Politica / Sardegna

Il concorso per dirigenti alla Regione Sardegna è valido, il Tar rigetta il ricorso! Ecco la sentenza!

Il Tar dunque si è espresso e ha rigettato il ricorso presentato da chi si riteneva danneggiato dalla Regione per il controverso concorso per 35 dirigenti (poi diventati 57). Se ne era parlato con toni accesi anche sui giornali perché alcuni aspetti della vicenda avevano incuriosito l’opinione pubblica. Ma i giudici del Tribunale Amministrativo sono stati chiari e non hanno ritenuto ammissibile nemmeno uno dei tredici punti contestati dai ricorrenti.

Il presidente della commissione esaminatrice, l’avvocato Tamassia, ha partecipato il qualità di docente ad un corso che sembrava poter preparare alla selezione? “Non risulta che i concorrenti ammessi alla prova orale vi abbiano partecipato o che comunque ne abbiano tratto vantaggio”.

Peraltro, “non possono costituire causa di incompatibilità i rapporti professionali o di collaborazione intercorsi tra il suddetto avv. Tamassia e il dr. Mario Bandel, Dirigente di staff dell’allora Assessore degli Affari Generali, Personale e Riforma della Regione, la cui coniuge – dr.ssa Maura Podda – figurava tra i concorrenti. Al riguardo è sufficiente rilevare che la dr.ssa Podda ha si partecipato alla fase preselettiva del concorso, ma non ha poi preso parte alle prove scritte”.

Eppoi, “giova rilevare che la Commissione aveva predisposto tre tracce tra loro profondamente differenti e giusto per coincidenza è stata sorteggiata quella che presentava attinenze con un procedimento aperto presso l’Assessorato regionale degli Affari Generali”.

E i compiti corretti troppo in fretta, non meno di 30/40 minuti ad elaborato? “In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, nelle procedure concorsuali i tempi impiegati per la correzione degli elaborati scritti non sono sindacabili in sede di legittimità atteso che, di norma, non è possibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione da parte della Commissione esaminatrice e se, quindi, il vizio denunciato inficia in concreto il giudizio del singolo candidato”.

Comunque, ecco il cuore della sentenza sfrondata da tutti i convenevoli iniziali. Che comunque trovate a questo link.

 ***

Col primo motivo i ricorrenti deducono che prima di bandire l’avversato concorso pubblico la Regione avrebbe dovuto attivare le procedure di mobilità di cui agli artt. 30 e 34 bis del D. Lgs. 30/3/2001 n. 165.

La censura è inammissibile.

Al riguardo è sufficiente rilevare che nessuno dei ricorrenti ha dimostrato di avere i requisiti per poter aspirare a ricoprire alcuno dei posti messi a concorso mediante procedimenti di mobilità, per cui l’eventuale accoglimento della doglianza gioverebbe a terzi, ma non ai ricorrenti che risultano, quindi, privi di interesse alla deduzione del vizio.

A prescindere dal profilo di rito il motivo è, comunque, infondato nel merito.

Gli invocati artt. 30 e 34 bis del D. Lgs. 165/2001, non trovano, infatti, applicazione nell’ambito dell’impiego pubblico regionale, stante la competenza legislativa esclusiva di cui la Regione Sarda gode – ex art. 3, lett. a, della L. Cost. 26/2/1948 n. 3 (Statuto speciale per a Sardegna) – in materia di ordinamento dei propri uffici e di stato giuridico ed economico del relativo personale. Competenza che la Regione ha esercitato con l’adozione della L. R. 13/11/1998 n. 31, la quale non subordina l’indizione delle procedure concorsuali per l’accesso alla dirigenza, alla preventiva attivazione di procedure di mobilità.

Col secondo motivo si contesta che il bando di concorso avrebbe circoscritto l’oggetto della prova scritta ad una tematica specifica, così violando l’art. 2 della delibera di Giunta 8/9/2009 n. 41/13, (“criteri per lo svolgimento dei concorsi pubblici per l’accesso alla qualifica dirigenziale nuovo testo coordinato”), ai sensi del quale la detta prova avrebbe dovuto avere carattere generale.

Il motivo è infondato.

In base all’art. 2 della citata delibera n. 41/13 la prova scritta doveva vertere “su un elaborato a carattere pratico, volto a valutare le capacità e le competenze del candidato in relazione alla direzione di strutture di livello dirigenziale dell’amministrazione attraverso l’analisi e la soluzione, sotto il profilo della legittimità, della convenienza, dell’efficienza, dell’economicità, di casi e problematiche attinenti alle funzioni del dirigente regionale, secondo le indicazioni del bando di concorso”.

Il bando, all’art. 5, a sua volta disponeva, per quanto qui rileva, che gli esami si sarebbero estrinsecati “a) in una prova scritta, consistente in un elaborato a carattere pratico, volta a valutare la capacità e le competenze del candidato, attraverso l’analisi e la soluzione, sotto il profilo della legittimità, della convenienza, dell’efficienza, dell’economicità, di uno o più casi e problematiche attinenti alle funzioni del dirigente regionale vertenti:

– sull’organizzazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali;

– sull’attività di programmazione e progettazione”.

Come risulta evidente dal confronto delle due trascritte disposizioni, l’oggetto della prova scritta definito dal bando, è perfettamente in armonia con le linee direttive tracciate dall’art. 2 della delibera n. 41/13.

Le indicazioni contenute nel bando, del resto, rispecchiano quelle che sono le mansioni proprie del dirigente regionale come definite dall’art. 8, comma 3, della L. R. 13/11/1998 n. 31: “Ai dirigenti dell’amministrazione e degli enti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano le amministrazioni verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa, ivi compresi i procedimenti gestori di cui al capo II e all’art. 61 della L.R. 5 maggio 1983, n. 11, mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati”.

Deve, in definitiva, escludersi sia la violazione dell’art. 2 della delibera n. 41/13, che la non meglio chiarita lesione della par condicio fra candidati.

Col terzo motivo i ricorrenti deducono le seguenti censure:

a) in base all’art. 55 della L.R. n. 31/1998 e 8 della delibera di Giunta 41/13 del 2009, ciascun componente della Commissione esaminatrice avrebbero dovuto essere competente “nella valutazione di ogni aspetto dell’attività dirigenziale”, mentre, invece, nel caso di specie i commissari possedevano soltanto competenze settoriali;

b) nell’atto di nomina della Commissione non viene dimostrata la comprovata esperienza dei commissari a compiere le valutazioni richieste;

c) l’avv. Luca Tamassia non poteva essere chiamato a far parte della Commissione giudicatrice sia perché consulente della Regione e componente del CORAN, sia per aver tenuto quest’ultimo, corsi di formazione professionale a pagamento sulle materie oggetto di concorso con il dr. Mario Bandel, dirigente presso l’Assessorato regionale degli Affari Generali e marito di una concorrente che aveva partecipato alle prove preselettive;

d) l’incompatibilità dell’avv. Tamassia non è superata dalla successiva nomina al suo posto dell’avv. Luca De Angelis, atteso che il primo ha, comunque, partecipato alla redazione dei criteri di valutazione delle prove e dei titoli, alla scelta degli argomenti della prova scritta, e ad alcune fasi dei lavori della Commissione;

e) la nomina dell’avv. De Angelis non ha sanato i vizi della procedura, sia perché quest’ultimo, nel dichiarare di far proprio il contenuto dell’attività svolta dalla Commissione, ne ha approvato le decisioni con i relativi vizi, sia perché la nuova Commissione non avrebbe potuto modificare i criteri di svolgimento e valutazione delle prove già definiti dall’organo nella precedente composizione senza una tempestiva pubblicazione da farsi prima dello svolgimento della prova scritta;

f) con riferimento alle competenze dell’avv. De Angelis non risultano motivate le ragioni della scelta;

g) l’avv. De Angelis non avrebbe, comunque, potuto essere nominato componente della Commissione avendo il medesimo, a suo tempo, presentato domanda di ammissione al concorso di che trattasi pur rinunziando a parteciparvi prima dell’inizio delle prove;

h) non risultano motivate le ragioni che hanno determinato la sostituzione dell’avv. Tamassia.

Nessuna delle sintetizzate doglianze merita accoglimento.

Con riguardo alla censura sub a).

In base all’art. 55 della menzionata L. R. n. 31/1998, “Le commissioni giudicatrici dei concorsi sono formate da esperti di provata competenza nelle materie del concorso, esterni all’Amministrazione ovvero appartenenti al personale dell’Amministrazione stessa e degli enti, che non siano componenti degli organi di governo ed elettivi dell’Amministrazione e degli enti, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti degli organismi sindacali e di rappresentanza dei dipendenti né designati da confederazioni ed organizzazioni sindacali o da associazioni professionali …”.

La norma, correttamente interpretata, richiede soltanto che i membri prescelti assicurino una sufficiente competenza tecnica nelle materie oggetto di scrutinio, senza pretendere anche, in capo a ciascun di essi, un’improbabile conoscenza generalizzata di tutte le materie oggetto di prova.

Del resto, la logica della collegialità risponde proprio all’esigenza di costituire un organo in grado, nel suo complesso, di esprimere un’adeguata valutazione sulle materie d’esame.

Nessuna indicazione contraria e favorevole alla tesi dei ricorrenti si rinviene, peraltro, nel pure invocato art. 8 della delibera di Giunta n. 41/13 del 2009.

Con riguardo alla censura sub b).

Dall’atto di nomina dell’originaria Commissione (determinazione del Direttore Generale della Direzione Generale dell’Organizzazione e del Personale 12/1/2010 n. 604/10) quest’ultima risulta così composta: prof. Buccellato (presidente), professore ordinario di Economia Aziendale dell’Università degli studi di Cagliari; dr.ssa Ada Spiga, dirigente regionale in quiescenza; dott. Luca Tamassia, avvocato professore incaricato di Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane dell’Università degli Studi di Urbino.

Orbene, il riferimento fatto ai titoli professionali posseduti da ciascuno dei prescelti è sufficiente a dar conto della richiesta competenza nelle materie d’esame di ognuno di essi. Competenza che del resto nemmeno gli odierni istanti contestano.

Con riguardo alle censure sub c), d) ed e).

Il sopra ricordato art. 55 della L. R. n. 31/1998, stabilisce che possano essere nominati commissari coloro che “… non siano componenti degli organi di governo ed elettivi dell’Amministrazione e degli enti, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti degli organismi sindacali e di rappresentanza dei dipendenti né designati da confederazioni ed organizzazioni sindacali o da associazioni professionali …”

Né la qualità di consulente della Regione, né quella di componente del CORAN (Comitato per la rappresentanza negoziale della Regione sarda) erano, quindi, di impedimento alla nomina dell’avv. Tamassia quale membro della Commissione d’esame.

Il CORAN, in particolare, non è né organo politico, né organismo sindacale o di rappresentanza dei dipendenti, bensì la struttura che rappresenta la Regione nella negoziazione dei contratti collettivi regionali (art. 59 della L. R. n. 31/1998).

Nessuna causa di incompatibilità può, poi, configurarsi in capo all’avv. Tamassia per il fatto che egli abbia partecipato, in qualità di docente, a corsi di formazione professionale concernenti materie d’esame.

A tacer d’altro non risulta che i concorrenti ammessi alla prova orale vi abbiano partecipato o che comunque ne abbiano tratto vantaggio.

Nè possono costituire causa di incompatibilità i rapporti professionali o di collaborazione intercorsi tra il suddetto avv. Tamassia e il dr. Mario Bandel, Dirigente di staff dell’allora Assessore degli Affari Generali, Personale e Riforma della Regione, la cui coniuge – dr.ssa Maura Podda – figurava tra i concorrenti.

Al riguardo è sufficiente rilevare che la dr.ssa Podda ha si partecipato alla fase preselettiva del concorso, ma non ha poi preso parte alle prove scritte.

Il tutto a prescindere dal considerare che, come si afferma in giurisprudenza “le cause di incompatibilità sancite dall’art. 51 del codice di procedura civile, oltre che dall’art. 290 del TU approvato con R.D. 4 febbraio 1915, n. 148 e dagli artt. 16 e 279 del T.U. approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 – estensibili, in omaggio al principio costituzionale di imparzialità, a tutti i campi dell’azione amministrativa, e segnatamente alla materia concorsuale – rivestono carattere tassativo e, come tali, sfuggono ad ogni tentativo di manipolazione analogica, stante l’esigenza di assicurare la certezza dell’azione amministrativa e la stabilità della composizione delle commissioni giudicatrici” (cfr. Cons. Stato, VI Sez. 26/1/2009 n. 354; 8/4/2000, n. 2045; 11/1/1999, n. 8).

La nomina dell’avv. Tamassia quale componente della Commissione esaminatrice era, in conclusione, esente dai vizi dedotti, per cui risultano inconferenti tutte le contestazioni fatte dai ricorrenti in ordine all’asserita insanabilità delle operazioni di gara ad opera della sostituzione dell’avv. Tamassia con l’avv. De Angelis.

Occorre ancora precisare che, contrariamente a quanto gli istanti mostrano di ritenere, la Commissione giudicatrice, nella nuova composizione risultante a seguito della nomina dell’avv. De Angelis, non ha in alcun modo modificato i criteri di svolgimento e di valutazione delle prove.

Con riguardo alla censura sub f).

Diversamente da quanto sostengono i ricorrenti, la competenza tecnica e professionale del avv. De Angelis risulta sufficientemente motivata con riguardo al curriculum vitae, a cui fa esplicito riferimento il provvedimento di nomina.

Con riguardo alla censura sub g).

Per escludere la sussistenza della causa di incompatibilità che, a dire degli odierni istanti avrebbe inficiato la nomina dell’avv. De Angelis (l’aver presentato domanda di partecipazione al concorso di che trattasi), basta rilevare che costui, prima dell’inizio delle prove, ha rinunciato a partecipare alla procedura selettiva.

Potrebbe, al limite, discutersi dell’opportunità di una siffatta nomina, ma non già di un vizio di legittimità della stessa.

Con riguardo alla censura sub h).

Diversamente da quanto affermato in ricorso le ragioni che hanno determinato la sostituzione dell’avv. Tamassia, risultano esplicitate nel provvedimento con cui ne è stata disposta la sostituzione con l’avv. De Angelis: l’aver presentato il primo le proprie dimissioni dalla Commissione di concorso (si veda anche la nota in data 20/9/2010, richiamata nel citato provvedimento di nomina, depositata in giudizio in pubblica udienza col consenso dei ricorrenti).

Col quarto motivo si deduce che in sede di fissazione dei criteri di giudizio delle prove la Commissione si sarebbe limitata a prevedere, in relazione alle voci da valutare, un punteggio numerico e che, inoltre, la scelta compiuta sarebbe illogica, non essendo le voci da considerare suscettibili di gradazione.

Poco chiara risulterebbe, infine, la previsione di 20 punti per la voce “capacità di saper fare” e per quella “conoscenza della materia”.

Il mezzo di gravame è infondato.

Dal verbale in data 25/1/2010 emerge come la Commissione abbia stabilito di suddividere il punteggio previsto per la prova scritta secondo i seguenti criteri:

<<1. legittimità, 15 punti su 100;

2. convenienza, 15 punti su 100;

3. efficienza, 15 punti su 100;

4. economicità, 15 punti su 100;

5. le competenze relative all’organizzazione e alla gestione 40 punti su 100 così ulteriormente ripartiti:

– capacità del c.d. “saper fare” 20 punti su 100

– conoscenza della materia 20 punti su 100>>.

Nella successiva seduta del 28/4/2010 la Commissione ha, poi, dettato criteri guida cui attenersi nella correzione degli elaborati.

Non è vero, quindi, che il suddetto organo collegiale si sia limitato a prevedere la suddivisione del punteggio numerico fra i vari elementi di valutazione da considerare.

Né la scelta al riguardo effettuata risulta illogica, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, i suddetti elementi sono suscettibili, per lo meno entro certi limiti, di un apprezzamento graduato.

La cosa è sicuramente chiara per i concetti di “convenienza”, “efficienza” ed “economicità” (un’attività può essere più o meno conveniente, efficace o economica), ma lo è altrettanto in relazione al concetto di “legittimità”, sol che si consideri che il diritto non è una scienza esatta. Così a fronte di fattispecie sicuramente illegittime, ve ne sono altre dove la questione può essere molto dubbia, com’è noto a qualunque operatore giuridico. Non tutte le illegittimità, poi, hanno la stessa rilevanza, un difetto di motivazione, per esempio, può risultare irrilevante, se il contenuto dispositivo dell’atto “non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato” (art. 21 octies L. 7/8/1990 n. 241).

I ricorrenti sostengono, inoltre, che sarebbe oscuro il significato degli elementi di valutazione <<capacità del c.d. “saper fare”>> e <<conoscenza della materia>>.

Quanto al primo dei detti elementi i suoi contenuti emergono con chiarezza dall’esame del verbale in data 28/4/2010 nel quale la Commissione ha specificato i criteri di giudizio da seguire per la correzione della prova scritta.

Si legge nel detto verbale: <<La responsabilità di vertice di una unità organizzativa comporta un approccio sistematico che considera varie condizioni da soddisfare fra loro interdipendenti. Così gli aspetti della legittimità, della convenienza, dell’efficienza e dell’economicità, ancorchè “pesati” singolarmente non possono che essere valutati integralmente sulla base della soluzione offerta dal candidato in relazione al caso o problema oggetto della prova>>.

Il criterio di valutazione in parola fa riferimento, dunque, all’abilità complessiva del candidato di elaborare una soluzione confacente al caso oggetto di prova, coordinando tra loro “gli aspetti della legittimità, della convenienza, dell’efficienza e dell’economicità”.

Quanto al secondo elemento è del tutto evidente che la “materia” di cui si richiede la “conoscenza”, non può che essere quella oggetto della prova.

Con il quinto motivo si lamenta che la traccia sorteggiata risulterebbe per un verso in contrasto col bando e con l’art. 2 della delibera di Giunta n. 41/13 del 2009, in quanto troppo specifica, e per altro verso illegittima perché relativa a problematiche afferenti a competenze di ben determinate strutture dell’Assessorato regionale degli Affari Generali e connotata da fortissime analogie con affari in corso di trattazione presso il medesimo Assessorato, dove, peraltro, presterebbero servizio alcuni dei concorrenti poi ammessi all’orale.

La doglianza non convince.

Come più sopra rilevato il bando (art. 5), in coerenza con l’art. 2 della citata Delibera di Giunta 2009 n. 41/13, stabiliva che la prova scritta dovesse consistere “in un elaborato a carattere pratico, volt(o) a valutare la capacità e le competenze del candidato, attraverso l’analisi e la soluzione, sotto il profilo della legittimità, della convenienza, dell’efficienza, dell’economicità, di uno o più casi e problematiche attinenti alle funzioni del dirigente regionale vertenti:

– sull’organizzazione e gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali;

– sull’attività di programmazione e progettazione”.

Né l’invocato art. 2, né il bando, dunque, vietavano alla Commissione – nell’ambito della sua discrezionalità tecnica, come tale insindacabile in questa sede – di dare alla traccia un taglio specifico ed eventualmente afferente alle competenze di una determinata branca dell’amministrazione.

Nemmeno il fatto che risulterebbero analogie tra l’oggetto della traccia estratta e quello di uno specifico procedimento in corso presso l’Assessorato regionale degli Affari Generali dove presterebbero servizio alcuni dei candidati ammessi alla prova orale, denota, di per sé, un vizio della scelta compiuta dalla Commissione.

Ed invero, per un verso la traccia presenta un sufficiente grado di astrattezza, per altro verso, come rilevato, senza essere smentita, dall’intimata amministrazione, l’oggetto della traccia (predisposizione di un programma operativo finalizzato alla realizzazione dei lavori di implementazione di un sistema informatico – informativo regionale) rispecchiava uno degli obiettivi che da anni rivestono priorità assoluta per della medesima amministrazione e che come tale doveva ritenersi di comune conoscenza.

A riprova di quanto sopra è indicativo richiamare le non contestate dichiarazioni della Regione: “su 35 candidati che hanno superato la prova scritta, ben 16 (circa il 46%) non appartengono all’Amministrazione e del restante 54% la gran parte segue altre attività e progetti. Viceversa, tra coloro che non hanno superato la prova, risulta significativo il numero di dipendenti impegnati in ambiti in cui si articola il sistema informativo regionale” (si veda documento 2 della produzione regionale fatta in data 19/1/2012).

Peraltro, giova rilevare che la Commissione aveva predisposto tre tracce tra loro profondamente differenti e giusto per coincidenza è stata sorteggiata quella che presentava attinenze con un procedimento aperto presso l’Assessorato regionale degli Affari Generali.

Contrariamente, poi, a quanto sostengono i ricorrenti il fatto che l’amministrazione abbia approvato in data 6/7/2010 “un procedura aperta per l’affidamento dei servizi di analisi e miglioramento dei processi finalizzati all’erogazione di servizi on-line”, non è apprezzabile come sostanziale anticipazione dei contenuti della prova scritta.

Con il sesto motivo gli istanti lamentano che nella predisposizione dei criteri di formazione della prova scritta e delle tracce sarebbe stato violato il principio della collegialità delle operazioni della Commissione e che, inoltre, la traccia poi estratta non coinciderebbe con alcune delle tre allegate al verbale della seduta del 3/8/2010 nella quale furono predisposte.

La doglianza è palesemente infondata.

Il citato verbale del 3/8/2010 reca testualmente: “… il presidente mostra agli altri due componenti, che ne approvano i contenuti una nota predisposta nella quale sono indicati i criteri di formazione della prova scritta da somministrare ai candidati …”.

E ancora: “Il presidente ha predisposto tre tracce di elaborato pratico, allegate al presente verbale, che sottopone al vaglio e alla modifica degli altri due componenti la Commissione.

Per ciò che concerne la prima traccia gli altri due componenti la fanno propria condividendone i contenuti.

Per la seconda, contrassegnata poi come la n. 3, gli altri due componenti ne condividono i contenuti apportando però modifiche ed integrazioni al testo. La terza, invece, dopo ampia discussione, è sostituita da una traccia, contrassegnata poi come la n. 2, predisposta sulla base di alcuni appunti a valenza generale forniti dalla dr.ssa Spiga (all. 4), poi redatta e completata ex novo dai tre componenti la Commissione nella sala separata.

Ogni traccia, contrassegnata con un numero da 1 a 3 è firmata dai tre componenti la Commissione”.

Tanto basta ed avanza a dimostrare il rispetto della collegialità delle operazioni poste in essere dall’organo tecnico.

Dalla documentazione prodotta in giudizio dalla resistente amministrazione emerge, infine, come anche la traccia poi estratta risulti allegata al suddetto verbale del 3/8/2010 (nella suddetta documentazione figura erroneamente unita al verbale del 16/8/2010, benché risulti espressamente che si tratta di allegati al verbale del 3/8/2010).

Con il settimo motivo ci si duole dell’eccessiva ristrettezza dei tempi impiegati dalla Commissione per la correzione degli elaborati, ciò, tra l’altro, perché la stessa Commissione aveva ritenuto necessari per un’adeguata valutazione degli stessi, non meno di 30/40 minuti a compito.

La lagnanza è infondata.

In base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, da cui il Collegio non ha motivo di discostarsi, nelle procedure concorsuali i tempi impiegati per la correzione degli elaborati scritti non sono sindacabili in sede di legittimità atteso che, di norma, non è possibile stabilire quali e quanti candidati hanno fruito di maggiore o minore attenzione da parte della Commissione esaminatrice e se, quindi, il vizio denunciato inficia in concreto il giudizio del singolo candidato (cfr, fra le tante, T.A.R. Sardegna, I Sez., 18/11/2004 n. 1709; T.A.R. Campania – Napoli, 4/1/2012 n. 11; Cons. Stato, IV Sez., 13/7/2011 n. 4237; V Sez., 16/8/2010 n. 5724; VI Sez., 24/9/2009 n. 5725).

Alla luce dell’enunciato principio nessun rilevo può avere il fatto che la Commissione avesse preventivamente stimato come adeguato per la correzione un tempo di 30/40 minuti ad elaborato. E’sufficiente, infatti, rilevare che non è dimostrato che alla valutazione della prova dei ricorrenti sia stato dedicato un tempo inferiore a quello indicato dalla Commissione o comunque insufficiente a consentirne un ponderato apprezzamento.

Con l’ottavo motivo i ricorrenti denunciano che la Commissione avrebbe illegittimamente deliberato di avvalersi, per la correzione della prova scritta, delle conoscenze specialistiche in materia informatica del prof. Gianni Fenu.

Da ciò discenderebbero i seguenti vizi:

a) risulterebbe confermata l’incompetenza dell’organo collegiale ad esprimere valutazioni sulla prova svolta;

b) la Commissione risulterebbe integrata da un nuovo componente (peraltro nominato per la sola prova orale) successivamente all’espletamento della prova scritta in violazione dell’art. 55 della L. R. n. 31/1998;

c) il prof. Fenu non avrebbe partecipato a tutte le sedute della Commissione, con la conseguenza che solo alcuni elaborati risulterebbero esaminati alla sua presenza.

Nemmeno questo mezzo di gravame può essere accolto.

Già più sopra è stato evidenziato come i componenti di una Commissione d’esame debbano essere competenti nelle materie d’esame, ma non necessariamente onniscienti.

E’ quindi del tutto normale che, in relazione a particolari ambiti specialistici, la Commissione possa avvalersi della collaborazione di un “esperto” della materia, il quale si limita a mettere a disposizione dell’organo collegiale le proprie conoscenze quando occorrenti, senza assumere, anche, la veste di nuovo componente dell’organo. E ciò naturalmente esclude che egli debba partecipare a tutte le sedute di quest’ultimo.

Del tutto irrilevante è poi che “ad almeno due sedute della commissione” abbia partecipato la prof. Luisanna Fodde, nominata come il prof. Fenu membro aggiunto della Commissione di concorso.

Ciò che conta (e su questo non ci sono contestazioni) è che la valutazione risulti espressa dalla suddetta Commissione con la partecipazione dei suoi tre membri titolari.

Col nono motivo i ricorrenti deducono che successivamente allo svolgimento della prova scritta la Commissione giudicatrice avrebbe introdotto un nuovo criterio di giudizio (“1 obiettivo”) così violando il disposto dell’art. 9 della Delibera di Giunta n. 41/13 del 2009, in base al quale i criteri devono essere resi pubblici prima dell’espletamento della prova. Oltre a ciò il criterio, farebbe riferimento ad un elemento già predeterminato dalla traccia, come tale non suscettibile di valutazione.

La censura è infondata in fatto.

Come emerge dal verbale in data 23/11/2010, in cui è stata approvata la “scheda riassuntiva di valutazione”, quest’ultima è perfettamente coerente con i criteri di giudizio precedentemente deliberati.

Secondo la detta scheda, infatti, le voci da considerare ai fini dell’attribuzione del punteggio erano: “legittimità 15 punti su 100”, “convenienza 15 punti su 100”, “efficienza 15 punti su 100”, “economicità 15 punti su 100”, “capacità del c.d. saper fare 20 punti su 100” e “conoscenza della materia 20 punti su 100”.

Ciò che i ricorrenti ritengono un nuovo criterio, costituisce, in realtà, soltanto il risultato della scomposizione dell’argomento di prova in sub articolazioni, ai fini della valutazione (“1 obiettivo”, “2 piano operativo”, “3 strategie di organizzazione”, “4 procedura d’appalto”, “5 organizzazione servizio”). Scomposizione la quale non poteva essere effettuata che successivamente all’estrazione della prova non essendone noti in precedenza i contenuti.

Col decimo motivo gli istanti deducono che, in mancanza di idonei criteri di valutazione, il giudizio della Commissione non avrebbe potuto estrinsecarsi in un mero punteggio numerico privo motivazione. Oltre a ciò i compiti non mostrerebbero segni atti a render conto della scelta compiuta.

La doglianza non merita accoglimento.

Questo Tribunale ha già in altre occasioni affermato che il voto numerico, attribuito alle prove scritte o orali di un concorso pubblico o di un esame di abilitazione, esprime e sintetizza il giudizio tecnico discrezionale della Commissione giudicatrice, contenendo in sé la propria motivazione, senza bisogno di ulteriori spiegazioni o chiarimenti (cfr., fra le tante, T.A.R. Sardegna, 25/11/2010 n. 2615; 28/9/2009 n. 1484; 10/8/2005 n. 1779 e 27/3/2003 n. 367; T.A.R. Liguria, II Sez., 17/1/2012 n. 75; Cons. Stato, VI Sez., 30/6/2011 n. 3890 e 27/8/2010, n. 5988).

Ciò tanto più nel caso di specie, dove la Commissione, contrariamente a quanto si sostiene in ricorso, ha preventivamente formulato idonei criteri di valutazione (Cons. Stato, IV sez., 12/1/2011 n. 124).

Non occorre, poi, che dall’elaborato emergano correzioni, annotazioni o altri segni, posto che non è compito della Commissione d’esame, che non svolge funzioni didattiche, evidenziare gli eventuali errori riscontrati (cfr citato T.A.R. Sardegna n. 1779/2005; Cons. Stato, IV Sez., 12/4/2011 n. 1612).

Con l’undicesimo motivo, infine, i ricorrenti deducono che la procedura concorsuale di che trattasi sarebbe da annullare, oltreché per i vizi già dedotti, anche in relazione ad ulteriori profili quali: a) “le vicende contenziose relative all’esclusione ingiustificata di alcuni concorrenti; b) “le ammissioni con riserva non giustificate che caratterizzano l’intera procedura e che costituiscono altro elemento sintomatico dell’assenza di trasparenza, della superficialità della gestione della procedura, della volontà di escludere una certa platea di concorrenti (in violazione del principio del favor partecipationis) e, contestualmente, di favorire una ristretta categoria di candidati con specifico bagaglio culturale”.

Il mezzo di gravame non merita accoglimento.

La censura è evidentemente inammissibile per difetto di interesse, laddove fa riferimento all’esclusione o all’ammissione con riserva di altri concorrenti.

Con riguardo poi ad un’asserita volontà (non è ben chiaro di chi) di pregiudicare alcuni concorrenti e di favorirne altri, è sufficiente rilevare che l’affermazione risulta del tutto indimostrata e come tale priva di rilevanza.

Con i primi motivi aggiunti, depositati in data 7/4/2011, i ricorrenti, oltre a ripetere sostanzialmente le censure già prospettate col ricorso introduttivo, per le quali si rimanda all’esame più sopra compiuto, hanno ulteriormente dedotto:

a) che l’avv. De Angelis, all’atto del suo insediamento, non avrebbe sottoscritto la dichiarazione di insussistenza di situazioni di incompatibilità tra il medesimo e gli esaminandi, così come richiesto dall’art. 9 della delibera di Giunta n. 41/13 del 2009 e dagli artt. 51 e 52 del cod. proc. civ.;

b) che i verbali delle operazioni della Commissione d’esame in violazione dell’art. 9, comma 5, della citata delibera n. 41/13 sarebbero sottoscritti solo dal Presidente dell’organo e dal suo segretario, ma non da dagli altri componenti.

Nessuna delle due nuove doglianze merita accoglimento.

La prima è infondata in fatto.

Come emerge dalla documentazione versata in atti dalla resistente amministrazione in data 19/1/2012, l’avv. De Angelis, nominato componente della Commissione di concorso con determinazione del Direttore Generale della Direzione Generale dell’Organizzazione e del Personale presso l’Assessorato regionale degli Affari Generali N.P. 28346/771 del 24/9/2010, ha prodotto, nella medesima data, la dichiarazione di insussistenza di cause di incompatibilità con i concorrenti di cui all’art. 9, comma 1, della delibera di Giunta n. 41/13 del 2009.

Giova, comunque, rilevare che non già la mancata sottoscrizione della detta dichiarazione, ma soltanto l’effettiva sussistenza di una causa di incompatibilità avrebbe potuto inficiare la procedura (cfr. T.A.R. Molise, 8/2/2008 n. 46; T.A.R. Marche, I Sez., 14/11/2007 n. 1882; Cons. Stato, VI Sez., 2/3/2009 n. 1168). Ma l’esistenza nella fattispecie di un siffatto impedimento non è stata nemmeno dedotta.

Nemmeno la seconda censura coglie nel segno.

In termini generali occorre rilevare che per la validità del verbale di un organo collegiale, è sufficiente la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo redige (nella specie il segretario della Commissione di concorso). Ed invero il verbale, anche se preordinato a riprodurre l’attività della Commissione, non è, per sua natura, atto collegiale, escludendosi, quindi (in conformità della regola espressa nell’art. 126, comma 2, cod. proc. civ.) la necessità della sottoscrizione di tutti i componenti l’organo collegiale stesso (Cons. Stato, VI Sez., 4/12/2001 n. 6058).

Nello specifico nessuna indicazione contraria può trarsi dall’invocato art. 9, comma 5, della menzionata delibera di Giunta n. 41/13 del 2009.

La suddetta previsione, ai sensi della quale il “verbale è sottoscritto da tutti i componenti della commissione e dal segretario”, non è preordinata ad integrare nè l’esistenza, nè l’efficacia probatoria del documento, assolvendo, invece, principalmente la diversa funzione di tutelare il diritto di ciascuno dei detti componenti di verificare la conformità del verbale alle operazioni svolte e alle opinioni espresse.

Vero è che la norma soggiunge che ciascun componente “è comunque tenuto a firmare il verbale medesimo”, ma ciò non ai fini della validità dell’atto, bensì perché l’omissione può assumere rilevanza nell’ambito del rapporto in base al quale il componente è stato chiamato a svolgere la propria attività, come emerge incontrovertibilmente dall’ultimo periodo del citato art. 9, comma 5, secondo cui: “In caso di rifiuto (di sottoscrivere), il Presidente ne dà atto nel processo verbale, che trasmette al direttore competente in materia di personale per l’adozione dei provvedimenti conseguenti”.

Ricorso introduttivo del giudizio e primi motivi aggiunti sono, in definitiva, da respingere e dalla loro reiezione discende quella dei secondi motivi aggiunti, depositati in data 25/8/2011, con i quali ricorrenti hanno esteso la domanda impugnatoria all’atto di approvazione definitiva della graduatoria concorsuale, denunciandone l’illegittimità derivata.

Sussistono validi motivi per disporre l’integrale compensazione di spese ed onorari di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Seconda)

Dichiara improcedibile il ricorso in epigrafe con riguardo al sig. (omissis) e lo rigetta relativamente a tutti gli altri ricorrenti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 29 febbraio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Alessandro Maggio, Presidente, Estensore

Grazia Flaim, Consigliere

Giorgio Manca, Primo Referendario

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 08/03/2012

Tags: , ,

3 Comments

  1. ZunkBuster says:

    Purtroppo (almeno per i ricorrenti) sembra esserci uno “spread” tra sospetti magari fondati e il loro ritradursi in prove, anche se questa sentenza sembra alquanto formalistica. La magistratura ordinaria si sta occupando del caso?

  2. Arrubiu says:

    Summa jus massima injuria. Speriamo che i fortunati vincitori non stappino anzitempo lo spumantino. Ricordiamo che in tempi recenti il Consiglio di Stato ha riformato parecchie sentenze del TAR casteddaio, Tuvixeddu docet, e poi ci sono altri 4 ricorsi, non identici a quello respinto, pendenti davanti allo stesso TAR. Il diavolo, nelle cose del diritto, si annida nei dettagli. La battaglia per la decenza non é finita.

  3. studentslaw says:

    Reblogged this on Su Seddoresu.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.