a gesti coordinati e abbigliamenti uniformi e di stile paramilitare, praticamente tutti accomunati e caratterizzati dalla coralità più gregaria e .
        Contro questa pseudocultura nessuno lotta seriamente, un po’ perché non si prende sul serio il fenomeno -grave errore- e soprattutto perché a quanto sembra a nessuno conviene davvero affrontare il tema e rendersi impopolare.
        Non è però per nulla casuale il fatto che queste organizzazioni funzionino, di fatto, come agenzie di produzione del senso comune per rilevanti fasce giovanili e le organizzino come truppe, pronte a trasformarsi in massa di manovra pronta all’uso, e non solo in termini metaforici, vedi disordini di Roma all’indomani della uccisione del tifoso laziale Sandri e vedi sul piano locale la squallida gazzarra a “casa Soru” con l’alibi dell’immondizia.
        Una seria politica dello sport praticato potrebbe essere un buon inizio per riportare il tutto a fenomeno non negativo.
        La strumentalizzazione delle tifoserie non è in ogni caso un fenomeno nuovo, per i più curiosi: http://it.wikipedia.org/wiki/Rivolta_di_Nika

      • New Entry says:

        Diciamo che calcio e religione vanno di pari passo come tappabuchi culturali e surrogati di legami sociali disintegrati.

      • Anonimo says:

        diciamo anche che la troppa cultura disintegra il cervello, e i suoi surrogati di legami sociali.

      • Neo Anderthal says:

        La cultura non è mai troppa, se è esperienza, riflessione, vita.
        Diciamo invece che è la miseria culturale ad atrofizzare il cervello, predisponendo il portatore (in)sano dello stesso apparato sottoutilizzato alla ricerca/adesione a identità preconfezionate e fittizie, alla volontaria rinuncia a una personalità propria in favore di un modello esterno (…essere ultras, esserlo nella mente…) ad altissima connotazione settaria ( noi odiamo tutti…) e a rapporti umani e sociali stereotipi e mistificanti, basati su pseudo-culti di simulacri di glorie riflesse.

  38. deuseudeu says:

    che dire …..!!!!!!!!!!!!!

    L umiliazione che ci fa provare Cellino e tristissima……. Fino a qualche giorno fa l orgoglio e la forza dei sardi era degnamente rappresentata dagli operai dell alcoa e delle miniere del sulcis………….. eravamo su tutti i giornali e tutti parlavano della situazione di crisi che esiste in sardegna…………….ora invece siamo diventati la barzelletta italiana……

    Oh Massimo ita se non rindi andasa de pressi ………….!!!

  39. Gentile Biolchini,
    una domanda: ha letto con attenzione l’articolo di Matta? Si invoca Gigi Riva (intervistato, altrove, ha detto che il Cagliari (la squadra) è la cosa più importante per Cagliari (la città).
    Si ricorda a chi si è rivolto “Il Fatto” per avere un commento su ALCOA&Carbosulcis?
    Questo per dirle che, condividendo le sue riserve sul giornalismo isolano, che fa schifo, per essere eufemistici, forse bisognerebbe riflettere con maggiore pacatezza sulla questione Cellino, che è tutt’altro che un’eccezione.
    Le ricorderei che le ultime due decadi della nostra storia sono state largamente determinate da un partito che si chiama “Forza Italia” (non uso il presente a caso) “posseduto” da un “padrone” assieme a una famosa ed importante squadra di calcio. Questo, il calcio, tassello fondamentale dell’Italia odierna, capace di muovere capitali ed interessi da grande industria, nonché creare consenso, non è semplicemente uno spettacolo gradevole e capace di suscitare passione, ma uno straordinario strumento di potere.
    Per cui prendersela solamente con l’informazione che non informa – ed è vero, sapesse come lo condivido! – è riduttivo, perché dei pericoli insiti nel calcio, in Italia, non ne ha mai parlato nessuno e non avrebbero dovuto farlo (solo) i giornalisti.
    Aggiungo che “buttarla in politica” come fa Zunkbuster, legando calcio e destra (con la scontata bottarella a sinistra), sta a mezzo tra la banalità e il pericolo di trascurare l’importanza che il calcio ha assunto nella nostra bizzarra società in avanzato stato di decomposizione. Tra l’altro è anche controproducente – ah, Tafazzi! – perché si corre il rischio di far comparire qualcuno che dice: «E D’Alema?», come dire che gli strumenti di potere fanno comodo a chi al potere ci vuole andare e magari c’è pure andato, destra e sinistra.
    In questi casi, non ci vuole solo il giornalista che metta in luce la cialtroneria di un personaggio, ma l’intellettuale che mostri alla comunità cos’è davvero il calcio nell’Italia di oggi e questo, salvo sparuti e odiatissimi esempi (mi viene da citare Beha, peraltro giornalista), manca davvero.
    Insomma il problema è un po’ questo: per parlare del Cagliari (calcio) si chiede a Riva, ma anche per parlare del Cagliari (città) si chiede a lui (chi ha intervistato “Il Fatto” per il Sulcis?). Invece, del Cagliari città (cioè della comunità e dei suoi problemi) si dovrebbe avere qualcun altro cui rivolgersi e questo qualcun altro manca (magari in viaggio verso la Moravia per piangere sulla tomba di Kundera!).
    In totale: condivido la sua critica al giornalismo e alla politica, ma non nascondiamoci dietro un dito: cosa sia davvero il calcio non lo dice nessuno perché è scomodo e oggi intellettuali capaci di essere scomodi non ne abbiamo. Non ricordo chi l’abbia fatto, ma chi ha ricordato Sciascia in un post recente ha acquisito un credito: gli devo un caffè.
    Per dire: «Cellino andava fermato prima!»
    Sì, verissimo: da chi?
    Cordialmente,

    PS – Mi perdona se le dico che la citazione è un po’ scontata, per quanto efficace? E comunque l’articolo è gradevole: complimenti!

  40. A riprova di quello che scrivi, Vito, ti segnalo l’inverecondo commento nel tg di Videolina di ieri di Vittorio Sanna…
    http://www.videolina.it/video/telegiornali/32936/tg-edizione-del-23-settembre-2012-ore-13-00.html (dal min. 8’36”)
    «il conflitto innescato dalla questione stadio»… come se ci fossero i termini per parlare di contrapposizione di vedute! …«[lo stadio Is Arenas] nasce da una diatriba che [Cellino] non vuole perdere con il Comune di Cagliari» (??!! parla come mangi: non vuol pagare i debiti pregressi) «nasce in un progetto che sfida il tempo, e che ha nella burocrazia e nei cavilli i limiti maggiori (??!!), gli stessi, e forse di meno, di quelli che affronta quotidianamente qualsiasi cittadino»… come dire: Cellino è uno di noi: chi di noi non ha avuto seccature e si è imbattuto in pastoie burocratiche per aver aperto quella finestrella in più nel bagno? Maledette commissioni edilizie!… «Le istituzioni calcistiche, da sempre accucciate ai bordi della politica…» …a differenza degli organi di stampa locali dalla schiena dritta, no?…
    Un tipo di approccio che poteva funzionare fino ad avantieri, quando tutto si consumava nel circuito chiuso del chiacchiericcio da bar della stampa locale, ma adesso che il caso è di rilievo nazionale è costretto a misurarsi con la realtà delle cose, costretto a confrontarsi con chi sta fuori dalle logiche provinciali e chiama le cose col loro nome: “Regole e Legge” anziché “burocrazia e cavilli” e dice “reato” anziché “sfida”.

    PS volevo dare 5 stelle al tuo articolo, ma ho cliccato su 3 o forse su 4… non voterò mai più col pollicione sullo smartphone!! 😉

  41. Philip Marlowe says:

    Bravo Vito, chapeau!

  42. Zio Rufus says:

    Vito, concordo su tutto, ma adesso che si fa? Lo stadio è lì. Chi deve pagare? I tifosi, le imprese, gli operai e i tecnici che ci hanno lavorato? E’ facile prevedere che qualcuno resterà col cerino in mano, e questo non sarà né Cellino né Contini. Sarebbe bello se questo fosse l’ultimo colpo di coda, la Waterloo, di un presidente paragonabile al peggior Caligola o Nerone. Ma non sono così ottimista.

  43. Vito Biolchini says:

    Voci isolane controcorrente. Paolo Matta su Chorus: “Cellino, un ex presidente”.
    http://newschorus.wordpress.com/2012/09/23/cellino-ormai-e-un-ex-presidente-attorno-a-gigi-riva-il-nuovo-cagliari/#more-1060

  44. Quelle honte pour le Peuple Sarde…………..

    • efisio erriu says:

      mais pourquoi?
      pourquoi identifier Cellino avec le peuple Sarde?
      les Sardes luttent pour gagner un emboche ou defendre leur postes de travail, ne luttent pas derrière une polemique inventée pour glisser sur l’ineptitude d’un prèsident.
      Et sur le plan sportif il y a de quoi etre fièrs: à Sassari suivent un projet depuis quelques années, ils n’ont pas viré un entraineur chaque mois, ils n’ont pas depensé tout l’argent du monde pour faire une equipe et pourtant ils sont la 4eme equipe national en basketball, voila les vrai Sardes ce qu’ils arrivent à faire, mais il y a aussi un bon 50% de brebis qui suivent les pistes blanches de leur berger ….

  45. zunkbuster says:

    Quanto scritto corrisponde ampiamente al vero. Conosciamo bene le cointeressenze storiche di Cellino col centrodestra, dalle sue stesse simpatie giovanili di estrema – non ricordo con esattezza se frequentasse una certa “cricca” di ragazzi bene abbastanza poco gradevoli tutti rigorosamente votanti MSI, che a Cagliari più che altrove è stato il partito di una certa “Cagliari bene”, tendenza Endrich-Anedda – al feeling fraterno col sindaco di destra Delogu (molto legato a quegli stessi ambienti), alla candidatura fallimentare nel listino di Mauro Pili – che gli rovinò la piazza con Soru, fino all’odierno idillio, chissà fino a che punto, col sindaco di Quartu Mauro Contini, uno che quando c’è da mettersi in mostra, specie fregando eventi e occasioni a Cagliari, non si fa mai pregare, probabilmente con un occhio alle regionali. C’è stata qualche variante impazzita, come l’idillio con le amministrazioni di centrosinistra prima di Assemini e poi di Elmas, ma qui forse molto giocava, oltre a un certo tasso di ingenuità soprattutto dell’amministrazione di Elmas (il sindaco DS/PD di Assemini Luciano Casula non fece in tempo a essere coinvolto nel progetto stadio, poiché fu prima sconfitto alle primarie, e poi il centrosinistra perse le elezioni) il senso di rivalsa verso la Cagliari centrodestrorsa di Floris.
    Se pensiamo a Floris, viene da pensare, scusate il gioco di parole. Questo è l’elemento che apparentemente incrina il ragionamento. Come mai il disamore di Cellino per l’amministrazione cagliaritana si radicò sotto il sindaco centrodestrorso Floris, per poi anni dopo ripercuotersi su Zedda, che non c’entrava proprio niente col passato circa l’incuria del Sant’Elia? Forse quello che chiedeva Cellino era troppo, in termini economici e di legalità, perfino per Floris, che non è stato, comunque, esattamente un Al Capone. O forse, c’entrano in realtà beghe interne, di partito e poi di corrente, radicate nel centrodestra? Molti quadri e simpatizzanti del centrodestra, per quel che ho potuto percepire negli anni, non è che in realtà impazzissero per Cellino. Sta di fatto, comunque, che Floris quell’opposizione ha finito per pagarla. Sapevano anche i sassi, a Cagliari, che avrebbe voluto concludere in gloria la sua esperienza politica prendendo la guida dell’Ente Porto, come è ben noto assegnato poi a Piergiorgio Massidda, di cui forse si volevano recuperare i consensi in vista delle Comunali dopo la mala parata di attribuire alle provinciali 2010 il monopolio della gestione delle elezioni a Salvatore Cicu (con la candidatura del suo storico braccio destro Giuseppe Farris), che determinò il neanche troppo occulto “gioco” di Massidda a favore di Graziano Milia. In quelle elezioni provinciali, peraltro, anche questo è un segreto di Pulcinella, esponenti importanti della corrente di Emilio Floris portarono voti a Milia. E c’è chi dice che, mal digerita la fallimentare candidatura Pantofolas, il giochino si sia ripetuto, sia pure in modo meno eclatante, alle recenti Comunali. Non sfuggirà che l’ex sindaco Floris, per quanto impelagato in qualche vicenda giudiziaria (questione baretti), si è assolutamente guardato dal prendere qualsiasi posizione sulla vicenda. Non sfuggirà neanche che l’attuale partner dell’idillio celliniano 2012, il sindaco di Quartu, è uomo molto vicino a Salvatore Cicu, il PDL quartese è da sempre cosa sua. Possiamo immaginarci il disastro che avrebbe determinato la vittoria di Fantola, con la reale golden-share affidata ancora agli uomini di Cicu, Farris in primis. Patto di stabilità permettendo, Cellino sarebbe stato riaccolto trionfalmente con le fanfare. Peccato che ci sia stato in area moderata chi ha preferito sostenere o non contrastare Massimo Zedda pur di evitare questo scenario. Cagliari ringrazia, e certa parte del centrodestra isolano e cagliaritano dovrebbe capire che la simbiosi con un avventuriero come Cellino gli causa solo danni.

  46. efialte says:

    grande articolo.

  47. Di Legno says:

    Il fatto che oggi l’Unione parli del Cagliari solo nello sport e che l’argomento sia scomparso dalla prima pagina e dalle cronache non è da attribuire a nessun ordine arrivato da Cellino. I giornalisti dell’Unione che si occupano di calcio hanno una professionalità orgogliosa e provata. Non c’è bisogno di nessuno scatto d’orgoglio da parte loro. Godono oggi più che mai di attendibilità e credibilità.

    • Giuseppe F. says:

      Gentile signor Di Legno, ha ragione a metá. Da oggi L’Unione oubblica anche un settimanale sportivo, un altro giornale. Bastava informarsi, prima di parlare. E lei, come altri nei vari blog locali, lo fa poco e male, evidentemente. Cerco di spiegarmi, non si sa mai: uno è il quotidiano, poi cè un’altra cosa dove cè lo sport. Un saluto a Vito, senza macchia e senza paura, il paladino della giustizia terrena.

      • Di Gomma says:

        Ha ragione il sig. Giuseppe F.
        Una notizia del genere ha unicamente rilevanza sportiva e va inserita nel supplemento sportivo.
        Supplemento che i lettori richiedono avidamente al giornalaio e che non resta di certo a fare mucchio sul banco dell’edicola.

      • Di Ghisa says:

        …E sicuramente il successo del supplemento sportivo sarà tale da richiedere presto una sua pubblicazione autonoma e assurgere al rango di Quotidiano sportivo al pari dei più blasonati Corriere, Gazzetta, Tuttosport, ecc…

      • Anonimo says:

        Vito,a molti non è chiaro un concetto fondamentale:Cellino non vuole che il S.Elia venga ristrutturato,ma pretende che gli venga concessa la possibilità di abbatterlo e di costruirne uno nuovo con tutti i servizi relativi(museo,negozi,ecc),e che gli venga dato in concessione per 99 anni!!!direbbero a Roma:”mei cojoni!!”

      • Anonimo says:

        E cosa co sarebbe di tanto strano?

      • Che la vuole gratis…

      • Lo Garitmo says:

        E quando mai lo ha affermato? “Trovami il link” direbbero i “ggiovani” d’oggi.

      • quindi sarà anche possibile trovare un link dove afferma il contrario… cioè che è pronto a pagare i diritti di superficie…

      • Lo Garitmo says:

        Sei tu che affermi che lo vuole gratis, tocca a te trovare “i link”, cioè i riferimenti di quanto dici.

      • Aldo 2 says:

        Tuttosport è blasonato?

      • Il Sapientino says:

        Gentile Giuseppe F: si scrive “c’è” e non “cè”. L’apostrofo indica elisione di “ci”. Dovrebbe scriversi “ci è” e si abbrevia “c’è”. Voto: 4

      • Supresidenti says:

        da quando sei comparso ho il terrore di commentare.. non costringermi a rifugiarmi nell’anonimato:-)

      • Mi piacerebbe tanto leggere che voto darebbe Il Sapientino a questo comunicato:

        “La Società Cagliari Calcio comprende i principi del Sig. Baldini pur non condividendoli, perchè chi spera di avvantaggiarsi delle disgrazie altrui non può essere contraddistinto come tale. Se così fosse, a quel tipo di uomo di principi, il suo più appropriato stemma sarebbe quello dell’avvoltoio. Nonostante questa presa di posizione di Baldini, sappiamo che non rappresenta lo spirito dei romanisti, ai quali rimarremo sempre amici, in considerazione dei bei trascorsi e della lealtà che nel passato la nostra squadra ha avuto modo di apprezzare.”

        Lo strappa un 6? Io mi sono già strappato i capelli.

      • Corrector says:

        In qualità di supplente io darei un anche troppo generoso quattro meno.
        Al massimo (o magari al Massimo).
        “La Società Cagliari Calcio comprende i principi del Sig. Baldini pur non condividendoli, perchè chi spera di avvantaggiarsi delle disgrazie altrui non può essere contraddistinto come tale.”
        Baldini non può essere “contraddistinto” (bah!) come cosa? Come signore, come principio? Non si capisce.
        Dal periodo successivo (“Se così fosse, a quel tipo di uomo di principi, il suo più appropriato stemma sarebbe quello dell’avvoltoio…”) si evince il fatto che, secondo il Cagliari o comunque per gli estensori del comunicato, il Signor Baldini non può essere considerato “uomo di principi”, ma c’è ancora un errore: se si scrive “a quel tipo di uomo di principi”, poi non si può scrivere “il suo più appropriato stemma sarebbe…”, ma semmai una formula del genere “meglio si addice uno stemma…” o simili.
        Maca inoltre un pronome -nel caso sarebbe opportuno un “egli” di nizziana memoria- nel periodo seguente: “Nonostante questa presa di posizione di Baldini, sappiamo che egli non rappresenta lo spirito dei romanisti, ai (sbagliato, non si scrive “amico a” ma “amico di” quindi in questo caso si usa dei) quali rimarremo sempre amici, in considerazione dei bei trascorsi e della lealtà…”
        Una seconda brillante prova in pochi giorni, inaugurata con il meraviglioso e già memorabile comunicato del “viceversa è giusto prenderne atto”,

      • Supresidenti says:

        dai giuseppe, una notizia come questa mi pare vada oltre l’inserto sportivo.. se non altro per gli aspetti legali e penali che questa ennesima “perla” di cellino ci regala.

      • Arrennegadedda says:

        Concordo con te, Supresidenti. Un presidente di una società sportiva invita i tifosi a trasgredire un ordine del Prefetto. E’ una questione di ordine pubblico, non più sportiva, e va trattata come tale, sia dai giornali sia dai magistrati.

      • Di Gesso says:

        Il si. Giuseppe ha ragione ; la notizia è esclusivamente sportiva ed è giusto che il grande giornale col grande formato ne abbia dato conto esclusivamente sull’inserto sportivo dove il bel viso sorridente del lider Maximo campeggia in prima pagina.
        Infatti il podestà-prefetto ha vergato il comunicato abbigliato in impeccabile tenuta ginnica mentre, con virile piglio, impegnava il suo corpo fassista negli esercizi del sabato, fassista anch’esso. Trattasi dunque di sport.
        Mandare gente allo stadio contro le ordinanze di un prefetto per qualcuno è “sport” …
        Viva il ducce !!!

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