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Rom a Cagliari, la questione è politica ed è molto semplice: cosa sta facendo la Giunta Zedda per i poveri? E come sta combattendo le disuguaglianze?

Capita spesso al potere e ai benpensanti di ingannare se stessi e l’opinione pubblica trasformando le questioni politiche in questioni di ordine pubblico, e facendo passare i poveri per delinquenti. Perché è più semplice condannare i delinquenti che non occuparsi dei poveri. Così come è molto più facile affrontare questioni di ordine pubblico che non dare risposte politiche.

La questione dei rom a Cagliari è una questione politica, non di ordine pubblico. Attiene infatti alla capacità dell’amministrazione Zedda di affrontare il tema della diversità e dell’inclusione sociale al suo massimo grado di complessità. E va da sé che i rom non sono delinquenti ma semplicemente rappresentanti di una cultura che da decenni (come minimo) subisce pesanti discriminazioni.

Lo sgombero dell’invivibile campo nomadi sulla 554 è stato un atto di ordine pubblico (lo ha deciso infatti la procura), a cui l’amministrazione Zedda ha cercato di dare un seguito politico. Non senza incertezze o ambiguità: il tanto conclamato coordinamento con i centri dell’hinterland per ospitare i rom senza più casa in realtà non c’è stato (e i sindaci di Quartu e San Sperate lo hanno dimostrato chiaramente) e tutto è stato delegato all’azione della Caritas. Così come l’ordinanza antiroulotte voluta da Zedda ha lasciato perplessi in tanti, alimentando l’impressione che Cagliari in realtà volesse semplicemente sbarazzarsi dei rom, allontanandoli dal suo territorio e scaricando la patata bollente ai comuni vicini.

Ma ciò che mi ha colpito maggiormente è stata la volontà dell’amministrazione Zedda di mantenere la questione sottotraccia. Da settimane da quello strano luogo che è facebook arrivavano segnali pericolosi: “Stanno regalando le case agli zingari!”. Il Comune avrebbe dovuto giocare d’anticipo e dichiarare il proprio piano. Ma se non lo ha fatto, forse è proprio perché un piano preciso non ce l’aveva.

E infatti l’operazione non ha funzionato. Per il semplice motivo che (come ha ben sintetizzato Antonello Pabis dell’Asce), “si stavano escludendo i rom dal progetto per la loro inclusione”.

E così si è arrivati finalmente al passo decisivo: chiedere ai nomadi cosa pensavano e cosa desideravano. Forse questa sarebbe dovuta essere la prima mossa, ma comunque è arrivata e di ciò non si può che essere soddisfatti. I rappresentanti dei rom sono intervenuti nel corso di un vertice tenutosi in prefettura, uno di loro ha parlato in Consiglio comunale (un fatto straordinario, unico in Italia), e il sindaco Zedda ha solennemente preso l’impegno di attivare un tavolo di confronto con loro. E qui ora siamo.

Aprire un confronto significa non avere posizioni preconcette. Il Comune di Cagliari ha deciso invece che i rom non devono stare in un campo. Da dove tragga questa verità assoluta non si capisce, visto che da anni si indica la struttura di Monserrato come esempio di buona convivenza e integrazione. Segno che il problema non è il campo in sé, ma le condizioni alle quali il campo viene organizzato e tenuto.

Il Comune di Cagliari è pronto a tornare sui suoi passi e ipotizzare la nascita di un campo nomadi moderno, efficiente, dove i rom che lo vorranno potranno andare a vivere mentre gli altri potranno stare negli appartamenti? Perché è questo che i rom chiedono. I protagonisti di questa nuova straordinaria stagione di confronto devono essere loro, nessuna scelta può essere imposta.

Anche perché la sfida verso l’integrazione non passa solo da una casa, ma anche dal lavoro e dai diritti di cittadinanza.

Quali progetti di inclusione lavorativa pensano di attivare le istituzioni?

E la cittadinanza? Perché l’amministrazione cagliaritana da anni rende quasi impossibile il riconoscimento della cittadinanza italiana ai rom residenti in città, mentre ad esempio quella di Olbia non ha difficoltà a produrre i documenti perché questa venga concessa? Perché a Cagliari i funzionari sono così fiscali, negando la documentazione anche a chi ha un “buco” di un mese all’interno di una residenza in città lunga dieci anni? Su questa questione il sindaco Zedda potrebbe e dovrebbe prendere un impegno preciso e immediato.

***

“Sì, però io cosa rispondo a chi mi dice che il Comune di Cagliari e le istituzioni si stanno mobilitando per i rom e per i sardi che sono in una situazione di difficoltà non fanno niente? Che a questi danno le case a agli altri nulla?”. La domanda dell’amica Gisella arriva dal cuore mentre è appena finita l’assemblea organizzata a Monserrato dal Centro Asce, e in un bel clima di condivisione ci accingiamo a mangiare tutti assieme, rom e non rom. “Io conosco una signora di cui ho sempre avuto un’ottima impressione, si è sempre mostrata sensibile a tanti problemi. Ma quando abbiamo iniziato a parlare dei rom è come impazzita. Cosa possiamo fare?”.

Le risposte sono tante. Io però penso che per evitare la cosiddetta “guerra tra poveri” bisognerebbe innanzitutto fare qualcosa per i poveri. Per tutti i poveri. E dunque non operare alcuna discriminazione tra chi ha bisogno, ma impegnarsi in maniera organica e coerente per combattere tutte le disuguaglianze.

La Giunta Zedda (in quanto esecutivo sostenuto da una maggioranza di centrosinistra e che esprime un sindaco di sinistra) questo lo sta facendo abbastanza?

Non sono in grado di dare una risposta univoca a questa domanda. Sono in grado però di dire (perché questo è il mio mestiere) di che cosa si sta parlando sui giornali e quali sono i temi sui quali la giunta ultimamente sta puntando di più: pedonalizzazioni, Poetto, piste ciclabili, arena concerti a Sant’Elia, stadio. Di periferie non si parla mai, di disuguaglianze non si parla mai.

Un abitante di Santa Teresa, di via Castelli, di via Quirra e del Cep, se mai dovesse comprare un giornale, non avrebbe l’impressione che questa amministrazione si sta occupando di lui con la stessa passione di cui si occupa di piste ciclabili in pieno centro.

Ma questo avviene perché la giunta realmente non sta facendo nulla per le periferie e per i poveri della città o perché non si parla abbastanza di ciò che il Comune sta facendo in questi campi?

Io penso che un’amministrazione di sinistra debba anche avere quanto meno la forza di orientare la comunicazione in maniera diversa e innovativa. Debba cioè porre all’attenzione dell’opinione pubblica una gerarchia diversa di argomenti. Invece a Cagliari sembra che non sia cambiato niente: baretti al Poetto, stadio Sant’Elia, movida alla Marina. Dei poveri, degli ultimi, non si parla mai.

Certo, c’è stato il Gay Pride e la vicenda del campo rom è stata affrontata in maniera radicalmente diversa rispetto al passato. “Ma un conto sono i diritti civili, un altro quelli sociali”, mi fa notare il mio amico Antonello. “Noi siamo di sinistra, mica siamo Radicali! Il nostro obiettivo è soprattutto quello di combattere le disuguaglianze, di farlo in maniera concreta. Case, lavoro, opportunità di crescita culturale: questo si chiede innanzitutto ad un’amministrazione di centrosinistra”.

L’intervento a favore dei rom deve stare all’interno di un progetto più ampio contro tutte le disuguaglianze in città. Altrimenti si corre il rischio di alimentare le tensioni nei confronti di un gruppo che ha bisogno di tutto tranne che di nuove accuse da parte di chi si sente abbandonato da parte dell’amministrazione. E questo i rom lo hanno capito benissimo, arrivando perfino a dire “A noi le case dei sardi non servono”. Come a dire: “Grazie per l’aiuto, ma non a costo di metteteci contro una parte della città”.

E allora ripeto la domanda: la Giunta Zedda cosa sta facendo per i poveri? Come sta combattendo le disuguaglianze con gli strumenti di cui ovviamente dispone? Perché in tanti, soprattutto a sinistra, su questo tema valuteranno l’operato di questa amministrazione. E di sicuro non faranno sconti.

 

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104 Comments

  1. Anonimo says:

    oggi 21- 7-2012 alle 11.00 aver visto sotto i portici di via roma una ragazzina rom o zingarella chiamala come vuoi di circa 10 anni che tenteva per loro fortuna le e andata male di borseggiare dei turisti, con la madre non molto lontano da lei controllava se la figlia eseguiva bene il suo lavoro ho avuto un pizzico di razzismo,

  2. Gabriele Ainis says:

    Gentile Biolchini,
    non so se pubblicherà questo commento (dopo gli altri non pubblicati) però, ad essere sinceri, che Antonello Pabis debba dirmi «Tra i rom cattivi e inquinatori e il ben pensante e rispettabile Ainis, al quale il “destino” ha riservato sorte diversa, io ho scelto di stare con i primi.» e io non gli possa dire che lui basa il proprio «stare con i Rom» su una visione mitica della realtà (ho detto che è un sognatore), mi piace poco… perché «benpensante» di norma me lo dicono in pochi (sebbene Mongili, recentemente, mi abbia dato del razzista, però lui è un caso a parte). Non so se a lei piace, ma essere definito tale mi offende, poi faccia lei: evidentemente Pabis ha acquisito dei diritti (come i Rom) di cui non sono a conoscenza.

    Il punto però è un altro: questo non è un duello personale, tant’è vero che includo anche lei (e tutti coloro, fortunatamente pochi, che condividono questa posizione) nell’errore che imputo a Pabis (di voler piegare la realtà ad una visone ideologica dei fatti, che scaturisce nella conclusione, da parte sua, che sarei un reazionario). Si tratta di un dibattito aspro che c’è stato e attualmente vede propendere (fortunatamente) la tesi che senza il riconoscimento di un impegno forte nella legalità non se ne esce, perché i cittadini di una comunità dominante sono indisponibili a riflettere sulla possibilità di deroghe alle regole della convivenza in nome di principi astratti (come quelli propugnati da lei e Pabis). Principi astratti che invece funzionano benissimo se dietro ci sono i carri armati, come succede in Palestina.
    Ne consegue che il mio parere (per la verità non solo mio) sugli effetti dell’impegno di chi la pensa come lei (Pabis&C) è che tali posizioni siano fortemente nocive per il processo di integrazione. Questo è prima di tutto un problema politico (termine che lei adopera spesso senza però tirare le conclusioni) e proprio per questo necessità di mediazione e soprattutto di un’analisi precisa di ciò che si può fare. Veda lei se spacciare i Rom per una comunità che sarebbe autorizzata a derogare dalla legge sia un buon modo per favorirne l’integrazione!
    Poi vada da un cittadino di Mulinu Becciu e gli dica «E’ più grave che non capisca o finga di non capire cosa sono i processi di formazione dell’individuo, che le prigioni e i ghetti “incrementano il malvivere e il conflitto, che per curare gli effetti bisogna studiare le cause e che non basta l’imposizione di una regola per sanare situazioni complesse.» Gli risponderà che per favore gli spieghi quale processo di formazione dovrebbe capire che giustifichi il suo dover sopportare che il vicino di casa bruci i copertoni!
    Ha torto? Potrebbe essere, ma nel frattempo se cacciano via i Rom è contento, e allora se ne vanno i Rom, mica lei o Pabis! Lei è contento? Pabis è contento?
    Infine. Nelle discussioni come questa, c’è sempre la possibilità di perdere di vista l’oggetto del contendere, ma io continuo a parlare di integrazione e come ottenerla, mentre trovo risposte che mi parlano di principi astratti (la sua ultima risposta ne è un esempio). Assunto che io sia un razzista reazionario, mi dite come si fa a far accettare ai cittadini che dovrebbero integrare i Rom ciò che dite? Con le vignette di Banana? Con due battute alla radio? Proiettando Zingarò? Mandando alla televisione Pabis (così ai Rom sparano per la strada)? E non lo dico per polemica, sono davvero curioso, perché non l’ho capito e, dai vostri discorsi, mi domando se ci sia la volontà di risolvere un problema e allora bisogna trovare una mediazione, questa sarebbe la «politica», oppure si ritiene davvero che l’integrazione passi attraverso il convincere i cittadini della correttezza dei vostri principi. Come dire il motivo per cui la sinistra, da tempo immemorabile, è esclusa dal governo del paese! Per la serie, quando proprio al realtà non la si vuole vedere!
    Cordialmente,

    • i rom … stiamo parlando di 160 persone , 90 minori … alcuni volevano restare nel campo , molti volevano abbandonarlo , si rendevano conto della sua invivibilità e del degrado . sono stati coinvolti, hanno potuto esprimere in ripetuti incontri con i servizi paura, ansia, rifiuto,condivisione , accettazione di una soluzione emergenziale , perchè di questo si tratta una emergenza umanitaria … che sindaco, assessore e servizi sociali hanno dovuto affrontare . il campo non esiste più , resta da costruire giorno per giorno sulle macerie …cosa ha fatto zedda ? aver chiuso il campo è già una grande cosa , ascoltare le persone riconoscendone la dignità vi sembra poco ? il lavoro vero è silenzioso , lavorare con i poveri , con gli ultimi non necessita di palcoscenico .

  3. ZunkBuster says:

    Comunque sia, devo parzialmente rivalutare il prefetto Balsamo, che ha deciso di affrontare subito, e con piglio deciso, il “problema movida”. Dato che si è dibattuto tanto, e spesso con astrattezza, di “legalità”, il Prefetto sembra aver colto il filo di un discorso che a qualcuno sembra sfuggire. Nessuno è schierato per la tolleranza di qualsiasi illegalità o per il girarsi da una parte quando accade, ma se legalità dev’essere, il primo esempio che possiamo/dobbiamo dare ai Rom è quello di dimostrare che come la “legge” secondo quello che sta scritto in tutti i tribunali, anche la “legalità” è uguale per tutti. E in ogni caso, come ha detto Antonello Pabis, quanto sarebbe stata più utile un’azione educativa che spiegasse ai Rom come estrarre i metalli dai RAEE senza ricorrere ai roghi, e magari in prospettiva potesse portare, con le dovute collaborazioni, a trasformare un’attività di cui emergeva solamente l’aspetto illegale e nocivo per la salute dei cittadini, in una regolare attività di smaltimento di rifiuti speciali con tutti i crismi di legge, magari con quelle agevolazioni che comunque non importassero deroghe rispetto a ciò che nella legislazione in tema di smaltimento RAEE è inserito non per sadismo burocratico, ma per tutelare reali esigenze di salute e sicurezza? Di più: pensiamo se gli imprenditori che hanno bisogno di smaltire i RAEE ottenessero, portandoli dai Rom così “riconvertiti” alla legalità, una sorta di “certificazione solidale”, con un ritorno pubblicitario che, probabilmente, farebbe aggio sui costi aggiuntivi? Si caro Biolchini, perché contrariamente alle apparenze, le sacche di razzismo sono molto rumorose e insidiose, ma restano fortunatamente minoritarie – e se ci sono, comunque, vanno stroncate con le doverose denunce alla competente Autorità ai sensi della “Legge Mancino”, e per quanto mi riguarda appena potrò, provvederò personalmente a segnalare alla polizia postale tante stupende esternazioni che ho incrociato qua e la per il web anche da parte di persone che dovrebbero essere “colte” e che la “legalità” dovrebbero averla per mestiere – se ci parli con la gente, cerchi di spiegare le cose senza fare troppo l’intellettuale, in modo semplice come si conviene con chi magari non ha studiato come “noi” ma non per questo ha meno diritto di capire, alla fine vedi che non è così difficile far cadere i pregiudizi. Sorprenderà forse qualcuno sapere che l’omofobia, a Cagliari, resta ormai radicata in sacche di resistenza annidate nei “quartieri alti” piuttosto che nei ceti più popolari, ho fiducia che accadrà così anche per la “zingarofobia”, e si percepiscono faticosi segnali di cambiamento. Se la risposta non è “educativa”, o “coeducativa”, nel senso che noi abbiamo qualcosa da insegnare ai Rom ma anche da imparare da loro, e si basa solamente su esposti, denunce, video presi furtivamente col telefonino, si fornisce una risposta repressiva che è sempre foriera di effetti peggiori dei mali che si pretende di eradicare. Ricordando sempre che nessuno può permettersi soluzioni “radicali” che non potrebbero più essere quelle del signor Adolf Hitler, ma che magari scimmiotterebbero quelle di quel buffonesco presidente francese giustamente “trombato” alle recenti presidenziali. Vivianne Reding non sarebbe affatto d’accordo, e forse, a seconda dei mezzi e dei toni che si adoperano, neppure la Procura della Repubblica.

    • valentina says:

      Mi fa sorridere che proprio tu che parli di Peddizzoni a Mulinu Becciu, che non si oppongono al dilagare della droga ma si mobilitano contro smaltimenti illegali di poca importanza….e via dicendo con luoghi comuni su via Seruci, parli di esternazioni razziste sul Web;
      Allora chissà cosa avresti scritto se fossi stato al posto di chi, per anni ha respirato diossina, e che ogni volta che a chiesto attenzione per il problema si è trovato davanti ad un muro di gomma!
      Contrariamente ai dubbi che aleggi, non è stato per nulla facile arrivare alla Magistratura; per anni abbiamo pensato che data l’evidenza dei roghi e le nostre continue richieste al 115, 112, 113… prima o poi le cose sarebbero cambiate. Anche se in realtà i ns. interlocutori ci dicevano che non potevano far nulla, noi avevamo molta fiducia nelle istituzioni. Poi finalmente abbiamo capito che dovevamo cercarci e unirci, darci una mossa noi…insomma. Sono nati a insaputa reciproca e quasi contestualmente, due comitati, segno che, contrariamente a quanto dici tu, il disagio non era più sopportabile. I due gruppi sono diventati il comitato:”no diossina”. Testimonianze verbali e firme raccolte hanno preso la strada dei primi esposti, ma evidentemente non erano sufficienti a mettere in moto l’indagine, il tema era delicato è andava supportato da prove più tangibili, e molti hanno collaborato per reperire immagini degli smaltimenti, che, grazie all’aiuto di GrIG sono stati sottoposti al vaglio della Magistratura.
      La Magistratura accerta la validità delle denuncie, e nonostante ciò c’è chi ancora disconosce la gravità dell’attività di smaltimento posta in essere; financhè attribuire l’etichetta di cattivi a chi ha denunciato e poveri vessati chi ha perpetrato il reato.
      Mi sembra un pò tanto da sopportare. Anche perchè come detto più volte, non riconoscere da subito il problema, e farne una questione di parte, ha solo fatto si che la situazione negli anni si sia incacrenita, e creato una situazione di tensione sociale di cui oggi vediamo pienamente i frutti.
      In questo tuo post finalmente riconosci la realtà. Bene, da qui si può partire, e se vedi dicevo già le cose che ora dici tu….
      Il lavoro di recupero dei metalli “già puliti” tipo ferro vecchio e similari, che i Rom potevano rivendere senza impelagarsi in pratiche tossiche, è stato un lavoro utile per l’ambiente e per la società, e nessuno mai li ha attaccati per questo, anzi.
      Il problema è sorto quando si sono accesi i roghi con relativa l’escalation d’inquinamento, che ha causato danni alle persone e all’ambiente.
      Ora, io non so se si possa trovare un modo per lavorare diversamente nel settore di cui sopra; ma so che riconoscere che era una pratica sbagliata, oltre che illegale, è l’unico modo per trovare una soluzione.
      Tutto il resto, in un momento di tensione come questo, è solo scontro che può pregiudicare l’esito positivo della convivenza futura.

      • ZunkBuster says:

        Non ho parlato di abitanti di Mulinu Becciu “peddizzoni” ma solo di un episodio specifico capitatomi, ossia di alcuni giovani dall’aria poco rassicurante, vestiti appunto “de pedditzonisi”, che mi hanno dato dello “sbirro”, anche con fare minaccioso, solo perché indossavo giacca e cravatta. Poverini bisognava capirli, dall’Unione Sarda del giorno prima risultava che proprio in quella zona i Carabinieri avevano appena acchiappato una dozzina di “bravi ragazzi” immuni da sangue Rom per traffico di droga. Resta il fatto che arresti a Mulinu Becciu per spaccio di stupefacenti ce ne sono stati anche di recente, e non ho visto mobilitazioni di “mamme antidroga” degne di un centesimo dell’enfasi dedicata ai Rom. E per quanto riguarda via Seruci, se è un “luogo comune” che si tratta di una delle centrali dello spaccio cittadino, evidentemente lei non segue le cronache, e povera la gente onesta che ci vive, che se solo si allontanano per 12 ore da casa spesso se la trovano illegalmente occupata. Anche il voto da quelle parti è sempre stato controllato secondo certe logiche, molto affini a quelle note nelle terre di Gomorra, giusto l’anno scorso il meccanismo si è un po’ incrinato. Il razzismo è cosa ben diversa, i delinquenti non sono una razza, sono delinquenti e basta; le nostre leggi dicono che bisogna cercare di recuperarli, ma i cittadini non devono subire le conseguenze della loro presenza, che siano Rom o meno. Ho molti amici a San Michele, che pur vivendo tra mille difficoltà (e sovente mi sono trovato a dare soldi per superare momentanee difficoltà economiche … si, quando posso lo faccio con gli “zingari” ma anche con le persone in difficoltà delle periferie), non commettono reati, anche se magari qualche precedente l’hanno avuto, però so anche perché non denunciano chi commette reati: per paura, e anche per sfiducia nella giustizia. Magari vale anche all’interno dei campi Rom, che ne sa lei? I Rom sono un’etnia, ma a volte sfugge la misura in cui li si attacchi in quanto delinquono ovvero li si attacchi in quanto Rom. Onestamente se leggo i commenti di qualcuno che perfino Deliperi ha dovuto censurare qualche volta sul suo blog, spesso non riesco a cogliere le sfumature. Ad ogni modo, circa la Polizia Postale, mi riferivo a esternazioni su Facebook, provenienti da persone che, essendo laureate in legge, e non avendo mai visto come è fatto uno “zingaro” ma forse neanche un comune abitante delle periferie cagliaritane, possono permettersi certe esternazioni molto meno di chi è comprensibilmente esasperato. Quindi non si agiti, non mi riferivo certo a lei, e stia tranquilla che so distinguere tra semplici sfoghi dovuti all’esasperazione e razzismo.
        Per il resto, mi fa piacere che qualcuno di voi si sia posto il problema che i Rom sono comunque esseri umani, e che forse se è successo quello che è successo non è perché sono, lombrosianamente, “delinquenti nati”, ma perché vivono pure qualche difficoltà

      • valentina says:

        Il problema dello smaltimento dei rifiuti è una cosa molto seria e grave, soprattutto per l’escalation che si sta avendo negli ultimi anni. Sono perfettamente d’accordo con lei quando dice che non si può generalizzare; nel caso del campo della 554 gli smaltimenti sono andati avanti per anni impunemente, perchè chi di dovere, non so per quale misteriosa ragione, non è mai intervenuto, giustificando l’impossibilità di ristabilire la legalità, col fatto che non era possibile individuare chi, all’interno del campo, fosse artefice del reato. Capisce bene, come abbiamo detto anche al Magistrato, che se lo Stato abdica alle sue funzioni e consente che sul suo territorio esistano delle zone extra-territoriali dov’è possibile delinquere impunemente, tutto è possibile, e la generalizzazione è la conseguenza minima, seppur sbagliata. Le prime vittime di questa beffa, sono gli stessi abitanti del campo che hanno dovuto subire la violenza di chi aveva licenza di delinquere. Personalmente, campo 554 a parte, sto documentando altri smaltimenti, più o meno frequenti, che ho la “sfortuna” di vedere percorrendo la stessa 554, e farò il mio dovere di cittadina del mondo, anche in questi casi; anzi, invito tutti quanti ad attivarsi per sconfiggere quella che sta diventando una vera emergenza.

      • DEO CREO
        Deo creo in s’amore chi movede dae su coro,
        chi t’essidi dae sas manos, chi camminada sutta sos pes tuos,
        s’amore misteriosu finas de sos canes e atteros frades animales,…
        de sas piantas chi paret ti fatana su sorrisu finas cando las coglis,
        s’amore silenziosu de sos pisches chi t’isetana in mare….
        S’amore de chie t’amada e non ti cherede lassare….
        Deo t’appo a chilcare finas cando ses attesu……
        Abaida deo creo, deo creo chi est s’amore chi nos salvada!!..
        Vincenzo Tatti

  4. Vito Biolchini says:

    Cari amici del blog,
    noto con dispiacere che questo dibattito si sta incarognendo, talvolta senza motivo. Capita, soprattutto quando si scrive molto, di perdere il filo del discorso. E così si scatenano delle contese individuali tra di voi che però spesso alimentano più le divisioni, mentre sarebbe opportuno anche esaltare i punti di contatto tra posizioni diverse. Perché è questo che dovremmo fare: discutere con responsabilità senza trascendere mai. Perché siamo tutte persone di buona volontà e dei sinceri democratici.
    Poi mi rendo conto che scrivere è difficile, e spesso basta una parola sbagliata per far divampare lo scontro. Il caso Deliperi/Pabis è sintomatico di come spesso nella foga due persone stimabilissime, con grandi meriti, e che hanno una formazione politica e democratica che li accomuna piuttosto che dividerli, poi per una serie di parole mal dette e mal capite si trovino su trincee opposte.
    Chiedo scusa alle persone che non si vedono in queste ore pubblicati i loro lunghi commenti: li ringrazio perché so quanto sia faticoso scrivere. Però questo dibattito va riportato su un livello consono alla sua importanza e delicatezza. Il tema è incandescente, lo so bene. Ma sforziamoci di elevare sempre il livello della discussione, evitando di cadere in offese personali o giudizi ingenerosi. E soprattutto basta duelli personali.
    Grazie comunque ancora per la partecipazione.

    • francu says:

      semplificando molto (e me ne scuso) mi pare che il dibattito abbia assunto troppo il livello di:
      “io non sono razzista, ma”
      oppure
      “mischinetti i rom sono zingari e se incaddozzano i motivi sono da ricercare bla, bla”
      Così non ne usciamo. Potrebbe essere che, prima di tutto chiediamo ai rom ta gazzu bolinti senza decidere per loro. Poi proviamo a dargli quello che chiedono ponendo regole e paletti e stipulando con loro un patto. Tipo che se vogliono un nuovo terreno dove vivere il Comune trova lo spazio, allaccia fogne, luce e acqua. Magari gli chiede un piccolo canone, porta avanti progetti di inclusione sociale ecc. Nel patto ci deve anche essere scritto che se ti becco a bruciare, distruggere, così come per ogni cittadino (e con responsabilità personale non dell’intero gruppo) ti scramento tanto quanto il gaggio che butta l’aliga al poetto o chi parcheggia nelle piste ciclabili.

      • ZunkBuster says:

        Pienamente d’accordo. Quando si va sul concreto ci si capisce. Aggiungerei: cerchiamo di attuare la risoluzione del Parlamento Europeo del 2009 in tema di accesso alle opportunità lavorative per i Rom. Forse se anziché frastimmarli perché bruciano i copertoni riusciamo a costruire un percorso perché possano dedicarsi a queste attività nel rispetto delle regole, ci guadagniamo tutti. In fondo, molte cosette che “tutti” facevamo un tempo oggi sono considerate illecite o comunque ambientalmente nocive, vedasi l’uso e l’abuso dell’eternit, già molti anni dopo la scoperta della dannosità dell’amianto. Magari alla fine della fiera l’attività “smaltimento rifiuti” effettuata dai Rom e adeguatamente “legalizzata” sulla base delle normative comunitarie e nazionali potrebbe sempre essere un’alternativa migliore all’abbandono dei rifiuti sulla 131 o all’incremento del business delle ecomafie.

      • New Entry says:

        Io continuo a credere che cercare soluzioni “personalizzate” significhi perpetuare isolamento e discriminazione, invece di mettere tutte le persone sullo stesso piano con pari opportunità (nei modi previsti sul nostro territorio dello Stato). Sono più d’accordo con le posizioni di Gabriele Ainis.

      • ZunkBuster says:

        Soluzioni uguali per soggetti diseguali significa accrescere i fattori di disagio e di emarginazione anziché attenuarli. E’ il semplicissimo discorso che ha fatto prima Vito Biolchini, e non c’è bisogno di essere grandi giuristi per metabolizzarlo (ma forse buoni amministratori si): basta leggere attentamente gli articoli 2 e 3 della Costituzione, magari con un’occhiata alla CEDU e un’altra al Patto sui Diritti Civili di New York. Anche i Sinti a cui fa riferimento Ainis e i Rom che stavano al campo nomadi della 554 non sono “uguali”, perché i primi sono insediati in Italia dal tardo Medioevo, e spesso non parlano più neanche il romanì. Il discorso dell’inserimento in appartamenti è ben diverso se fatto ai Sinti, che in larga misura ci sono già abituati, o ad altre popolazioni “romanì” che sono di provenienza più recente, e spesso dietro emergenze non da poco come la guerra in Bosnia.

      • New Entry says:

        Perchè le pari opportunità dovrebbero creare disagio ed emarginazione? Secondo me biognerebbe lavorare in questa direzione (senza “quote Rom”).

      • ZunkBuster says:

        Mi fraga che ti conosco … comunque vorrei capire qual’è il tuo concetto di “pari opportunità”. Simile a quello relativo alla parità di genere, laddove poi entrano pochissime donne nelle varie assemblee elettive (e nonostante gli sforzi di elaborare cervellotici meccanismi di “preferenza di genere”, ne entreranno ancora di meno senza garanzie di elezione, magari anche a discapito di uomini più votati)?

      • New Entry says:

        Mi scuso ma preferisco sottrarmi all’inutile (almeno per me) gioco dell’ “Indovina l’identità mancante” : personalmente prendo in considerazione ogni singola opinione sulla base dei contenuti e chiedo semplicemente che si faccia la stessa cosa con la mia (ma accetto che chi non è d’accordo non faccia altrettanto, problema non mio).
        Pari opportunità per me non significa creare percorsi preferenziali, che ribadiscono ingiustizie e diseguaglianze, per intenderci come nel caso in cui si creasse apposta per i Rom “l’attività “smaltimento rifiuti” adeguatamente “legalizzata” sulla base delle normative comunitarie e nazionali” (e per cosa, per una loro “vocazione” identitaria all’immondizia?).

      • ZunkBuster says:

        Per capirci … sei contrario/a anche alla parità di genere? Perché abbiamo visto che senza azioni positive serie, negli organi elettivi donne ne entrano poche. Giusto per comprendere come si concilia la tua visione con l’art. 3 della Costituzione, c’entra con Rom solo in senso lato. Quanto alla questione dell’attività di smaltimenti rifiuti, era solo un tentativo di passare da una “pars destruens” che stigmatizzava i danni a terzi cagionati con questa attività (illecitamente svolta) a una “pars construens”, aldilà della legalità fine a sé stessa propugnata dai “civilizzatori”. Peraltro, la lavorazione dei metalli, che sono la vera “ricchezza” contenuta nei RAEE – si pensi solo all’oro e al cadmio contenuto, sia pure in misura apparentemente trascurabile, in qualsiasi telefono cellulare – quella si appartiene al novero delle “attività tradizionali” dei popoli romanì. Puntiamo su quella o su altre? E’ un discorso serio. Però non si può dire, secondo me, puntiamo su tutto per poi puntare al nulla. Anche la faticosa emancipazione femminile passò per alcuni mestieri “tradizionali” e “privilegiati” per giungere alla fase attuale in cui le donne, ad esempio, occupano oltre il 50% dei posti nella magistratura “di prima linea” (ma sono, purtroppo, profondamente sottorappresentate presso la Corte di Cassazione). La formazione e l’orientamento professionale, gestiti in modo più decente, farebbero meglio all’intera popolazione, a maggior ragione ai Rom che hanno maggiori difficoltà di percorso. E comunque faccio ancora notare che la questione dell’inserimento lavorativo dei Rom è stata affrontata organicamente da una corposa risoluzione del Parlamento Europeo del 2009, e di questo non risulta che dalle nostre parti sia mai stato fatto niente di concreto (forse in questi casi il “ce lo chiede l’Europa” non vale).

      • New Entry says:

        Mi scuso per aver fatto attendere la risposta. Apprezzo molto la propositività come punto di partenza. Per rispondere alla domanda io sono per la parità, punto.

      • francu says:

        zunk aicci però no di besseusu prusu. Se chiedere di non distruggere dei beni comuni, accendere dei roghi pericolosi diventa troppo ecc. corri il rischio di cadere nella categoria “mischini funti zingarusu itta boleisi”.

      • ZunkBuster says:

        Mischini? Si, forse, ma dopo che sono sicuro di essermi sforzato al massimo di far comprendere la convenienza reciproca del “discorso legalità” (che deve comunque essere sempre un mezzo finalizzato all’attuazione dei valori costituzionali e al mantenimento della civile convivenza, non un qualcosa di fine a sé stesso, che è un approccio tipicamente fascista, farisaico e antisociale, benché sfortunatamente mutuato a fasi alterne da “certa sinistra”), anche di far comprendere ai Rom che pur nel rispetto di un certo tasso di “esclusivismo” che li contraddistingue ci sono buone ragioni di convenienza reciproca per accettare qualche compromesso … mischini unu cazzu!!! Ma prima di ciò, il “mischini” vale per i Rom come per i figli disgraziati delle periferie degradate nostrane senza opportunità, ovviamente finché non esagerano. O è un discorso troppo comunista? O magari, troppo cristiano, non so … certo che dobbiamo chiederlo di rispettare i beni comuni, non mettere a repentaglio la salute dei cittadini, ma in cambio cosa offriamo? E cosa offriamo anche agli emarginati nostrani, autoctoni, a parte la galera, dove i colletti bianchi e la maggior parte della “brava gente” nostrana, purché possa pagarsi un buon avvocato, non va mai? Tutto ciò che dobbiamo fare sta scritto nell’art. 3 della Costituzione. E’ difficile, ma almeno sforziamoci, e ovviamente, si sforzino anche i Rom nel venirci incontro.

  5. Antonello Pabis says:

    Vedo che qualcuno si è sentito pizzicato. Mi dispiace ma io non so esprimermi diversamente. Tra i rom cattivi e inquinatori e il ben pensante e rispettabile Ainis, al quale il “destino” ha riservato sorte diversa, io ho scelto di stare con i primi. Ai primi suggerisco di imparare dal secondo e trovare soluzioni alternative al fuoco per liberare i fili di rame dalle loro guaine o le carcasse di automobili dalle gomme e dalla plastica. Al secondo, imparando magari dai primi, di recuperare l’umanità perdutà perchè la sua indifferenza sulla tragedia umana di 157 persone tra cui una novantina di minori è semplicemente raccapricciante. Sto con i primi perchè hanno bisogno di aiuto e lo faccio, per quel che posso, non per sentirmi un eroe (che stupida uscita, Ainis) ma per un senso di riconoscimento e di responsabilità civile (sono un partigiano, che ci posso fare?). Non sto col secondo perchè ha già le sue certezze, anche per il domani. Fa un pò di confusione fra rom e sinti ed anche fra gagè e gaggè, ma non è grave. E’ più grave che non capisca o finga di non capire cosa sono i processi di formazione dell’individuo, che le prigioni e i ghetti “incrementano il malvivere e il conflitto, che per curare gli effetti bisogna studiare le cause e che non basta l’imposizione di una regola per sanare situazioni complesse. I rom sono stati spiati ed eroicamente (qui ci sta bene) sputtanati, per i roghi e anche per la mercedes di lusso presente nel campo. Peccato che quella stessa Mercedes sia stata acquistata a soli 3000 euro, perchè incidentata, e rivenduta a 11.000 dopo la riparazione. Per i roghi, i nostri “intellettuali democratici” si sono divertiti a “documentare” gli incendiari e va bene. Potevano divertirsi meglio suggerendo il nome di un ingegnere ambientale per lo studio delle alternative a quella pratica avvelenatrice anche di se stessi. Forse non ci hanno pensato o non gliene fotteva nulla.

  6. Sovjet says:

    Cosa sta facendo la giunta Zedda per i poveri?
    Cito Ainis riportando un pezzo di un suo post (“Il rapace Pubusa giudica Zedda e sviene per la fatica”) dove mi pare che dia almeno un approccio utile per valutare l’operato di questa giunta.

    *Insomma, tanto per dedicarci alle metafore, che sono tanto belle e rendono l’idea con poco sforzo: supponiamo che di punto in bianco si venga chiamati ad eleggere un personaggio il cui compito sia quello di far funzionare la macchina della giustizia, che oggettivamente è uno schifo pazzesco (e meno male che Berlusconi se n’è, quasi, andato così possiamo dirlo senza tema di essere tacciati di berlusconismo).
    Io voterei senza dubbio per Pubusa, persona competente che potrebbe dare un contributo forte. Siccome con il nostro bLLog spostiamo milioni di voti, il mio sostegno è tale che Pubusa viene eletto e comincia ad operare.
    Dopo un annetto vado da lui egli dico: Ascò, Andy, ma tutto qui quello che hai fatto?
    E lui mi risponde: Ascò, Gabri, cravarinci in su c*** pagu pagu! Ma ti rendi conto che dobbiamo cambiare una situazione incancrenita da mezzo secolo di liti, privilegi, faide, interessi privati, sprechi: vuoi che ti cambi tutto in un anno? Ti rendi conto che se cerchi di far cambiare direzione a un TIR lanciato in discesa ci vuole tempo perché non è che fai una conversione ad U in dieci metri? Non è come una cinquecento, mì!
    E gli darei ragione: perché se si affronta una situazione complessa come la giurisdizione, non è che in un  anno (o dieci, per la giustizia) riporti tutto a qualcosa di appena soddisfacente. Prima di tutto perché la macchina non si può fermare, deve comunque continuare a funzionare, e poi perché gli organismi complessi si cambiano gradualmente e ciò che si può valutare in un intervallo di tempo limitato è la tendenza. Che poi sarebbe esattamente quello che mi risponderebbe Pubusa: Cuddu c*** ma guarda un po’ la tendenza delle cose che sto facendo! Poi mi illustrerebbe la sua filosofia di cambiamento e mi farebbe vedere che in un anno non ci possono essere mutamenti epocali, però la mano di Pubusa si vede e come!
    Ora, poiché Pubusa è persona ragionevole – e non solo competente – ci sarebbe da domandarsi: perché si dovrebbe guardare all’amministrazione cittadina in modo differente? Questa tendenza la vediamo o no?*

    Con il suo stile Ainis pone l’accento su un punto fondamentale: qual è la linea di tendenza? In una città amministrata senza pianificazione, con una visione classista, dove va bene la carità, ma non il riconoscimento dei diritti; dove il povero non è soggetto ma oggetto di politica in quanto clientes; dove la guerra tra poveri la vinceva chi più era vicino all’assessore di turno, garantendogli voti e consenso, io dico che qualcosa sta cambiando.
    Intanto, i servizi sociali non sono mediati dalla discrezionalità dell’assessore, ma dalle operatrici; i poveri sono tutti uguali, sono tutti cittadini portatori di diritti ma anche di doveri e non basta la vicinanza per vedere ogni conto pagato; si sta ragionando in termini di autonomiae di dignità delle persone, anche di quelle che la dignità non sono più abituate a considerarla un bene prezioso; si lavora sul far passare l’idea che chi ha dalla collettività poi alla collettività deve dare e non basta garantire un voto alle elezioni.
    L’ho sentita io, con le mie orecchie, una signora – pare habitué dei corridoi dell’assessorato ai servizi sociali – magnificare le grandi doti del precedente assessore, che lei aveva votato. Lui sì che l’ascoltava, lui che le risolveva i problemi! E l’assessore ripetere che sono le assistenti sociali che seguono le persone e non gli assessori e che tutti sono uguali, non solo quelli che votano a favore.
    Si sta facendo qualcosa per i poveri, nel limite delle risorse? Io dico di sì: li sta trattando da cittadini, non da straccioni!

    • Anonimo says:

      Quindi ci stai dicendo che oggi i servizi sociali a Cagliari funzionano?

      • Sovjet says:

        Ti dico che le assistenti sociali fanno quello che possono fare e che il rapporto diretto con l’assessore non è la soluzione, ma parte del problema.
        Oggi i servizi sociali funzionano meglio di ieri.

      • Meglio così.
        Spero sinceramente che questo succeda anche dell’Urbanistica, del Verde, dell’Ambiente e dell’Edilizia Privata: vorrebbe dire che – finalmente – c’è la persona giusta al posto giusto.
        O, meglio: le persone giuste ai posti giusti.
        Quando ero assessore, non ero molto soddisfatto di me stesso, ma neanche di tutta la paranza: non penserete mica che siano solo gli assessori ad avere clienti, spero?

      • Sovjet says:

        Certo che no, ma com’è vero che il pesce puzza dalla testa, è anche vero che l’esempio lo si deve dare dall’alto: se l’assessore si muove in un modo non si capisce perché “tutta la paranza” dovrebbe fare diversamente.
        Sono contento però che convenga con me che questo è il modo giusto di amministrare. Anche se io lo reputo un semplice prerequisito.
        A metà mandato faremo una prima verifica. Ma la linea di tendenza a me soddisfa.

      • Sono saldamente convinto della responsabilità dell’assessore di turno, e pronto ad assumere tutte le mie.
        Però, queste responsabilità sono oggi diverse rispetto a quelle di una volta.
        Se un atto lo firma un dirigente, vuol dire che di quell’atto è responsabile lui, anche se l’assessore è – a sua volta – responsabile dell’insieme dell’azione amministrativa.
        Quando un dirigente non firma, all’assessore non resta che prenderne atto, e abbozzare, salvo cercare di rimuovere il dirigente stesso, sempre che possa farlo e ci riesca (in genere, il dirigente ha amici, conquistati a caro prezzo).
        In pratica, oggi, il pesce ha un paio di teste, che piaccia o meno.
        E, quanto a puzzare, ha molti luoghi di fermentazione, tutti vivacetti.
        Circa il modo giusto di amministrare, essendo un assessore “tecnico”, non avevo l’ansietà del consenso e del voto; quanto a interessi personali, basta informarsi. Tuttavia, è vero che questo è solo un pre requisito: per far bene, bisogna anche farlo. E farlo fare.
        Provate: non è difficile, ma è quasi impossibile.

      • Sovjet says:

        Infatti, professore, io non mi riferivo a lei. Non mi pare lei abbia mai gestito l’assessorato ai servizi sociali.
        Quello che dice è verissimo e io stesso ho avuto modo di farne esperienza a livello regionale. Resta il punto che quando l’assessore bypassa la struttura assumendo su di sé il ruolo di patrono. Allora lì si crea il problema perché il diritto non esiste più, ma c’è la “grazia”, la “liberalità” (per modo di dire, perché in genere è molto pelosa) del potente. Converrà con me che questo aiuta poco…
        Poi, sulla qualità dei dirigenti pubblici molto ci sarebbe da dire e francamente non è che la pensi in modo molto diverso da lei…

      • Continuo a sperare che il mio successore sia meglio di me, ma – soprattutto – che sappia fare e far fare meglio di me.
        Conoscendolo, non è una speranza mal riposta…

      • Sovjet says:

        Questo io non so dirlo non essendo un esperto nella materia. Quello che posso dire è che le parole che ha scritto le fanno molto onore.

    • Tronco di Nudda says:

      Od Sovjet, epperò il fianco il tuo discorso lo presta: dici tu: guardiamo la direzione intrapresa. E mi viene in mente il primo capodanno Zedda dove nessuno dei quattro palchi è stato posizionato in via quirra, a sant’elia o in altra zona popolare. Si è dichiarato come portare delle persone a vedere un concerto a Sant’elia per poi tornarsene a casa sia riqualificazione del quartiere, si è cercato di vietare la sosta dei camper per non avere di mezzo quei brutti sporchi e cattivi dei rom. Insomma, a voler essere obiettivi, la direzione intrapresa non sembra essere proprio “di sinistra”.
      Occorre un marcato cambio di direzione, una “strambata” verso sinistra. Decisamente verso l’inclusione sociale degli ultimi, occorre andare oltre i “cento passi” dal caffè Savoia al caffè Barcellona 🙂

      • ZunkBuster says:

        E magari possibilmente mandare vigili, poliziotti e carabinieri a raffica ad appioppare multe, chiudere e sequestrare i locali dei furbastri che inquinano acusticamente interi quartieri per fare le “tanalle” sull’insonorizzazione, portare in guardina gli stronzi che pisciano negli androni, far ripulire ai fighetti i rifiuti che lasciano copiosamente in giro, che non sono meno “rifiuti” perché non vengono lasciati nelle spiagge tanto care agli ambientalisti o dai temuti rom. Legalità vogliamo? Sulla legalità esigo piena par condicio coi Rom!!!!!

      • Gentile Zunkbuster,
        probabilmente in modo del tutto involontario ha centrato il problema.
        «E magari possibilmente mandare vigili, poliziotti e carabinieri a raffica ad appioppare multe, chiudere e sequestrare i locali dei furbastri che inquinano acusticamente interi quartieri per fare le “tanalle” sull’insonorizzazione, portare in guardina gli stronzi che pisciano negli androni, far ripulire ai fighetti i rifiuti che lasciano copiosamente in giro, che non sono meno “rifiuti” perché non vengono lasciati nelle spiagge tanto care agli ambientalisti o dai temuti rom. Legalità vogliamo? Sulla legalità esigo piena par condicio coi Rom!!!!!»
        Esatto: chi rompe le palle la notte, piscia in casa sua, abbandona i rifiuti o, detto in modo più ampio, viola le leggi che regolano il vivere comune, deve essere perseguito e se chi amministra la cosa pubblica evita di farlo, eleggiamo qualcun altro! Se le leggi non ci piacciono, agiamo per far sì che vengano modificate.
        Per pura curiosità statistica, è riuscito a dire, finalmente, qualcosa di sensato.
        Ringraziamo la statistica.
        Cordialmente,

      • senzasenzo says:

        Io invece voglio musica, colori, rumori, profumi, e altre cose in giro per le strade, altro che quieto vivere: perchè?
        Perchè Granada è meglio della Svizzera.

      • Gentile senzasenso,
        e chi gliele nega? Fortunatamente il mondo è vario (spesso avariato) e ciascuno di noi ha esigenze differenti. Le regole condivise servono proprio a questo, a far sì che si possa convivere senza prendersi continuamente a pappine. Ma il punto (vero) è un altro: che le leggi servono prima di tutto a difendere i deboli, non i forti, che delle leggi ne hanno poco bisogno perché hanno la possibilità di dare più pappine e se ne fottono!
        Cordialmente,

        E poi lei ha torto marcio: provi a chiedere a Campus che va sempre in SviZZZera: altro che Granada! (Certo che se invece avesse detto GranaDDa sarei stato d’accordo!)

      • Ginevra, tierra encantada por mi….

      • senzasenso says:

        ehehehe, questa è per pochi.

      • Vito Biolchini says:

        No caro Ainis, non è così. A parte che si è lasciato andare un po’ troppo contro Zunkbuster (a cui ho dovuto censurare un messaggio, ma a cui lei non può dire che “è riuscito a dire finalmente qualcosa di sensato”, queste cose non le può dire se vuole discutere serenamente in questo blog), la questione della legalità è marginale. E le dico secondo me il perché.
        Perché situazioni diseguali vanno affrontate in maniera diseguale. E soprattutto senza confondere i punti di partenza con quelli di arrivo. Grazie ad un campo costruito in grazia di dio a Monserrato tutti i ragazzi vanno a scuola e qualcuno si è pure diplomato. La legalità è un percorso: che peraltro in Italia riguarda tutti, non solo i rom. Ai quali però si chiede di “rispettare la legge” sic et simpliciter, qui ed ora. I rom delinquono nella misura in cui tutti delinquono. Solo che per loro la risposta ad un reato spesso non è una pena, loro non se la cavano mai così. Per loi noi riserviamo qualcosa di più duro: l’emarginazione sociale. Una pena che facciamo scontare loro per la sola appartenenza ad un gruppo.
        Così, mentre i rom devono essere cittadini modello, noi ci permettiamo di non applicare (o di farlo con grande ritrosia) tutte le leggi che tutelano questo gruppo etnico . Vuole che le citi gli articoli della Costituzione?
        I rom cagliaritani devono rispettare la legge, ma gli uffici del Comune di Cagliari non rispettano la legge, negando con mille cavilli agli stessi rom di diventare cittadini italiani. Le differenze esistono e non possono essere livellate dalla legge. Forse dalla cultura, ed è quello che io mi sforzo di fare. Ma non con lo spirito di chi vuole civilizzare qualcuno, ma secondo un rapporto di scambi reciproci.
        Alla fine il suo ragionamento è sterile, la sua proposta non praticabile. Vuole la dimostrazione? Sostituisca la parola rom al suo ragionamento e metta la parola “meridionali”: sembra di tornare nell’Italia degli anni ’50.
        Mi perdoni la franchezza, ma alla fine il suo è solo un discorso reazionario e niente di più. Anche lei confonde la politica come l’ordine pubblico, come i benpensanti che ho citato all’inizio del mio post. Che lei infatti ha giustamente (dal suo punto di vista) considerato “il peggiore di sempre” o una cosa simile.
        Con la solita immutata stima

      • ZunkBuster says:

        Ringrazio Biolchini, senza ironie, per la censura, perché altrimenti si finiva davvero in rissa, e anche per le sue parole di saggezza, da non giurista, in tema di legalità. Io in quanto giurista quando sento fare discorsi un po’ astratti sul tema sono troppo coinvolto, e te ne sarai accorto. Perché un discorso astratto era anche quello del prefetto Balsamo – che io comunque non chiamerò mai “infame” come ha fatto qualcuno su altri post – circa il “favor libertatis” per le manifestazioni filorepubblichine del 25 aprile; un discorso astratto è sempre stata la legalità della “magistratura degli ermellini”, prima che arrivasse Magistratura Democratica, che arrivassero nuove sensibilità che hanno fatto recepire ai magistrati -. purtroppo non a tutti, e non sempre con la medesima intensità – il concetto di “legalità costituzionale”, che poi è quello che con parole molto più incisive ha rappresentato Antonio Ingroia. Quando si parla di legalità bisogna essere invece molto concreti, anche perché, per una volta in positivo, a esaminare tutte le direttive, regolamenti e risoluzioni in tema di Rom, “ce lo chiede l’Europa”.

      • Gentile Biolchini,
        premesso che lei censura ciò che ritiene opportuno (avrebbe potuto censurarmi, dove sarebbe stata la novità? Lo dico veramente.) mi sorprende che non colga l’ironia del commento. Potrebbe darsi che l’abbia espressa male, ma adopero il contenuto del commento di Zunkbuster (che condivido sul serio, perché ciò che afferma, non volendolo fare, è sacrosanto, ecco il perché dell’ironia, mi appare una situazione surreale in cui c’è quello che spara enormità e poi gli danno ragione quando non vorrebbe, uno spunto per una scena teatrale) per risponderle.
        Che lei mi dica che io pretenderei dai Rom una legalità immediata e totale, ventilando come non mi renda conto che sono discriminati, potrei quasi dire che mi offende. Non solo non l’ho sostenuto, ma non mi sognerei mai di dire una sciocchezza del genere.
        Né le faccio esempi riguardanti il mio vissuto; non ci conosciamo, quindi potremmo essere entrambi intermediatori che lavorano in un campo (e non solo, a Torino ed hinterland si lavora pochissimo nei campi rispetto ad altre realtà) oppure scribacchini che passano il tempo alla tastiera dedicandosi alle seghe mentali.
        Ciò detto, e molto semplicemente: come si esce dalla discriminazione?
        Io le dico che sono ragionevolmente convinto di come «non» se ne esce: non se ne esce se il problema della legalità (che non c’entra nulla con l’ordine pubblico) non viene messa al primo punto, ma non per posizioni ideologiche, quanto perché lo dice l’esperienza (e i Sinti lo sanno benissimo: lo mettono in cima alle priorità pure loro). Vuole un esempio? Chieda a Biolchini, il quale afferma, correttamente, che il campo di Monserrato funziona, perché, guarda caso, nessuno combina le porcherie del campo sulla 554! Mica lo dico io: lo dice Biolchini!
        Evitando di risponderle sulla Costituzione (che effettivamente non so cosa sia, ma adesso che mi ha detto che esiste me la leggerò) le ripeto ancora una volta che questa difende proprio i deboli (come i Rom) così come fa la legalità. Lei non potrà mai convincere un cittadino della necessità di giustificare l’illegalità come necessità per l’integrazione (e non solo perché è sbagliato, ma perché non funziona!). Va da sé che non si può raggiungere di botto (ma le pare che proprio io abbia mai detto una cosa simile? Ma ha letto, per caso, ciò che dico su Zedda e la necessità di guardare la tendenza e non pretendere che il TIR cambi direzione di botto, ma mostrare un indirizzo?) ma la volontà forte di evitare l’illegalità è indispensabile, in caso contrario i cittadini non lo accetteranno e non per la crisi contingente (che però inasprisce gli animi) ma per il semplice motivo che i deboli, tutti, sono attentissimi agli altri deboli ed è lì che si deve agire. I poverini che respiravano i fumi dei copertoni si incazzano per questo, mica perché respirano i fumi della SARAS, però l’integrazione la deve fare con i Rom, non i fusti di benzina! E i Rom non andranno ad abitare in Viale Merello, sa? (Ma se l’ha anche scritto, perché poi lo ignora?) La invito a leggere i commenti sul suo blog (cosa che immagino farà) e a riflettere su ciò che dicono.
        Infine: si rende conto del pericolo gravissimo del suo ragionamento proprio per la percezione che si rischia di veicolare sui Rom? Li vuole trasformare, più di quanto già non sia, in «quelli che sono autorizzati a delinquere»? Ma i commenti che si leggono in questo post davvero non le dicono nulla? Non esistono i «popoli che hanno subito in passato e devono essere risarciti oggi» come vorrebbe l’ottimo Pabis (che dev’essere una gran persona ma non sono d’accordo con lui) perché è quello che dicono gli israeliani quando abbattono le case dei palestinesi ed infatti è un ragionamento che piace ai forti, non ai deboli (che tanto non hanno la possibilità di usarlo!). Potremmo smetterla con la demagogia (visto che mi chiama reazionario, le posso dire che lei è un demagogo?) e pensare che i Rom sono esseri umani come gli altri e non Panda? (La battuta non è mia: se ci crede, le dico che l’ho sentita alla Casa Umanista… da un Sinti!).
        Infine il campo sulla 554. Ho affermato, e lo ripeto (ne sono convintissimo) che in determinate situazioni non si può menare il torrone. C’era da gire ed è stato fatto. Forse non nel migliore dei modi, ma preferisco Zedda che fa qualcosa all’amministrazione precedente (che avrebbe potuto e non ha fatto un cazzo). Forse la pensiamo diversamente (o di sicuro) ma ciò ha tutelato prima di tutto gli abitanti del campo (e poi gli altri cittadini).
        Infine sul mio considerare «pessimo» il suo post. Lei dice: «Le differenze esistono e non possono essere livellate dalla legge. Forse dalla cultura, ed è quello che io mi sforzo di fare. Ma non con lo spirito di chi vuole civilizzare qualcuno, ma secondo un rapporto di scambi reciproci.»
        Esatto: anche io! La differenza è che io vorrei che funzionasse (mi perdoni ma sono un pragmatico, ciascuno ha i propri limiti). La sua proposta non funziona ed è per questo che ho espresso quel parere. La legge non livella le differenze, ma impedisce che diventino maggiori: senza legge ha una sola certezza vince il più forte (provi a indovinare chi, tra Sinti e chi li vorrebbe gasare come si faceva poco più di mezzo secolo fa).
        Guardi che la stima è reciproca.
        Cordialmente,

      • valentina says:

        Per come la vedo io, i Rom delinquono nella misura in cui glielo si lascia fare; è purtroppo glielo si lascia fare spesso (ovviamente se i loro delitti non coinvolgono la città che conta), a causa di una malsana idea di sensibilità verso una “comunità disagiata”.
        Questa sensibilità presuntuosa che anzicchè aiutarli ad emergere e a trovare dignità, li relega dentro i confini dell’eterno bisogno della nostra carità nauseante. In quasi 20anni di vita di quel campo, per “aiutarli” (e anche per aiutare le proprie tasche) gli è stato concesso di vivere nell’illegalità dilagante; tolti da quella discarica-inceneritore molti di loro non hanno più di che vivere. Bel successo. Io dico che in questi anni, chi veramente voleva aiutarli avrebbe dovuto battersi con loro, perchè avessero diritto a lavorare onestamente; altro che glissare sulle loro “malefatte”.
        Io ovviamente mi riferisco al campo della 554 perchè non conosco la realtà delle altre comunità, dunque non ho la presunzione di parlarne; ma più in generale dico che situazioni come quelle che si son create in quel campo, nuociono all’immagine di tutti i Rom… e tutte le belle parole che si possono spendere a danno fatto non modificano l’immaginario collettivo…. e forse anche di questo bisognerebbe tenere conto prima di elargire carità pelosa…

      • ZunkBuster says:

        Ma che c’entra la città che conta? Dai, non facciamo queste caricature sottoproletarie, che al massimo possono andare bene per via Seruci (dove comunque, finché la Benemerita non li schiaffa dentro, ci sono molti “ricchi” per attività poco legali, leggasi spaccio di droga pesante cioè di MORTE, e non si tratta certo di Rom). A Mulinu Becciu abitano anche avvocati, magistrati, numerosissimi docenti (anche universitari), dirigenti della pubblica amministrazione, perfino qualche imprenditore. Pensi che nessuno di questi potesse mettere in molto la magistratura molto prima, se la situazione fosse stata davvero così tragica? Certo, se mi si parla di via Masaccio o piazza delle Muse, il discorso è un po’ diverso, ma anche Genneruxi, cosiddetto quartiere “su”, qualche problemino con tossici e teppisti ce l’ha. A Cagliari gli “zingari” di regola non rubano, ma se rubassero credi che guarderebbero se uno ha scritto in faccia operaio, parlamentare o avvocato? A me quando hanno tentato di derubarmi a Roma, in via dei Fori Imperiali, non hanno certo chiesto il 740, e comunque non per questo ho maturato alcun odio preconcetto verso gli “zingari”. No questo discorso da finti sottoproletari non regge; i veri sottoproletari hanno altro a cui pensare che scrivere su internet. Sai … a volte capita che, come fanno spesso gli “zingari”, anche loro rubino, o addirittura spaccino droga, purtroppo “per campare” in questa fottuta città che non offre uno straccio di occasione di lavoro anche a chi è professionalmente qualificato, figuriamoci al figlio di poveri a stento uscito dalla scuola media o se va bene dall’istituto professionale. Ma non è un problema che tocca chi ha animato questa finta “guerra tra poveri”, quindi piantiamola di falsificare la realtà.

      • Sovjet says:

        Caro Tronco, sono sicuro che il mio discorso presti un qualche fianco, destro o sinistro che sia. Sono altrettanto sicuro però che il fianco che ti sembra di scorgere non sia quello giusto: tra il mega capodanno da un milione di euro nel largo Carlo al capodanno policentrico nelle periferie e nei quartieri popolari c’è una un punto che segna la linea di tendenza. Quello realizzato lo scorso anno…
        Auspico anch’io il capodanno diffuso che tu immagini, ma non puoi dire che in quello passato non vi sia una linea che potrebbe andare nella direzione che ci piacerebbe.
        La riqualificazione di Sant’Elia inizia con l’area concerti, passa per interventi di riqualificazione, per la piste ciclabili ecc. Tutto questo in una situazione di forti tagli, che tu conosci perché ti so attento ai fatti del mondo.
        Il fatto che in città non si possa dimorare in camper mi pare una regola di normale convivenza civile, perché se vale per uno allora vaele per tutti.
        Rispetto alla strambata, io sono d’accordo, essendo in genere su posizioni più radicali di quelle del sindaco. Ma che la direzione sia a sinistra ci sono pochi dubbi.
        Sul fatto che sia necessario uscire dal perimetro della Marina concordo!
        A presto 😉

      • ZunkBuster says:

        Tutto condivisibile, compagno Sovjet. Come capita quasi sempre, la fai spesso complicata ma, a differenza di Ainis, l’aliquota di concetti e opinioni condivisibili che esprimi resta sempre molto elevata. Ne approfitto per chiedere anche a te se non sia il caso di riportare un po’ di “legalità” anche alla Marina, e in altri posti insozzati o riempiti di illegalità anche più pesante (tipo spaccio di droga pesante su vasta scala) dai civilissimi casteddai, giusto per essere moralmente più legittimati a dare lezioni di legalità ai Rom.

      • Sovjet says:

        Mi pare di aver già scritto da altre parti che le leggi devono rispettarle tutti e che noi italiani (o sardi, fa lo stesso) quando ci erigiamo a paladini della legalità nei confronti degli altri siamo un po’ ridicoli: siamo per la tolleranza zero strabica. Ma questo è difetto universale e senza tempo, altrimenti il buon nazareno non si sarebbe tirato fuori la storia della trave e della pagliuzza.
        Ti dico come mi comporto io, quando giovani ed esuberanti fanno un po’ di schiamazzo vicino a casa mia: per un po’ tollero – perché alla loro età un po’ di casino l’ho fatto anch’io – dopo un po’ mi girano le palle, perché anche alla loro età sapevo che c’era un limite e che gli altri vanno rispettati.
        Quindi regole da rispettare per tutti, anche se ci sono zone e zone: Marina è zona a vocazione turistica, come ce n’è in tutte le città e il livello di tolleranza deve essere diverso da quello di altre zone. Detto questo, stabiliti i paletti, meglio se dopo un confronto fra tutti gli interessati, che sono portatori di interessi diversi, le regole si fanno rispettare e punto.
        Il problema è il troppo rumore, la soluzione è ridurre il rumore. Non credo che Marina sia l’unico posto al mondo dove hanno questo problema, anzi è probabile che da qualche parte sia già stato affrontato e risolto con soddifazione di tutti.
        Copiare è sbagliato solo per i compiti in classe!

      • ZunkBuster says:

        L’esempio l’ho già fatto: Leidseplein, la “piazza dei giovani” per eccellenza ad Amsterdam. Sulla piazza si affacciano una marea di locali, ma sono tutti rigorosamente insonorizzati. All’esterno non si sente casino, solo il vociare dei giovani che stanno seduti nei tanti tavolini – disposti in modo decisamente più ordinato rispetto a piazza Jenne o a via Sardegna – e questo è abbastanza tollerato, anche perché Amsterdam non è esattamente una “città del silenzio”. Ma non lo è neanche la Marina: basterebbe un briciolo di senso della misura. E comunque il diritto dei residenti della Marina di non dover fare le notti insonni perché si bada solo al business e al divertimento di alcuni va tutelato, così come quello degli abitanti di Mulinu Becciu a non respirare la diossina del campo rom. L’Unione Sarda di ieri riportava la testimonianza di una persona costretta a sottoporsi a controlli ospedalieri a causa dell’incidenza del casino della “movida”, dell’insonnia e dello stato d’ansia da ciò indotto sulle sue condizioni cardiologiche. Ah … quanto alla pretesa “vocazione turistica” della Marina, attendo ancora di comprendere come mai i residenti del Poetto, zona molto più vocata per “attrattive turistiche” intese come musica e casino, sono sempre “più uguali” di quelli della Marina, e anche di quelli del Corso, giacché la pedonalizzazione del Lungomare si poteva fare subito e con disagi ridotti al minimo (non sarebbero stati eliminati molti parcheggi, e la viabilità sarebbe stata comunque assicurata dal Lungo Saline), mentre quella del Corso, fatta nella stagione sbagliata, si sta rivelando un prevedibile fallimento. Comunque adesso la “palla” è in mano al prefetto: spero solo che non ci siano gli idioti di turno a gridare alla “repressione fascista” se qualche locale perderà la licenza perché non rispetta alcuna regola.

      • Mi sembrate giocando alle belle statuine senza rendervene conto abbiate un po di buon senso e chiudete questa penosa discussione.

  7. Mi pare che i commenti a questo articolo siano un po “fuori tema” o comunque non pienamente “in tema”… per quanto la questione dei Rom ora sia centrale nelle chiacchiere cagliaritane, sia a livello di blog che a livello di bar, penso che questo articolo debba stimolarci a parlare anche di “cosa altro sta facendo Zedda” oltre ai Rom…

    e’ una cosa alla quale penso spesso… nel senso che io ricordo chiaramente che in campagna elettorale si è detto che “si sarebbe iniziato dalla periferia” ed invece le grandi discussioni cittadine riguardano sempre Marina, il Poetto, lo Stadio, la viabilità del centro, le piste ciclabili nel centro… ecc ecc…
    Di cosa stia facendo il comune per la periferia e le aree povere, e di cosa si intendesse con quei proclami di campagna elettorale, io, da cittadino che legge i giornali e fa di tutto per informarsi, non capisco molto e riesco a percepire poche cose.
    Cosa positive, si ri-investe in case popolari. Finalmente, ma di sicuro la scelta di costruire case popolari in via flumentepido non mi piace, il quartiere ha necessità di servizi che lo valorizzino, non di altre case popolari.
    San Michele e Is mirrionis sono da anni lasciati allo sbando; un’amministrazione comunale non ha di certo il potere di risolvere il problema della povertà, ma almeno di rendere più vivibili e accoglienti quei quartieri… piazza san michele andrebbe valorizzata più di piazza yenne o altre zone del centro… e poi tutte le case parcheggio, quelle vanno rifatte, vanno verificate le graduatorie delle case popolare, punire gli abusivi ecc ecc…
    Hanno fatto l’arena concerti a S.Elia… bene, devo fare (pare) il lungomare che partà da S.Elia… bene… ma anche se è un punto di partenza mi pare poco; con “S.elia” è facile riempirsi la bocca, ma bisogna anche intervenire concretamente (ma la regione non aveva 30 milioni di euro sul piatto per s.elia?)…

    E poi i Rom… è una questione delicata, che forse non è stata gestita al meglio, ma di sicuro è stata gestita è questo è già importante. Mi trovo d’accordo con molti interventi letti qui, anche con quello di Ainis, molto concreto e poco filosofico… a prosito gentile Ainis… dato che ha parlato di Continassa, le segnalo il progetto che ha riguardato i Rom di Torino questo inverno.
    Il progetto è stato pensato e sviluppato da un ragazzo di origine sarda che un po contro tutti e tutto ha creato una piccola squadra di calcetto di bambini rom, è riuscito ad inserirla in un torneo di bambini italiani ed è così ha provato a dare un piccolo contributo all’integrazione…

    questo è un piccolo video che hanno realizzato…

    http://www.youtube.com/watch?v=PHjoaEyDISg&feature=share

  8. Benigno Moi says:

    Quando, prima dell’apertura del “Campo sosta transito Nomadi” sulla 554, sgomberarono (con le ruspe…) il campo Rom di Via San Paolo per i danni che recava all’immagine della città, all’ASCE non potemmo fare a meno di notare la differenza di approccio, negli stessi luoghi e negli stessi anni, con le opere della città mercato, che andavano a ricoprire in modo ben più pesante e forse definitivo buona parte dei resti della città Medioevale di Santa Igia.
    Pochi anni prima l’Unione Sarda, almeno per due giorni consecutivi ricordo io, diede allarmistico rilievo in prima pagina alle indagini fatte nell’area industriale dello stagno (sempre lì) dopo la scoperta di non ricordo quale discarica di veleni. Indagini che obbligavano gli operatori impegnati a turni brevissimi, benché super attrezzati di idonee protezioni, data la pericolosità della situazione, manco fossimo a Chernobyl. Ricordo che poi la notizia scomparve, e aspetto da allora l’occasione e il tempo di poter recuperare quelle pagine e darmi una spiegazione a tutta la storia.
    Credo sia innegabile la propensione ad usare scale di valori diverse per difendere le nostre tesi preconcette (i nostri pre-giudizi, per l’appunto), e nasconderci dietro “valori” irrinunciabili per portare avanti le nostre tesi. Ogni esercito ha avuto la sua bandiera e, magari con lo stesso simbolo o dio stampato sopra. Spero che la maggior parte delle persone che scrivono o leggono su questo blog vogliano invece capire se possiamo portare avanti battaglie per valori sicuramente compatibili, anche se non è sempre facile.
    Ma da architetto (uno degli architetti che da sempre hanno lavorato con e nell’ASCE), vorrei anche rispondere a Gianni Campus, per informare lui, e chi altri fosse interessato, che non si tratta di intraprendere una spedizione alla Giulio Verne. Su questo “campo” tanto è stato già fatto, studiato, progettato e realizzato. Riporto solo un link alla sezione della Fondazione Michelacci che si occupa della “Città plurale” http://www.michelucci.it/cat-attivita/16/Citt%25C3%25A0%2Bplurale.
    Nello specifico: http://www.michelucci.it/node/39; http://www.michelucci.it/node/45; http://www.michelucci.it/node/38.
    Da oltre vent’anni la Fondazione (non sola) si occupano della questione, collaborando con alcune istituzioni locali per affrontare in modo positivo e partecipato la complessità del vivere e dell’abitare. E possiamo essere orgogliosi del fatto che uno degli spunti all’enorme lavoro prodotto in seguito sia venuto proprio dall’esperienza dell’ASCE coi Rom a Cagliari e Selargius.
    Quando il Comune di Cagliari presentò i primi studi sul campo della 554 l’ASCE lo bocciò totalmente. Non solo non veniva coinvolto chi doveva fruirne, ma era concepito come un campeggio, luogo (nonluogo) dove sostare pochi giorni -bel tempo permettendo, per nuclei familiari ridotti e slegati, senza spazi per il lavoro, con in comune i servizi che maggiormente potevano creare tensioni. E con un successivo regolamento di gestione che peggiorava ulteriormente il tutto, deresponsabilizzando dove bisogna responsabilizzare, e vietando dove bisognava dare opportunità. Tutto il peggio” concentrabile” nel concetto di “campo”. Non a caso la metà di chi stava a San Paolo preferì andarsene, anche via dall’Italia (mezzo obiettivo raggiunto, penserà qualcuno, come lo pensò qualcuno allora).
    Eppure già allora provammo a pensare qualcosa di diverso (parto ovviamente dall’ipotesi illustrata da Pabis che ci sia chi voglia continuare a vivere in uno spazio comunitario, campo o villaggio lo si voglia chiamare). Sempre coinvolgendo i fruitori/committenti (come dovrebbe valere per tutta l’architettura), e magari (era un’idea nata fra Selargius e Settimo alcuni anni fa) con fruitori di provenienze disparate, rom e non rom, accomunati dall’idea di un vivere diverso.
    Sapendo quanto ci si odia e si confligge nei nostri civilissimi condomini di tutti cagliaritani doc non pare un’idea così assurda.
    Qui l’architettura, l’organizzazione degli spazi e delle relazioni, conoscenza e uso delle leggi della prossemica, può fare tanto, come ha fatto tanto nel far danni (nessuno nega più che i quartieri ghetto incrementino il malvivere e il conflitto). Ma non solo l’architettura, ovviamente.
    Benigno Moi

    • Caro Benigno,
      come facilmente riscontrabile da parte di chi ha dovuto (o potuto) studiare architettura in altre parti d’Italia, un conto è parlare di questa disciplina a Firenze o a Venezia, un conto è trattarne in Sardegna.
      In quest’isola, l’architettura non è considerata come una disciplina positiva, ma come la carta stagnola nella quale si trovano impacchettati cemento e blocchetti; quanto agli architetti, poco ci manca che siano additati e contestualmente rapati a zero, come le collaborazioniste da parte della Resistenza.
      Se qualcuno riesce ad assumere un profilo eticamente accettabile, meglio così: ne trarrano giovamento tutti, spero.
      Mi fa piacere che quel qualcuno abbia già affrontato la questione, e avanzato soluzioni già mature e spendibili: tutto lavoro in meno da fare.
      Quanto a Giulio Verne, vuol dire semplicemente che la spedizione è già stata fatta, non che non andasse fatta.
      Quanto all’ASCE, che penso sia l’American Association of Civil Engineers, se ha soluzioni riferibili all’area di Cagliari e non ai dintorni di Pisa, come quelli citati, meglio ancora.
      In generale, credo che manchi ancora una piattaforma di confronto formale sul tema dell’assetto dell’area vasta, e – in particolare – sugli equilibri dell’habitat, che ciascuno tira a modo suo, nomadi o non nomadi.

  9. Baradel says:

    Caro Biolchini, mi fa piacere constatare che lei ammette che vicino a un campo rom come quello della ss 554 (ovvero una discarica abusiva di dimensioni sesquipedali) non ci abiterebbe mai.
    Allora ci spieghi il suo doppio standard. Perchè lei deve respirare l’aria pura del centro città e noi in periferia dobbiamo tenerci il “campo” erischiare il cancro a causa della diossina di quei maledetti zingari?
    Perchè non siete coerenti, lei e Pabis (a proposito, ma dov’era Pabis fino a ieri, da dove salta fuori?), perchè non proponete di costruire il prossimo campo rom che tanto auspicate, proprio a mezza strada tra le vostre case?
    Io, per risponderle, ho vissuto per anni in una zona ad alta densità migratoria e in una città con una enorme immigrazione. E i senegalesi non creano problemi, anzi spesso sono meglio degli italiani,
    Non mi sono mai piaciuti gli albanesi, perchè fanno prostituire le donne e le massacrano di botte: è la loro cultura mi dirà lei, ma a me fa orrore, e gli albanesi vicini non li vorrei mai: lei lo ciama razzismo, io principio di precauzione.
    Ma da come si esprime si vede che lei l’epiteto “razzismo” lo usa come comoda arma ideologica contro chi non la pensa come lei.
    Quindi glielo ripeto: gli zingari del campo della 554 gestiscono una discarica abusiva e andrebbero denunciati, processati e condannati. Inoltre dovrebbero provvedere alla bonifica del campo: loro NON noi!
    Lei, Biolchini chiama “razzismo” il desiderio di legalità: complimenti per il suo rispetto per la legge.
    Un’altra domanda, caro Biolchini. dov’era lei quando ci gasavano quei delinquenti coi roghi del loro campo-discarica?
    Ha mai preso le difese delle vittime vere, i vicini degli zingari gasati?
    E allora con quale diritto lei pontifica, auspica, giudica, intima?
    PS
    Ecco i “poveri zingari della ss 554

    http://www.youreporter.it/video_Cagliari_campo_nomadi_con_Mercedes_1

    • Posto che io abito a Pirri e sono più vicino a casa sua che non al centro città, io propongo di costruire un campo dove non si brucia niente, mica dove si brucia! Guardi che i rom smaltivano rifiuti per conto di imprenditori sardi sardissimi, mica lo hanno fatto per diletto. E l’antimafia indaga soprattutto sui nostri imprenditori, mica sui rom.
      Dov’ero io quando vi gasavano? A dire alla radio che era una vergogna che gente come lei dovesse subire ogni sera quei fumi e che il Comune doveva fare qualcosa! Risultato: Floris per tanti anni non ha fatto niente, Zedda ha fatto il campo. Lei chi ha votato in questi anni?
      E comunque ci sono anche zingari con la Ferrari, non lo sa? Non li legge i giornali? E hanno anche la parabola e il telefonino! Altro che poveri.
      Infine le do una notizia che la sconvolgerà: Pabis gli zingari li sta ospitando a casa sua! Non è una balla. Per cui non lo provochi che casca male.

    • Monica says:

      Veramente un concentrato di luoghi comuni quello che scrive. Potrebbe aggiungere che i sardi per loro cultura si accoppiano con le pecore e che sempre la loro cultura li porta a sequestrare a scopo di estorsione e comunque a delinquere, come dimostrano tutti ritrovamenti di carta da musica nel luogo del delitto nel continente Italiano negli anni 70? Così completiamo l’album.

  10. Gentili tutti,
    visto che non so di che parlo, comincio a chiarirmi i termini del problema. In Italia ci sono tra i 150 e i 200 mila Rom (che vuol dire circa 3 ogni mille abitanti). Presenza che non è uniforme né per provenienza né per lingua né per storia. Dei censiti, la metà sono italiani e il nomadismo (o la vita nei campi) è in via di scomparsa definitiva.
    Questo lo dico per mettere in evidenza:
    1) che la percezione secondo la quale la questione Rom coincide con quella dei campi è priva di fondamento;
    2) che posizioni come quella del sindaco di San Sperate sono sonore cazzate: un’«invasione Rom» è impensabile perché non ci sono i numeri;
    3) per rispondere al buon Campus.
    @Antonello Pabis
    Guardi, lei ha ragione, di sicuro non so di che parlo. Del resto, mentre lei fa l’eroe coprendosi di gloria nell’inferno del campo Rom della 554 io mi occupo di cazzate (con la cravatta, anzi due, ma non con la lavanda, adopero un latte deodorante privo d’alcol e profumo perché sono allergico, mi spiace deluderla).
    Ad esempio, a dicembre, sono andato di corsa per dare una mano a portar via i bimbi della Continassa prima della manifestazione di cittadini torinesi che protestava per la presunta violenza ad una ragazza, sfociata nel saccheggio e incendio di una ventina di roulottes e baracche. Necessità scaturita dal fatto che la polizia non aveva la percezione del pericolo.
    Oppure, due settimane fa, abbiamo avuto un problemino per una decina di roulottes di Rom che hanno chiesto la sosta nel comune in cui abito e il vice sindaco, sapendo che una mediatrice culturale (madre sinti, padre italiano, laureata in mediazione culturale, antropologa e miope) è una mia carissima amica (ed è per questo che conosco benissimo la Continassa) mi ha chiesto di contattarla per far sì che non capitasse nulla di spiacevole (e nulla è successo, l’intervento della mia amica era inutile, ma la gente ha paura dei Rom anche se ci vive assieme da decenni e non se ne rende neppure conto).
    Oppure, abito in un comune a forte immigrazione rumena. Alle ultime elezioni i voti dei rumeni sono stati decisivi e infatti ha vinto la destra (per meno di cinquanta voti!). I rumeni (e le famiglie sinti, ce ne sono un paio, una abita in un piccolo condominio di fronte a casa mia) hanno costituito da tempo un gruppo di pressione politica (del tutto legittimo) che reputa conveniente scambiare il voto con i sussidi, quando occorrono. Fanno benissimo, sono tutti di Alleanza Nazionale e non ci sono mai stati problemi né di integrazione o di «ordine pubblico». Di razzismo sì, come per i siciliani, i calabresi e i sardi.
    La mia amica Danuš, la mediatrice, considera i discorsi come i suoi una vera cagata, però Biolchini non vuole che sia aggressivo quindi lo dico diversamente. La mia amica ritiene che i suoi discorsi siano privi di rilevanza e determinata da una scarsa conoscenza della realtà Sinti e da una visione stereotipica della realtà, con frasi prive di senso come: «quando trattano astrattamente dei danni all’ambiente provocati direttamente da famiglie rom, che sappiamo essere veri ma che devono essere collocati correttamente nel contesto delle scelte di segregazione e di abbandono di grandi e piccoli, vittime predestinate delle speculazioni economiche e politiche della “superiore” gente gagè?». In realtà, il problema della legalità è il primo all’ordine del giorno nella fase attuale del processo (molto avanzato) di integrazione Sinti perché sono proprio loro (attraverso i loro mediatori) a sollecitarlo. Lo capirebbe chiunque che la legalità difende i deboli e non viceversa… tutti salvo quelli come lei, impazienti di fare gli eroi e andare addosso ai «cattivi» gaggé (Danuš lo scrive con due«g» se non le piace se la prenda con lei, io sono solo un povero ignorante).
    Infine: « Ecco, almeno per umanità, smettiamola di blaterare su diritti e doveri se non abbiamo la capacità culturale e la sensibilità di riconoscere che il discorso è monco quando è mancante di una riflessione autocritica sul credito di diritti, di opportunità e di strumenti che il popolo rom ha accumulato e che, prima o poi, dobbiamo pagare.». Questo è lo stesso argomento che Israele usa per far fuori i Palestinesi. Anche questo lo capirebbe chiunque. Potrebbe provare a pensare che i Sinti sono persone vere e non un mito? (Con la differenza che non hanno la forza degli Israeliani, quindi non traggono alcun vantaggio da sciocchezze come questa?).
    @Campus&Biochini
    Solo per invitarvi ad una riflessione. Premesso che il nomadismo è in via di esaurimento, quindi parliamo di qualcosa che in effetti non serve a niente, almeno in prospettiva, provate a pensare come reagireste se due Sinti, parlando dei «sardi» dicessero: perché non progettiamo una casa per i «sardi» (dove devo mettere l’ovile, visto che sono tutti pastori)?
    Devo darvi una brutta notizia: i Sinti abitano in case terribilmente simili alle nostre, ci si trovano bene, cagano nel water e si lavano il culo nel bidet! Sono anche molto simili a noi, hanno due gambe, due braccia…
    Vi rendete conto del contenuto razzista di quello che state dicendo, entrambi?
    @Zunkbuster
    Guardi, la ringrazio perché mi ha aperto gli occhi. Se non ci fosse lei che mi spiega queste cose non saprei come fare,
    Sul fatto che io non sia un intellettuale concordo pienamente, infatti discuto con lei, mica con le persone serie.
    Cordialmente,

    • Caro Ainis,
      temo che l’architettura sia materia più complessa del cagare nel water e lavarsi il culo nel bidet.
      I beduini del Sael non hanno queste abitudini, come molti abitanti della Thailandia, di Bali e del bacino dell’Orinoco; pensi che ho dubbi anche sugli Eskimesi, pur avendo questi – che io sappia – due braccia e due gambe, come noi.
      Abitano in modo diverso, vivono in modo diverso. Sono più scemi? Bisogna ricondurli sulla retta via, inviando loro Water e Bidet umanitari, perchè si convertano?
      Vede, il Razionalismo ha cercato – sempre partendo dalle due braccia e gambe – di imporre un mondo basato sulla omologazione. C’erano molte ragioni storiche per quel pensiero, e certamente non mi azzarderò a criticarlo: sarebbe come parlar male della Belle Epoque.
      Quello stesso razionalismo ha però indotto a pensare che si potessero dare delle regole adatte per tutto: tot metri quadri, tot metri cubi, tot di questo, tot di quello.
      Il risultato pratico è stata la devastazione – almeno in Sardegna – di tutte le diversità che l’intelligenza dell’uomo aveva pensato e creato nel tempo, secondando il contesto ma anche – per fortuna – le pulsioni e le necessità di chi aveva come riferimento quello di vivere e abitare secondo i propri bisogni, invece che secondo quelli dell’Uomo Medio.
      Ora, devo ripeterlo, io non so se i Rom (chiamateli come volete) abbiano o meno esigenze diverse dalle mie; se no, ciccia. Se si, preferirei saperlo, per evitare di offrire il solito porcetto e la vernaccina al primo musulmano di passaggio. Che questo se ne freghi, non significa che io abbia dato grande segno di sensibilità.
      Sentirmi dare del razzista perchè credo nel diritto ad esprimere differenze mi sembra – francamente – un po’ ridicolo; non crederò mai, infatti, nella democraticità del Letto di Procuste.
      Ainis, lei che viaggia, ha mai visto i Sassi di Matera? E gli insediamenti trogloditici in Cappadocia? E crede veramente che quegli habitat fossero solo il frutto di una incapacità di dotarsi di water e bidet e non anche un modo di partecipare e coltivare un’identità esistenziale e una cultura?
      Io ho insegnato per decenni Composizione Architetettonica: è questa una disciplina che non si basa sul saper fare qualcosa, ma sul poter pensare qualcosa d’altro.
      Mi lasci pensare che – almeno sulle case dei Rom – ci sia qualcosa ancora da pensare.
      Con osservanza.

      • Gentile Campus,
        cerco di essere più chiaro. Pensare che le case dei Rom debbano essere diverse, equivale a pensare che le case dei sardi debbano essere diverse (e da che?)! Lei sa, vero, che un tempo ci dicevano che coltiviamo il prezzemolo nella vasca da bagno?
        Mi spiace davvero che lei non veda le implicazioni razziste di ciò che dite (intendo lei e Biolchini) ma credo sinceramente che ci dovreste riflettere.
        Sì, ho visto i Sassi (ci ho dormito, ma non in quelli “storici”; adesso ci sono bellissimi B&B), e visitato la Cappadocia. Temo però che lei non colga il punto, serio: c’è una bella differenza tra un igloo e i Sinti in Italia. Lei farebbe un igloo per un eskimo che abita a Milano?
        Cordialmente,

      • Gentile Campus,
        giusto per essere chiaro: non le ho dato del razzista (ci mancherebbe, tutt’altro!!). Ho cercato di farle notare come il vostro discorso sottenda implicazioni razziste (cioè il pensare che un Sinti, in Italia, sia “diverso” e richieda case “Sinti”).
        Se non sbaglio, nel mio primo commento, ho appunto detto a Biolchini che il post non mi piace perché, tra le altre cose, commette alcuni errori in perfetta buona fede (e non è una leccata di culo, lo penso davvero, altrimenti non perderei tempo a commentare qui!)
        Cordialmente,

      • Caro Ainis, facciamola semplice.
        Se, girando per la Marina, vedo un signore che, per pregare Dio, si stende in terra, capisco che lui e io abbiamo un problema: lui, dove pregare, io, dove farlo pregare civilmente.
        Non gli dico di entrare nella vicina S.Eulalia – che è bella e accogliente – e fare come tutti; se avesse voluto – o potuto – lo avrebbe fatto da sè.
        Se vedo un gruppo di persone abitare in un modo indegno (non “strano”, ma “incivile”), mi pongo il problema di creare un habitat degno.
        Uguale al mio?
        E che ne so? Forse, come lei sostiene, o forse no.
        Tutto qui.
        Se a Milano arriva un eskimese, sono cavoli suoi. Se si porta tutti i parenti, i cani, le slitte, le renne e cerca di cacciare l’orso bianco del giardino zoologico, cominciano anche i problemi miei.
        E i miei problemi sono legati alla inclusione, non alla rimozione del problema, escludendolo per omologazione.
        Vede Ainis, l’igloo è molto simile – concettualmente – a una casa in ladiri.
        L’eskimese – il sagace, illuministico eskimese, abituato a sopravvivere a condizioni difficilissime – ci metterebbe cinque minuti a capire che – impastando mattoni di fango invece che tagliando cantoni di ghiaccio – potrebbe tornare ai suoi metodi edificatori.
        Se – nel mondo attuale – si potesse ancora dare risposte al bisogno in modo così diretto, molti mali non esisterebbero.
        I problemi dell’eskimese – e, soprattutto, del sardo – stanno nel fatto che – se prova a fare il suo igloo di fango – lo arrestano.
        In sintesi, se riesco a salvare l’eskimese, forse trovo anche una strada per salvare il sardo.

      • Gentile Campus,
        le rispondo solo per farle notare che le ho solo chiesto di riflettere; se lei ci riflette e ne conclude che le sto dicendo un cumulo di cazzate restiamo (amici) come prima.
        Apprezzo la sua spiegazione (potrebbe darsi che non l’abbia capita, o forse sì) ma ho l’impressione che parliamo di cose differenti.
        Se non si offende (poi le prometto che non insisto) le faccio notare che quest’ultimo commento è, forse, quello peggiore di tutti.
        Non so lei, ma se trasferendomi a Milano mi dicessero (in assoluta buona fede e nella convinzione di farmi un favore) di dir loro come voglio la mia casa perché un «sardo» potrebbe avere esigenze «sarde», non mi piacerebbe, perché «sardo» e «milanese» sono due convenzioni identitarie prive di senso e quello che c’è dietro la buona volontà è la convinzione che «sardo» equivalga a «diverso», altrimenti perché pensare che abbia bisogno di case diverse? Guardi che la maggior parete dei sinti sono italiani come lei (e me) e ciò di cui hanno bisogno è, prima di tutto, un lavoro dignitoso, non attenzioni per aiutarli ad essere (e rimanere) diversi da noi (il che non è). Anche questo, lavoro, possibilmente, non «da sinti».
        Però, le assicuro, la mia è solo una considerazione sul fatto che spesso (e nella convinzione di far bene) potremmo ottenere un risultato non voluto. Se mi capita di far notare che il razzismo si annida prima di tutto nel lessico quotidiano e nelle buone intenzioni, la maggior parte delle volte le persone si offendono (e io non ho l’intenzione di offenderla), quindi la pianto.
        Cordialmente,

      • ilgiullare says:

        ho vissuto per qualche tempo a Parma: e quale depressione l’idea di lavare e stendere i pani nel sottottetto areato, invece che sui fili fuori dalla finestra (non che non ci abbia provato, ma nel sottotetto dopo 3 gg la roba era sufficientemente asciutta, sui fili non bastava una settimana, con la nebbia). In compenso, che bello poter affittare per 15 mila lire una bici per un mese intero (si era alla fine degli anni 90, con 10 mila “fra’” si entrava a stento in discoteca) e potersi muovere agevolmente in tutta la città (e in tutta l’emilia) pur senza avere auto e senza rischiare la vita.E che ridere l’aver trovato i fichi d’india in vendita a 5mila al chilo..noi che li mangiamo gratis e a sbuddadura…;alle 19,30 tutta la città abbassava la serranda e si siede a cena, per essere puntuali, a letto, alle 21,30. e quanto è strano pensare che nella pianura padana le fattorie dei consorzi del formaggio e del proscitutto ha le stalle RISCALDATE, per il benessere delle bestie, mentre noi in sardegna abbiamo più delle metà delle case SENZA riscaldamento alcuno! Tornato qua, ho avuto grandi difficoltà a far capire ai miei superiori parmensi che telefonare alle 8 del mattino o alle 14,30 significava non trovare nessun interlocutore, in sardegna, e che per essere certi di avere una risposta o un appuntamento occorre orientarsi nel fine mattinata o nel fine serata, che da noi l’orario di lavoro difficilmente inizia prima delle 9 e ancor più difficilmente la pausa pranzo dura solo il tempo di ingurgitare un boccone…si fa difficolta pure a far capire che per noi è impensabile risiedere a oristano e lavorare a cagliari, viaggiando in auto tutti i giorni, mentre ‘nel continente’ (con tempi di percorrenza autostradale ben diversi) è abbastanza normale fare 100 km per andare in ufficio.
        Tutto questo per dire cosa? che, per quanto ne pensi il signor ainis, effettivamente nord e sud italia hanno climi, ritmi di vita differenti che si traducono in un edificato differente e in modo differente di vivere i medesimi mq di appartamento. siamo sottosviluppati perchè non abbiamo riscaldamento a Cagliari, perchè non abbiamo autostrade nè metano in sardegna!? e come si fa a farlo capire al padovano o al torinese che qui temiamo più il caldo che il freddo?Mi si dirà: abitiamo comunque in case fatte di mattoni e non in tendopoli..vero, ma le nostre case ‘sudiste’ hanno molto spesso una terrazza di copertura e non un tetto spiovente…, hanno spesso vetrate singole e non vetrocamera.. .difficilmente hanno (avuto) il servizio di portierato…. insomma, se non ci si rende conto che il modo di vivere dipende da molto meno che l’etnia, basta il clima o le consuetudini lavorative…allora di che si parla? anche perchè, nel caso specifico..come spiega il signor ainis che, nonostante il clima (e aggiungerei pure il tempo che passa), da sempre il popolo sinti o rom ha preferito viver ein accampamenti al nord come al sud, negli anni 50 come nel 2012 ?

      • Gentile Il Giullare,
        esatto, concordo pienamente con quanto ha raccontato. Adesso mi dica lei che senso avrebbe costruire una “casa per sardi” in Emilia, o una “casa per Sinti” a Cagliari! Esistono esigenze individuali che non sono né “sarde” né “sinti” e dipendono dalla storia personale di ciascuno di noi (e non dalla storia “etnica” che non esiste) e dal contesto (guardi cosa dice Campus sui Sassi di Matera o sugli ipogei anatolici). Ciò che critico (spero si capisca in senso costruttivo, non intendo offendere nessuno… e se poi qualcuno si offende lo stesso non me ne sbatte un cazzo!) è l’atteggiamento mentale di chi ritiene che i “sardi” (o i sinti, i miopi, i bassi, i gay, i giornalisti, gli imbecilli) abbiano esigenze in quanto “sardi” (o sinti o …..: io lo chiamo atteggiamento “razzista” perché è guidato dall’idea che esistano linee di demarcazione, cosa che non è).
        Per la sua domanda sugli accampamenti, la rimando al mio commento: il nomadismo è in via di definitiva scomparsa; i campi sono nati come esigenza per il nomadismo e successivamente si sono cristallizzati a causa dell’esclusione sociale. Non lo dico io, lo dicono i numeri. La differenza è che una famiglia Rom stanziale è una famiglia, una famiglia Rom che abita in un campo è una famiglia Rom. Quindi chi abita nei campi si vede (ed è soggetto ad un certo tipo di razzismo) chi è stanziale e vive in un alloggio si vede in modo diverso (ed è soggetto ad un tipo di razzismo differente, che spesso fa leva su coloro che si vedono e abitano nei campi). Non a caso, il gravissimo problema di San Sperate è stato causato ad venti persone!
        Cordialmente,

        PS – Di passaggio, mi permetto di farle notare che lei esprime (e condivide) gran parte degli stereotipi sulla base dei quali danno spesso addosso a noi meridionali (un altro stereotipo che ci piace molto è quello che “i sardi sono diversi dai meridionali”, così ci escludiamo due volte perchè siamo bravi e non ci facciamo mancare nulla).
        Ad esempio che ci alziamo tardi la mattina. Provi a dirlo a un pastore che deve andare a mungere, poi ne riparliamo (mio zio, contadino, quando c’era da vendere i pomodori dormiva vicino alle casse e si alzava all’alba. Si incazzava con gli impiegati del comune che non facevano un cazzo dalla mattina alla sera, secondo lui!). In effetti gli stereotipi sono comodissimi e il razzismo pure, perché permettono di minimizzarei nostri difetti andando a cercare quelli (presunti) altrui.
        A proposito di stereotipi: provi a chiamare prima delle nove in un qualunque ufficio (privato) di Milano (o Varese). Si domandi perché non troverà nessuno.

      • ilgiullare says:

        Cordialissimo sig Ainis, mi pare che la sua personalissima battaglia per racchiudere tutti nell’unica ‘specie umana’, abbia un sinistro retroscena omologante, non meno sinistro del razzismo di cui ha terrore. Io, per mia parte, conto di tenermi equidistante dalle due derive, l’una che annulla le diversità (ma siamo davvero tutti uguali?) l’altra che sottolinea le differenze (quasi che fossero fossati invalicabili). Credo che siamo diversi si, anche da nord a sud, non solo tra ‘ariani’ e ‘rom’, e credo che voler negare queste differenze sia pericoloso, oltre che inutile. Sottilinearle all’eccesso equivale a ritenersi superiori a chiunque, ma negarle vuol dire tradire se stessi, la propria cultura, le proprie origini. Eccerto che noi sardi si vive bene pure a milano senza tenere una pecora in balcone, per fortuna! piuttosto che pena i miei vicini di ombrellone bergamaschi, che anche dopo un mese di vacanza continuano a sedersi a cena alle 19,15!
        Per tornare al tema, chiediamo a ‘sti rom dove vogliono collocarsi, dove preferirebbero vivere, perchè sarebbe anche stupido dargli delle case se basterebbe allestire un campo per ‘semi-nomadi’, con servizi e tutto (a proposito che fine ha fatto quello di monserrato?) in cui paghino la corrente, e l’acqua e la tarsu e non accendano fuochi non autorizzati e non smontino le auto o abbandonino rifiuti come in una via is mirrionis qualsiasi. E da cui si possano muovere liberamente con furgoni e roulotte e figli al seguito, con semplce comunicazione di ‘liberazione’ dello stallo al comune. L’integrazione non passa per l’omologazione di una casa IACP, anzi. Piuttosto, la mia domanda è sempre la stessa: cosa fanno per vivere UFFICIALMENTE i rom? Perchè del traffico di rifiuti s’è detto e s’è visto e spero si sia concluso con la chiusura del campo sulla 554…ma dico..è razzista chiedersi cosa fa il ROM medio dopo che finisce la scuola dell’obbligo?va all’università? fa tirocini regionali, manda curriculum, fa stage, apre attività con P.Iva?Lavora in nero, suona in strada, mendica…che fa? perchè, io so, che in media il sardo medio studia, si laurea esempre più spesso emigra, quando non lavora (in nero). Cosa vogliono i rom? restare stanziali?pagare le tasse?fare concorsi alla regione sardegna? la domanda sembra sciocca, ma vi assicuro che è reale…se il sogno del sardo (e italiano) medio è sposarsi, avere casa e lavoro (meglio se statale) e magari pure l’amante… cosa sogna il rom medio? Infine, il suo PS, sig Ainis: alcuni stereotipi sono stereotipi, altre cose sono semplici evidenze. e l’orario di lavoro è una evidenza abbastanza facile da riscontrare:è abbastanza evidente che chi lavora in agricoltura/allevamento si alzi presto la mattina, meno evidente è che piccole e medie imprese nel settore dei servizi in continente facciano orari tipo 8-16,30, con mezzoretta di pausa pranzo, mentre da noi, in genere, alle 16 stiamo rientrando dalla pausa pranzo. che non significa (badi bene che l’inghippo sta qui) che noi lavoriamo di meno o di più…abbiamo orari differenti. e se vuole verificare le passo il numero verde della ditta per la quale lavoravo e prova lei stesso a chiamare domattina alle 8.05, la mia ex-collega le risponderà di certo. altra evidenza è uscire di casa alle 6 del mattino e contare il numero di auto che si incontra sulla 131, oppure una mattina (sempre alle 6) guardare le immagini (se proprio non ci può andare) dei caselli sulla A1. Infine, se le capita, provi a cercare a Parma, Reggio, Padova un supermarket (non un ciabattino o un meccanico che fa gli orari che vuole) aperto dopo le 19,30! saluti

      • Gabriele Ainis says:

        Gentile Il Giullare,
        guardi, la ringrazio sentitamente per questo commento. E’ difficile raccogliere in così poco spazio una serie così lunga di stereotipi, che non qualifico come vorrei perchè c’è caso che Biolchini (forse correttamente, questa volta) abbia desiderio di eliminare il mio commento.
        Mi rivolgo invece a Biolchini (e alle persone che la pensano come lui) e gli domando (a lui e agli altri): a parte i bei (davvero belli però) discorsi di principio, pensa che il pensiero de Il Giullare sia minoritario? Se sì, smetto di angariare i frequentatori del blog. Se no, domando con quale logica si pretenda di integrare i Rom.
        Le persone (che sarebbe a dire noi tutti) sono (siamo) così: siamo quelli con i quali si devono relazionare i Rom!
        In Sardegna abbiamo avuto un intellettuale albanese, che non nomino perchè ho paura di offenderne la memoria, il quale ci ricordava che bisogna prima di tutto prendere coscienza della realtà senza proiettareci sopra i nostri desideri, poi agire di conseguenza. Va bene che era uno sospetto (gli albanesi sono brutta gente, un sacco di Rom arrivano da lì) però mi sentirei di essere d’accordo con lui.
        Adesso vado a leggere la Costituzione: male non mi fa.
        Cordialmente,

      • E’ molto difficile che il dialogo mi possa offendere.
        Coloro i quali lei chiama Sinti (di cui non so nulla), possono benissimo essere italiani, anagraficamente. Possono certamente essere italiani anche antropologicamente e socialmente, è ovvio.
        Ma lei crede che stiamo (ormai noiosamente) parlando di costoro?
        Io credo che stiamo parlando degli altri, se ci sono e se sono distinguibili.
        Il presupposto (evidente) della discussione, consiste proprio nella distinguibilità: se si possono distinguere, esistono, come persone e come tema.Se non si distinguono, non esistono, e la cosa finisce li.
        In realtà, poi, le sue osservazioni tendono a segnalare il fatto che – volendo evidenziare le differenze, si celebri un maligno e perverso momento di arbitrarietà, sfumante nel razzismo.
        Anche questo può essere, ma è il contrario di quello che penso.
        Se in autobus mi alzo per far posto a una signora, può anche darsi che sia per maschilismo, ma continuo a pensare che sia per fare una cortesia. Se poi quella signora è anziana, e magari visibilemente in crisi, la cosa mi sembra anche più naturale.
        Capisco di vivere in un mondo dove ciascuno è da assumere come libero e autosufficiente.
        Ma…
        E se così non fosse?
        Capisco che le mamme si impressionino se mi chino a fare una carezza a un bambino: le capisco, visti i tempi.
        Ma è veramente necessario essere così poco sereni, così sospettosi delle intenzioni, così pavidi, alla fine?
        Non credo.
        Io uso molto lingua, parola e linguaggio, forse troppo; è roba esplosiva, ma non la temo.
        Temo invece molto il silenzio, anche quello di chi grida.

      • Gentile Campus,
        su questo le rispondo molto volentieri. Non faccio il talebano di mestiere (né per vocazione). Lei darà una carezza al bambino secondo la sua percezione dell’opportunità. Però il problema se lo pone! Questo è il punto.
        L’ho invitata a riflettere e lei l’ha fatto. Secondo me ha percepito il mio punto di vista (e segnalato una bella metafora). Per me va benissimo, l’importante è non liquidare il problema con un’alzata di spalle (e lei non lo fa!).
        Nello specifico, a parte il buonsenso, è un problema di cui si discute da decenni (quello della political correctness) e se ne discuterà ancora a lungo, però è molto meglio parlarne piuttosto che ignorare come il nostro lessico (e le nostre buone intenzioni) debba essere sottoposto a critica. Sovjet forse la chiamerebbe “igiene” e sarebbe corretto. personalmente, pur con le esagerazionin anglosassoni, trovo corretto un atteggiamento in cui si pensa a ciò che si fa e si dice. Mi pare sensato.
        Cordialmente,

  11. Viaggio
    Il mare è un calmo tappetto
    ma dentro i suoi silenzi
    ha le sue mappe, i suoi itinerari
    come le sue pause e le sue fughe.
    Il mare è come un naturale
    sedativo, mi fa sentire
    senza colpa e senza desideri,
    azzurro mi dona il senso
    dell’inesauribile profondità,
    perché si specchia nell’icona
    dell’assoluto vergine
    d’un cielo senza tempo
    e senza nuvole.
    È l’idea dell’adolescenza
    che si dilata nel sogno
    delle rocce a picco
    e delle spiagge ombrose
    senza traccia di malizia
    nell’innocenza pura.
    Il mare più del paradiso
    perduto mi sospinge a partire
    e a ritornare, come Ulisse
    nella amata Itaca
    pietrosa. M’aiuta anche
    a dormire tra le stelle
    delle noti estive; e chi
    dorme senza rammarico
    più facilmente crede in Dio.
    Vincenzo Tatti

  12. Baradel says:

    Questo articolo è un classico esempio di disinformazione.
    Come si fa nascondere il punto della situazione, ovvero che il cosiddetto campo rom della ss 554 altro non era che una enorme discarica abusiva, il centro di un traffico illecito di rifiuti, su cui sta,, tra l’altro, indagando l’antimafia.
    La questione dei rom della ss 554 NON è politica bensì di codice penale, per i reati di traffico di rifiuti e devastazione ambientale (che pagheremop noi, non i rom che nemmeno pagano tasse).
    La logica del campo dovreste averla imparata dal XX secolo. Il “campo” genera solo esclusione. Gli zingari lo vogliono per autoescludersi, perchè i fatti dimostrano che non gli interessa l’integrazione, vogliono solo continuare a bruciare.
    Le domando, Biolchini, lo vorrebbe un campo nomadi vicino a casa sua?
    Vorrebbe respirare diossina tutte le sere?
    Perchè un campo rom è solo questo, il resto è buonismo peloso oppure ignoranza.
    Ecco perchè i campi zingari devono scomparire, tutti, presto o tardi e prima lo capirete e meglio sarà per tutti.
    Allora, lo vuole fare dietro casa sua il prossimo campo rom?
    Abbia la compiacenza di rispondermi?
    Grazie

    • Ma se gli zingari ti piacciono tanto, ma perché non te li porti a casa tua ???
      (cit. Monica per l’angolo della demagogia)

    • Amico,
      forse questo è l’unico post che ha letto in questo blog riguardante i rom a Cagliari, ma le posso assicurare che mi sono prodotto anche in altri esempi di disinformazione nei quali ho trattato la vicenda inquinamento a Mulinu Becciu (per cui non mi faccia ripetere che gli altri si annoiano).
      Mi chiede poi se vorrei un campo nomadi vicino a casa mia. Se la buttiamo sull’inquinamento le direi di no; per lo stesso motivo però per il quale non vorrei abitare a Sarroch, a Portovesme o a Porto Torres. Lei in queste tre località ci andrebbe ad abitare? Perché la informo che migliaia di persone da anni ogni sera respirano qualcosa che non so che cosa sia, ma che ha causato centinaia di morti.
      In ogni caso io vicino ad un campo rom dove non si respira diossina ogni sera non avrei difficoltà ad abitare. Peraltro la informo (e mi scuso per quello che sto per dirle, perché mi rendo conto che potrebbe turbare la sua sensibilità) che ho vissuto per anni in una palazzina al cui pianoterra vivevano una ventina di giovani senegalesi. Si figuri se mi spaventano gli zingari.
      Piuttosto, lei ci vivrebbe in un condominio dove abitano anche una ventina di senegalesi?
      Grazie

  13. Antonello Pabis says:

    Leggere tutto l’intervento di Ainis è stata una sofferenza ma, l’ho fatto, registrando l’impressionante serie di contorsioni mentali, tipiche di chi non sa di cosa parla, che è riuscito a propinarci.
    Partiamo dall’ingegnosa soluzione, a proposito di comportamenti illegali, che dice “si chiudono i campi in cui l’illegalità è palese e si adotta una soluzione contingente …”
    A parte che non c’azzecca nulla perchè Zedda ha chiuso (o dovuto chiudere) il campo per altre ragioni e che non è questo in discussione, mi verrebbe da dire effettivamente: bravo pirla, che bella pensata, basterebbe quindi sostituire la parola “campo” con “città” ed avremmo “si chiudono LE CITTA’ in cui l’illegalità è palese e si adotta una soluzione contingente”.
    Non vi viene da gridare “arrestatelo subito”?
    Dato che non ho molto tempo da perdere, sorvolo su quasi tutto e mi limito ad altre due cose.
    La parola campo deve essere sempre specificata altrimenti è un termine neutro.
    Noi (l’Asce) vorremmo che i campi, come luogo di segregazione, isolamento, discriminazione ed emarginazione, fossero velocemente eliminati per fare posto a luoghi di inclusione, col rispetto delle prerogative e dei bisogni culturali, familiari, lavorativi e dei diritti di cittadinanza di ciascuno.
    Ma campo può significare anche area in cui si realizza un moderno villaggio, non esclusivo per i rom, anche di case non di cemento, ecocompatibili, con sistemi energetici alternativi, regolari e regolati secondo le leggi, con i servizi necessari, incluso o strettamente collegato alla città, dove ciascuno essendo dotato dei necessari contatori si paga i propri consumi, ben altro insomma che incompatibilità con la tutela dei minori.
    Apra la mente Ainis, gli stereotipi che ci propone non servono a nulla se non ad aggiungere confusione mentale ed altra ignoranza.
    La questione dei diritti e dei doveri rivendicati per tutti in modo eguale è apparentemente una grande trovata e risulta essere molto gettonata. Ma se spremiamo poco poco la nostra materia grigia, forse è possibile aggiungere almeno un piccolo dubbio.
    Il mondo civile ed in particolare un intellettuale dovrebbe avere almeno una vaga idea dei processi di formazione dell’individuo (e della comunità), delle conseguenze negative sulla formazione a causa della privazione dei diritti e della negazione di qualsiasi opportunità.
    E allora di cosa vanno cianciando Ainis e il suo amico Deliperi, quando trattano astrattamente dei danni all’ambiente provocati direttamente da famiglie rom, che sappiamo essere veri ma che devono essere collocati correttamente nel contesto delle scelte di segregazione e di abbandono di grandi e piccoli, vittime predestinate delle speculazioni economiche e politiche della “superiore” gente gagè? Che si pensava di ottenere da quelle condizioni? Che ne uscissero signorini incravattati e profumati di lavanda, dalla forte educazione ambientale e naturalistica, con una insuperabile educazione civica, peraltro molto difficile da trovare ovunque? No, si è ottenuta della gente ancora capace di sopravvivere, nonostante l’insensibilità degli Ainis e dei Deliperi e le angherie di altri, che costretta e abituata ad arrangiarsi con scarsi strumenti non ha perso però la sua umanità.
    Ecco, almeno per umanità, smettiamola di blaterare su diritti e doveri se non abbiamo la capacità culturale e la sensibilità di riconoscere che il discorso è monco quando è mancante di una riflessione autocritica sul credito di diritti, di opportunità e di strumenti che il popolo rom ha accumulato e che, prima o poi, dobbiamo pagare. Quando ci fa comodo, noi gagè diciamo che siamo diversi e che noi non vogliamo essere come loro o che loro devono diventare come noi. Altre volte diciamo, semplicisticamente o arrogantemente, che noi e loro siamo uguali e perciò dobbiamo essere uguali anche nei diritti e nei doveri.

    • ZunkBuster says:

      Caro Antonello, qualcuno invece nel 1978 voleva vivere come uno “zingaro”, e onestamente in questa che è una canzonetta – e che ha procurato a Umberto Tozzi illazioni su una sua sospetta origine Sinti – depurato ciò che è un po’ caricaturale trovo molta più profondità rispetto ai discorsi di certi “intellettuali” che parlano di cose che non conoscono.

      http://www.youtube.com/watch?v=jeRT57PaJvY

    • Tento di uscire dallo stallo, cercando di capire che cosa si possa fare in linea “tecnica”.
      Su questo tema, almeno, credo che molto si possa ancora scavare.
      Francamente, da assessore, ho percepito la sistemazione del campo – realizzata da altri – come un evento assolutamente contingente, a carattere “provvisionale”, in attesa di una prospettiva più precisa anche in chiave d’area vasta.
      E’ vero che le cose provvisorie rischiano di diventare definitive, o di degenerare, ma è anche vero che su tale genere di esperienze non si riesce neppure a fare una sintesi, e questo rappresenta, probabilmente, la ricaduta più negativa.
      Per essere più chiaro: le cose si fanno – spendendo dei soldi pubblici, ovviamente – con l’idea di far bene (a meno che non si pensi che si voglia deliberatamente far male), ma non si riesce mai a trovare una soluzione considerabile come definitiva, in quanto condivisa, accettata, realizzata, usata e sostenuta.
      Ora, io non credo che la condizione culturale ed esistenziale dei Rom preveda la precarietà come carattere positivo; penserei piuttosto che parole come autonomia e flessibilità possano meglio definire sia obiettivi che strumenti di quella particolare forma di “libertà” che – anche se in modo confuso – viene sempre assegnata come aspirazione e cifra ideale di questo Popolo.
      Precariamente, si vive male, Rom o no, e non credo che chicchessia possa aspirare a farne un punto di riferimento.
      Detto questo, se mai dovessi avere ragione, la prima cosa da eliminare sono proprio gli interventi precari, che – in quanto tali – creano precarietà nelle cose, nei comportamenti, nelle prospettive.
      Dei Rom?
      No, di tutti.
      Tutto è precario, tutto è sacrificabile, tollerabile anche quando intollerabile, giustificabile quando ingiusto.
      Io non so, lo ribadisco, quali siano le cose giuste da fare; credo però che possa, e si debba, cercare di capirlo una volta per tutte, e quindi in modo non precario.
      Dove deve essere il luogo (non il “non luogo”) dove i Rom siano a casa loro? Come dev’essere? Quali requisiti funzionali, estetici e – in generale – architettonici devono avere gli strumenti dell’habitat Rom?
      Io non lo so, ma sono disponibile a studiarlo, se qualcuno mi accompagna in un compito che non potrei esaurire da solo.
      Si tratta di Caravan? di tende, di case di fango, di strutture balloon frame (come quelle Amish)?
      Non lo so.
      Come devono essere disposti, i singoli elementi? Come un villaggio nuragico, come una casbah, come un castrum romano, come Arcosanti?
      E che ne so!
      Ma, e gradirei veramente conoscerlo, c’è qualcuno che lo sa, o crede di saperlo?
      Badate, non parlo degli insediamenti Rom come sono, ma come dovrebbero essere, per libera, partecipata e condivisa valutazione collettiva, in vista del futuro stabile, e non del passato precario.
      Sono troppo positivista?
      Forse, ma sono anche stanco di sentire solo valutazioni abborracciate, superficiali e – soprattutto – sempre indirizzate alla precarietà. Che non ha niente a che fare con la reversibilità e la sostenibilità
      Non sto parlando di soluzioni sociali o politiche.
      Sto parlando solo di architettura.
      Che, in fondo, è anche il mio mestiere.
      Coraggio, chi si associa?

      • Professore, io la risposta ce l’ho. E’ una provocazione, ma neanche tanto.
        All’interno di qualche insegnamento annuale, fate fare un progetto agli studenti della facoltà di Architettura. Un progetto in cui si studiano i migliori campi rom in giro per l’Europa e che si realizza con il contributo della comunità rom locale, chiamata a dare i suoi consigli e ad indicare i suoi desiderata.
        Tanto ai vostri studenti progetti che non si realizzeranno mai ne fate fare a cascioni ogni anno. Con questo almeno fate almeno qualcosa di nuovo e di sicuro finite sui giornali. Che ne pensa? Si può fare?

      • E’ una cosa che ho già fatto anni or sono, proprio condividendo le premesse della “provocazione”, che – evidentemente – non è tale, almeno per me.
        Un gruppo di studenti, su mio impulso, ha lavorato su quello che chiamammo “Progetto K”, e ha studiato – a distanza, ma con riferimento al contesto sia geografico che sociale – una scuola in Kosovo. Abbiamo condiviso la speranza che questo potesse diventare un metodo, nell’epoca della rete: fare cose utili, sempre e comunque, portandole dove servono ad uso chi chi non potrebbe permettersele.
        Non siamo riusciti a far avere il progetto al destinatario, per dei disguidi, ma resta l’impianto etico della mission e – naturalmente – il progetto.
        Oggi, che non lavoro più all’Università, non posso fare proposte di questo tipo.
        Posso però ricordare il mio http://archilink.it, dove si trovano i “cascioni” dei progetti del mio corso, a disposizione di chiunque.
        In tale contesto, sempre anni or sono, ho lanciato l’idea di GPS (gruppo di progettazione selvaggia), con l’obiettivo di proporre liberamente “idee di architettura possibile”.
        Rilancio quell’esperienza, invitando chiunque voglia salire sul missile a farlo, e mettendo a disposizione archilink.it con ogni possibile funzione, esistente o implementabile, per sviluppare il lavoro su un possibile “luogo” ROM.
        Naturalmente, si tratta di una spedizione alla Giulio Verne, che richiede la compartecipazione di componenti dotati esperienze diverse, dall’architettura all’ingegneria, alla comunicazione, economia, diritto, sociologia, quantaltrologia etc.
        Aspetto compagni di viaggio; un tempo mi pare si chiamassero Спутник…

      • In sardu iscrio, in sa limba imparada dae totu senza mastru in pizzinnia; in conca mia restadu non bi hada ne latina ne itala poesia, si in cussas limbas l’haere imparada mi dian haer nadu chi no est mia: Coment’isco faeddo, accola nada, però est cosa mia et non furada. Sardos unidos torrade a sa domo vera de su populu Sardu chena chimiduras. 21de lampadas 2012

      • Nella sofferenza è nascosta, con un’intensità estrema, la forza ascensionale del mondo. Il problema sta tutto nel liberarla, rendendola cosciente del suo significato e del suo potere

    • Antonello, ti ho risposto chiaramente e non ho nessuna voglia di pontificare sui massimi sistemi del mondo e – più modestamente – di Cagliari: http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2012/07/08/cari-rom-un-briciolo-di-autocritica-non-guasta-e-niente-razzismo/ .

      Noto solo una cosa. A te e a parecchi altri, anche quelli che si proclamano di sinistra, non interessa molto la salute di migliaia di cittadini, soprattutto lavoratori e “proletari”, che vivono e lavorano a Mulinu Becciu e a San Michele.
      Trovo molto sensato quanto ha commentato sul nostro blog un “comunista” e lo riporto per comodità:

      “Dare del razzista a chi esprime il suo diritto a respirare aria, non dico pulita, ma almeno non tossica mi sembra un modo un po’ superficiale di rapportarsi alla realtà, anzi capovolgerla. Francamente provo fastidio per certi ambienti radicalchic pronti a mobilitarsi per difendere un’aiuola in via Dante ma del tutto indifferenti verso un quartiere popolare per anni assediato da diossina e ancora disseminato di discariche abusive. Per cambiare registro, come scrive giustamente Stefano, bisogna individuare le responsabilità oggettive di tutti: di quegli imprenditori che per anni hanno risparmiato i costi di smaltimento di rifiuti tossici; dei cagliaritani che approfittano di un metro quadrato di campo non custodito per riversarci scaldabagni, eternit, batterie esauste e bidet; degli amministratori che non hanno fatto nulla, magari intascandosi i fondi per l’inserimento sociale; e (vorrei capire, perché no?) di chi in questi quindici anni ha bruciato illegalmente cataste di gomme e rifiuti tossici. Non capisco come sia possibile che le stesse persone che farebbero (giustamente) dei comitati contro un inceneritore si voltino dall’altra parte di fronte alla quotidiana emissione di diossina delle improvvisate fonderie abusive. Vero razzismo sarebbe ipotizzare un diritto la cui validità dipende dall’appartenenza etnica: se la violazione della legge proviene da un residente denunciamolo, se invece viene da un altro gruppo facciamo finta di niente e anzi diamo del razzista a chi denuncia. Che logica sarebbe?
      Il punto vero è un altro: la classe dirigente della città, sia conservatrice, sia progressista non abita nelle periferie e tutto questo può accadere impunemente. In tanti non capiscono, o fanno finta di non capire, che se non si interviene si lascia il campo a quelle forze che cercano di speculare su questo problema dandogli un’interpretazione razzista e xenofoba.
      saluti
      Gianni”

      Prima di pontificare sulla pretesa “insensibilità” di altri, pensaci non due ma duemila volte.
      Forse ti si aprirà un altro orizzonte.
      Da parte mia posso solo confermare come la penso per i rom e per chiunque: uguali diritti e doveri. Il che vuol dire sostegno per superare le differenze sociali ed economiche, ma anche rispetto della legge e del prossimo.

      Stefano Deliperi

      • Dunque tutta questa ribellione contro la tirannia dell’ideale,della lingua, tutte queste scritture polemiche goccianti giù assiduamente dai torchi, vanno intese nel senso loro.- Non è già che i combattenti vogliano la testa del nemico, non è che in nome della fotografia vogliamo bruciare le madonne del beato Angelico, o in nome della sensazione rinnegare il sentimento.- No. Ma anzi quelli non sospetti di meteorismo ideale.- Ma tutto questo accade perché anche nell’arte si è voluto distinguere nell’uomo la materia dallo spirito, l’anima dalla carne, mentre l’uomo è uno; ed è perciò che noi lo voglimo rappresentato tutto intiero nella bellezza e nella deformità, negli istinti sublimi e nei bassi, come è, come l’hanno fatto i tempi, le religioni,le virtù ed i vizi.- Vogliamo insomma essere del nostro tempo, e se il tempo non è bello, non lo abbiamo fatto noi e non né abbiamo colpa.-

    • valentina says:

      Gentile Sig. Pabis, per essere uno che cerca il dialogo usa toni piuttosto bellicosi.
      Non conosco il Sig. Ainis, ma non mi è parso che tratti le questioni astrattamente…anzi mi pare che argomenti parecchio; il Sig. Deliperi, contrariamente a quanto afferma Lei, non va per nulla “cianciando”…e non “tratta astrattamente di danni all’ambiente”; ma molto concretamente si è fatto carico di difendere il diritto alla salute di migliaia di persone (oltre che all’ambiente), gravemente e quotidianamente leso da un manipolo di delinquenti, con esposti alla Magistratuta supportati da testimonianze e prove documentali.
      Chi, va cianciando è chi, come Lei, muove accuse generiche infondate; chi, come Lei, minimizza la gravità dei fatti accaduti finanche disconoscerne la realtà, reclamando contestualmente l’onesta intellettuale dei suoi interlocutori.
      Io non sono un’intellettuale e abito a Mulinu Becciu, e a chi come lei, mi spara la lezioncina sui processi di formazione dell’individuo dico, molto semplicemente: “è arrivato Me Ne Vado”… lei fa la “riflessione autocritica sul credito dei diritti, di opportunità e di strumenti che il popolo rom ha accumulato e che, prima o poi, dobbiamo pagare”, solo che a pagare siamo stati noi; e ancora se abbiamo difeso la nostra salute siamo razzisti…
      A Mulinu Becciu, benchè quartiere notoriamente non popolato da intellettuali, nessuno ha mai pensato che dal degrado del campo rom potessero venir fuori signorini incravattati e profumati di lavanda; ma neanche che i rom della 554 siano da considerare irresponsabili delle loro azioni anche se di rilevanza penale.
      In quanto alle opportunità noto che alcuni di loro, sono stati perfettamente in grado di coglierle, mostrando uno spirito imprenditoriale e organizzativo di portata rilevante, e messo su un business di gestione e trattamento dei rifiuti completo, ritiro-trasporto-smaltimento-riciclo.
      E non hanno mai temuto di “mettersi contro una parte della città” come dice Biolchini alla fine del suo post, perchè pur consapevoli del reato compiuto a nostro danno, come da loro stessi dichiarato per l’emissione di diossina & C. nell’aria, considerata l’impunità di cui finora hanno goduto, se ne sono sempre infischiati. Fino all’ultimo giorno che sono stati lì hanno bruciato senza sosta, nonostante i diversi accordi con l’Assessore Orrù; e adesso fanno la parte dei “poveri defraudati”; ma con quale credibilità pretendono di avere un’altra area da devastare? Aiò oh Pabis…… non siamo intellettuali ma mancu scimprusu.
      E comunque, che le piaccia o no vale uguali diritti uguali doveri; con la sua logica del “poverino” chiunque può derogare alla legge, e lo stato di diritto diventa far-west…
      Per questo attendo fiduciosa che la Magistratura attribuisca tutte le responsabilità, anche a quelle che Lei definisce semplici malefatte.

      • ZunkBuster says:

        Toh, Deliperi ha chiamato i rinforzi dal suo blog. Meno male che questi sarebbero elettori di sinistra. Preferisco di gran lunga un ex assessore di centrodestra come l’architetto Campus, che con semplicità e praticità, senza ideologismi, si è posto il problema di come nel settore che egli conosce benissimo in base alle sue competenze professionali si potrebbe venire incontro alle aspirazioni dei Rom. Anzi sapete che vi dico? Per avere una “sinistra” così, di signori come questo Baradel che va alle manifestazioni antifascio e poi quando sente parlare di “zingari” va in escandescenze peggio di un militante di CasaPound, era meglio Emilio Floris …. MA DI GRAN LUNGA!!! Poi dicono che ci si butta a destra …. E GI DDU CREU!!!!!

      • asco’, o Zunkbuster, ma sei capace di affrontare i fatti e occuparti di fatti e non di farfalle mentali?
        Perchè non ti sei occupato concretamente di una situazione che stava diventando giorno dopo giorno sempre più esplosiva?
        Noi – come GrIG e AdT – l’abbiamo fatto, con le risorse e i mezzi a disposizione, nei limiti delle nostre capacità.
        Tu che cavolo hai fatto?
        A me personalmente delle seghe mentali di destra e di sinistra non me ne frega un beneamato cavolo, m’interessa invece che la mia Città sia la “casa” di chiunque rispetti la legge e il prossimo e venga aiutato a superare le barriere economico-sociali.
        Per raggiungere una vera uguaglianza.
        Tu, invece, che cosa hai fatto e fai in proposito di concreto?
        Ce lo spieghi in modo semplice, così anche noi siamo in grado di capirlo?

        Stefano Deliperi

      • ZunkBuster says:

        Toh, Deliperi parla di “concretezza”. Chissà perché quando questo argomento viene sollevato contro chi cerca di preservare il rispetto di banalissime questioni di principio, come quella della responsabilità individuale a cui ha fatto riferimento anche il sindaco Zedda in Consiglio Comunale, mi nasce spontaneo il pensiero che sia un argomento schiettamente di destra, al massimo grillino. Non a caso in molti affermano lo stesso quando viene sollevata la questione delle nozze gay. Comunque tornando alla “concretezza”, belle parole in bocca ad ambientalisti che con battaglie di retroguardia spesso e volentieri hanno conseguito lo splendido risultato di eliminare posti di lavoro e frenare lo sviluppo … come afferma il governatore toscano Enrico Rossi, questo ambientalismo, lo stesso che non vuole i termovalorizzatori (e poi dove cavolo dobbiamo metterli i rifiuti? beh basta farsi un giro per la 131 per vedere dove vanno a finire), è squisitamente di destra, e se permette, signor Deliperi, a me tracciare una netta distinzione tra “destra” e “sinistra” che non muova dalle etichette di partito ma dalla valutazione dei comportamenti e dei risultati concreti, interessa ancora molto. Per quanto riguarda l’astrattissimo discorso “diritti e doveri” che lei continua a propinarci con la testa al ‘700, egregio Deliperi, gradirei sapere se lei è disposto a fare lo stesso tipo di lotta a difesa dei residenti della Marina, che non hanno da combattere con la diossina, ma con l’inquinamento acustico prodotto dai locali della “movida”, sui quali ovviamente si attende un intervento della magistratura tanto tempestivo come quello relativo al campo Rom, nonché con l’autentico letamaio lasciato dai civilissimi “fighetti” casteddai quando alle prime luci dell’alba hanno finito di rompere i coglioni alla gente per “divertirsi”: attendo di vedere quel che dirà, e soprattutto quel che farà, e poi ne riparleremo. Ma è facile per tutti prendersela coi Rom, meno facile prendersela con la “movida”. Quando si sarà fatto in modo che questi incivili la piantino di rompere le scatole a gente che vorrebbe semplicemente dormire per il loro gusto cretino di scambiare la notte col giorno, e si eviterà di spingere i residenti della Marina, anche grazie alle stupende pedonalizzazioni a base di tavolini ovunque, forse potremo fare un discorso “da pari a pari” anche coi Rom, dimenticandoci che si tratta di un popolo che viene da una storia di persecuzioni secolari, e sperando che lo “scurdammoce ‘o passato” sia accolto. A proposito degli abitanti di Mulinu Becciu, è giusto che si faccia qualcosa perché non respirino diossina, da chiunque prodotta, però non ho visto analoga mobilitazione con riguardo a tutta la droga che gira in quello splendido quartiere. Ma lei lo sa che ancora oggi se in certe strade di Mulinu Becciu gira gente “poco conosciuta”, che magari ha il solo difetto di non essere vestita da “peddizzone”, subito viene lanciato l'”allerta sbirro”? Puntualmente, anche in questo caso, ci deve pensare la magistratura. E a proposito di magistratura, egregio Deliperi: lei pensa che per anni essa stessa si sia per caso resa connivente con le cose di cui sono stati accusati all’ammasso tutti i Rom? Forse c’è qualche ragione perché l’intervento della Procura sia stato meditato, prudente, e abbia inteso salvaguardare soprattutto la salute dei bimbi Rom che non potevano vivere in un campo ormai cosparso di veleni. Poi, se ha pure la presunzione di sostituirsi alla magistratura, ci dica lei, avanti, perché non si è intervenuto prima. Comunque devo complimentarmi, l’ambientalismo continua a conseguire splendidi risultati: dopo le perdite di posti di lavoro, adesso anche l’aggravamento dell’esclusione di un popolo martoriato da sempre, gabellata per inclusione. Temo che andando avanti così, con riferimento agli allarmismi che sicuramente vi preparate – non lei come Stefano Deliperi, ma l’intero universo ambientalista – a lanciare sul “devastante” nuovo PPR di Cappellacci, saranno in ben pochi a seguirvi.

      • Lo Garitmo says:

        “..ambientalisti che con battaglie di retroguardia spesso e volentieri hanno conseguito lo splendido risultato di eliminare posti di lavoro e FRENARE LO SVILUPPO (!)… come afferma il governatore toscano Enrico Rossi, questo ambientalismo…”

        Questi ambientalisti, la rovina del mondo! (cit. Enrico Rossi, Illustr.mo Governatore)

        PS: Devo bruciare due copertoni, a chi ci si rivolge ora a M.Becciu?

      • caspita, Zunkbuster, diossina = tavolini e chiasso. Bravissimo, continua così: falce e cemento, alla faccia di ‘sti ambientalisti, e migliaia, anzi, milioni di posti di lavoro per le masse plaudenti.
        Rimani sereno nelle tue convinzioni. Spero che non capiti mai di riconoscerti come un amministratore di questa città. Ciao!

        Stefano Deliperi

      • ZunkBuster says:

        Intanto non mi ha risposto, Deliperi. Lei è pronto a sostenere la causa dei residenti della Marina, qualora nessuno ponga riparo a questa situazione, denunciata anche oggi dall’Unione Sarda? So bene che c’è una bella differenza tra un’immissione e l’altra, tra la bastarda diossina cancerogena e l’eccesso di decibel, ma in entrambi i casi c’è un problema di legalità, ovviamente di diversa gradazione. Ma se si è per la legalità lo si è a 360 gradi, il sindaco di New York Bloomberg insegna. Si è iniziato dall’appioppare le multe ai writers che imbrattavano i vagoni della metropolitana, per giungere gradualmente a una sensibile riduzione della criminalità, addirittura alla “bonifica” del Bronx, in altri tempi impensabile. Come pretendiamo di insegnare la legalità ai Rom, presso i quali vi sono difficoltà aggiuntive, quando non siamo in grado di insegnarla e farla rispettare innanzi tutto ai cagliaritani? Mi dica cosa non fila in questo ragionamento. Poi, quanto a “falce e cemento”, non ho la benché minima tolleranza per i cementificatori di qualsiasi colore, semplicemente penso che un equilibrio tra ambiente e sviluppo (e non tutto ambiente o tutto sviluppo, bianco e nero, troppo comodo e semplice risolvere così i problemi) si possa raggiungere senza riproporre il solito minestrone scondito di divieti e vincoli. E comunque non era lei quello che invitava a maggior prudenza – per molti versi giustamente – a proposito di Tuvixeddu?

      • caro giurista Zunkbuster, ha da segnalare qualcosa di specifico relativo alla Marina? Bene, scriva con qualsiasi documentazione disponibile a grigsardegna5@gmail.com. L’aspettiamo. E, se vi sono violazioni di legge e buon senso, la sosterremo.
        Altre fesserie su rifiuti tossici, campo nomadi e dintorni? Si legga il provvedimento di sequestro del campo. Non ho da aggiungere nemmeno una virgola.
        Sarebbe una lettura istruttiva per tanti.
        Su Tuvixeddu ho già detto, ampiamente, come la pensano le associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra, non io personalmente.

        Stefano Deliperi

  14. La materia, pur vischiosa, è viscidissima: facile restarci presi, facile scivolarci sopra.
    Confesso di avere un certo pudore a esternare sulla cosa, dovoto alla consapevolezza (socratica?) di non sapere abbastanza, sia sotto il profilo della conoscenza indiretta che dell’esperienza diretta.
    Per quanto mi riguarda, credo che la massima prudenza sia la regola, purchè ad essa non si accompagni il cinismo e il disinteresse; nell’eventuale dover fare, mi aiuterebbe molto l’essere credente, se sapessi fare almeno un poco di quanto credo: purtroppo, il fariseismo è sempre in agguato.

  15. ZunkBuster says:

    L’intervento di Ainis, che inanella una serie sterminata di semplicismi e luoghi comuni, suscita una risposta spontanea.
    Premetto che non voglio fare la parte di quello che sui Rom “sciri tottu issu”: ne sono ben lontano, sto “imparando” in corso d’opera, grazie soprattutto alla sensibilizzazione derivante dall’instancabile opera di Antonello Pabis e dal rapporto personale con alcuni Rom di recentissimo arrivo a Cagliari.
    E allora, a proposito dei Rom, forse non tutti sanno che:
    – nel Medioevo, molti di essi solevano girovagare attraverso i confini dei vari regni e feudi del Sacro Romano Impero muniti di salvacondotti rilasciati da sovrani, ad esempio dal Re di Boemia. Che differenza rispetto alle politiche razziste di un Sarkozy, vero?;
    – la dedizione dei rom all’elemosina è un retaggio storico secolare. Sempre nel Medioevo, le popolazioni di molte città, che ospitavano perlopiù transitoriamente i Rom, perlopiù artisti e musicisti, nel loro girovagare, usavano spontaneamente aiutare i Rom nel sostentarsi durante la permanenza in città. Questa pratica di civiltà, che risale direttamente a ciò che si racconta nel Vangelo (e i Rom furono tra i primissimi popoli ad aderire, senza riserve e secondi fini, al Cristianesimo, seppur molti di loro, spostatisi in terre di influenza turca, si siano poi “islamizzati”), fu interrotta dalla repressione contro i Rom, accomunati in ciò ad altre realtà (come i Trovatori, molti dei quali erano Rom, e i Templari) determinata dapprima dalla politica sanguinaria di sovrani come Filippo il Bello di Francia, e successivamente dall’Inquisizione. Per i Rom, popolo che ha una memoria di elefante, questo patto non è mai stato sciolto. La stessa dedizione al furto, peraltro non certo propria di tutti i Rom come popolo, può ricondursi alla rottura del patto di ospitalità di cui essi prima godevano;
    – tentativi di integrazione forzata mediante la totale assimilazione dei Rom alle popolazioni autoctone – con la proibizione della vita girovaga, l’obbligo di vivere in normali case, perfino il divieto di indossare i tradizionali abiti “zingari” – furono già perseguiti a cavallo tra il Seicento e il Settecento dal “dispotismo illuminato”, in particolare in Spagna e in Austria (ad opera dell’imperatore anticlericale Giuseppe II), e si rivelarono un solenne fallimento;
    – un altro tentativo di integrazione forzata, stavolta alla popolazione agraria, fu effettuato in Romania dal regime comunista, ma fu in un certo senso la salvezza per i Rom rumeni, già tenuti in schiavitù, e, dopo la caduta di Ceausescu, nuovamente oggetto di misure razziste di vario genere, specie da ultimo ad opera del presidente reazionario Basescu;
    – che gli “zingari” abbiano conosciuto, sotto il tallone del nazismo, il loro olocausto (detto “porrajmos” in lingua romanì) con lo sterminio di un numero di Rom sicuramente superiore a 500.000, forse prossimo al milione, è abbastanza noto, ma è meno noto che, al contrario degli Ebrei, non ebbero alcuna riparazione.
    E si potrebbero citare tante altre circostanze, ma quelle esposte bastano a far comprendere una cosa: coi Rom abbiamo, tutti noi “gagè”, un ENORME debito storico, forse superiore a quello che abbiamo nei confronti degli Ebrei, e siamo ben lontani dall’averlo riparato. Certo non con la politica dei campi di segregazione e semiprigionia, quali sono gli attuali “campi rom”, e neppure con quella dell’integrazione forzosa, già storicamente fallita.
    Di tutto questo non c’è alcuna traccia nell’intervento di Ainis, che parla astrattamente di “diritti e doveri” nello stesso modo in cui lo fa Deliperi. Detto brutalmente: o Ainis, ma con che faccia di suola parliamo di “doveri” a una popolazione che noi “civili” occidentali abbiamo perseguitato per secoli, essendo ben lontani dall’aver minimamente pagato l’ENORME debito che abbiamo con essa? O Ainis, la “legalità”, ai tempi di Hitler era quella nazista e repubblichina, ma le risulta che Perlasca abbia rotto il cazzo agli Ebrei che ha salvato coi discorsetti sui doveri? O che l’abbia fatto Palatucci? O che l’abbia fatto Oskar Schindler? Capisco che lei ci tenga al suo personaggio di intellettuale organico tuttologo che interviene sull’intero scibile umano, talora proponendo analisi approfondite ed azzeccate (sia pure con qualche tendenza alla supercazzola), talora con una notevole dose di saccenteria … ma per “fare” gli intellettuali, a volte, bisognerebbe informarsi …

    • ZunkBuster says:

      Un’altra cosa, Ainis. Ci provino i “civili” a vivere in un campo di segregazione, nel modo in cui sono costretti a vivere i Rom, e forse anche i loro bambini non sarebbero molto “puliti”. Dove i Rom possono vivere come meglio aggrada loro, e non sono raggiunti dalla repressione (in qualunque forma, che sia apertamente razzista o subdolamente umanitaria o giustificata con motivi ambientali o igienici), essi sono pulitissimi, e con loro i loro bambini. Perché c’è un’altra cosa che ignora, Ainis. I Rom hanno un codice rigidissimo sulla “purezza” dei cibi e del vestiario, che assomiglia molto a quello degli Ebrei osservanti – e infatti alcuni studiosi ritengono che la reale origine di questo affascinante popolo sia ebraica, probabilmente risalente ai tempi della “cattività babilonese”, laddove, come è noto, quando i sovrani persiani autorizzarono gli Ebrei a fare ritorno nella loro terra d’origine, non furono tutti gli Ebrei a farvi ritorno, anzi furono probabilmente una minoranza osservante – e anche se è venuta a sfumare la probabile origine religiosa di tale “codice”, con l’adesione dei Rom al cristianesimo, all’islam e ad altre religioni, ciò è quanto di più contrario vi sia a una “cultura della sporcizia”, che non origina dal modo di essere dei Rom, ma da come li trattiamo.

  16. EROISMI Giusti della fallita apocalisse, marci Porci Catoni, in questo errai: che forse delle birberie forse ne scrissi, ma non ne feci mai. Oh, se n’avessi fatte e lo potevo, di che frasche m’avreste incoronato!! Un’abiura, e tra i grandi anch’io sedevo Illustri deplorati. Ma l’arte di lustrar le scarpe ai ladri Curvando il dorso, mi negò natura; perciò gridate che incitai le madri a strillar di paura. Chi parla di viltà? Chi con gagliarde Frasi, dopo il caffè, facile tribuno, povere donne, vi chiamo codarde perché vestite di bruno? Chi fumando in poltrona, empie i giornali Di vendette, di stragi e di rovine, da la ciambella moderando l’ali delle aquile latine? Chi dei debiti nuovi alla conquista Lo apostrofì all’onor guida in falange E soggioga la Scioltezza del liquorista Insultando chi piange? Ah, siete voi!! Salute, o ben pensanti, in cui l’onor s’imbotta e travasi; ma dite un po’, perché gridate “ avanti !” e poi restate a casa? Perché, lungi sai colpi e dai conflitti, comodamente d’ingrassar soffrite, baritonando ai poveri coscritti armiamoci e partite! ? Partite voi, se generoso il core Sotto al pingue torace il ciel vi diede, O Baiardi, è laggiù dove si muore Che il coraggio si vede, Non qui tra le balorde zitellone, madri spartane di robuste prose, che cercan morti per compor corone D’allor,ahi, non di rose!

    Ma non partirete! A questi tempi, se dovesse mancar “la parte sana”. Chi resterebbe a predicar gli esempi Della virtù romana?
    Chi resterebbe a consolar coi detti Le vedove beltà che il bruno adorna? Chi li farebbe i brindisi ai banchetti Per chi parte o per chi torna? A forti aiaci della guerra a fondo, ussari della morte, ah, non tentate d’uscir di qui per conquistare il mondo perché se ve ne andate, forse la vigna che godeste voi fruttar potrebbe ad operaio più scaltri… no, restate a far gli eroi con la pelle degli altri!!
    Pisenti Tatti

  17. Gentile Biolchini,
    fatico a commentare un post come questo perché ho l’idea che il mio pensiero sarà sgradito a molti (non perché sia particolarmente rilevante, intendiamoci!).
    Quindi lo dico subito: il suo post è possibilmente il peggiore che abbia letto finora (scusandomi con Zunkbuster che afferma l’esatto contrario) perché somma un’interpretazione ingenua della realtà con il desiderio autentico di contribuire ad eliminare l’intolleranza nei confronti dei Rom… suggerendo soluzioni che la rafforzano (non saprei pensare nulla di peggiore, lei afferma cose profondamente sbagliate mosso dalle migliori intenzioni!).
    Elenco i punti più rilevanti (a mio avviso).
    Primo: che i Rom facciano parte del problema della povertà e dell’emarginazione è falso. Non sono clochard e non sono «poveri» (se intendo bene ciò che lei intende per «povero», ovvero persona che fatica ad integrarsi nei meccanismi economici della società).
    Secondo. La percezione che lei estende al «popolo della sinistra», quella dei Rom «poveri» da trattare come i «sardi poveri», da cui la domanda di cosa faccia Zedda per i «poveri», esprime il pensiero di una certa militanza di sinistra assolutamente minoritaria rispetto a chi «vota a sinistra» (se intendiamo il PD come «voto di sinistra»). Il «popolo della sinistra» non la pensa così, ma richiede altro (secondo me un insieme di regole condivise, quindi diritti e doveri, in cui ciascuno possa operare le proprie scelte in un’ottica di dignitosa protezione sociale). Se poi il «popolo della sinistra» è altro (non il PD, per intenderci, tagliando la cosa con l’accetta!) stiamo parlando (se va bene) del 10% dei votanti (potenziali), con quel che ne consegue (che mettiamo i Rom in galera come finisce per chiedere l’altro 90%!).
    Terzo. Non confondiamo «ordine pubblico» e «legalità» (meno male che ci sono i Deliperi!). Esiste una comunità Rom (o qualunque altra comunità, ovviamente) che desidera mantenere la vita comunitaria in un campo? Benissimo, ma non diciamo (per favore) che vogliono un «pezzo di terra»!, proprio perché non sono clochard. Ricordiamo tutti che esistono leggi sacrosante di tutela dei minori cui nessuno di noi sarebbe disposto a derogare. I bambini devono essere nutriti, mantenuti in condizioni igieniche dignitose, istruiti e gli si deve garantire la possibilità di operare scelte consapevoli una volta raggiunta la maggiore età. Quindi ventilare come soluzione un «pezzo di terra» e basta, in cui le famiglie non possono garantire i diritti dei minori è una colossale sciocchezza (e non ci piace, inutile girarci attorno). Inoltre, nessuno di noi, correttamente, è disponibile a tollerare comportamenti illegali: la spazzatura si smaltisce come quella degli altri cittadini, i servizi si pagano come fanno gli altri cittadini e così via (con quel che ne consegue e illustro nel punto successivo). Da cui: cos’è un «campo moderno»? Quanto costa? Chi paga gli oneri di urbanizzazione? I servizi? Chi ci va? Chi ne viene escluso? Che leggi vigono al suo interno?
    Quarto punto, dolente: l’intolleranza. I Rom non sono Panda, bestie speciali da tenere in uno zoo e neppure esseri umani con un corredo genetico diverso dal nostro. Per questo, alcuni commenti che ho letto nei post dedicati al problema Rom li trovo aberranti (dai Rom che sono bravi musicisti a quelli che li vorrebbero in un campo in centro città così possiamo andare a trovarli per vederli suonare e ballare, magari pagando il biglietto e comprando il gadget «handmade by Rom»: mancano le gite turistiche e siamo a posto!). Sono cittadini come tutti gli altri (quando ne hanno lo status, altrimenti migranti che dobbiamo accogliere nella nostra comunità e sono tenuti a rispettarne le leggi) e come tali soggetti a diritti e doveri. Nell’ambito di questi (diritti e doveri) ciascuno deve essere libero di esprimere le proprie scelte, ma senza alcuna deroga, neppure su una pretesa base etnica. Tanto per essere chiari, faccio un esempio che non riguarda i Rom. Se una comunità riunita su base religiosa non ammette le trasfusioni e un bambino ne ha bisogno, si leva la patria potestà ai genitori, senza se e senza ma! La pretesa di elaborare regole diverse per i «gruppi etnici» (posto che si riesca a definirli, perché è uno stereotipo anch’esso) si chiama «razzismo», anche se è guidata dalle migliori intenzioni (ad esempio le sue, che credo sinceramente orientate all’accoglienza dell’«altro da noi»).
    Prevengo la sua domanda: «Bravo pirla: e dopo tanto cazzeggiare, dove sta la soluzione?»
    Soluzione.
    Primo: si chiudono i campi in cui l’illegalità è palese e si adotta una soluzione contingente, esattamente come ha fatto Zedda, perché senza una discontinuità le cose restano come sono (sì, esattamente come il caso della politica sugli spettacoli, che mi trova d’accordo). Se poi il sindaco di San Sperate finge di aver paura di venti persone per puro calcolo politico e facendo leva sul razzismo dei suoi concittadini, per favore non avvalliamo la posizione di chi accusa Zedda di non aver «cercato una soluzione condivisa». Cerchiamo di vedere le cose come sono: venti persone alloggiate in una casa privata in una comunità di «ottomila persone»!
    Secondo. Se c’è una comunità che intende sollevare il problema di scelte particolari (ad esempio il nomadismo) la si ascolta e si esamina la possibilità di accontentarla, se possibile, ma senza deroghe dalla legalità, esattamente come deve avvenire per tutte le altre comunità di cittadini che esprimono problemi collettivi. Nel caso dei Rom, è necessario rendere chiaro un fatto: l’equazione Rom=poveri, quindi «Rom a carico della collettività in quanto Rom» è inaccettabile (esattamente come per preti&suore, solo che i preti hanno più potere dei Rom e si fanno mantenere), per almeno due ottimi motivi. Il primo, che non si vede per quale motivo gli altri dovrebbero mantenerli, il secondo perché è il modo migliore per emarginarli e farne capri espiatori fomentando il razzismo. Non a caso, i Rom non lo pretendono!
    Terzo. I Rom siamo noi, tutti noi, ciascuno con i propri problemi quotidiani. O ci convinciamo che non esistono «soluzioni per i Rom» e «soluzioni per gli altri», perché non ci sono «Rom» e «altri», oppure una comunità equilibrata capace di non esplodere in odio razziale non la costruiamo.

    Chiudo citandola: « Quali progetti di inclusione lavorativa pensano di attivare le istituzioni?» che è un po’ il sunto del suo discorso: provi a spiegare a un cassintegrato (che ha votato SEL) che Zedda è occupato a cercare lavoro per i Rom, poi vediamo quale conto gli presenta e per chi vota alle prossime elezioni!

    Sul modo di operare della giunta Zedda non mi dilungo, ne ho appena parlato qui http://exxworks.wordpress.com/2012/07/11/il-rapace-pubusa-giudica-zedda-e-sviene-per-la-fatica/. Secondo me sta facendo bene e lo si vede dal fatto che le critiche più aspre (e meno giustificate) gli arrivano dalla propria parte politica. Buon segno!
    Cordialmente,

    • valentina says:

      Ciao Ainis… sono d’accordo con te e con Deliperi; eppoi sorrido, anzi son proprio scoppiata a ridere… l’idea di uno spazio in centro città, se proprio i Rom hanno questa esigenza vitale per non disperdersi e mantenere la loro identità, l’ho espressa io, ti dico… in totale buonafede, con l’intenzione di non isolarli dal resto della città, di conoscerci e di rispettarci a vicenda… Mi sembrava una buona opportunità anche offrirgli uno spazio per poter mettere a frutto le loro capacità manifatturiere… ma, scorgendomi nel tuo intervento mi son resa conto di quanto fosse intrisa di presunzione grottesca la mia immaginazione.

  18. MammaTigre says:

    “Semplicemente”… Grazie Vito, per questo importante contributo.

  19. Francesco says:

    Diversi pazienti rom (di famiglie differenti) che ho visitato negli ultimi due mesi, alla mia domanda sulla questione case a loro dedicate mi hanno risposto univocamente “non le vogliamo, ci sono tanti sardi che le vorrebbero e non le hanno, le diano a loro, a noi basta un pezzo di terra”. Ora, posti i dovuti limiti del campione, penso che sia una convinzione abbastanza diffusa nella loro comunità. Dove sta l’errore?

  20. Antonello Pabis says:

    Caro Vito, sei straordinario, chiarissimo come al solito. E grazie per avermi citato, addirittura due volte (effettivamente ho gran bisogno di incoraggiamento). E grazie ancora perchè ci aiuti a fissare meglio le nostre idee, dato che esse sono il risultato di una riflessione collettiva dentro l’Asce e oltre la nostra piccola e umile associazione, nei movimenti di base della città ed oltre.. Noi non ci occupiamo soltanto di rom ma, mezzi permettendo, di tutte le persone con diritti limitati e opportunità negate. L’attività con i rom emerge maggiormente perchè altri non se ne occupano o non lo fanno abbastanza. Si tratta di un terreno difficile e molto scivoloso ma, posso garantirlo, non impossibile se ci predisponiamo all’ascolto, al rispetto e alla comprensione dei fenomeni senza la boria e la supponenza di chi crede di aver capito come va il mondo, anche se non lo conosce affatto, nella sua storia e complessità. Mi hanno ripetutamente chiesto se i rom “preferiscono le case o i campi” (è l’argomento del giorno). Ho risposto che i rom non hanno bisogno di generalizzazioni (case di cemento e mattoni per alcuni, case di legno per altri, ecc), nè di soluzioni riservate alla categoria rom (perchè promuovere la competizione quando si tratta di diritti di base?), ma di un Tavolo di confronto e di concertazione (la democrazia). Sarà il tavolo di partecipazione democratica (con l’Amministrazione, i rom, i mediatori di fiducia di entrambi e le parti sociali interessate) a partorire le proposte di soluzione, modulate sui diritti, sui doveri e suoi bisogni delle persone. Non c’è una soluzione uguale per tutti e la concreta possibilità di successo di un qualsiasi progetto di inclusione sociale dipende da quanto è condiviso, partendo dai soggetti primi destinatari dell’azione politica (in questo caso i rom). E non si può barare: il campo della 554 ne è la dimostrazione. Ho già avuto modo di scrivere che una prigione seppure dorata resta sempre una prigione e che da essa non possono uscirne signorini imbellettati. Da quel campo di isolamento e di emarginazione è uscita gente che è riuscita a sopravvivere a condizioni disumane, solo per un istinto di conservazione ben allenato dalle secolari persecuzioni.
    Quando mi si parlò dell’inclusione nelle case (che brutta espressione), risposi chiedendo se il comune di Cagliari intendeva dotarsi di un Piano Casa per i cittadini che non l’avevano, dato che ad aggravare la situazione venivano proposte case dal costo improponibile. Comprendo l’emergenza, comprendo che per bonificare quel campo occorre sgomberarlo ma, non l’ho personalmente verificato; comprendo pure che occorra andare in altri alloggi di fortuna e che non ci siano terreni per un altro campo ma, non ho potuto appurare nemmeno questo.
    Comprenderei di meno altro ritardo nella sperimentazione dei metodi di quella democrazia partecipativa di cui tanto si è parlato, prima, durante e dopo la campagna elettorale di Massimo Zedda.
    Infine avrei difficoltà ad accogliere qualsiasi paletto che fosse teso ad imporre o escludere possibili soluzioni senza prima averle attentamente valutate.
    Buon lavoro a tutti noi e lunga vita alla Giunta del Sindaco Zedda, perchè ciò significherebbe che si sono rispettati gli impegni assunti prima, durante e dopo la sua campagna elettorale, a partire da quelli relativi alla partecipazione democratica.

  21. caro Vito, ti leggo sempre silenziosamente, e ti ringrazio, anche, silenziosamente. ma questa volta, devo palesarmi: è un onore essere citata in un tuo articolo. non è l’unico elemento che mi emoziona, ovviamente. come non è, questo, l’unico tuo articolo che stimola in me riflessioni e voglia di approfondire… dunque, grazie. due e più volte! 🙂

  22. Supresidenti says:

    Caro Vito, il tuo coraggio e la tua onestà sono un esempio per tutti noi. Sempri a innantis.

  23. Non conosco a fondo la questione e non posso dire niente di utile; vorrei fare comunque i miei complimenti all’autore: fa piacere leggere articoli così ragionati, ragionevoli e acuti su problemi che di solito vengono affrontati con il “mi piace” di facebook su quegli annunci farneticanti “stanno regalando le case ai rom!” (manco fosse il Santo Natale degli immobiliaristi).

  24. ZunkBuster says:

    Bravo Vito Biolchini, fuori da ogni piaggeria (alla quale non sono mai stato portato) penso che questo sia non solo il migliore articolo di sempre pubblicato su questo blog, ma anche tra i migliori in assoluto pubblicati nell’intera “stampa sarda”, cartaceo e blogosfera inclusi.
    C’e’ davvero poco da aggiungere sul merito, condivido TUTTO! Resta il fatto che Massimo (Zedda) continua a rimanere una figura a volte un po’ enigmatica, a volte se non lo conoscessi e non dubitassi affatto della sua buona fede, e se comunque non fossi un osservatore informato, avrei difficolta’ a capire se su tematiche cosi’ importanti l’amministrazione comunale non sta facendo niente, sta facendo cose sbagliate (l’ordinanza Mossa e’ incommentabile, se lo facessi mi beccherei una querela per diffamazione) o semplicemente abbia difficolta’ a spiegare alla cittadinanza cio’ che sta facendo. Secondo me l’affermazione più’ vicina al vero e’ quest’ultima, e non e’ una giustificazione esaustiva che ci sia la mala informazione dell’unione, perche’ se e’ per questo ci sono anche quelli che fanno la hola all’amministrazione come il solito Casteddu On Line. C’e’ qualcosa da rivedere: mi auguro che il sindaco se ne accorga, ma temo che invece serpeggera’ qualche nuova insinuazione, del tipo: Biolchini vuol fare l’assessore ai servizi sociali 😀

    • Esistono tantissimi altri problemi a Cagliari e in Sardegna in particolare mentre noi continuiamo a lottare contro questi poveri Rom, si fra di loro ci sono quelli che rubano e commettono reati contro il patrimonio ma proviamo a vedere quanti di questi sono spinti a delinquere da vere e proprie organizzazioni criminali provare per credere.
      Non è già che i combattenti vogliano la testa del nemico, non è che in nome della fotografia vogliamo bruciare le madonne del beato Angelico, o in nome della sensazione rinnegare il sentimento.- No. Ma anzi quelli non sospetti di meteorismo ideale.- Ma tutto questo accade perché anche nell’arte si è voluto distinguere nell’uomo la materia dallo spirito, l’anima dalla carne, mentre l’uomo è uno; ed è perciò che noi lo voglimo rappresentato tutto intiero nella bellezza e nella deformità, negli istinti sublimi e nei bassi, come è, come l’hanno fatto i tempi, le religioni,le virtù ed i vizi.- Vogliamo insomma essere del nostro tempo, e se il tempo non è bello, non lo abbiamo fatto noi e non né abbiamo colpa.-

  25. Reblogged this on under the surface and commented:
    Il mio pensiero sulla vicenda dei rom a Cagliari ha trovato concretezza nelle parole di Vito, meglio non potevano essere espresse.
    Io capisco che sia difficile vedere la situazione da un altro punto di vista, ovvero dell’emarginazione e della povertà, ma è di questo che stiamo parlando, che la comunità sia rom è una questione marginale. Non vogliamo vedere la povertà nelle nostre città, non siamo abituati -fortunatamente- alle migliaia di senzatetto che ci sono da altre parti, per questo crocifiggiamo una intera comunità che rappresenta la povertà alle nostre latitutidini. Quando si capirà questo forse faremo passi avanti nella discussione.

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