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“Madonna di Bonaria, salvaci dal cemento!”. L’invocazione, con tanto di ex voto, di cinque artisti cagliaritani. Inizia Pia Valentinis!

La mobilitazione in campagna elettorale era stata forte e partecipata. Davanti alla Basilica di Bonaria, a Cagliari, c’è ancora uno spazio scampato al cemento che in tanti hanno chiesto di salvaguardare e trasformare in area verde attrezzata. Anche Massimo Zedda, allora in campagna elettorale, aveva preso un solenne impegno. Poi però da sindaco ha ammesso di non poter far niente e che bloccare i progetti edilizi avviato dalla precedente amministrazione Floris sarebbe stato troppo oneroso per le casse comunali.
Ieri in consiglio comunale la maggioranza di centrosinistra ha dato il via libera al progetto edilizio, tra i mugugni di qualche consigliere fedele a Zedda e lo sconcerto del comitato di cittadini, guidato dal regista Enrico Pau.
Tutto sembra compiuto, ma la protesta non si ferma. Un gruppo di artisti, con un appello ora si rivolge provocatoriamente alla Madonna di Bonaria perché fermi il cemento. Una richiesta seria, con tanto di ex voto. “Sperando che là dove gli umani non hanno potuto, o voluto, intervenire lo possa fare Bonaria con la sua grazia”.

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Noi semplici cittadini, profondamente innamorati di Cagliari, dopo aver chiesto, senza avere risposte, alla politica e ai suoi rappresentanti, di provare a salvare lo spazio verde davanti alla Basilica di Bonaria, di farlo senza ledere i diritti legittimi dei proprietari, di trovare ogni forma possibile per restituire al quartiere e alla vita sociale l’ultimo spazio libero rimasto, dove presto potrebbe sorgere un palazzo, ora ci rivolgiamo direttamente a Bonaria.

Per farlo abbiamo chiesto ad alcuni importanti artisti cagliaritani, Pia Valentinis, Eva Rasano, Igort, Federico Carta-Crisa, Otto Gabos, di creare degli ex voto per “grazia futura”, sperando che là dove gli umani non hanno potuto, o voluto, intervenire lo possa fare Bonaria con la sua grazia.

Il nostro intento rivolgendoci umilmente a Bonaria è quello di parlare direttamente al cuore della città, chiedendo aiuto a una delle sue icone, senza intenti blasfemi, nel rispetto assoluto del mito religioso, della passione che la sua storia e la sua leggenda suscitano nei cittadini e nei fedeli.

È per rispetto a tutto questo che riteniamo inopportuno costruire un palazzo a pochi passi dal sagrato, in un luogo insieme sacro e carico di storia.

Le icone verranno infine regalate al museo della Basilica di Bonaria a perenne testimonianza dell’amore di questi cittadini per i loro simboli e per la loro città e della bravura dei nostri artisti.

Il comitato per la salvaguardia del colle di Bonaria, la società civile, i semplici cittadini

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15 Comments

  1. Gentile Cobain, l’acquisto di un terreno non ne implica obbligatoriamente l’edificabilità che invece si configura solo con l’atto conclusivo che è il definitivo per messo di costruire. Neppure nella sua improponibile pietra di paragone che lei indica, senza alcun senso delle proporzioni e della realtà, nientemeno che in Barcellona. Idem per gli otto ettari dei cosiddetti vuoti urbani, una parte dei quali, oltretutto, è di proprietà da definire.
    Mi pare che lei ripeta il solito lamento. Cosa vuol dire che là non c’è niente? Cos’è per lei il niente? Il non costruito, un prato, uno spiazzo? E perché sente l’irrefrenabile necessità di costruirlo, tanto più in una città che ha 13.000 appartamenti vuoti?
    Quanto al piacere estetico che prevale sull’attività imprenditoriale mi sembra che in questa città sia orribilmente accaduto il contrario in barba ai principi che reggevano le nostre città, un tempo bellissime, e perfino ai nostri principi fondanti.
    È spaventosa la sua idea del “qua non c’è niente e allora si deve costruire”. L’ho sentito dire anni fa perfino per la Sella del Diavolo.
    A me pare che il “niente” alberghi proprio dentro questa devastante idea imprenditoriale della città e del paesaggio urbano. E le sue parole, compreso il disprezzo contenuto in quel “tre alberi”, infondono una grande malinconia.

  2. Addetto says:

    “Via Milano è un terreno incolto, che non usa nessuno, circondato da altri edifici, che un privato ha acquistato e non riesco proprio a capire cosa c’entri con la sinistra il fatto che qualcuno voglia costruire come hanno fatto tutti i vicini.
    Semmai, giudichiamo la tipologia, l’entità o la qualità dell’intervento edilizio (su cui nessuno parla e nulla si sa)”.
    Gentile Cobain, in effetti l’argomento del terreno incolto è un argomento perfino inflazionato tra chi vuole edificare. E se il terreno fosse coltivato a grano o lenticchie? Cambierebbe qualcosa?
    Lei dice che non lo “usa nessuno”. E se lo usasse qualcuno? Cambierebbe qualcosa?
    E siccome i vicini hanno costruito allora è logico, naturale e giusto che anche il proprietario di quel terreno incolto e non usato abbia il diritto di costruire?
    Casomai il veleno dell’argomento sta nel fatto che un quartiere non verdissimo ma decentemente verde si avvia a divenire un quartiere costruito densamente e malamente come quasi tutta la “città nuova”, quella sorta, cioè, dal dopo guerra a oggi.
    Certo, lei ha ragione, il palazzo di via Milano non è “il problema” di Cagliari. “Il problema” sta nel fatto che l’unica attività possibile in questa comunità sia quella edilizia, benché in netto e drammatico decadimento.

    • Cobain says:

      Caro Addetto, sono certo che se avesse speso una cifra con molti zeri per quel terreno ragionerebbe diversamente. Qui nessuno parla nemmeno della qualità dell’edificio come se costruire fosse in sè un male.
      In qualsiasi città europea (parliamo di Barcelona che è sempre la nostra pietra di paragone) è la qualità del costruire che conta.
      Qua invece tutti si stracciano i capelli per 3 alberi abbattuti o per un edificio che viene costruito su un prato.
      Il fatto che non lo usi nessuno è il segno che nessuno ne ricava una reale utilità da tale terreno, se non per il piacere estetico di abitare in via Milano e vedere un prato. Perdonatemi se ritengo che il piacere estetico non può essere più rilevante sulla libera attività imprenditoriale e anche, perchè no, sul desiderio di altri di vivere nella stessa zona.

  3. Ci sono otto ettari nel centro della città, i cosiddetti vuoti urbani, che costituiscono un patrimonio di spazi notevolissimo. Mi spiace per chi ci vedrà qualche erba spontanea e magari qualche fastidioso albero oppure qualche maceria. Quello è uno dei capitoli urbanistici nel quali vedremo di che pasta è la nuova, ma non più tanto, Amministrazione.

  4. Anonimo says:

    Vede, Kurt, non so se esista una sinistra cagliaritana che si occupa delle rare aree non ancora edificate in una zona della città ancora armonica e guardabile. Spero che esista.
    Per ora è esistito un modo di concepire la città identificabile come di destra e quel modo ci ha portato ad un progetto folle di cementificazione di una necropoli ridotta a un francobollo, il cui cuore sarebbe dovuto essere un condominio e la necropoli un ornamento. Ci ha portato, al grido di “noi siamo per il fare” al Poetto nero e alle condanne che ne sono conseguite. Ci ha condotto ad innumerevoli esempi di orrori urbani che, se ce ne avessero risparmiato solo una decima parte, ci permetterebbe oggi di avere più campi con erba ( e non erbacce), più alberi e più verde. Lei non ama i campi con i “caraganzi”. Pazienza. Personalmente li preferisco ai palazzi di via Caboni che hanno oltretutto oscurato un bellissimo costone di roccia, li preferisco ai palazzacci di viale Sant’Avendrace, alle nuove costruzioni sopra le tombe della facoltà di Ingegneria, agli orribili torrioni detti i Fenicotteri, alla proliferazione di inutili supermercati e a tutta una lunga serie di progetti edilizi (non è il caso di scomodare l’architettura ché poca se ne vede in giro) che rendono brutta la Cagliari che ha proliferato dal dopo guerra a oggi. Meglio, molto meglio in campi con malva, margherite e ortica.

    • cobain@yahoo.it says:

      Mah, non riesco a vedere il collegamento con quanto accaduto a Tuvixeddu, o al Poetto, o con i palazzoni di via caboni.
      Tuvixeddu è stato per fortuna bloccato perchè era veramente una vergogna. Il ripascimento del Poetto è stato per Cagliari uno dei più gravi disastri ambientali e paesaggistici di tutti i tempi. I palazzoni di via Caboni sono effettivamente forzati, a ridosso di un costone di roccia ed è difficile anche solo capire com’è stato possibile realizzare un intervento di tale volumetria.

      Via Milano è un terreno incolto, che non usa nessuno, circondato da altri edifici, che un privato ha acquistato e non riesco proprio a capire cosa c’entri con la sinistra il fatto che qualcuno voglia costruire come hanno fatto tutti i vicini.
      Semmai, giudichiamo la tipologia, l’entità o la qualità dell’intervento edilizio (su cui nessuno parla e nulla si sa).

  5. Trovo desolante che la sinistra cagliaritana non abbia di meglio da fare che occuparsi di un pezzo di terreno (comprato da privati) che attualmente è solo una distesa di erbacce. Costoro dovrebbero impegnare meglio il loro tempo!

  6. Anonimo says:

    Il fatto che uno degli intervenuti nel blog chiami l’assessore all’urbanistica “assessore all’edilizia” rappresenta una verità. L’urbanistica non è evidentemente sinonimo di edilizia, ma in questa città lo è diventato. E oltretutto, per amore di precisione, andrebbe completato con l’aggettivo “privata”. Ossia, i nostri sono assessori che si sono succeduti per molti anni, erano assessori all’edilizia privata. Di edilizia pubblica poco o nulla si è sentito parlare. E’ un pessimo segno, davvero nero. Gli altri dicevano sempre sì. Ora la musica è cambiata. Ci dicono che non possono dire “no”. Sennò non li eleggono più. Mi pare una disgrazia e un argomento di riflessione. Personalmente cercherò di ritornarci su.

  7. BimboRosso says:

    L’assessore all’edizilia ha detto che è stata colpa dell’amminitrazione precedente. Sul fatto che il pasticcio fose fatto ci può stare, sul fatto che non si è tentato niente, primo fra tutti un tentativo di permuta, è un altro conto.

  8. Ma ammesso che fossero in regola tutte le carte e ammesso che non ci si potesse opporre senza un danno per le casse del Comune. Vorrei sapere se si è tentata una permuta e, sopratutto, cosa si sta facendo per Tuvixeddu e per il garage sotto le mura. Avrei altri quesiti, tra i quali la faccenda del teatro. Cosa bisogna fare? Aspettare fiduciosi?

    • Antonio Dettori says:

      Caro Giovy, ti assicuro per certo che su Tuvixeddu NON ESISTE LA MINIMA MEDIAZIONE O TENTATIVO DI RISOLVERE DA PARTE DI REGIONE E COMUNE.
      NON esistono proposte, NON esistono permute, NON esistono contatti con i privati (almeno con le sorelle Sotgiu) NON esiste il più elementare dialogo.

      Antonio Maria Dettori

  9. Addetto says:

    Chiedo scusa: ma cosa si intende per “bella architettura che valorizzi, anzichè sminuire o offuscare Bonaria”?
    E cosa significa “dire addio alla retorica da (ennesimo) giardinetto”?
    Davvero vorrei capire meglio.
    Saluti cordiali.

  10. Addetto says:

    E’ notevole osservare come i mutamenti politici ed economici non comportino mai, o quasi mai, quello che ci si aspetta. E come i veri cambiamenti siano spesso inaspettati.
    Ci saremmo attesi ragionevolmente che dall’epocale “rivoluzione” alla guida della nostra città sarebbe cambiato radicalmente il modo stesso di concepire la città.
    Ora, a distanza di un congruo numero di mesi dalle elezioni, e molto oltre i fatidici cento giorni dell’esordio (quelli dai quali dicono che si capisce dove tira il vento), l’impressione è che questa Giunta insonorizzata stia proseguendo, in un sostanziale anonimato, nel solito “non ci sono soldi”, “è facile dire fate questo o fate quello, bisogna fare i conti con la realtà”, “la politica significa mediare”, “dobbiamo ascoltare tutte le voci”, “comunichiamo con i cittadini”, “la città è una realtà complessa” ecc. ecc.
    Per ora (vedrete che qualcuno dirà che è troppo presto per giudicare e sarà troppo presto sino a un mese prima delle prossime elezioni) possiamo però valutare alcuni fatti inoppugnabili.
    Il parcheggio in via del Cammino Nuovo è una promessa: cemento, oltretutto pericoloso in un quartiere di cui non si conosce abbastanza, questa è la realtà, il rischio idrogeologico.
    In Castello parcheggi e ascensori serviranno da attrattori di auto. Il parcheggio sarà di tre piani, cambierà per sempre la fisionomia dei contrafforti sotto il bastione di Santa Croce, porterà centinaia di macchine oppure, come quello del lato opposto, sarà semivuoto. Molto cemento, un’opera inutile e devastante che sfigurerà il colle che tutti proclamano vanto della città, luogo unico e inimitabile. E oltretutto in assoluta, aperta contraddizione con il decantato car sharing. Da un lato attrai auto e dall’altro ne scoraggi l’uso. Senza contare che le soluzioni per la vita di Castello non passano certo attraverso un garage multipiano ma attraverso un piano articolato che investa tutta la città e il suo hinterland e che a oggi manca.
    In via Milano: cemento.
    Tuvixeddu e Tuvumannu: cemento e asfalto sono ancora un rischio. Si aprirà il parco, sì. Ma subiremo il vecchio orribile progetto con le fioriere faraoniche oggetto di un’indagine penale.
    Gli oltre otto ettari di vuoti urbani: cemento (incerto per alcuni vuoti e certo per altri).
    Ovunque il guardo miri, si vede una prospettiva di cemento.
    Il cambiamento ce lo aspettiamo ancora e qualcosa di buono è avvenuto. Sarebbe da bisbetici non ammetterlo.
    Ma assistere alla votazione a favore del progetto di via Milano (uno dei pochi luoghi in città che hanno conservato grazia e armonia), vedere solo due astenuti, non è oggettivamente un buon segno. Anzi, sembra un cattivo annuncio. Un brutto inizio di sicuro.

    • Buzz icon says:

      Questa giunta, una volta vinte le elezioni, si è dimostrata composta da mutanti come ne “La notte dei morti viventi” di George A.Romero. Quelli si trasformavano in zombie mentre questi si trasformano nei peggio democristiani degli anni settanta. E a nosus di Romero no ci atturara ne mancu il portico di via Garibaldi. Mai in sa vida.

  11. Gioman says:

    E se si costruisse bella architettura che valorizzi, anzichè sminuire o offuscare Bonaria? In quel caso si potrebbe dire addio alla retorica da (ennesimo) giardinetto? Anche io innamoratissimo di Cagliari, tanto da volerci (poter) abitare…ma ho smesso di credere ai miracoli.

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