Cagliari / Sardegna

Turismo in Sardegna/3 “Elmas? Villasimius? Ai Arts, ai no spic inglisc!”. La straordinaria avventura di Alessandro in piazza Matteotti

Ed eccoci alla terza puntata della nostra personalissima inchiesta “Turismo in Sardegna, ovvero cosa c’entrano i prezzi dei traghetti con il crollo delle presenze?”. L’amico Alessandro ci manda la sua corrispondenza nientemeno che dall’Arst di piazza Matteotti di Cagliari. Leggere per credere! Vi ricordo che le vostre testimonianze devono riguardare solo episodi accaduti in questa magica estate 2012. E buone vacanze a tutti.

***

Dover andare all’aeroporto di Elmas non potendo essere accompagnati in auto può mettere in seria crisi un cagliaritano, sottoscritto incluso. Taxi? Zeeero, caru che fogu! Ctm? Non ci passa. Però c’è il servizio di collegamento da piazza Matteotti! Stamattina ho, quindi, pensato di consultare il sito dell’Arst (siamo pur sempre nel 2012!) che mi ha leggermente disorientato dopo due minuti di consultazione con una specie di supercazzola costante dovuta alla poca flessibilità dell’interfaccia e, forse, un po’ anche alla mia poca pazienza.

Spento il computer mi sono recato, a frastimi po sa basca lègia, allo sportello “Informazioni” della Stazione Arst. Mi sono messo in fila e ho, inevitabilmente, sentito i dialoghi tra l’utenza (visibilmente turistica) e “l’addetto alle informazioni”…

[Il dialogo è qui riportato a memoria, nessuno dei turisti era inglese e non ho nessuna pretesa di scrivere in forma corretta. L’intento è solo quello di dipingere il quadro surreale di un tentativo di comunicazione… ahimè univoco. Altro che informazioni…]

“Good morning! Dou you speak english or spanish? Please, could you tell me when it departs the next bus to Villasimus?”
– “Ah? Come? No inglese, no. Villasimius? Numero 3… capisci?” (il numero è casuale, in realtà non ricordo quale fosse il numero della linea, ndr)
“Number 3? When it departs?”
– “Aaah?”
“¿A qué hora?”
– “Eeh, mezzogiorno e mezza. Aspe’ che ricontrollo: sì, mezzogiorno e mezza!”.
“I can’t understand… no lo entiendo!”
– “M e z z o g i o r n o e m e z z z za…” (mostrando una scritta incomprensibile su un foglio).

A quel punto traduco io: “Half past twelve, bus terminal number 3”.

E la ragazza trasforma un’espressione disperata e perplessa in un sorriso, salutandomi e correndo a prendere il bus per Villasimius, armata di zainetto e borsa per la spiaggia. Avrà capito che il biglietto si deve acquistare DENTRO al McDonald’s? Eja, proprio DENTRO! Boh!

Io invece chiedo lumi per il bus navetta per l’aeroporto e mi vengono indicati un mouse e uno schermo. Consulto rapidamente e mi compare una tabella decisamente più leggibile di quella del sito internet dalla quale apprendo che, per fare 8 miseri km di viaggio, debbo pagare ben 4 euro. Mentre rifletto sulla non opportunità di attanallarsi per 4 euro, arriva una coppia di ragazzi e riprende lo show:

“Bonjour! Est-ce que…”

Provo, allora, notevole imbarazzo a vedere che non vengono minimamente calcolati da “l’addetto alle informazioni” che scherza ad alta voce con tre colleghi autisti che ridendo gli dicono: “E imparalo l’inglese, ah ah ah!”. Sono appena entrati dalla porta sulla quale c’è un foglio A4 attaccato col nastro adesivo che comunica un “divieto d’accesso ai non autorizzati”, scritto penosamente a pennarello… ovviamente.

Guardo i ragazzi francesi che si stanno innervosendo e gli dico: “Vous devez attendre…”. Saluto e vado via, per non dover assistere e prendere parte all’ennesima pantomima allo sportello “Informazioni” dell’ARST.

Cagliari come Babele?

Alessandro

 

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38 Comments

  1. Proporrei di ripristinare l’uso generalizzato del Latino.
    Tutto sommato, prima che Dante rovinasse la piazza, eravamo noi a farci capire da tutti.

  2. Alessandra says:

    Ma vedrete che adesso, con la riforma della scuola superiore e con l’obbligo per l’ultimo anno del ciclo di studi di insegnare una materia (non linguistica) in una lingua diversa dall’italiano, tutti sapranno bene l’inglese o lo spagnolo. Sarà divertente insegnare il latino in inglese, o la storia, o il disegno geometrico. Che risate anche per gli insegnanti! Vorrei avere delle telecamere nascoste per assistere alle interrogazioni. Altro che sportello ARST.
    L’arte dell’arrangiarsi è l’unica in cui non abbiamo avversari nel mondo. Peccato che da un po’ di tempo non dia più i risultati sperati. Eh no.

  3. Se uno va a Londra deve parlare l’ìnglese e se va a Parigi il francese. Ne consegue che a Cagliari, lo straniero deve …adeguarsi e parlare in italiano o, perche no, in sardo (cagliaritano). Peccato che Cagliari non abbia lo stesso appeal di Londra e Parigi e che debba conquistare una sua collocazione tra le mete turistiche europee e del Mediterraneo. Avere un costante flusso di viaggiatori è nostro interesse, sia dal punto di vista economico che culturale. Prevedere un sistema che, nei punti nevralgici della città vi sia qualcuno che sappia dare informazioni è un segno di disponibilità ad accogliere il viaggiatore. Un gesto di rispetto verso l’altro da se. Se cio detto è valido allora non si puo lasciare all’improvvisazione e al folclore che ridere non fa. Rispetto al passato il tempo dedicato alle vacanze si è sensibilmente ridotto. I viaggiatori arrivano a cagliari magari prenotando unn volo low cost pochi giorni prima di partire scegliendo magari la località in base al prezzo del volo. Cosa sanno i viaggiatori di Cagliari? Pochissimo. Di converso con permanenze così ridotte non si può perdere tempo. i ritmi sono serrati. Se do un’info sbagliata (ne ho avuto esperienza) e prendo il mezzo sbagliato e perdo un giorno dei miei tre/quattro disponibili io mi giro le palle a elica e a Ghiagliari non ci metto piu naso. Il problema poi, quale sarebbe? far fare un salto qualitativo al personale attraverso corsi di formazione adeguati. Ma di questi tempi ciè è visto come un puro costo. Quindi inutile. Dare info su orari di partenza e percorsi è in realtà un operazione elementare che solo la pigrizia intellettuale di chi dirige l’ARST impedisce di organizzare. Questa storia va avanti da anni e i turisti che ci hanno avuto a che fare se ne sono sempre, vivacemente, lamentati. Presso l’info point di piazza Matteotti ne sono arrivati a centinaia. Lamentele circa l’imprecisione ma anche rispetto ai tonicanzonatori e menefreghisti del personale preposto. Il viaggiatore moderno tende sempre piu a viaggiare usando i mezzi collettivi per ridurre l’impatto sull’ambiente che il turismo comporta. Perchè non favorire questo trend migliorando il servizio? Lìaccoglienza è secondo me un nostro dovere e deve essere adeguata al ruolo che Cagliari, capoluogo regionale, ricopre. Le città spagnole e della Francia meridionale (vero e proprio esempio di organizzazione in questo campo) sficaono un esempio da seguire. Non farlo significa rinunciare in loro favoro a importanti flussi turistici di cui, immagino tutti condividiate, abbiamo assoluta necessità

  4. Pietro says:

    Ragazzi, sono d’accordo sul fatto che allo “sportello informazioni” ci debba essere qualcuno che possa dare informazioni almeno in inglese, ma è anche vero che se uno va a Londra o parla l’inglese o s’impicca, a Parigi se parli inglese forse ti dicono che mica sei a Londra…

    Allora siccome siamo tutti europei e noi conosciamo un po’ di inglese, spesso, e/o un po’ di quant’altro, meno spesso ma abbastanza di frequente, beh… anche gli altri si studiassero un po di italiano… soprattutto gli inglesi, così, almeno per chiedere a che ora parte un autobus, non va mica bene che pensino di poter pretendere che in Italia si parli la loro lingua.

    Insomma l’ideale sarebbe un po’ di reciprocità, se no noi si parte in svantaggio e non va mica bene!

    • Neo Anderthal says:

      Caro Pietro.
      La tua osservazione sarebbe giusta in linea di principio, se non fosse che a Londra vanno da tutto il mondo anche apposta per imparare l’inglese, e l’inglese è usuale lingua di scambio anche tra non inglesi. Per il francese il discorso è parzialmente simile. È parlato in mezzo mondo ed è la lingua straniera più conosciuta dai madrelingua anglofoni, aggiungi il fatto che Parigi -che è sempre Parigi, e non la Grande Quartucciu- è stato una meta obbligatoria per i ricchi e colti viaggiatori dei secoli in cui viaggiare non per lavoro era un lusso inarrivabile per la stragrande maggioranza degli umani, ed è una mecca del turismo di massa da quando questo fenomeno esiste (non da moltissimo, su scala storica).
      Quindi il problema è sempre lo stesso: vogliamo che una quota dei risparmi che il lavoratore occidentale medio investe in viaggi? E allora mettiamo i turisti in condizioni di vivere una esperienza che li soddisfi, facilitando il soggiorno e favorendo le loro possibilità di movimento, soggiorno e quindi spesa. un La conoscenza delle lingue da parte degli addetti alle relazioni col pubblico non è solo un vantaggio per loro, è un nostro interesse strategico, un vantaggio per noi, ci aiuta a “tirargli fuori i soldi dalle tasche”.
      Parafrasando una di quelle odiose filastrocche “motivazionali” che erano molto di moda tempo fa:
      “Ogni mattina, in Grecia, alle Maldive, In Turchia, in Croazia, alle Canarie un albergatore/ristoratore/addetto si sveglia, sa che deve correre più in fretta della concorrenza o andrà in fallimento. Ogni mattina, in Occidente, un Turista si sveglia, sa che vuole passare una vacanza interessante, e consulta gli amici, i siti internet, le agenzie di viaggio per scegliere dove andare. Quando il sole sorge, non importa se sei maldiviano, turco, greco, croato, canario o sardo: L’importante è che cominci a correre…”

      • Pietro says:

        Egregio Neo Anderthal,

        …infatti ho detto che sarebbe opportuno che allo “sportello informazioni” ci fosse sempre qualcuno capace di esprimersi almeno anche in inglese.

        Vorrei sottolineare, però, il fatto che in Italia la questione lingua inglese si sta trasformando in un boomerang che presto ci tornerà in testa.
        Fare una buona politica culturale (e quindi anche turistica) significa anche saper promuovere la propria lingua.

        L’atteggiamento mentale dietro questo post denuncia è solo in parte condivisibile, per il resto porta a condotte castranti come quelle di certe università italiane che hanno deciso di attivare corsi soltanto in lingua inglese.

        La moderna forma di colonizzazione è linguistico-culturale, forse ancor prima che economica. Noi italiani stiamo incoraggiando la nostra colonizzazione, bevendoci la balla, propugnata da un pugno di idioti che prende decisioni miopi, secondo cui la qualità (in qualsiasi settore) consiste semplicemente nel parlare inglese e chi se ne frega dell’italiano.

        Naturalmente poi tutta la faccenda significa soldi che prendono il volo per l’Inghilterra e gli Stati Uniti e non il contrario, come abbiamo l’illusione di credere.

      • Neo Anderthal says:

        Amico Pietro, come si dice comunemente, soprattutto quando non si vuol concludere nulla, “il problema è complesso”.
        Ma il discorso verte sulla questione della “interfaccia turistica”. Su questo letteralmente non c’è da discutere ma da “fare sistema”. Che vuol dire che è necessario un miglioramento generale che vada al di là delle esigenze del singolo operatore economico, in questo caso l’ARST, che può pensare di non avere un proprio interesse rilevante alla questione. L’interesse infatti è generale, e un primo segno l’aveva posto in essere Soru con “Sardegna Speaks English”.
        ma ti rimando al commento di Antonello Vinci che, ti assicuro, è uno “che ne sa a shcoppio”, come dicono a Cambridge.

  5. Anonimo says:

    Caro Biolchini, pur apprezzando la sua attitudine all’ascolto degli inascoltati, la prego di tentare una discussione sul tentativo finale dello stravolgimento del Ppr.
    Da parte del centro destra. Domani portano le nuove linee guida in consiglio regionale. Il Ppr è smantellato. I commentatori del blog dovranno studiare, ma saranno d’accordo, spero, che si tratti di un colpo mortale alle coste e all’interno dell’isola. La fine della Sardegba. In Corsica accade il contrario e l’isola si conserva. Da queste parti siamo destinati per nostra natura alla tragedia. Chiusi in discussioni piccole piccole e in miserie personali. Tuvixeddu rappresenta tutta la Sardegna e anche l’articolo 49 che ha salvato il colle è a rischio. Buon lavoro.

  6. Anonimo says:

    Io conosco molte lingue ma non ne parlo neanche una.

  7. Anonimo says:

    Ma Arst in inglese si dice Arts?

  8. ilgiullare says:

    Per me è scandaloso che un ufficio informazioni non sia in grado di dare le informazioni se non italiano….a che serve? in piazza matteotti, poi…ovvero al terminal bus-pulmann-treni, ovvero uno dei pochi punti in sardegna da cui davvero si parte e si arriva per le località turistiche…minimo dovrebbero parlare due lingue,oltre all’italiano…e se non lo sanno fare…cavoli ci sono fior di laureati in lingue, li assumi per la stagione turistica…!!!invece, chi conosce le lingue fa la babysitter e chi sta dietro ad uno sportello non capisce una beata mazza…forse non ci rendiamo conto che la vocazione turistica passa certamente dei charter e dalle navi da crociera oltre che da tirrenia), ma soprattutto dal sentirsi aiutati, capiti e ben indirizzati anche dal casteddaio che ti vede con la cartina aperta in castello….che bella sorpresa, in un hotel della trexenta che il barista discutesse in spagnolo con una coppia di madrileni su quale fosse l’itinerario migliore per ammirare l’entroterra…altro che arst!

  9. ZunkBuster says:

    Ma de ita si spantaisi? Gli stranieri sanno dove sono capitati, a volte mi sento strano io quando ci parlo e puntualmente mi dicono: “Good English!”, quasi che si aspettassero regolarmente che un italiano non sappia esprimersi se non metà in broccolino e metà a gesti. Questo fa parte del “rischio Italia” che lo straniero ben conosce prima di venire qui, dipendesse solo dalle lingue andrebbe in Olanda dove quasi tutti parlano un perfetto inglese. E comunque al Nord Italia ho visto scene peggiori. In un casello autostradale Lombardo nei pressi dei confini con la Svizzera, una zoticona tipicamente lombarda trattava dei turisti olandesi letteralmente a pesci in faccia facendo uso di una lingua che ricordava quella di David Van De Sfros (o come cazzo si scrive) e dando sfoggio di una maleducazione autenticamente leghista. Mi sono letteralmente vergognato di essere italiano. Questo, in Sardegna, ancora è raro che accada.

  10. carlo 76 says:

    Il problema è un altro. Troppo spesso il personale di in questi punti informativi è rappresentato da tirocinanti stagisti lavoratori coopro….. Per avere un servizio di qualità bisogna pagare la gente…

  11. Anonimo says:

    Cio’che mi lascia sorpreso è che mettono personale all’ufficio informazioni che non parla l’inglese. E che informazioni possono dare se non capiscono nemmeno cio’che si stà chiedendo?

  12. gigino says:

    Io farei una bella proposta: obbligo del sardo in tutte le scuole d’Europa (all’inizio, poi anche in America e in Asia, alla fine anche in Africa e Australia), così questi zotici quando vengono in Sardegna non hanno problemi a comunicare. E così creiamo posti di lavoro per i sardi. Non siamo noi che non parliamo le lingue, sono loro che non parlano il sardo. Eccheccazzo!

    • Neo Anderthal says:

      Giggino, io sarei molto d’accordo, e se mi fanno re del mondo per, dico, due anni e tre mesi….
      Senti, ma quale sardo poi? Io propenderei per la LSU, ma so che invece stanno per vincere quei venduti della LSC…

  13. Radio Londra (nonostante Er Ciccio) says:

    Intanto apprendiamo che è morto Michele Columbu.
    Fa veramente senso non vedere neanche un rigo su Sardegna e Libertà, cummenti chi sia mottu unu cani.
    Spero e vorrei tanto convincermene che il fatto sia legato alle ferie e alla calura estiva perché altrimenti……… no esti una cosa leggia?
    Scusate l’intromissione.

  14. efisio erriu says:

    ah per le relazioni internazionali ci vuole proprio lui l’assessore, lui si che ne mastica di lingue…

  15. efisio erriu says:

    per favore non parlatene all’assessore ai trasporti Solinas (cussu a facc’e civraxiu) di cosa succede in arst altrimenti fa subito la flotta sarda de is postalis….
    e il sultano come l’avranno accolto? in italiano, in inglese o azzerbinati con la loro faccia sotto i suoi piedi? vabbé ho capito è un capo di stato in visita non ufficiale, però è sempre un monarca assoluto che ostenta con sfarzo e arroganza una ricchezza immensa e poco sudata

  16. Anonimo says:

    E ita boli nai?

  17. Anonimo says:

    Io personalmente oltre all’italiano conosco, il francese, il tedesco, l’inglese, lo spagnolo e conosco BENE la Sardegna da Villasimius a Stintino e da Capo Spartivento a Capo Testa.
    Non so se facendo domanda di assunzione all’ARST, uno come me fosse assunto.
    Se comunque usciamo dall’Italia, la situazione non è molto migliore a meno che non si vada in Svizzera! Un altro posto dove ti capiscono in qualsiasi lingua tu parli è il Marocco o la Tunisia, naturalmente nelle grandi città o zone turistiche!
    Io lavoro tutto l’anno con i turisti che vengono in Sardegna e so bene quanto i sardi siano accoglienti e disponibili con i forestieri.
    Se il turismo in Sardegna è diminuito, non incolperei l’Arst.

  18. Monica says:

    Angolo della demagogia: Vengono nella nostra terra e pretendono di parlare la loro lingua. Devono adeguarsi: se vogliono informazioni devono imparare a parlare in sardo o in slang o in italiano approssimativo 🙂

    • Neo Anderthal says:

      Demagogia 2:
      Secondo la società delle Multinazionali, venduta al Dio denaro e ostaggio dei poteri transnazionali e delle confraternite bancario-massoniche, tutti dovremmo imparare un pidgin english che ci faciliti lo scambio con gli altri -turisti loro in casa nostra come noi in casa loro- a tutto vantaggio della pialla culturale che ci vorrebbe tutti globalizzati e disposti al servizio del NWO.

      DICIAMO NO! a quello che è un attentato alle specificità culturali e quindi politiche tipiche delle nostre genti, i viaggiatori -da non confondere coi turisti- che vogliono fare di più che vedere “bei posti” o rilassarsi o magari assistere a qualche “spettacolo folkloristico” in cui dei figuranti mimano come vuota scena la nostra vita stessa e quella dei nostri padri, ridotta a ballo in maschera.
      Quei viaggiatori sapranno interloquire col nostro popolo: con i cassintegrati del Sulcis che ancora attendono speranzosi la telefonata di Berlusconi all’amico Putin, con i pastori di Oliena che sorseggiano la meritata (quinta) bicicletta alle 11, dopo essersi alzati prima dell’alba e recati a tutta birra coi loro poveri pick up Toyota negli ovili per accudire le greggi attaccando la mungitrice, con le tessitrici di Mogorella, facendosi spiegare il segreto del telaio a mano e delle gravidanze impossibili in apparenza, con gli attempati “oreris” del Marabotto, alle prese con l’iniqua rotatoria che ha reso difficilissimo il parcheggio delle curate “duetto” e MG d’epoca.
      I viaggiatori veri sapranno meritare la visione del Cuore di questa Isola Bellissima e disperata, saltando ben al di là degli ostacoli linguistici, parlando il linguaggio universale dell’Umanità, come fece il giovane Ernesto Guevara de la Serna quando traversò il Continente Sud Americano immergendosi nella realtà, fatta di sofferenza e vita e non solo solcandone la superficie in cerca di trastulli dozzinali e mercificati e di comodità insipide!

      • Neo Anderthal says:

        …i viaggiatori -da non confondere…ridotta a ballo in maschera sanno come devono, e soprattutto come non devono, fare.

    • Aiuto che demagogia! Io invece non ci vedo nulla di strano. D’accordo che sono turisti, ma un italiano da sopravvivenza potrebbero anche studiarselo, vendono anche libricini appositi con cd o li regalano nei giornali, e non e’ che sottragga tutto questo tempo

      • anna_addis says:

        D’accordo che sono turisti, ma se un anno vanno in Italia, uno in Spagna, uno in Croazia, uno in Tunisia (giusto per restare nel bacino del mediterraneo), devono necessariamente imparare “un po’ di italiano, un po’ di spagnolo, un po’ di croato, un po’ di arabo”? Se ne hanno tempo, voglia e capacità, la cosa sarà certamente apprezzata. Ma in tutti i posti dove si cerca di attirare i turisti, invece di sperare che arrivino da soli come manna dal cielo, generalmente ci si rimbocca le maniche e si vede di farsi capire.

        Dopotutto i libriccini appositi, “da sopravvivenza” come dice lei, li fanno anche per la lingua inglese, e non sarebbe un male che le persone ADDETTE A FORNIRE INFORMAZIONI AI TURISTI ne facessero uso. Ché poi magari torna pure utile quando vanno LORO in vacanza. Anche se a pensarci bene potrebbero far parte di quella minoranza di italiani all’estero che si spiega a gesti e urla (convinti che aumentare il tono di voce favorisca la comprensione), facendo vergognare la maggioranza silente.

  19. Anonimo says:

    ma perché io devo mparare lin glese? Loro sono che devono mparare lin tagliano …

  20. ancosardigna says:

    Assomiglia alla scena che ho visto l’altro giorno alla circoscrizione n.1 del comune di Cagliari (pieno centro)..una ragazza nigeriana che aveva dei problemi per il rinnovo del permesso di soggiorno chiedeva spiegazioni, in inglese, all’addetta del comune..questa, dopo aver impiegato un po’ per capire che stesse parlando del permesso di soggiorno, ha iniziato la sua spiegazione in italiano..la povera ragazza nigeriana, visibilmente disorientata, non faceva nessun cenno col capo, mostrando chiaramente di non capire l’italiano. Per fortuna è intervenuta una ragazza che faceva la fila per entrare nell’ufficio..l’ha presa in disparte per tradurre in inglese ciò che l’addetta aveva spiegato in italiano. La ragazza nigeriana, dopo aver ringraziato la ragazza dandole due baci per essersi dimostrata così in gamba, ha lasciato l’ufficio. Ma io mi chiedo, in una città come Cagliari, dove risiedono molti stranieri, e in particolar modo nella circoscrizione del centro, è possibile che non ci sia un dipendente che sappia parlare l’inglese? Tutto ciò è indecente.

  21. Non mettetevi in viaggio basandovi sulle informazioni contenute nel sito internet dell’Arst e neanche del monitor presente all’ufficio informazioni, potreste avere delle brutte sorprese. Volete un esempio? La linea Cagliari Sanluri Ales è indicata come giornaliera, cioè attiva anche la domenica e i giorni festivi, in realtà è feriale e dunque potreste correre il pericolo di passare una Domenica a spasso nelle ridenti bidde della marmilla…

  22. non capisco lo stupore di Alessandro: non ho mai sentito nessuno che parlasse l’inglese o altre lingue in un qualsiasi negozio di artigianato (quelli belli per intenderci, con ceramiche, lampade, gioielli ecc.) non solo a Chiagliari ma anche altrove….prima intervenivo per salvare i poveretti, ora esco scandalizzata, più dai prezzi degli strofinacci (15 euro??) che dal solito atteggiamento di cui sopra (gesti tribali, gente che si spazientisce, risatine ecc.).

  23. mi divertono molto questi racconti anche se devo dire che non sono d’accordo sul fatto che si voglia dare a queste situazioni la colpa del calo del turismo il Sardegna… il calo è coinciso con l’aumento dei traghetti… c’è poco da girarci attorno, perchè il buon dipendente dell’arst l’inglese non lo sapeva parlare neanche 5 anni fa o 10 anni fa quando il turismo tirava di più…
    poi sicuramente queste situazioni hanno inciso e incidono pesantemente e non vanno minimizzate, nel senso che un turista che non trova un buon servizio, non torna… specie se deve spendere di più…

    anche se, devo dire, esiste un certo turismo, soprattutto italiano, che va ghiotto di queste situazioni, una sorta di masochismo turistico. Come molti, conosco tanti continentali che vengono in vacanza in Sardegna ed ogni anno vanno via felici pieni di aneddoti da “società-anti-turistica” come quelli riportati in questo blog…
    di sicuro sono cose su cui si dovrebbe riflettere e per quanto sia stimolante parlarne in questo blog, la riflessione dovrebbe essere fatta dove il turismo si deve organizzare (assessorati), dove la cultura turistica si forma (scuole e università) e dove il turismo si fa quotidianamente (appunto sportelli, centro informazioni, ristoranti, alberghi, ecc ecc…)

  24. panurk says:

    Babele?

    Già dai geografi classici sappiamo che la Sardegna è abitata da CORSI, BALARI ed ILIENSI. Ecco! Nemmeno la minima notizia sui POLIGLOTTI.

  25. alessandroalfonso says:

    Caro Alessandro, guardi che quelli di cui parla lei non sono problemi legati al turismo… lei confonde, il caldo le da alla testa. Quelli verranno risolti, parlo dei problemi legati al turismo, l’ho sentito ad una conferenza dove c’era un sacco di gente importante con le mie orecchie, con progetti di realtà aumenta, una DMO nuova nuova sull’asse comune/provincia (di Cagliari), un bel QR Code in tutti i giornali che rimanda al sito sul turismo, un pò di social alla BIT per i prossimi 3 anni, 2 notti bianche 3 colorate e 1 bisestile. Quindi vada a letto tranquillo. Sono… 4 euro. Tanalla.

  26. La maggior parte degli italiani non parla l’inglese. In tutto il resto dell’europa viene insegnato nelle scuole, qui, meglio tardi che mai, si insegna dalle elementari solo da poco tempo, quindi troviamo bimbi che lo parlano, mentre gli adulti sicuramente no. Sarebbe bello considerato anche i laureati in lingue a spasso che chi lavora a contatto col pubblico, conoscesse la lingua inglese (farebbe vergognare meno gli altri italiani che osservano la scena). Ma se il corso di aggiornamento devono pagarselo i dipendenti, e non viene imposto dall’azienda non si farà mai, perchè i dipendenti spesso non possono permetterselo o magari se possono non gli interessa nulla di conoscere l’inglese. (Ho avuto esperienze in italiano con la stazione arst di Piazza Matteotti, mi sento di dire che nella lingua italiana sono ferrati e conoscono le tratte, inoltre sono gentili e disponibili)

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