Sardegna

“Torraus a domo: contro lo spopolamento della Sardegna, adottiamo i nostri paesi”, di Salvatore Cubeddu

Bitti

Bitti, santuario dell’Annunziata (dal sito www.visitarelasardegna.com)

Inizia la settimana in cui il Consiglio regionale deciderà il futuro istituzionale dei nostri 377 comuni, tra i quali pochissime le città. Da due mesi ne parliamo. La parola l’hanno avuta quasi del tutto le classi dirigenti cittadine, i paesi hanno fatto da contorno. Eppure in Sardegna i paesi sono importanti quanto le poche città. Anche perché gran parte dei cittadini, solo da poco, hanno smesso di essere paesani.

E c’è chi se ne ricorda, ci tiene, vuole fare qualcosa, dire a chi è rimasto che in lui, dentro i propri pensieri ed emozioni c’è ancora e ci sarà sempre il proprio paese. E sarebbe felice di fare quello che può e sa, che gli è rimasto di quando c’era, insieme a quello che ha appreso nella fisica lontananza. Anche perché, con il formidabile ed incredibile accorciamento delle distanze una intensa presenza ci è sempre più concessa, possiamo restare contemporanei  e conterranei pure collocati in posti diversi, anche tanto differenti.

Simili convinzioni hanno spinto anche a dei rientri, a tentare imprese economiche, ad offrire disponibilità amministrative, a riprendere i contatti possibili. Nella nostalgia di ognuno che è partito – verso la città sarda o aldilà del mare – rimane il filo più o meno promettente della tenuta o della ripresa di un legame.

Riflessioni che anticipano la notizia: “riadottare Bitti!”, modello e proposta per “riadattare i nostri paesi”.  A Bitti un giornale periodico locale (il “Miracolo”, anno XXI, n° 3/2015), propone di “riadottare Bitti” e lancia il dibattito. Marilena Orunesu, la direttrice, ha già presentato i numeri impietosi della demografia che toccano il suo come moltissimi paesi del nostro interno, consapevole peraltro che Bitti non è nella condizione peggiore.

Cosa fare per affrontare lo spopolamento del paese, dei paesi?

La domanda va avanti da tempo, nuovo è l’interlocutore: i propri paesani, tutti, quelli che stanno dentro le case del paese e quelli che vivono ed operano fuori. Tutti sono sempre e restano ancora  bittesi. Se non ci pensate voi non ci pensa (efficacemente) nessuno. Almeno questa è la situazione. I bittesi dei dentro e quelli di fuori pensano a Bitti, gli orunesi ad Orune, i samugheesi a Samugheo, i seneghesi a Seneghe e… continuate per quasi 370.

Marinella Orunesu è in contatto con Bachisio e Nando. Leggiamo le proposte dei bittesi Bachisio Bandinu (“Su bonu ‘achere pro firmare s’isperdimentu”) e dell’economista Nando Buffoni (“Contro lo spopolamento dobbiamo fare da soli”) per Bitti e immaginiamo tutto quello che potremmo pensare, ragionare e fare, le migliaia di fuor-usciti dai nostri paesi, che scelgono di esplicitare operativamente il proprio legame, accettati da chi è restato, a sua volta lieto di collaborare con chi vuole in qualche modo ‘ritornare’.

Paese dopo paese, che già occasioni dello stesso tipo hanno istituito. Un movimento in estensione, una collaborazione tra paesi, appuntamenti che si moltiplicano. Un “sa die de sa Sardigna” come ritorno a casa. Torraus a domo. Noi che siamo fuori, facciamoci “riadottare“ dalla nostra comunità. Ed essa, e tutte, ci riaccolgano.

Ci pensate, sembra di sognare: non sarebbe “un miracolo”?

Salvatore Cubeddu

 

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3 Comments

  1. D’accordo con il post. Riadottiamo i paesi e chi può torni più o meno saltuariamente alle sue radici. Ma contemporaneamente appoggiamo la proposta che è stata fatta di eliminare i comuni sotto i 5000 abitanti. Perché, scusate, qualcuno mi deve spiegare perché devo mantenere sindaci di paesi con 300 persone. Nel mio condominio siamo in 310 allora anchi’o voglio essere sindaco del mio condominio.

  2. Penso che la propria terra riccolga tutti a braccia aperte, basta volerlo fare,solo che in molti casi è difficile. Ma le radici restano ben piantate qui in patria e anche il cuore.

  3. Antonio says:

    Hai ragione, pochi politici decidono per tutti e ciò non bene, le cose importanti le dobbiamo decidere noi cittadini, però c”e da dire che lo spopolamento è colpa del governo nazionale perché non riesce a creare quel lavoro di cui hanno bisogno i i cittadini, per questo motivo i giovani non si sposano non creano ina famiglia e non ci sono nascite, di consegienza i paesi piccoli rischiano lo spopolamento

    Il movimento è giusto che ci sia

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