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Tuvixeddu, l’Anfiteatro e l’insuperabile contraddizione di Cagliari Monumenti Aperti: una manifestazione ormai ostaggio della peggiore politica

Questo fine settimana torna Cagliari Monumenti Aperti e io sono felice. Perché sono stato l’ideatore dell’iniziativa (lo dico per orgoglio e per dare un elemento importante a chi vuole condividere con me alcuni ragionamenti), ed è bello vedere dopo tanto tempo le proprie intuizioni mostrarsi ancora feconde.

La manifestazione è nata quindici anni fa grazie all’associazione Ipogeo, fondata nel 1993 da Armando Serri che aveva coinvolto, insieme a me, altri giovani con la passione per i beni culturali e l’impegno civile (Massimiliano Messina, Massimiliano Rais e Giuseppe Crobu). Io ho avuto l’idea (spuntata all’interno di un gruppo fantastico di cui facevo parte e che per anni ha accompagnato i cagliaritani alla scoperta della Cripta di Santa Restituta, della Chiesa della Speranza e di altri monumenti dimenticati) che a Cagliari si potesse replicare con successo un’iniziativa che era nata a Napoli e che aveva segnato la rinascita della città.

La storia di Monumenti Aperti (scritta da me e da Armando Serri) la troverete nel libretto dedicato ai racconti che da qualche anno viene stampato in occasione della manifestazione, storia che insieme ad Elio Turno Arthemalle racconterò sabato 7 alle 20 nella cripta di Santa Restituta con l’accompagnamento musicale di Alessandro Olla.

Torno però su alcuni elementi di quella vicenda originaria per arrivare a fare una domanda che reputo ormai ineludibile: a cosa serve Cagliari Monumenti Aperti? Ha ancora un senso? Non lo faccio per amore di polemica ma perché quindici anni sono un bel traguardo che merita un bilancio critico delle luci e delle ombre.

La manifestazione nacque grazie all’azione di un gruppo di giovani determinatissimi. L’avremmo infatti fatta lo stesso, anche se il Comune di Cagliari non ci avesse dato da subito il suo sostegno. Invece l’allora assessore comunale alla Cultura, Gianni Filippini, capì che l’idea era buona e che valeva la pena una volta tanto invertire i rapporti di forza: le associazioni proponevano, organizzavano e (sostanzialmente) comandavano; il Comune invece si limitava a collaborare.

Filippini e l’allora sindaco, Mariano Delogu, non avevano scelta. Perché ci voleva la matta determinazione dei giovani (io allora avevo 26 anni) per credere che la Torre di San Pancrazio (chiusa di trent’anni) potesse essere riaperta al pubblico. Le istituzioni poi non parlavano tra di loro, erano diffidenti. Resi credibili del fatto che per quel lavoro non prendevamo una lira (e nemmeno l’associazione Ipogeo, che non ha mai fatto neanche la domanda per avere contributi dal Comune e dalla Regione), le istituzioni furono costrette a sedersi tutte allo stesso tavolo e a lavorare assieme.

Se la scelta del Comune fu lungimirante, quella della Regione (allora guidata dal centrosinistra) fu di segno opposto. Quando andai a proporre l’adesione all’iniziativa al capo di gabinetto dell’allora assessore alla Cultura, il sardista Efisio Serrenti, fui liquidato in pochi minuti solo perché mostrai qualche perplessità sull’opportunità che il libretto della manifestazione fosse aperto da una pagina scritta dall’assessore: bogau a son’e corru. Per completezza, dico che invece la manifestazione fu accolta bene dall’allora assessore provinciale alla Cultura, Adriano Salis.

Anche senza i soldi di Serrenti (e allora ne dava molti alla cultura isolana) Cagliari Monumenti Aperti si fece lo stesso, è fu un successo. Io seguii anche la seconda edizione, poi mi feci da parte perché la manifestazione si stava ingrandendo, aveva bisogno di essere seguita praticamente per tutto l’anno e io preferivo fare il giornalista.

A quindici anni di distanza che bilancio si può fare? Prima gli aspetti positivi.

Migliaia di giovani sono ogni anno coinvolti in tanti comuni della Sardegna in una poderosa azione di riscoperta dei beni culturali e monumentali del proprio territorio. Si preparano, studiano e poi si confrontano con tante persone nel corso delle visite guidate. Mi capita di ricevere spesso dei curricula, e quasi sempre c’è un richiamo a Monumenti Aperti. Grazie a Monumenti Aperti, da quindici anni migliaia di giovani sardi hanno avuto l’opportunità di prendere coscienza della storia locale. La manifestazione è un fattore potentissimo di educazione.

La ricaduta sul lungo periodo penso sia altrettanto positiva: migliaia di giovani hanno imparato a conoscere il proprio territorio, a vederlo sotto una diversa ottica. Ogni politica di sviluppo ha bisogno di cittadini consapevoli e Monumenti Aperti lavora in questo senso.

Gli aspetti negativi: la manifestazione ormai è saldamente in mano alla politica. Il rapporto si è ribaltato: non sono più le associazioni a guidare, ma ad essere guidate. L’attenzione è sempre costantemente sui politici non sulle centinaia di ragazzi che rendono possibile l’iniziativa.

La politica, e in primo luogo l’amministrazione cagliaritana, ha disinnescato il potenziale di Monumenti Aperti. Non poteva fare altrimenti, visto che doveva giustificare alcuni sconci. Perché i politici che oggi si gloriano di questa iniziativa, sono gli stessi che provano da anni a svendere Tuvixeddu e hanno distrutto l’Anfiteatro Romano. Una vergogna.

Quest’anno poi con la farsa dell’inaugurazione a Villa Devoto (spacciata per novità quando invece il giardino del palazzo della Regione era già stato aperto molti anni fa) si è giunti alla definitiva subordinazione della manifestazione ai voleri della politica nella sua accezione meno nobile. La Regione ha imposto che l’apertura venisse spostata dal Parco della Musica alla sede del Presidente della Regione. Che Cagliari Monumenti aperti sia merito del presidente Cappellacci?

Dice bene l’assessore comunale alla Cultura Giorgio Pellegrini, evidentemente folgorato sulla via di Damasco: “Questa cultura di folle mi fa un po’ paura perché piace a certa politica… Dopo dieci anni di esperienza da assessore, non mi è ancora chiaro se nella rassegna prevalga l’aspetto divulgativo o festivo, se in questa iniziativa l’aspetto della cultura sia profondo oppure superficiale. La sensazione è che prevalga l’effimero, ma d’altronde è questa la cultura che piace a certa politica”.

Caro assessore, la verità è molto semplice: i ragazzi vivono la manifestazione in maniera profonda, i politici invece in maniera superficiale. Infatti, il governo della città non ha avuto alcun beneficio da Cagliari Monumenti Aperti. Anzi, i beni monumentali cittadini non sono mai stati offesi come in questi ultimi anni in cui anche lei è stato assessore.

Nel maggio del 1996 fa il sottoscritto e il sindaco Mariano Delogu presentarono alla città, nel corso di una conferenza stampa, la prima edizione di Monumenti Aperti. Quindici anni dopo, il sottoscritto denuncia la devastazione dell’Anfiteatro romano mentre il senatore Delogu presenta un ricorso al Tar contro la relazione dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il restauro che dice: “Il monumento è in uno stato di abbandono”. È evidente che sulla tutela dei beni monumentali della nostra città non la pensiamo più allo stesso modo.

In ogni caso, auguro un buon fine settimana a tutti i ragazzi e le ragazze che saranno impegnati a fare le visite guidate. Anche quest’anno sarà una bella festa. In bocca al lupo.

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15 Comments

  1. Puggioni Bruno says:

    Ho chieso in passato che nella guida venisse indicato il nome della Associazione, Ente o Scuola in calce alla scheda del monumento illustrato. Mai fatto. Si teme forse che metta in ombra il merito dei politici?

  2. nicola says:

    Sono reduce dalla visita di via Milano, nell’ambito di Monumenti Aperti. Posso garantire che non vi è stato certamente un atteggiamento passivo nei confronti della politica, tutt’altro.

  3. Franco Masala says:

    Ho partecipato, preparando gli studenti del Dettori, alla prima “mitica” edizione di Monumenti Aperti per la visita al Palazzo Viceregio che fu una scoperta per tutti (si poteva visitare anche la parte relativa agli ambienti utilizzati dal prefetto, stanza di Maria Cristina compresa). La partecipazione, l’entusiasmo, la folla – da contenere entro le transenne e con litigi circa priorità di fila etc. – erano tangibili. Successivamente, secondo me, la manifestazione cominciò a entrare in crisi soprattutto per la ripetitività dei siti e per alcune new entries tutt’altro che accettabili, sia riguardo ai monumenti, sia per la sciatteria di certe visite. Si poteva avere ancora, comunque, un minimo di ascendente con il Comune poichè nel 2000 ottenemmo di spostare le giornate a ottobre per non avere concomitanza con le elezioni. Poi con l’impacchettamento ligneo dell’Anfiteatro preferii rinunciare e da allora non ho più partecipato alla manifestazione se non come visitatore. Via via è cresciuta la visibilità dell’amministrazione comunale e di molti suoi personaggi fino a che, oggi, credo di poter affermare ed essere d’accordo con chi dice che i volontari sono pedine di un gioco più grande.
    Dopo 15 anni quanti monumenti sono realmente aperti ? quanti, soprattutto, sono visitati nei giorni normali dell’anno ? quanti volontari sull’onda dell’interesse per i beni culturali hanno seguito quegli studi e sono rimasti senza risultati visibili nell’ambito del lavoro ?
    Quando la politica italiana e quella nostrana decideranno di investire nella cultura evitando inaugurazioni o, meglio, pseudo-inaugurazioni di tipo elettorale ? Ma ci casca ancora qualcuno ?

  4. Se inizialmente l’intento dell’iniziativa è stato certamente lodevole, ora invece ho varie perplessità a riguardo… Essendo del settore dei Beni Culturali, non trovo più giusto che ora come ora la manifestazione debba ancora basarsi sul “volontariato” e sulla passione dei ragazzi… E’ sicuramente una bella esperienza, ed ho partecipato in tanti edizioni, in diversi monumenti, ma inizio ad essere stufa che a Cagliari, come in Italia, tutto quello che riguarda la Cultura e i Beni Culturali sia un campo dove non si deve investire, dove la professionalità di studiosi, laureati, specializzati etc venga notata solo quando serva, che si continui con questo ricatto morale del non poter rifiutare nessuna offerta di lavoro (gratuito), ma anzi di dover essere sempre grati di essere stati contattati ed avvisati per dover lavorare gratuitamente… Se a 20 anni per me era esperienza, ora a 30 diventa sfruttamento, del più becero, perchè quando io mi romperò del tutto e cercherò lavoro in un call center, abbandonando definitivamente quella che è la mia professione, nessuno sentirà la mia mancanza, perchè dietro di me ci saranno centinaia di ragazzi che scalpitano per poter essere sfruttati (come ho fatto io) nella speranza che un domani le cose cambino, nella speranza che la loro disponibilità e professionalità prima poi venga ripagata.. Io non critico la gavetta, sia ben chiaro, quella è giusta, ma non può durare in eterno, formare delle professionalità, per che cosa?!
    Prababilmente questo discorso non ha nulla a che fare con Monumenti Aperti, manifestazione lodevole che ha veramente ridato uno slancio ai monumenti di Cagliari dimenticati, ma se le cose andassero diversamente in generale, anche per Monumenti Aperti sarei ora come ora meno critica.
    Scusa Vito per lo sfogo.

  5. ricordo molto bene che cos’è stata la prima edizione di Monumenti Aperti, era la “provocazione virtuosa” perchè un po’ alla volta fossero aperti permanentemente tutti i “monumenti chiusi”. Oggi è quasi l’alibi della sempiterna amministrazione comunale di Cagliari per una politica culturale e turistica di piccolissimo cabotaggio. Sulle energie e le fatiche di associazioni e studenti. Due giorni di “monumenti aperti” e 363 giorni di “monumenti chiusi”. Una vergogna.

  6. valentina says:

    si, mi ricordo la prima edizione di monumenti aperti, fu veramente una grande festa per tutti! Avevo appena terminato un percorso di studi a Milano e tornando a Cagliari mi sembrò che all’improvviso la mia città fosse diventata il centro del mondo;
    eravamo in tanti, ci affrettavamo per le strade che portavano da un monumento all’altro…volevamo sapere tutto della ns. città;
    e quei ragazzetti, che pieni di entusiasmo si prodigavano a far brillare, insieme ai loro occhi, tutta la bellezza di quelle storie e anedotti che per noi avevano faticosamente ricercato e studiato.
    Se l’entusiasmo dei ragazzi è rimasto intatto, dice bene Stefano Reloaded.
    Pellegrini è stato mio insegnante, l’ho stimato molto come tale… L’uomo politico dovrebbe avere capacità di analisi e progettazione, oltre al potere per realizzare gli stessi. Invece le sue dichiarazioni mettono in risalto che dopo 10anni di esperienza come assessore è molto confuso… boh???? Mi sono confusa ankio…

  7. . L’attenzione è sempre costantemente sui politici non sulle centinaia di ragazzi che rendono possibile l’iniziativa.
    ——————–
    chi se ne frega? l’attenzione deve rimanere sui monimenti e la loro valorizzazione.
    il chi gestisce tutto è secondario

    • Neo Anderthal says:

      E’ una osservazione che non mi sembra centrata, infatti i monumenti dovrebbero essere visibili sempre, in condizioni normali. Il fatto che i ragazzi -per un giorno l’anno- siano responsabili è proprio il fatto speciale che giustifica l’evento.
      L’iniziativa ha in questo caso un valore di approfondimento culturale notevole, proprio per i ragazzi che si impegnano, prima ancora che per i visitatori.

  8. Ho partecipato per molte edizioni assieme agli altri ragazzi dell’associazione studentesca Jan Palach facendo da guide in vari monumenti della città e confermo cio che dice Vito: da parte di noi giovani c’era un impegno totale in quanto ci studiavamo la storia e la funzione del monumento che ci veniva assegnato, facevamo in modo di avere sempre presenti ragazzi con la padronanza delle lingue straniere in modo da soddisfare tutti…
    però, e c’è sempre un però, la presenza sempre maggiore dei politici nella gestione stava rendendo tutto sempre piu pesante…

  9. Realista says:

    Precisazione per Vito: Tuvixeddu i politici non possono svenderla, come dici tu, perchè non è loro, ma di privati. Casomai, non l’hanno saputa (voluta…) comprare, per mettere fine a tutti i dubbi sul suo giusto destino. Espropriare no?

  10. p. nicola simeone says:

    Ricordo quegli anni e soprattutto la montagna d’aliga di cui svuotaste la cappella della speranza, da voi di ipogeo, c’era anche la mia giovane cognata tra voi,…ma quello che voglio raccontare è l’istituzionalizzazione “separata” di questo avvenimento, senza collegamento alcuno con quel che intanto è avvenuto in città.
    Quando nel febbraio del 2007 ci ponemmo il problema di come rilanciare il centro storico di Cagliari, quella mezza dozzina di operatori commerciali ed artigiani che demmo vita al Centro Commerciale Naturale, che porta appunto quel nome, avevamo le idee ben chiare.
    Riportare i cittadini a passare qualche ora in quello che anziché essere il salotto buono di tutti i cagliaritani era diventato un luogo degradato, una sorta di scorciatoia che si usa per raggiungere altri luoghi. Per farlo utilizzammo delle aperture straordinarie, una domenica al mese, in cui chiedemmo ai nostri associati di rendere più accoglienti i loro esercizi, offrire degustazioni di prodotti tipici, allestire mostre, chiedemmo agli artisti di aprire i loro atelier e agli artigiani di mostrare agli ospiti le loro lavorazioni. Consci che Cagliari è una delle porte della Sardegna, invitammo alcune pro loco di altri paesi a presentare nelle vie e piazze del centro storico le loro produzioni, i loro costumi, i balli della tradizione; invitammo artisti di strada ad offrire i loro incanti, le loro suggestioni, la loro poesia ai passanti frettolosi certi che sarebbero riusciti a rallentarne il passo affrettato…perché?
    Perché eravamo certi che questi tanti motivi di interesse potevano servire a capire che il centro storico della nostra Città si può riscoprire e vivere in modo diverso. Per questo chiedemmo che i suoi tesori fossero visitabili in queste occasioni, non tutti certamente, ma almeno un paio per quartiere…i parroci risposero con entusiasmo. Dal Comune e da chi gestisce questi tesori nessuna risposta.
    Non ebbe risposta la nostra lettera di avere un tavolo tecnico con gli assessori alle attività produttive, al turismo, alla mobilità e alla cultura per poter offrire agli ospiti di quelle giornate (e stiamo parlando di 40.000 persone) un centro storico meno…nascosto e inaccessibile. Lo stesso avvenne quando, nelle estati successive, prorogammo alle 24 la chiusura dei nostri negozi e botteghe artigiane un giorno alla settimana dalla fine di giugno all’inizio di settembre.
    Non si volle capire, o si fece finta, che il soggetto principale di quelle nostre iniziative fosse proprio il centro storico, la sua riscoperta, il suo riuso.
    Monumenti aperti resta una grande iniziativa per l’ottimo lavoro che si fa nelle scuole e per le tante associazioni che vi partecipano; ma senza un piano di accessibilità e fruibilità nel resto dell’anno di quanto viene mostrato in questi due giorni l’anno, resta nel campo dell’effimero o, quanto meno, delle occasioni perdute da parte di questa amministrazione.

  11. Stefano reloaded says:

    E’ vero: i ragazzi che partecipano sono entusiasti e sicuramente rimane loro l’amore per i beni culturali e la storia dei propri luoghi.
    Per me fu bellissimo fare da guida nella Chiesa di Santa Chiara, riaperta da poco e sconosciuta a molti. A parte la lingua felpata a fine giornata.
    Anche questo può servire a cambiare la politica. Perchè i politici attuali in qualche modo, prima o dopo, dovranno pur essere sostituiti.

  12. Muttly says:

    Mi sorprendi ogni volta di più, e ogni volta mi accorgo di quanto piccola sia la parte di storia della mia città che conosco.

  13. medardo di terralba says:

    Domanda: il “parco della musica” che razza di monumento è? Sarebbe un monumento a chi?

    • gentarrubia says:

      un monumento alla memoria: “qui giace la Lirica, sotto il mare di debiti e sperperi degli ultimi 16 anni”

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