Cultura / Politica / Sardegna

Identità, lingua sarda, giovani e sovranità: quello che i dirigenti del centrosinistra non vogliono capire (ma che la loro base sa da tempo)

Sono d’accordo con Gianfranco Pintore quando afferma sul suo blog che “a destra si muove qualcosa di cui la sinistra non è capace”. Bene la lettera in sardo a Monti e bene anche (concettualmente) la flotta sarda: le avesse fatte Soru queste cose, l’allora presidente sarebbe stato celebrato da tutti i giornali nazionali e avrebbe mandato in giuggiole i suoi fans. Invece le ha fatte l’improbabile Cappellacci e a molti non resta che far finta di niente. Però queste due cose Ugo ha fatte, anche se temo che tutto questo slancio identitario si esaurisca in una sorta di inutile cossighismo di ritorno e niente di più.

Ma sono d’accordo anche con Roberto Bolognesi quando afferma sul suo blog che c’è “molta gente di sinistra schierata senza ambiguità per la limba e per la non-dipendenza della Sardegna”.

E infatti sono soprattutto d’accordo con Adriano Bomboi quando si chiede sul suo blog “il Partito Democratico Sardo che cosa vuole fare? Rinnovarsi e vincere in senso autonomista o perdere e proseguire nella classica retorica unitarista destinata a celare i particolarismi delle sue correnti?”.

Sono tre post tutti molto interessanti, che vi consiglio di leggere.

Detto questo, io vorrei aggiungere una piccola riflessione.

Da diversi anni partecipo a numerosi incontri di natura politica e culturale, organizzati soprattutto da gruppi, partiti e associazioni della sinistra cagliaritana. Da tempo ogni volta, inevitabilmente, si finisce a parlare di cultura sarda e di indipendentismo: sempre. I giovani della sinistra cagliaritana prendono in considerazione questa ipotesi in maniera molto laica e senza preconcetti. Preconcetti che trovo invece nei dirigenti del centrosinistra sardo. Che ignorano evidentemente cosa frulla nella testa della loro “base”.

Dirigenti che non credono nella lingua sarda, che non credono nella forza della nostra identità e nelle sue potenzialità. Il loro schema è quello (a mio avviso, molto datato) che ha ben rappresentato recentemente Andrea Raggio in un interessante post su Democrazia Oggi dal titolo “Indipendentismo di governo”, e che riassumo con questo passaggio.

“Il centrosinistra sardo non deve andare impreparato al dopo Monti. Deve impegnarsi da subito nel non facile ma ineludibile compito di rianimare la politica regionale, utilizzando a tal fine l’esperienza maturata negli anni della rinascita. (…) Quell’esperienza ci ha insegnato che la rivendicazione verso lo Stato non accompagnata dalla partecipazione alle politiche nazionali e dall’assunzione di responsabilità scade a rivendicazionismo, ad alibi, a copertura delle nostre debolezze e delle nostre magagne”.

In che misura la debolissima Sardegna può immaginare di partecipare oggi alle “politiche nazionali” italiane se è proprio lo Stato ad abbandonare l’isola al suo destino? E cosa significa “assunzione di responsabilità” se non un sovranismo capace finalmente di ignorare quelle “politiche nazionali” in nome delle quali oggi la Sardegna è allo sbando, e in nome delle quali la nostra classe dirigente (nominata sostanzialmente a Roma) ha subordinato ogni nostro interesse concreto?

Per la vecchia guardia della sinistra, indipendentismo equivale a separatismo, identità equivale a disordine, se non a violenza. E sbaglia: perché il lavoro fatto negli ultimi anni dall’Irs di Sale e Sedda è stato impressionante. Forse non raccoglierà mai nulla in quanto a seggi o assessorati, ma quell’indipendentismo moderno, europeo, aperto al mondo, non violento, ha conquistato culturalmente una generazione. Si può essere indipendentisti o meno, ma non si può dire che l’indipendentismo di oggi sia uguale a quello degli anni ’70 o ’80. Per i dirigenti del centrosinistra invece non è cambiato nulla.

E a nulla serve mostrare i risultati della ricerca condotta dalle Università di Cagliari e di Edimburgo, secondo cui i nostri giovani si sentono più sardi che italiani. Quei risultati avranno un senso o no? Nessun commento: meglio ignorare.

Eppure la sinistra da dieci anni cerca di emanciparsi da Roma. Vi ricordate di Democratzia? Fu il tentativo di un’area progressista (radicata soprattutto nei Ds di allora) di rilanciare in maniera originale i temi dell’autonomismo. Poi non se ne è fatto nulla e io penso anche di sapere il perché.

Per lo stesso motivo per il quale nessuno crede al tentativo del Pd attuale di staccarsi da quello nazionale e di rendersi autonomo. Perché si tratta solo della necessità di un gruppo dirigente di non dipendere più dagli equilibri romani che, ci piaccia o meno, hanno ancora una parola decisiva riguardo le candidature e gli incarichi nell’isola.

Al Pd della lingua sarda non gliene cale sostanzialmente nulla, della cultura sarda ancora meno. A meno che non siano inserite in un contesto “unitario” italiano (le “politiche nazionali” di cui parla Raggio), in cui tutto si sterilizza, tutto si accomoda. Tutto torna, in sostanza. Ma qui non torna più niente. Ed è evidente che con questo sistema bloccato, un eventuale centrosinistra al governo nazionale non potrebbe dare molto di più di quello che ha dato il centrodestra in questi anni. Serve un cambio radicale nell’impostazione del rapporto con lo Stato. Moltissimi giovani di centrosinistra lo hanno capito, i dirigenti dei loro partiti no (o fanno finta di non capirlo, chissà).

In questa situazione il centrodestra teoricamente è avvantaggiato (ed è per questo che Pintore ha ragione), ma per un motivo semplice: il Pdl non esiste più. In un clima da “liberi tutti” bisogna inventarsi qualcosa per non sparire, e le mosse ad effetto di Cappellacci lo dimostrano. Ma Bomboi ricorda bene come Pisanu questa storia del partito autonomista la spacci da oltre trent’anni, poi non se ne fa nulla. Ora la cavalca nuovamente e ritengo che sarà un buco nell’acqua anche stavolta. La dimostrazione è sotto i nostri occhi: anche Mario Floris (uno che in quanto a fiuto politico non lo batte praticamente nessuno) dieci anni fa preferì dar vita all’Uds piuttosto che confluire in un partito “italiano”. Il tempo gli ha dato ragione. Il punto è che Floris è stato nazionalitario solo nel nome e nelle intenzioni.

Il centrosinistra sardo sui temi dell’identità non punta neanche per scherzo. Cosa voglio dire? Che nel prossimo programma elettorale uno dei punti centrali dovrebbe essere ad esempio il bilinguismo: soprattutto nelle scuole, con modi e forme in grado di mettere d’accordo tutti (e si trovano di sicuro, se si ha il buon senso di non confondere il punto di arrivo con il punto di partenza, e progettare in maniera graduale ma decisa un’innovazione di questo genere).

Una proposta di questo tipo, semplice semplice, secondo me troverebbe l’appoggio convinto dei giovani del centrosinistra, ma ai dirigenti farebbe venire l’orticaria. Eppure la Sardegna ha un disperato bisogno di ridefinire il suo rapporto con lo Stato, di prendersi più responsabilità e più potere.

Sessant’anni di autonomia non sono serviti soprattutto perché le nostre classi dirigenti erano sostanzialmente eterodirette da Roma. È una frase fatta alla Francesco Masala? forse, ma non saprei come esprimere meglio il concetto.

Da poco un pezzo grosso del centrosinistra mi ha detto che con la sconfitta di Soru alle ultime regionali, i sardi avevano rigettato un progetto politico che metteva al centro l’isola e scelto l’Italia. Come dire: “Con Renato abbiamo fatto il massimo, per cui adesso puntare sui temi della sovranità è perdente”. Il guaio è che Soru ha soltanto accennato (se non proprio simulato) un impegno capace di dribblare le richieste e le imposizioni romane. In Soru c’è stato un deficit di Sardegna, non un eccesso. e infatti si è visto come è finita.

I giovani del centrosinistra, a quanto vedo, questo lo sanno benissimo, e non hanno paura di confrontarsi con soluzioni istituzionali nuove, con uno scenario inedito. Per loro il sovranismo è la naturale evoluzione dell’autonomismo. Per i loro dirigenti invece no. Loro, senza Roma che avalla o impedisce, sono perduti. E forse è anche di questo che il Pd dovrebbe parlare, non solo della questione dei due o tre mandati.

Perché a vincere le prossime elezioni regionali sarà lo schieramento che avrà le idee più chiare sulla capacità della Sardegna di autogovernarsi. Perché l’Italia ormai ha pochissimo da darci. Che ci piaccia o no.

 

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25 Comments

  1. Vito Biolchini says:

    E adesso anche Rifondazione guarda all’indipendentismo…

    Si è concluso oggi l’VIII congresso regionale della Rifondazione Comunista. L’assemblea dei delegati ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione politica che impegna il partito nel progetto della costruzione di un soggetto plurale della sinistra sarda. Tale soggetto, in linea con quanto proposta dalla segretaria uscente Laura Stochino, intende rivolgersi ai partiti organizzati della sinistra autonomista e indipendetista sarda che condividano con i comunisti la necessità del superamento dell’attuale sistema economico capitalista.
    L’assemblea ha eletto il comitato politico regionale del partito che nella giornata di oggi si è riunito eleggendo il segretario regionale Alessandro Serra. Il compagno Serra, 25 anni, è consigliere provinciale del Mediocampidano e ha diretto a lungo il circolo di Serrenti. Laureto triennale in Scienze Politiche,si appresta a completare gli studi per la laurea magistrale. In continuità con il processo di rinnovamento dei gruppi dirigenti il compagno Serra ha raccolto una larghissimo consenso e siamo lieti di sottolineare che Alessandro Serra è il segretario regionale più giovane della Sardegna.
    Sempre nella stessa assise è stato eletto il tesoriere regionale Mario Carta.

  2. D’accordo con Melis. Ma le responsabilità si sanno: si tratta degli stessi personaggi che animano le cronache politiche attuali. Gente che parla di “autonomismo” e che invita Bersani. Gente che parla di “territorio” e si presenta in fascia tricolore. Gente che parla di trasparenza ma ha il figlio portaborse. Gente che parla di fiscalità ma è occupata con correnti politiche che affondano le radici in congressi d’oltremare a base di discussioni sul nulla e su personaggi che nulla sanno e a cui nulla importa delle nostre singole vertenze. Gente che parla di “fare un partito sardo” dai tempi della rinascita. Gente che se la controparte politica usa la lingua sarda parla di “folclorismo”…ecco…e come si poteva pretendere di veder attuati dei punti franchi in un contesto del genere? Cialtronerie, rendite di posizione, ideologia e sotto-cultura hanno prodotto lo sfacelo che conosciamo.

  3. Salvatore Melis says:

    Tutti, oggi, parlano di esercizio di sovranità ritenendo l’esercizio di questa la strada più corretta per giungere all’indipendenza della Sardegna. Io ne sono assolutamente convinto. Lo statuto speciale offre alla Sardegna poteri più o meno esercitati, spesso non esercitati o esercitati pessimamente. Basterebbe vedere il lungo elenco di materie dell’art. 3: Agricoltura, Commercio, Artigianato, Urbanistica, Enti locali…. solo per citarne alcuni. Tutti poi conosciamo i disciplinati dell’art. 8 e 9. L’8 stabilisce i diritti della Regione Sardegna ad un gettito proporzionato su tributi anche importanti (IRPEF e IVA), il 9 consente l’organizzazione della riscossione. Una Regione consapevole dei propri poteri, potrebbe riscuotere direttamente i tributi di cui all’art. 8 e cedere allo Stato Italiano le percentuali ad esso spettanti. V’è poi l’art. 12 che consente di istituire punti franchi. Peraltro, nelle norme di attuazione, i punti franchi possono essere vere e proprie zone franche, con l’inclusione delle aree industriali connesse (Macchiaredddu per Cagliari??).
    Vogliamo parlare di Credito? Come nacque il Banco di Sardegna? Avete sentito parlare delle casse di credito agrario e dei “monte granatico” presenti praticamente in ogni comune della Sardegna? Avevamo una banca sarda, nata e fondata dall’economia sarda… oggi questa banca è della BPER.
    Ciò che voglio dire è che la Sardegna sarebbe, certamente, meno dipendente e più sovrana, se in questi 60 anni avesse utilizzato ed esercitato i propri poteri. Non quelli da rivendicare, ma quelli subito disponibili.
    Chi ha deciso in che modo si sarebbero spesi i fondi dei piani di rinascita? Chi ha scritto e redatto i complementi di programmazione dei fondi strutturali europei negli ultimi 20 anni?
    Chi ha deciso sull’urbanistica? Chi ha organizzato il funzionamento e l’organizzazione della Regione, delle Province e dei Comuni e delle Comunità Montane ecc..? Chi ha mortificato il sistema cooperativistico agricolo favorendo la nascita di un oligopolio nel settore lattiero caseario? Chi ha mancato i controlli sull’inquinamento dell’industria chimica (SARAS in testa)? Chi è responsabile del mal funzionamento del sistema di formazione professionale? Chi organizza le politiche sul turismo? Chi è responsabile dell’organizzazione della cultura? Chi è deputato alla valorizzazione dei beni immateriali e materiali e alla valorizzazione del patrimonio storico e archeologico? Chi ha potere di far diventare il sardo la lingua dei sardi e dare ad essa medesima dignità formale dell’italiano?
    Potrei continuare. E so quanto possa essere irritante il mio ragionamento. Lo so che se il nemico fosse “un’allenu”, sarebbe più facile. Ma sono convinto che solo attraverso un’analisi seria delle responsabilità sia possibile far ripartire la Sardegna.
    Serve una nuova consapevolezza. Il popolo sardo deve essere protagonista e attuatore del proprio destino. Deve esercitare la propria sovranità a partire da ciò che oggi è già nei suoi poteri e attivare la battaglia di posizione (non rivendicativa ma fatta di operazioni di governo attivo), al fine di trasformare una serie di materie concorrenti in materie esclusive: energia,mobilità, rapporti con l’Europa, gestione dei porti ecc ecc . In questo senso andrebbe riscritto lo Statuto.
    Il Popolo Sardo sta acquisendo sempre più autoconsapevolezza, ciò significa che è maturo per scelte importanti e di alto valore storico. Serve, a questo punto che maturi anche la classe politica, o quanto meno che il popolo riesca a darsi una rappresentanza politica matura, capace di fare scelte di sovranità. Capace di spingere la vertenza culturale e politica sull’autodeterminazione, verso il riconoscimento internazionale dei sardi quale Popolo. I sardi che devono essere popolo di un’Europa Federale, appunto Europa di popoli e non di stati.

  4. Anonimo says:

    Saludi a totus e aprètzius mannus a ‘Idu po custu artìculu.
    Po is pròpius chistionis si sinnalu cust’atru artìculu chi deu e Erricu Lobina emus scritu in martzu po “Sardegna Democratica”: http://www.sardegnademocratica.it/culture/questioni-di-lingua-1.18537
    Est in italianu sceti ca s’arredatzioni dd’iat bòfiu aici – e custu fatu est unu de is medas sinnalis chi narat ‘Idu – mancai nosu dd’emus donau innantis scritu in sardu.
    Bona ligidura e gràtzias.

  5. A Stefano: io sono per il superamento generale delle attuali sigle indipendentiste e per una razionalizzazione di questo panorama. Credo in un Partito Nazionale Sardo, ma questo partito non nascerà mai se non dall’incontro fra l’indipendentismo di testimonianza e l’area sardista. Senza escludere le forze esterne interessate a riconoscersi in un progetto del genere. Oggi non ci sono le condizioni politiche e né i capitali per un’operazione simile. Ed è un peccato perché la Sardegna ne avrebbe avuto bisogno, e non da oggi. Purtroppo l’indipendentismo Sardo è quello che è…

  6. Giulia Aresu says:

    Mi dispiace per te BB (Brigitte Bardot?), ma nell’inchiesta che si cita c’è una percentuale di approvazione del 60 per cento alle attività linguistiche nella pubblica amministrazione (e quindi anche alla lsc), anche superiore a quello del 2007. Pertanto bene tutti e due, Soru e Cappellacci, entrambi hanno usato il sardo con un’ortografia ufficiale, come in una lingua normale (che gli accademici e i da loro turlupinati non sono riusciti a dividere). Il resto è invidia e pigrizia. Concentrati invece sui temi seri posti dal giornalista Biolchini, molto seri e ben argomentati.

    • Efis su Santu portentosu! says:

      Non è assolutamente vero, visto che dai sondaggi la LSC risulta essere sconosciuta ed è usata solo dai suoi promotori, i soliti 10 che in tutti i modi cercano di imporla agli altri. L’interesse verso questa invenzione è così basso che a distanza di 6 anni ancora non c’è una grammatica o un vocabolario disponibile nelle librerie, mentre si sprecano i lavori sul vero sardo, quello che ci hanno lasciato i poeti e scrittori da 1000 anni a questa parte, il campidanese e il logudorese.

  7. (Soru avrà fatto mille errori, non ultima la sponsorizzazione della LSC, ma ha fatto una cosa che ha giovato alla lingua sarda 1000 volte di più di 10 anni di pseudo politiche linguistiche: un discorso ufficiale in lingua sarda. Benimindi Cappellacci ..)

  8. Con Vito però mi levo lo sfizio di mostrare com’era la IRS Sedda-Sale prima e dopo U.R.N. Sardinnya, ecco la classica foto: http://www.sanatzione.eu/wp-content/archivio_media/uploads/2010/01/IRS-ieri-ed-oggi-URN-Sardinnya1.jpg (Ora arriveranno i lanci di pietre di alcuni indipendentisti) 😀

    • Stefano reloaded says:

      Quindi dobbiamo a lei la gemmazione dell’ennesimo partidu indipendentista da 0,niente %?
      Grazie di esistere, Bomboi.

  9. A Panurk: se così fosse allora non esistono neppure ragioni per sentirsi italiani.

    Ad ogni modo tra sociologi e antropologi seri ci sono varie versioni sul tema. Da Maurice Halbwachs a oggi ne è passata di acqua sotto i ponti.

  10. Gia’dal Congresso del PSD’A del 1981, si parlava di SOVRANITA’. Abbiamo avuto svariati governi con grandi Autonomisti come Presidenti, da Pietrino Soddu a Mario Melis o Battista Isoni. Sono passati 40 anni e parliamo ancora di passaggi graduali o di tavoli di confronto con lo stato italiano??? Smettiamola veramente di prenderci in giro. Facciamo decidere al popolo andiamo con il referendum per l’indipendenztzia, non riesco a capire quali problemi ci sono??? E’ IL POPOLO CHE DEVE DECIDERE SENZA INTERFERENZA DI NESSUNO…. QUESTA E’ LA VERA LIBERTA’ e DEMOCRAZIA.

  11. Stefano Soi says:

    Mi scusi, Sig. Biolchini, ma sorrido mentre leggo il suo post. Il discorso sull’indipendenza è, penso, molto più semplice e meno complesso di come lo si voglia far apparire. Non è la caduta dei “suoi idoli” a fare un indipendentista nè evidentemente il fatto che l’Italia abbia poco da darci, è invece molto più genuinamente un sano e laico discorso sulla cultura/storia di un popolo, è vero, ma soprattutto sulla sua economia nel mondo. E’ un pensare totalmente indipendentista. I sardi sono poveri perchè il primario è al collasso. Punto, c’è poco da aggiungere. Il resto è roba da autonomisti. Con le barbabietole mezzo campidano mandava i propri figli a studiare. Così lo si faceva con i pomodori, con le vigne e con il grano. E la pesca? Chiunque ha infatti a cuore la nostra terra ed il nostro popolo non può che ripensare tutti il nostro primario e confrontarsi poi con le logiche europee e mondiali. Insomma in quel “luogo” è già indipendentista.

    Disoccupazione al 16%, qualche pensione che ancora arricchisce il nostro tessuto economico, università che costa circa 500 Euro al mese, benzina nell’iperuranio, potenzialità di sviluppo strutturato all’interno di questo sistema autonomistico pari a zero assoluto, tassazione in aumento con qualche “cosettina” ancora da pagare, servizio di trasporti pubblici da terzo mondo. Insomma, questa è la situazione dopo sessant’anni e più di vita felice all’interno di una dialettica a scariche, e totalmente sterile. Possibile che non si riesca a pensare ancora da vincenti e si rimanga ancorati ancora dentro logiche antiquate e ripetitive?

    L’indipendenza vera la si coglie se si ha una visione mondiale, europea e sarda delle cose. Dei cambiamenti. Non se si continua a parlare di Soru contro Cappellacci, che con tutto il rispetto rappresentano, a dirla tutta, dei politici abbastanza mediocri. Amministratori di condominio. Va bene iRS e quello che fecero Sale e Sedda, ma i tempi oggi sono cambiati, sono andati avanti ed anche molto velocemente. In fondo sono passati solo 12 anni :). La differenza tra l’indipendentismo di oggi e quello di ieri è che oggi le persone hanno un pò meno paura, e quel coraggio ce l’hanno perchè abbiamo oggi le leve “legali” per permetterci di sognarla. Ed anche qualche testimonianza in più.

    Avete forse sentito i politici autonomisti parlare di soluzioni che possano in tempi sufficientemente comprensibili far ripartire la loro italia, un assetto produttivo fondato sulle lavatrici, qualche camicia e le automobili completamente lontano dal nostro mondo? Fossero politici avrebbero pure qualche idea di governo per salvare il loro Stato, no? Non vedete che il problema è che non c’è assolutamente niente e che dai loro discorsi che uno si senta italico o meno poco cambia? Possibile che non vediate che sono delle copie sbiadite di mondi estranei e così i loro sproloqui? Che siano scritti in cinese, sardo, inglese o italiano poco cambia. Inetti qui ed anche in quel mondo di cui dovrebbero essere “prefetti”. Sono parole fondate sul nulla, su “ipotesi di voti” che puntualmente vengono ripetute. Domande inevase, sofferenza nascosta, delinquenza di basso profilo, ci mancavano solo questi maledetti con gli attentati. Mi spiegate davvero se, come e cosa dovete subire per non provare un forte sentimento di riscatto che vi spinga a dire serenamente: Noi siamo diversi! E finalmente scrollarvi di dosso ogni riserva? Abbiate la forza dei vincenti, di pensare da vincenti, di integrarvi nel mondo e sentirvene parte, l’intelligenza dei giusti, la coerenza dei saggi e siate presenti insieme ai vostri antenati. La nostra antichità ci da un grosso sostegno, la nostra storia ed il nostro sentircene parte, ma se non cominciamo davvero a pensarci protagonisti, indipendenti realmente, continueremmo con le solite cantilene. Nel frattempo l’Euro è a 1.23..

    Stefano Soi

    • Marco Antonio says:

      Stefano Soi,
      Lei ha detto delle cose pienamente condivisibili. Quoto in toto il Suo post.

  12. panurk says:

    L’identità collettiva nel migliore dei casi si potrebbe immaginarsi come il risultato di una catena lunga di processi di identificazione INDIVIDUALE. Nel peggiore dei casi si tratta di un relitto razzistico dell’800. Sociologi e antropologi seri mettono fortemente in dubbio il concetto d’identità staccato da strutture di vissuto e sperienza PERSONALI. Il che significa che a livello politico l’identità di popolo è un feticcio caro ai pifferai di ogni luogo ed ogni tempo.

    Tranne i sardi stessi non vedo affatto nemmeno il minimo ostacolo di fare una politica “sarda” nel senso di “orientata verso il benessere dell’isola”. Siete semplicemente incapaci di lavorare insieme per il bene comune e tentate di nascondere questo difetto facendovi scudo di questioni identitarie retro-orientate.

  13. marcus says:

    Che dire? Condivido al 100%, quando l dirigenti della sinistra, o di ciò che ne resta, capiranno che l’antica aspirazione ad una Sardegna veramente autonoma o indipendente non può andare insieme alle idee e ai programmi dei partiti nazionali sarà troppo tardi. Come già accade in Catalogna o nei Paesi Baschi anche da noi, i vari partiti, siano essi di destra o di sinistra dovrebbero avere la testa in Sardegna, senza trascurare naturalmente i legami con gli analoghi schieramenti in Europa e in Italia. Siamo stanchi di sentir dire che i problemi della Sardegna sono gli stessi del Meridione e che vanno affrontati con gli stessi metodi, niente di più sbagliato, la nostra isola ha problemi solo in parte simili alla Sicilia alla Calabria, ma sino a quando verremo posti nel grande calderone del Mezzogiorno saremo perdenti. Faccio due piccoli esempi: la non – rappresentanza in Europa e l’insularità, ditemi cosa ha nno fatto i politici italioti finora.

  14. ZunkBuster says:

    Caro Biolchini, ti aspetti troppo dal PD, eppure dovresti sapere com’è ridotto. Ieri pomeriggio si è celebrata una “pax armata”, ma il clima resta da pre-implosione o da pre-scissione. Tanti militanti e dirigenti di una fazione sentono di avere ormai ben poco in comune con quelli delle avverse fazioni, e nel mio piccolo, anche se divergiamo su Soru, penso che anch’io e il compagno Zorro avremmo poco a che spartire con qualche dinosauro della prima Repubblica, se non quasi della monarchia, che ancora gironzola da quelle parti. Se non sono uniti su nulla, come possono sedersi intorno a un tavolo e discutere qualcosa di serio intorno a questa “materia” che richiede convinzione – di questi tempi la demagogia è tanta, ma è anche molto più facile sgamarla – e anche una preparazione culturale e intellettuale non superficiale, e che non tutti hanno? Su un punto la dice giusta Andrea Raggio, anche se mi fa rabbrividire che nel 2012 citi ancora Togliatti: con le varie svolte, prima della Bolognina, poi con la costituzione del PD, si è buttato a mare quel poco che c’era, e dopo semplicemente non ci si è posti il problema. Forse una salutare fuoriuscita di qualche gruppo che nulla ha a che vedere con alcuna tradizione progressista e riformista, e casomai puzza di sagrestia e di vecchiume democristiano, potrebbe agevolare il dibattito anche in questo senso. Per essere più espliciti: del gruppo degli ex DC salvo Francesco Sanna, uno che sembra avere compreso lo spirito in cui sarebbe dovuto nascere il PD, ma Paolo Fadda e tutta la sua congrega prima se ne vanno, all’UDC o dove diavolo vogliono, meglio è!

  15. A Mongili: Soru si è certamente impegnato sotto il profilo identitario, ma forse non abbastanza. Anch’io tuttavia non credo che la sua sconfitta sia stata determinata unicamente dall’assenza di maggior vigore su questi temi. Però oggi siamo nel 2012, e l’influenza di queste tematiche, unita alla crisi economica ed alla perdita di credibilità dei partiti italiani, ha creato condizioni nuove, politicamente favorevoli a chi si presenterà con una veste sinceramente autonomista. Ma è un terreno su cui però il PD sardo non ritiene di doversi avventurare. Almeno per adesso. Dirigenti miopi e masochisti? Poi nessuno si lamenti se Pisanu eviterà l’iceberg…

  16. tony randall says:

    Credo che l’idea di indipentismo nel periodo storico che viviamo sia vecchissima, altro che indipentismo moderno!
    Non c’è bisogno della sovranità per difendere i propri interessi, i mezzi per farlo la Costituzione e le leggi ce li danno tutti, bisogna semplicemente saperli utilizzare come fanno alcune altre regioni.
    Qual è il nostro problema? sicuramente le personalità politche e uno strato culturale che si va desertificando che è perfetto per diffondere gli stati d’animo vittimistici su cui si muovono i partiti indipendentisti.
    Insomma altro che sovranità e indipendenza, c’è bisogno di lavorare ma seriamente sull’autonomia.
    Vogliamo il bilinguismo, bene facciamolo!penso che la maggior parte dei miei coetanei casteddai non lo sappia parlare ,come me peraltro, ma ci metteremmo a studiarlo, non c’è problema.
    Ma assieme a questi argomenti, sicuramente bellissimi, io parlerei anche forse e soprattutto di economia, la Sardegna non ha praticamente economia, si sostenie sul lavoro pubblico ( il 62% del pil sardo, il 62%!!!) e il 30% del pil è frutto dei flussi di redistribuzione. Direi che per un pò di tempo ci conviene stare in Italia 🙂

  17. Is giòvanos de manca sunt cumprendende ca is polìticas progressistas pro sa Sardigna non si podent prus fàghere (e non si sunt mai fatas…) a intro de partidos italianos.

  18. Vito, mi scuso e ti ringrazio per lo spazio.

    Leggendo certi tuoi post mi viene meglio rispondere con quelli sul mio blog, che approfondiscono la mia posizione.

    Credo che i nostri politici, tutti, si stiano dando una pitturata d’identitarismo e di sovranismo, consapevoli del volere popolare. E ancora una volta i sardi ci crederanno. Alle prossime elezioni regionali vedremo pochissime bandiere di partito e più liste “civiche”, che a me personalmente faranno ridere i polli poiché all’interno graviteranno gli stessi anziani baroni della politica sarda di sempre, solo leggermente travestiti.

    Ci saranno i grillini, probabilmente duri e puri, che non accetteranno alleanze con nessuno e che verranno accolti anche qui come “salvatori della patria sarda”.

    Io credo invece che tutto il buon lavoro fatto dai partiti indipendentisti e fortemente sovranisti dovrebbe concretizzarsi in un percorso di condivisione e programmazione che abbia come fine ultimo un’alleanza elettorale finalmente compatta. Una Domu soberana che metta al primo posto la questione della sovranità, delle entrate, dell’identità, dello sviluppo economico sostenibile. I progetti ci sono. Gli va solo data visibilità e fiducia.

    http://inlibertade.blogspot.it/2012/05/qui-o-si-fa-lindipendentismo-o-si-muore.html

  19. A. Mongili says:

    Penso che nella sconfitta di Soru i temi che tu evochi c’entrassero poco. Infatti il gioco elettorale e gli spostamenti di voti non legati all’opinione (uso un eufemismo) credo che abbiano avuto un ruolo più importante. Dire che Soru non ha fatto nulla per questi temi significa essere poco generosi, ed è soprattutto falso. Ma ognuno si consola come può.

    • Vito Biolchini says:

      Caro Alessandro, bogarì s’elmettu. Non ho detto che Soru non ha fatto nulla, ho detto che per i temi riguardanti lingua e identità ha fatto poco. Per il resto, ti lascio libero di credere ancora alla consolatoria teoria del complotto.

  20. Pingback: Mancari a bellu, s’idea de sa soberanía est camminende | Bolognesu

  21. Claudio V. says:

    Vito Biolchini…impeccabile nell’analisi. Non so se Renato Soru leggerà questo articolo. Spero proprio di sì. Soprattutto lui deve far chiarezza sul suo programma per la Sardegna. Tanti lo stanno ancora aspettando…ma lui continua a tacere. Di sicuro chi lo sta aspettando non è disposto a dare fiducia al partito democratico e a questo centrosinistra…oggi più che mai identificati come i peggiori nemici della crescente voglia di sovranità dei sardi. Ora deve parlare chiaro…o i suoi sostenitori finiranno per considerarlo alla stregua di personaggi dello stampo di Paolo Fadda..Cabras..Lai..Pietro Cocco…Marroccu & Co. Ripeto faccia chiarezza..perchè il tempo sta scadendo.

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