Politica / Sardegna

“Renzi e il Veneto corrono, e noi? Pigliaru, subito la Costituente: perché alla Sardegna servono nuove istituzioni”, di Salvatore Cubeddu

Oltre che su questo blog, questo articolo viene pubblicato anche sui siti Fondazione SardiniaAladinpensiero.itTramas de AmistadeMadrigopolisSardegnaSoprattuttoSportello FormaparisTottusinpari e sui blog EnricoLobina RobertoSedda. 

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Mentre il nuovo governo sardo festeggiava con il Consiglio regionale l’entrata nei ruoli che cambierà in tanti sensi la vita dei loro componenti, le istituzioni italiane si sono fatte vive negando ancora una volta ai sardi la presenza in Europa (i siciliani continueranno a gestirsi i nostri voti) e rifiutando una qualche convenienza alla presenza della Saras a Sarroch (le accise). Su entrambi i punti Pigliaru tace, mentre Paci concorda con Roma. Tra qualche giorno la relazione programmatica del Presidente comunicherà al Consiglio le proprie intenzioni per i prossimi cinque anni e, forse, ne sapremo di più.

Altre notizie da Terramanna (il Continente): al referendum per l’indipendenza del Veneto hanno votato più di un milione di elettori – evidentemente concordandovi – mentre Matteo Renzi annuncia per questo venerdì l’inizio del dibattito sulla trasformazione del Senato della Repubblica. Se tutto andasse bene, nelle sue intenzioni, tra due/tre mesi le riforme istituzionali sarebbero cosa (quasi) fatta. Va da sé che anche i Lumbard partiranno con il loro referendum, probabilmente seguiti da ulteriori imitatori.

Ovviamente… dai nostri. Il PSd’Az promuove anche per i sardi il referendum per la loro indipendenza, proprio in contemporanea con un convegno del Pd, a Cagliari, che spiega le riforme istituzionali… italiane.

Che ne sarà di tutte le proposte venute in campo a partire dall’inizio (1978) della lunga crisi delle istituzioni della prima autonomia?

Le risposte risultano evidentemente urgenti e toccherà a Pigliaru dirci se a questi tema intenda offrire un indirizzo di governo o, invece, voglia lasciare l’argomento del tutto  in mano al Consiglio. La Sardegna riparte da zero, i problemi si accumulano. Cito Vito Biolchini, che esprimeva qualche giorno fa i seguenti interrogativi:

“Il Pps di Cappellacci verrà ritenuto nullo? E il piano per l’energia? Il progetto della chimica verde avrà il via libera? Quando verrà convocata l’assemblea costituente (a riguardo i sardi si sono espressi con un referendum)? Che rapporto avrà la Regione con il Qatar e il suo progetto? E le servitù militari? E il bilinguismo? E la difesa della specialità dall’attacco del governo Renzi?”.

Appunto: la risposta all’autonomia speciale della Sardegna si aggiunge, per Renzi, ad altrettante urgenze portate, con ben altra forza e decisione, in altre parti d’Italia.

Negli anni ’80, trent’anni fa, erano i sardisti ed i leghisti a porre quegli interrogativi cui la sinistra rispose rinnovando il titolo V della Costituzione, quello che l’accordo Renzi/Berlusconi vorrebbe mutare (presumibilmente) in chiave centralista. Al contrario, il Senato delle Regioni, a composizione paritetica come negli Usa, veniva individuata allora come l’istituzione in grado di offrire un nuovo senso ad uno stato italiano coerentemente federale. Riuscirà, la fretta di Renzi, a bruciare questo possibile sbocco al ritorno delle “indipendenze regionali italiane”?

In Sardegna la situazione dovrebbe essere diversa, altrimenti motivata, più matura. Anche se l’esperienza e le prime timidezze starebbero lì a dirci che al governo della Regione è andata la classe dirigente più tiepida rispetto a questi temi e più disponibile a farsi carico delle compatibilità centralistiche romane. Pigliaru ha indicato in una nuova e immediata vertenza/entrate il terreno di confronto con il governo “amico”. Non gli sarà facile ottenere risultati. Ma, congiuntamente alla messa in discussione del patto di stabilità, tutti dobbiamo considerare nostra questa battaglia di cui il presidente è il legittimo capo e stratega.

Il Consiglio regionale deve mettersi a lavorare con lena sul tema delle nuove istituzioni della Sardegna. Attraverso i propri organismi, coinvolgendo il Consiglio delle Autonomie, investendo direttamente il popolo sardo. Non c’è più tempo da perdere, occorre muoversi nella direzione del referendum per l’indipendenza della Sardegna e per l’elezione dell’Assemblea Costituente del Popolo sardo.

Sa die de sa Sardigna del 2014 deve rappresentare l’occasione di riconoscimento e di mobilitazione del nostro popolo.

Salvatore Cubeddu

 

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71 Comments

  1. Mi dispiace per Alessandro, ma “i dati” dicono che circa il 65% dei sardi è sardofono. Anche se purtroppo lo status inesistente di questa lingua ci impedisce di usarla. Se ne faccia una ragione. E si liberi almeno del 10% di fascismo che contiene ogni sua frase.

    • antoneddu says:

      Sì, e magari ne concluede che solo il 35% è italofono… ma po prexeri!

      • Solo il 35% è di madrelingua italiana.

      • antoneddu says:

        Continuiamo così, questo è cabaret di altissimo livello: in Sicilia il problema più grande, dopo il traffico, è che non si parla in siciliano, così ci sarebbe meno dispersione scolastica, in Lombardia parlano di più in lombardo e così c’è meno dispersione scolastica… L’economia non c’entra una mazza…

      • Il suo intervento non ha nessun senso. C’entrano entrambe le cose, ma non è che una esclude l’altra. E la differenza è che mentre sul tema economico si prendono o si cerca di prendere delle contromisure adeguate, su quello della lingua locale si fa finta di nulla.

      • Giannone says:

        Abbia pazienza, ma a parte che vorrei verificare questi dati, il fatto che il 65% dei sardi sia sardofono non significa che soltanto il 35% sia italofono.

    • Alessandro says:

      Io penso che per la Sardegna la soluzione migliore sia quella di rimanere italiana e sono tra i pochi rimasti ad amare l’Italia. Purtroppo ho questa malattia 🙂 sono di sinistra, quindi per me il fascismo è il male assoluto

  2. Alessandro says:

    Il fronte indipendentista al 30% dei voti in Sardegna? Siamo seri. il fronte indipendentista ha preso l’11% dei voti, sommando Devias e Murgia. Neanche l’assenza dei 5S, cioè del principale partito di protesta, è stato in grado di far decollare il fronte indipendentista. il resto sono voti che sono stati presi all’interno delle coalizioni di centrodestra e centrosinistra che non hanno certamente di mira l’indipendenza della Sardegna e che non è detto sarebbero stati presi al di fuori di queste coalizioni. Ognuno può portare avanti la battaglia che vuole, ma i dati parlano chiaro: la Sardegna si vuole italiana. Giusto o sbagliato? Certamente giusto. La Sardegna è una regione a statuto speciale che gode di molta autonomia. Molti sardi hanno conosciuto un miglioramento delle loro condizioni di vita con l’Italia repubblicana, nonostante le grandi difficoltà recenti che sono imputabili soprattutto agli effetti di una globalizzazione selvaggia che si ripercuote pesantemente sul sud Europa, e pensano che sia più facile uscire dalla crisi come regione italiana piuttosto che indipendenti. La nostra lingua è l’italiano, la nostra cultura è italiana e non ultimo l’avventura indipendentista è un salto nel buio, che in un’epoca come questa, priva di certezze, con tanti problemi, sarebbe da stolti accollarsi. Gli indipendentisti possono solo sperare che la crisi economica si aggravi, che il malcontento spinga verso la loro direzione,ma davvero sarebbero così cinici?
    P.s.: sul “referendum” veneto stendiamo un velo pietoso. Spero che in Sardegna gli indipendentisti non scadano a quel livello. Ed è curioso che gli indipendentisti veneti che hanno sempre accusato i sardi e i siciliani di essere dei fancazzisti, dei parassiti, ecc., ( ogni tanto leggo “l’Indipendenza” e so che cosa scrivo)oggi si rivolgano loro con parole di amicizia solo perchè ritornano utili. Vomitevoli.

    • Ma per piacere. Qui si è davvero oltrepassato il livello di “ridicolo”.
      “il resto sono voti che sono stati presi all’interno delle coalizioni di centrodestra e centrosinistra che non hanno certamente di mira l’indipendenza della Sardegna e che non è detto sarebbero stati presi al di fuori di queste coalizioni”
      iRS alleandosi con il PD ha perso quasi tutti i suoi voti. Se gli indipendentisti fossero andati uniti avrebbero vinto, solo che continuano a litigare per cazzate e alcuni preferiscono cercare la poltrona facile.

      “Ognuno può portare avanti la battaglia che vuole, ma i dati parlano chiaro: la Sardegna si vuole italiana.” Eja, come no, lei continui a crederci. Vorrei sapere a quali “dati che parlano chiaro” si sta riferendo, comunque. A me non risulta proprio. Il 40% è indipendentista, e chi non si è definito tale vorrebbe comunque molto più potere politico in mano alla regione. In sostanza pensano sia possibile autogovernarci in questo stato. Quando si accorgeranno che all’Italia interessa ottenere l’effetto contrario si accorgeranno che l’unica via logica è l’indipendenza della Sardegna.

      “Giusto o sbagliato? Certamente giusto.”
      Certamente no.

      “La Sardegna è una regione a statuto speciale che gode di molta autonomia.” Che lo stato centrale cerca di limitare in ogni modo, danneggiando la nostra economia.

      “Molti sardi hanno conosciuto un miglioramento delle loro condizioni di vita con l’Italia repubblicana, nonostante le grandi difficoltà recenti che sono imputabili soprattutto agli effetti di una globalizzazione selvaggia che si ripercuote pesantemente sul sud Europa, e pensano che sia più facile uscire dalla crisi come regione italiana piuttosto che indipendenti.”
      No, molti sardi hanno solo paura dei cambiamenti, come si è visto per ogni genere di argomento. La Sardegna come regione italiana, ad oggi, può solo fallire, dato che gli interessi italiani e quelli sardi sono in contrasto ed in Italia si fa valere solo il peso politico.

      “La nostra lingua è l’italiano”
      La maggior parte dei sardi è madrelingua sarda, ed in molte zone l’italiano, tra sardi, non viene usato quasi mai (giustamente). Abbiamo problemi a scriverci, dato che non viene insegnato nelle scuole (mentre in luoghi come il Galles, i Paesi Baschi, l’Irlanda, la Catalogna o la Cornovaglia si è almeno bilingui). Comunque no, l’italiano è conosciuto da tutti ma non è la nostra lingua.

      “la nostra cultura è italiana”
      AHAHAHAHAH!!!!!!!!!!!!

      “l’avventura indipendentista è un salto nel buio, che in un’epoca come questa, priva di certezze, con tanti problemi, sarebbe da stolti accollarsi.”
      No, sarebbe da stolti tenersi le basi militari ed i mafiosi nelle nostre carceri, non avere un controllo sui trasporti e sulla produzione dell’energia, non insegnare la nostra storia e danneggiare la nostra cultura che, volendo metterla sul piano economico, avrebbe un’importanza fondamentale. Basti vedere alle potenzialità turistiche, oltre che di immagine per i nostri prodotti, derivanti dalla civiltà nuragica (che sarebbe cultura italiana, vero?).

      “Gli indipendentisti possono solo sperare che la crisi economica si aggravi, che il malcontento spinga verso la loro direzione,ma davvero sarebbero così cinici?”
      I problemi della Sardegna non sono iniziati con la crisi economica ma molto prima. E se continueremo a non fare i nostri interessi ma quelli altrui peggioreranno sempre di più.

      “P.s.: sul “referendum” veneto stendiamo un velo pietoso.”
      Motivazioni? A parte la sua “sacra patria Italia”?

      “Spero che in Sardegna gli indipendentisti non scadano a quel livello.”
      Sono sicuro che gli indipendentisti non vedono l’ora di seguire i suoi consigli.

      “Ed è curioso che gli indipendentisti veneti che hanno sempre accusato i sardi e i siciliani di essere dei fancazzisti, dei parassiti, ecc., ( ogni tanto leggo “l’Indipendenza” e so che cosa scrivo)oggi si rivolgano loro con parole di amicizia solo perchè ritornano utili. Vomitevoli.”
      Alcuni, non tutti, E comunque, è irrilevante. Se a noi conviene, ed a loro conviene, è giusto fare un’alleanza.

      • Alessandro says:

        Amico caro, tu sei libero di pensarla come vuoi. Le mie considerazioni sono quelle che dimostrano di avere la maggioranza dei sardi che non hanno mai votato voi indipendentisti. Non ti va bene? Pazienza. In democrazia contano i numeri, i voti e voi non li avete. Ah no dimenticavo, avete il 40% dei voti…sì nel mondo dei vostri sogni!

      • Emanuele says:

        Caro Alessandro, perché impegni tutti con affermazioni così categoriche:…la maggioranza dei sardi…, la nostra lingua è l’italiano…, non ti va bene. Pazienza!..
        guarda che la democrazia è un’altra cosa di quella che immagini tu.
        Io non mi sento di cultura italiana, francamente, ma mi piace la cultura italiana, mi piace la repubblica democratica e antifascista. Tu rischi di esprimere il peggio della cultura italiana, l’autoritarismo con le pezze, il conformismo della maggioranza, la burocrazia che conta i numeri e non si chiede del perché uno è diverso dagli altri.
        La tua adesione all’Italia è passiva. Non è un punto di partenza per te, ma di pazienza che devono portare altri.

      • Alessandro says:

        sei liberissimo di non sentirti italiano, questo è diventato anche molto “trendy” tra l’altro. Le mie affermazioni sono suffragate dal fatto che gli indipendentisti hanno sempre raccolto le briciole in termini elettorali. quando avrete la maggioranza dei voti cambierò idea. fino ad allora non credo di sostenere delle sciocchezze. non mi conosci, quindi meglio lasciar stare i giudizi sulla passività e così via.

      • Alessandro says:

        E’ altrettanto vero che negli ultimi tempi state raccogliendo più consensi. Vi date molto da fare, ve ne do atto. siete molto attivi.

      • Emanuele says:

        Ciao Alessandro, non sono indipendentista, ma fa lo stesso. Perché dovresti cambiare idea se gli indipendentisti avessero la maggioranza dei voti?
        il mondo non è fatto solo di maggioranze, ma anche di minoranze.

      • Alessandro says:

        Ciao Emanuele. io facevo riferimento al fatto che la maggioranza dei sardi non vuole una Sardegna indipendente e lo deduco indirettamente dai risultati elettorali, perchè in Sardegna ci sono sempre stati i partiti indipendentisti. Quando questi ultimi avranno la maggioranza dei voti, allora sarò portato a pensare che la maggioranza dei sardi intende diventare indipendente. Credo che i riusultati delle consultazioni elettorali rispecchino più o meno l’orientamento dei sardi su questa questione. Spero di aver chiarito meglio il mio pensiero adesso.

      • Ah, ci stiamo dando del tu adesso? E va bene.

        “avete il 40% dei voti…sì nel mondo dei vostri sogni!”
        La volontà indipendentista ed il numero dei voti sono differenti a causa del fatto che i vari partiti “continuano a litigare per cazzate e alcuni preferiscono cercare la poltrona facile.”. L’ho scritto sopra, non pensavo fosse così difficile da comprendere. Non a caso iRS Ha preso più voti da solo che da alleato del PD.

        Condivido poi tutti i commenti di Emanuele (che esprime le sue idee in maniera civile, a differenza tua), aggiungendo il fatto che dovresti smetterla di vedere le elezioni come partite di calcio.

        Ma comunque, la massa critica si avvicina, che a te possa piacere oppure no.

      • Alessandro says:

        Ma certo che ci diamo del tu, perchè non dovremmo? Sarà anche come dici tu. in ogni caso quando voi farete la vostra Sardegna indipendente e sovrana io leverò le tende, con sollievo vostro e mio. spero che mi sarà concesso di rimanere italiano, se l’italia esisterà ancora, visto che soprattutto al nord tira una brutta aria, ma là avrebbero qualcosa da guadagnarci dall’indipendenza, non certo noi, secondo me.

      • Io invece penso che l’Italia ci danneggi molto, anche maggioramente rispetto a quanto fa nel nord (alcune delle motivazioni si trovano nelle discussioni con Adso da Melk e Thor, oltre che nei post qui sopra).
        Comunque, vedremo.

      • Alessandro says:

        il referendum veneto è una pagliacciata perchè il signor Busato non ha ancora dimostrato che i suoi due milioni e passa di voti sono reali, anzi è assai più probabile che siano due milioni in meno di quanto da lui dichiarato:-) tu come definiresti un simile “referendum”? Dove dal Cile arrivano altrettanti voto che da Padova? Non penso ci sia niente da aggiungere.

      • “il signor Busato non ha ancora dimostrato”
        Appunto, è ancora tutto da vedere.

        “anzi è assai più probabile”
        Le supposizioni lasciano il tempo che trovano.

        “tu come definiresti un simile “referendum”?”
        Un grande successo mediatico, che ha rimesso la questione al centro dell’attenzione pubblica.

        “Dove dal Cile arrivano altrettanti voto che da Padova? Non penso ci sia niente da aggiungere.”
        Hanno richiesto numero di carta d’identità e quant’altro, si vedrà se erano cileni o veneti. Non che il suo scopo non sia stato ottenuto, comunque.

      • Alessandro says:

        Io, che sono un avversario dell’indipendentismo perchè non credo che sia assolutamente una risposta ai nostri problemi, vi ho dato un consiglio. Poi voi potete tranquillamente fare quello che preferite e organizzare il vostro referendum made in Busato, tanto vi spiegherà anche come moltiplicare i voti in caso di necessità :-))))))))))))

      • Hai il grosso difetto di non leggere quello che la gente scrive. Questo l’ho detto io, qualche post più giù:
        “In Sardegna credo che non siamo ancora pronti a farlo anche noi, ma più avanti vedremo.”
        Appunto, non organizzarlo dopodomani non vuol dire che non sia una possibilità sul lungo periodo.

      • Cosa vuol dire non siamo ancora pronti e quando mai lo saremo se continuiamo a non avere fiducia in noi per primi.Dobbiamo continuare ad essere la colonia militare,energetica,delle discariche,dello smaltimento scorie,delle industrie dei veleni?Dobbiamo iniziare a crederci se vogliamo uscire dal pantano.Tutto quello che ci hanno rifilato in cambio di presunto benessere è risultato un fallimento totale.Molti cominciano a mollare i pensieri di grandezza e riprendono a trarre sostentamento dalla terra.dal turismo sostenibile,dall’agricoltura biologica dove è possibile,dai b&b,alberghi diffusi,percorsi natura ,archeologia.A chi vive rubando soldi e futuro alla collettività sembrano sogni che non portano da nessuna parte ma che stanno catturando sempre più persone che anche con grandi sacrifici riescono a vivere in maniera dignitosa.I progetti faraonici,i grandi alberghi le grosse strutture per il turismo di massa selvaggio e devastante hanno fallito,.Il mondo deve andare verso la decrescita,il chè non vuol dire vivere di stenti,ma in maniera naturale.Indipendenza nò assistenzialismo,ed è chiaro che se vogliamo sopravvivere al disastro in corso e camminare con le nostre gambe dobbiamo dire basta al nostro stato di servitù,rifiutare le elemosine in cambio di territorio e fare in modo che i nostri diritti oggi in modo particolare quello alla salute siano rispettati.

      • Non siamo ancora pronti perchè i partiti non lo sono, e dovrebbero imparare una buona volta a lavorare assieme (dato che il 90% del loro programma è uguale). Tutto il resto che lei ha aggiunto lo condivido, ed infatti l’ho già scritto precedentemente.

      • Alessandro says:

        Buona fortuna.

  3. Per Adso da Melk: le rispondo qui che sotto sarebbe diventato illeggibile.
    In effetti la questione dell’identità andrebbe studiata per bene (se possibile), stiamo entrambi portando visioni parziali.
    Per quanto riguarda l’importanza della storia della Sardegna mi spiace ma non sono d’accordo, o almeno non al punto da ritenere che non abbia bisogno di uno spazio nel programma italiano (poi a livello regionale secondo me ci dovrebbero essere approfondimenti, non solo in Sardegna ma per tutti, che permettano di conoscere gli effetti della storia sul territorio e sulle tradizioni locali). Non dico che a livello italiano si debba rendere necessario lo studio di tutte le dinastie giudicali e delle politiche di ogni giudice, ma visto e considerato che sotto Mariano IV la Sardegna quasi unita (con l’eccezione di Cagliari ed Alghero) sconfisse ripetutamente il regno d’Aragona (quindi un effetto internazionale lo ebbe) 3-4 pagine su che cosa erano i giudicati, come funzionavano e le date fondamentali penso sarebbero doverose. Note su tutte le regioni d’Italia (se davvero siamo tutti uguali) dovrebbero esserci. Poi ovvio che alcuni fatti di rilevanza europea/mondiale prenderebbero comunque più spazio (anche se andrebbero riviste bene le percentuali). Anche alcuni paesi orientali hanno poco spazio nel programma statale, ma almeno si fa sapere agli alunni che esistevano. Dal punto di vista della civiltà nuragica poi la situzione è anche peggiore, se vogliamo. Per quale motivo una delle civiltà ai tempi più evolute dell’Europa non dovrebbe comparire nei libri di storia? Ed in questo caso ritengo che dovrebbe essere inserita nei testi dell’intera Unione Europea. La padronanza dell’architettura da parte delle popolazioni nuragiche era spettacolare (a tal proposito le consiglio i testi di Franco Laner, docente di tecnologia dell’architettura presso lo IUAV di Venezia, lo stesso che ha spiegato la messa in posa del monolite del mausoleo di Teodorico) e la produzione (più di 8000 nuraghi, ai quali vanno aggiunti i pozzi sacri, i villaggi e tutti i monumenti prenuragici) è immensa. E se non se ne occupa la regione in qualche modo (solo in Sardegna,tra l’altro) non si spendono 10 minuti a riguardo. Io non la trovo una situazione che possa essere accettata.
    Per le situazioni degli indipendentisti nelle altre regioni non saprei, ma in Lombardia hanno proposto un referendum simile ai veneti (e -sic- l’annessione alla Svizzera), e la nascita della lega (nonostante il fatto che sia un partito vergognosamente razzista e quant’altro) penso sia un segnale importante dell’idea dell’Italia che hanno. Per quanto riguarda l’Alto Adige/Sudtirol, lì le cose si sono attenuate grazie al fatto che hanno ricevuto un regime di autonomia molto più grande che da noi (basti vedere il bilinguismo effettivo), ma il partito indipendentista è rimasto sempre una forza costante nella regione. In Valle d’Aosta gli indipendentisti sono la maggioranza.
    Se l’Italia fosse una federazione, come dice lei, tra pari, in effetti tali movimenti non avrebbero la forza che hanno adesso, per il semplice motivo che mancherebbero le motivazioni. Sarebbe necessaria però una revisione importante della costituzione per ottenere ciò, con la suddivisione della sovranità nella maggior parte dei campi tra le regioni e la necessità di ottenere l’assenso delle popolazioni interessate per cambiare tale rapporto (nel nostro caso, dovrebbero essere i sardi a decidere se si può cambiare il rapporto stato/regione, non potrebbe essere una cosa unilaterale, idem per gli altri). Questo sarebbe un progetto interessante e di sicuro accontenterebbe quasi tutti (si avrebbe in Italia quello che vorrebbe una Sardegna indipendente in Europa) ma di difficile attuazione a meno di un assenso da parte di tutta l’Italia. Per questo motivo si tenta la procedura del distacco totale dallo stato italiano, nella quale quale le regioni interessate avrebbero più peso a prescindere dal numero di abitanti e quindi dal peso elettorale. Poi vedremo.

    • Adso da Melk says:

      – Visioni parziali, certo, ma quelle di cui disponiamo (ricordo ancora lo studio congiunto Cagliari-Edimburgo) non portano acqua al mulino della tesi di un popolo sardo indipendentista, semmai suggerisce il contrario trattandosi di un rapporto di 1 a 4. Dato non definitivo, che occorre interpretare e probabilmente riformulare, ma mi pare comunque indicativo.

      – In Val d’Aosta non è vero che gli indipendentisti siano la maggioranza pur essendo quella terra tradizionalmente focolaio di controversie contro il centralismo romano e regione ugualmente densa di rivendicazioni della propria specificità. Tra l’altro da quelle parti, a differenza che in Sardegna, piuttosto acceso è il dibattito sul federalismo.

      – Lei scrive: ”Se l’Italia fosse una federazione, come dice lei, tra pari, in effetti tali movimenti non avrebbero la forza che hanno adesso, per il semplice motivo che mancherebbero le motivazioni. Sarebbe necessaria però una revisione importante della costituzione per ottenere ciò, con la suddivisione della sovranità nella maggior parte dei campi tra le regioni e la necessità di ottenere l’assenso delle popolazioni interessate per cambiare tale rapporto”.
      E’ esattamente di questo che parlo infatti.

      – Per quanto riguarda lo studio della storia vorrei chiarire la mia posizione: sarei d’accordissimo su un piano generico e di principio, ma trovo degli ostacoli su un terreno eminentemente pratico (anche se sono in parte d’accordo per quanto riguarda la preistoria sarda e in particolare la civiltà nuragica sulla quale giovani italiani – e sardi ahimé).
      Ora però Immaginiamo questa situazione: gli studenti di Roma, Ancona, Milano, Trento ecc. cominciano a studiare la Sardegna di Mariano ed Eleonora (intendo dire a dedicare a tal periodo qualcosa di più di quel trafiletto – non sempre presente peraltro – incastonato tra un paragrafo e l’altro). Fu certo tra le più fulgide epoche della storia sarda (oltre che motivo di orgoglio, probabilmente, per persone come me e lei), ma un periodo che rimane confinato (se non per il ruolo giocato da Pisa, Genova e Catalogna in qualità però non tanto di agenti paritari quanto di colonizzatori) alla storia regionale sarda. La logica dello studio della storia nei programmi ministeriali è offrire una scrematura di storia italiana ed europea passando attraverso i più importanti fatti, processi, cultura e istituzioni che hanno attraversato la penisola (e le due isole maggiori) nei secoli secondo un interesse sovraregionale. Non credo possa essere altrimenti allo stato attuale delle cose. La Sardegna diventa rilevante nel quadro della penisola non più in quanto terra di conquista solo nella tarda età moderna. Immagini se i sardi dovessero studiare fatti e istituzioni del principato vescovile di Trento, della Repubblica di Lucca, del Ducato di Urbino: considerata la già attuale inadeguatezza e striminzitezza dei programmi vigenti, siamo certi che sarebbe la soluzione più adeguata? Sarebbe bello e avrebbe senz’altro una sua utilità, sono d’accordo, ma sarebbe possibile? La Storia richiede necessariamente una scelta e non dico che gli attuali programmi ministeriali siano la migliore soluzione possibile, dico però che quello che lei suggerisce mi sembra di difficile realizzazione.

      • Adso da Melk says:

        ho lasciato una frase a metà all’inizio del post sopra, chiedo scusa, intendevo dire: ” sulla quale giovani italiani – e sardi, ahimé – non conoscono pressoché nulla”

      • su scomunigau says:

        Voi “dipendentisti” siete pieni di contraddizioni. Se veramente credete che noi indipendentisti sardi contiamo così poco perchè avete una paura fottuta di un referendum sull’indipendenza della Sardegna? Sarebbe l’occasione per spazzare via definitivamente una questione che si pone da oltre 40 anni. Inoltre in tempi di “spending revue” o come cazzo di dice, farebbe risparmiare un sacco di soldi ai servizi segreti italiani…

      • Indipendentismo: mi devo scusare, a questo punto. Si vede che ho la mente impegnata con altro, perchè la mia memoria ha evidentemente fatto delle bizze: ricontrollando ho visto che i sardi indipendentisti non sono 1 su 4, sono più del 40% (si tratta dello studio Cagliari-Edimburgo che entrambi abbiamo citato).

        Fonti:
        http://www.regione.sardegna.it/j/v/491?s=195519&v=2&c=1489&t=1

        http://www.unica.it/pub/7/show.jsp?id=18395&iso=893&is=7

        http://www.unionesarda.it/articoli/articolo/269285

        http://www.focusardegna.com/index.php/attualita/10-domande-a/291-10-domande-a-carlo-pala

        E la stragrande maggioranza di chi non si è professato indipendentista ha affermato comunque di volere che la Sardegna avesse più potere politico/amministrativo.

        Ricostruzione dei dati pubblicati dall’ Unione Sarda: http://4.bp.blogspot.com/-UsHUfGUiWvQ/T55n4lk15pI/AAAAAAAAB-8/2kAuQEXPkp8/s1600/dovrebbe+essere.jpg

        Non appena potrò controllerò i numeri esatti (percentuali al centesimo e quant’altro), in questo periodo mi verrebbe un po’ in salita.

        Se le interessa, un testo che dovrebbe presentare i risultati è questo:
        Demuro, G., F. Mola, e I. Ruggiu. Identità e autonomia in Sardegna e Scozia. Maggioli Editore, 2013.

        L’Union Valdotaine, primo partito in Valle d’Aosta, ha come suoi obiettivi nel suo statuto il federalismo globale, la sovranità e l’autogoverno della Valle d’Aosta all’interno di un’Europa dei popoli: http://www.unionvaldotaine.org/datapage.asp?id=3&l=1
        Pur presentandosi quindi come partito autonomista, da ciò deriva il fatto che essi non vogliano avere “intermediari” con le altre realtà etniche e politiche (neanche l’Italia). Anche se magari questo tipo di rivendicazioni sono state messe ” a data da destinarsi”, non saprei.

        “E’ esattamente di questo che parlo infatti.”
        Il punto, come scritto prima, è se ottenere ciò sia più o meno possibile rispetto ad ottenere una completa indipendenza (con i suoi pro ed i suoi contro, ovviamente, anche se io la preferirei per diverse ragioni). Il governo Renzi ha presentato, ad esempio, una bozza di modifica del titolo V ( http://www.governo.it/governoinforma/documenti/mod_bicameralismo_titolo_V_20140312.pdf ) dove ha inserito cose come queste:
        “Lo Stato ha competenza esclusiva in […] oduzione, trasporto e
        distribuzione nazionali
        dell’energia […] grandi reti di trasporto e navigazione d’interesse nazionale e relative norme di sicurezza, porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale; programmazione strategica del turismo”
        Similmente si va per l’istruzione e la ricerca scientifica.
        Si immagina che tragedia sarebbe per la Sardegna qualcosa del genere? Lo sfuttamento energetico peggiorerebbe a livelli inimmaginabili, e la nostra economia, turistica o meno, sarebbe gestita nuovamente da uno stato che di noi se ne frega (se non per cercare di affossarci ancora maggiormente), e ignora le nostre lamentele dato che con la nostra popolazione non abbiamo peso politico. Quindi ci ritroviamo di fronte ad un governo centrale che cerca di andare nella direzione esattamente opposta a quella di un vero federalismo. A meno di avere l’assoluta maggioranza dell’intera popolazione italiana e dei suoi rappresentanti, quindi, per noi sarebbe la fine (molto melodrammatico, lo so e me ne scuso, ma temo di potermelo permettere in questo caso). L’indipendenza, invece, o almeno quella non ottenuta cambiando l’articolo V, è unilaterale, e ci permetterebbe di avere un peso relativo molto maggiore. Il punto è essenzialmente quello.

        Istruzione: tornando alla questione dei programmi, non a caso, per i giudicati, ho parlato di 3-4 pagine. Mettiamo che se ne spendano 6-7 per ogni regione ed i suoi avvenimenti più importanti (che non siano ovviamente già approfonditi/trattati altrove). In questo caso si otterrebbe un totale di 120-140 pagine (anche meno, se nelle regioni più “studiate” c’è meno necessità di utilizzare queste pagine) per l’intera Italia . Personalmente, mi sembrerebbe un quantitativo ragionevole da inserire in un programma per le scuole superiori. Per le scuole medie bisognerebbe vedere, non ricordo il carico di studio totale degli alunni, ma immaginando fosse la metà si potrebbero ridurre a 3-4 a regione e nelle elementari a 1-2. Questo fermo restando che, in ogni regione, sarebbe necessario avere degli approfondimenti sulla storia locale.

  4. antoni pissente says:

    Mi accodo a Elio. la classe dirigente sarda della quale lei ha fatto parte ha fallito ,dovrebbe avere,oggi, la decenza di togliere il disturbo. Vorrei vedere gli indipendentisti che hanno votato centro destra lavorare assieme a quelli che hanno votato Michela Murgia, all’interno di quel famoso 30%. Ma mi faccia il piacere!

  5. antoni pissente says:

    Mi accodo a Lillo. la classe dirigente sarda della quale lei ha fatto parte ha fallito ,dovrebbe avere,oggi, la decenza di togliere il disturbo. Vorrei vedere gli indipendentisti che hanno votato centro destra lavorare assieme a quelli che hanno votato Michela Murgia, all’interno di quel famoso 30%. Ma mi faccia il piacere!

  6. Adso da Melk says:

    E un referendum per l’indipendenza sarebbe la soluzione ai mali della Sardegna? Tralasciando questioni di ordine identitario, culturale ecc. (ma lungi da me negare specificità storica della nostra isola), il paragone con gli autonomisti e indipendentisti veneti, valdostani, catalani ecc (cittadini cioè di alcune delle zone più ricche e produttive d’Europa) mi sembra un pochino avventuroso.

    • Perchè?

      • Adso da Melk says:

        I dubbi mi assalgono prima di tutto in merito alla questione dell’identità, in relazione dunque all’appartenenza a una ”nazione sarda”. Non si tratta di negare specificità alla storia sarda (sarebbe negare fatti e situazioni evidenti) né la specificità della sua situazione economica e sociale. Vorrei però sapere come si può, nel presente contesto storico (lo chiedo),pensare di forgiare una coscienza che sia eminentemente sarda (che attualmente non c’è o c’è in misura limitata, vedi anche i recenti studi congiunti Cagliari-Edimburgo) lasciando in cantina, de facto, il senso di appartenenza allo Stato italiano. Lasciamo stare giudizi di ordine morale (sia giusto o no), riferiamoci all’aspetto pratico. Oggi tanti giovani sardi sentono propri la Deledda, Satta, Fois, Hampsicora, Angioy (per fortuna) ma sentono propri anche Dante, Foscolo, Petrarca, Verdi, Mazzini. Ed è naturale, è una conquista dell’integrazione sarda (integrazione, non assimilazione sul modello francese, tant’è che io sarei per lo stato federale) che si integra alla Stato italiano che ha contribuito a fondare, pur senza abdicare alla propria specificità e senza dimenticarsi chi è, ma portando all’Italia il proprio valore aggiunto.

      • La questione dell’identità è in effetti molto complessa, ma non sono sicuro del fatto che queste sue obiezioni abbiano il peso che lei dice. Mi spiego meglio:
        i giovani che sentono propri Dante, Foscolo, Petrarca, Verdi e Mazzini e quelli che sentono propri la Deledda, Satta, Fois, Hampsicora, Angioy raramente sono gli stessi (ce ne sono, eh, non dico di no, ma non molti secondo la mia esperienza). Solitamente si tratta di due “fazioni” contrapposte dal punto di vista culturale e politico. Perchè è così? Proprio a causa delle politiche italiane che, francamente, io non riesco proprio a non considerare volte all’assimilazione totale del popolo sardo. Infatti come è altrimenti spiegabile il fatto che non si dedichino spazi nei programmi ministeriali alla storia della Sardegna? Nè la civiltà nuragica nè quella giudicale vengono fatte insegnare nelle scuole, mentre delle politiche della penisola sappiamo tutto. La Sardegna viene nominata solo dopo l’arrivo dei Savoia al trono, mentre per il resto tale storia viene falsificata affermando che fosse un’isola “di dominazioni”.
        Esempio pratico:
        http://sardegnamondo.blog.tiscali.it/2013/05/17/tutto-quello-che-sai-sulla-sardegna-e-falso-esempio-pratico/?doing_wp_cron
        Stessa cosa vale per la lingua sarda. I governi italiani hanno tentato per anni di cancellarla obbligando gli alunni delle scuole a non farne uso (ricordiamo, anche con la violenza fisica) e creando uno stigma sociale che in larga parte permane fino ad ora (l’autorazzismo di molti sardi è allucinante, tanto da rendere necessario lo spiegare loro che il sardo è una “lingua normale” con lo stesso valore e capacità espressive delle altre, cosa che dovrebbe essere ovvia).
        Idem per l’economia, con il tentativo di distruzione di quella agropastorale sarda e della società che ci stava dietro, tramite i fallimentari “piani di rinascita” creati a partire dalla commissione Medici.
        In sostanza, l’Italia ha sempre portato avanti politiche sulla cultura estremamente centraliste (tuttora non ha ratificato la carta europea delle lingue minoritarie, pur avendola firmata nel 2000), ed ancora continua in tale senso, dando quindi ragione agli indipendentisti.
        I modelli di molti giovani poi possono essere anche internazionali, in particolare se si tratta di artisti (i Kenze Neke mi risulta abbiano iniziato facendo cover dei Clash), ma questo non centra nulla con l’identità.
        Non credo che la Sardegna sia meno “identitaria” del Veneto (anzi) nè meno della Catalogna (almeno, dal punto di vista culturale, la politica è un’altra storia).

      • Adso da Melk says:

        La Sardegna non è certo ”meno identitaria” di Veneto o Catalogna, siamo d’accordissimo. Per quanto riguarda il discorso relativo all’appartenza culturale (riassumendo: Deledda, Satta ecc. da una parte, Dante, Boccaccio ecc. dall’altra), la mia esperienza mostra l’esatto contrario. Ed è questo il punto: non riesco a capire perché l’appartenenza a una tradizione culturale, a un’identità nazionale, debba per forza escludere l’altra se queste sono in qualche modo integrate in un sistema comune (il sistema italiano). Facessimo parte di uno Stato meno centralista (e qui siamo d’accordo) probabilmente questa contrapposizione identitaria Sardegna-Italia sarebbe meno accentuata: per questo credo che la soluzione debba ricadere piuttosto sul modello federale di grandi paesi come Svizzera o Germania. La Germania ha una storia unitaria simile a quella italiana, ma l’Italia ha avuto sicuramente una minore omogeneità culturale, è dai tempi di Cattaneo che si parla di necessità di un federalismo che possa realmente valorizzare le regioni facendole sentire prime tra pari, dico Prime tra pari! In ogni caso non credo, tornando a quei giovani sardi, si tratti di minoranza (anche se naturalmente sarebbe complesso censire e gestire dati del genere, dati che rispecchiano la mia e la sua esperienza ma non hanno obiettivamente valore scientifico sin che non li dimostriamo). Lei poi ha parlato della poca attenzione dedicata alla Storia della Sardegna. Intendeva a livello regionale o nazionale? Se intendeva a livello nazionale è quanto accade anche alla storia del Trentino Alto Adige, alla storia della Calabria e della Puglia, alla Storia Piemonte (prima dell’800), a quella della Val d’Aosta ecc. E’ chiaro che nello studiare la storia nazionale i programmi ministeriali cerchino di formare lo studente attraverso i principali avvenimenti che possano essere d’interesse generale e che possano avere avuto nel corso dei secoli un’importanza sovraregionale che la Sardegna non aveva prima dell’unione con il Regno d’Italia se non come colonia di Pisa e Genova, di Barcellona e poi Madrid, di Torino appunto. Ma colonia, non attrice di primo piano. Roma ha fondato un impero affermatosi come canone di tutto il mondo occidentale; Venezia e Genova hanno dominato il Mediterraneo e controllato i traffici commerciali esteri per secoli e potremmo continuare con gli esempi. La Sardegna, lo dico a malincuore certo, non ha mai avuto un ruolo paragonabile a livello sovraregionale, italiano, è quindi normale che a Roma o a Milano essa (nei programmi ministeriali) possa essere messa nell’ombra. Ma ripeto, così come nell’ombra è relegato il Piemonte, di cui prima dell’800 non si dice pressoché nulla se si esclude diciamo la pace di Cateau-Cambresis del 1559 in cui si concludono le guerre d’Italia. Si potrebbero fare altri esempi. Il discorso sarebbe lunghissimo e ora non vorrei né annoiare né rischiare di uscire fuori tema (mi scuso qualora sia stato eccessivamente prolisso).
        Ultimo punto. Parlando di eccessivo centralismo lei hai ragione (e io stesso ho detto di esser d’accordo) ma non potrebbero dire lo stesso Piemonte, Lombardia, appunto Veneto, Toscana o Emilia Romagna, regioni prospere nonostante i 150 anni di centralismo?

      • Adso da Melk says:

        (tra queste, che io sappia, solo il Veneto sembra vivere un vento secessionista di una qualche importanza)

      • Anonimo says:

        La commissione Medici era quella sul banditismo e ha prodotto documenti preziosi. Non c’entra nulla con il piano di rinascita. Si chiarisca almeno le cronologie. E non studi la storia sui blog tipo Sardegna mondo, ma sopratutto non ce la propini in questo modo. La Sardegna era presente nella storia da molto prima dei Savoia. Queste sono manie di persecuzione e complessi di inferiorità che serpeggiano nelle nostre comunità e non per colpa dei Savoia.

      • La commissione Medici è quella che ha individuato nella società agropastorale la fonte del banditismo in Sardegna (documenti importanti, eh!). E che ha motivato la creazione di un’industria inadatta alle peculiarità della Sardegna.
        “La Sardegna era presente nella storia da molto prima dei Savoia. ” Sì, peccato che quella parte di storia non venga fatta adeguatamente studiare. Ho postato un link poco sopra a proposito. Oppure può andarsi a vedere qualunque altro testo ministeriale per le scuole elementari e medie.

        “Queste sono manie di persecuzione e complessi di inferiorità che serpeggiano nelle nostre comunità e non per colpa dei Savoia.” Nè alla civiltà giudicale nè a quella nuragica viene dato il riconoscimento necessario, “manie di persecuzione” un accidente.

        Sardegna mondo non è il luogo da cui ho tratto la mia istruzione ma solo quello da cui ho preso un esempio. Un esempio assolutamente valido, tra l’altro. O adesso ha delle argomentazioni contrarie? (non credo, dato che argomentazioni lei non ne ha mai portate). Come le ho già scritto, i suoi insulti sono solo ridicoli (e patetici, aggiungerei).

  7. Emanuele says:

    Caro Adriano,
    ti riassumo una fantaposizione più equilibrata che avrebbe potuto assumere Paci:
    “Abbiamo sempre avuto forti dubbi sugli interventi sulle accise stabiliti nella scorsa finanziaria. Rimane ad ogni modo aperta la questione delle entrate spettanti alla Regione, e su questo continueremo a misurarci col Governo e lo Stato”.
    La dichiarazioni di Paci io l’ho letta così (e penso anche a Roma):
    “Il 40% del 53% dei sardi che sono andati a votare ha sostenuto frottole. Noi, il 43% del 53% dei sardi che sono andati a votare, sapevamo da sempre che non abbiamo questa potestà. La nostra forza, nei tavoli negoziali, deriva dallo studio e dalla serietà. Le battaglie non si improvvisano, ma vertenze non ne facciamo, sono sopra le righe, e tanto poi alla fine decide il Governo”.
    L’errore principale di Paci è stato di frammentare la sua stessa rappresentatività di fronte al Governo, invece di dare respiro a una questione generale che ha evidentemente risposte diverse, corrette o non corrette, demagogiche o responsabili. Ma la responsabilità consiste anche nel tenere aperto il confronto col Governo sulle migliori posizioni possibili (anche di forza, di non debolezza, e rappresentatività).
    Peraltro, non credere che il Governo a Roma non vada contro la Regione per principio (anzi lo fa propriamente per principio). E non credere che non venga anche bastonato dalla Corte costituzionale.
    La lotta politica consiste nel cambiare le cose, non nel lasciarle come stanno. Deghinò basterebbero i codici.

  8. adriano says:

    Quindi se in Sardegna si sparano minchiate sulle accise per principio bisogna andare contro Roma?
    Far rientrare da Treviso le accise sul consumato lì e prodotto qui e poi trasferire a Treviso e poi incassare da Siracusa e pagare a Lerici, compensare con le accise sugli alcolici prodotti a Civitavecchia….
    Complimenti. Non è che le regole comunitarie non lo consentono anche perché é materialmente impossibile? Le accise si pagano al consumo, una volta uscite dal deposito fiscale luogo di produzione.

    • Sì, Adriano, sparano stupidaggini sulle accise.
      Neanche un bambino ci crede. Ma chi le spara reputa – magari a ragione – che alcuni elettori bambini siano bambini.
      Però anche i bambini, forse più di noi adulti, possiedono il discernimento e distinguono le “minchiate” (uso un suo termine che fotografa la realtà) dalle cose sagge.
      A presto.

      • Perfetto. Ora all’elenco delle “cose da fare” che millantate si aggiunge anche quello delle presunte stupidaggini. Quali sarebbero?

      • Moderi il linguaggio e a parità di minchiate si discute. La violenza verbale non attacca.

      • Lei definisce le obiezioni “minchiate” ed ha la faccia tosta di lamentarsi della violenza verbale? Davvero esilarante.
        Non cerchi di deviare il discorso, se insulta qualcuno affermando che dica “minchiate”, per l’appunto, o parla di fantomatici “elenchi di cose da fare” deve portare argomentazioni (o gli elenchi in questione) in allegato. Facendo quello che fa lei (orecchie da mercante e vuoti insulti) ci si mette solo in ridicolo.

      • Anonimo says:

        Il termine minchiate non l’ho introdotto io, ma lo condivido se è riferito alla benzina scontata e alla zona franca integrale.

      • Immaginavo foste la stessa persona. Comunque il definire le obiezioni minchiate era riferito alla frase ” a parità di minchiate si discute”, non alla benzina o alla zona franca.

  9. Le elezioni recenti hanno dimostrato che l’indipendentismo è vivo solo dietro le tastiere. E neppure sempre, come dimostra questa discussione con pochissime voci. Ed è molto meno vivo nelle cabine elettorali dove è rimasto alle percentuali di sempre.
    Confondere i voti con i “mi piace” su facebook è pericoloso e si prendono batoste. Idem confondere il proprio computer con i seggi.
    Per procurare voti bisogna sollevare il deretano dalla sedia.
    A partire da queste evidenze, sarebbe davvero interessante riflettere su un aspetto centrale di cui nessun indipendentista parla.
    Come si raggiunge l’indipendenza e come si mantiene una regione indipendente?
    Be’, a questo quesito nessuno sa dare una risposta.
    E ogni indipendentista diventa vago e approssimativo quando si tratta di spiegare come funzionerebbe la giustizia, come ci si curerebbe negli ospedali, come si studierebbe nelle scuole, come si pagherebbero le tasse ecc.ecc.
    Ogni sorta di stupidaggine abbiamo ascoltato – dalla zona franca alla benzina senza accise passando per una proposizione intollerabile della questione linguistica di cui poco importa alla maggioranza dei sardi – ma sulle cose serie non si è sentito un solo ragionamento compiuto di marca indipendentista.
    Raccontarci ora la balla che l’indipendentismo ha perfino vinto le elezioni o è al 30% è troppo da sopportare.
    Non è vero che la fantasia fa sempre bene ed è vero che una stupidaggine resta tale in qualsiasi lingua venga pronunciata
    P.S.: che razza di critica è quella mossa ad un assessore che concorda con Roma? E con chi deve concordare? Con Parigi, con Bruxelles, con Nuoro, con Oristano con chi?
    Dobbiamo concordare con noi stessi? Auto-concordare le cose e dirci allo specchio che fare?

    • Emanuele says:

      eh, no, scusa un poco: non sono un anti-italiano, però se un indipendentista diventa vago e approssimativo, un italiano cosa diventa quando si tratta di spiegare come funzionerebbe la giustizia (!), come ci si curerebbe negli ospedali (!?!), come si studierebbe nelle scuole (?!?), come si pagherebbero le tasse (!!?!!). Cosa diventa? minimo minimo, se bravo ragazzo, un sognatore ad occhi aperti.
      E poi riesci a trovare qualcosa di intollerabile -intollerabile, sic!- nella questione linguistica: ‘nca mia a sa democratzia chi tenes.
      lasciamo perdere su Paci: proprio non hai capito

    • 1-Somma delle percentuali delle forze indipendentiste e sovraniste: 26%
      La questione non è l’aver vinto, è ammettere l’interesse dei sardi nella questione, ed il peso delle tematiche.

      2-Da una ricerca dell’università di Edimburgo (Speciality and Differentiation in Sardinia: an interdisciplinary and comparative study on institutions, identity and rights – 2012/2012 – Eve Hepburn) un sardo su 4 è indipendentista.

      3-Le riforme da fare adesso gli indipendentisti le hanno presentate. Su questo sito è stato caricato il programma del FIU, se lo legga. Poi:

      4-“Come si raggiunge l’indipendenza e come si mantiene una regione indipendente?
      Be’, a questo quesito nessuno sa dare una risposta.”
      Separiamo la domanda:

      “Come si raggiunge l’indipendenza”
      Modi ce ne sono parecchi, la Catalogna ne sta provando uno. Grazie all’Italia ed al suo illiberale articolo 5 forse anche quella sarà la nostra strada (a meno che non venga cambiato/cancellato, ma la vedo difficile da quel punto di vista), vedremo. Intanto come prima cosa dobbiamo renderci indipendenti economicamente (quindi gli indipendentisti sono quelli più interessati ad ottenere una Sardegna ricca) e mantenerci indipendenti culturalmente. Le due cose sono in realtà la stessa, dato che la cultura sarda è tra le ricchezze più grandi della Sardegna, se non la più grande.

      “come si mantiene una regione indipendente?”
      Voleva dire forse “come si mantiene uno stato indipendente”? Semplice, esattamente come fanno tutti gli altri stati del mondo.

      5-“come funzionerebbe la giustizia, come ci si curerebbe negli ospedali, come si studierebbe nelle scuole, come si pagherebbero le tasse”
      Non siamo ancora neanche vicini all’indipendenza e vuole tutte queste cose nel dettaglio? La prossima richiesta quale sarà, il codice stradale della Sardegna indipendente? Ma mi faccia il piacere.
      Ovvio che sono vaghi, queste non sono cose che possono essere presentate adesso.

      6-“la questione linguistica di cui poco importa alla maggioranza dei sardi” Aha, eja, come no. A lei non interessa, magari. Ai sardi interessa parecchio.

      • Quindi resta un punto fermo. Si grida all’indipendenza, si dice “io voglio l’indipendenza” e non si sa come fare di una regione uno stato con tutte le caratteristiche di uno stato. L’indipendenza come tendenza interiore, quella, la provo anch’io. Ma l’infantilismo di una risposta tipo “dobbiamo essere economicamente indipendenti” o “fare come fanno gli altri stati” mi scoraggia e dimostra, appunto, che alla prova dei fatti l’indipendentismo si perde come si è sempre perso.

      • “l’infantilismo di una risposta tipo “dobbiamo essere economicamente indipendenti” o “fare come fanno gli altri stati””
        E dove sarebbe l’infantilismo? Me lo spieghi, per piacere.
        Le possibilità principali sono due: sperare in un cambiamento delle modalità di distaccamento dallo stato italiano (e quindi o la cancellazione dell’articolo 5 o la vanificazione del suo effetto tramite quello dei trattati internazionali, tra l’altro già firmati dall’Italia, nei quali si riconosce il diritto all’autodeterminazione dei popoli) oppure firmare una dichiarazione di indipendenza unilaterale, ed a seconda della risposta italiana reagire di conseguenza.
        In entrambi i casi ci vuole tempo per organizzare una cosa del genere che coinvolga tutti i sardi, per cui nel frattempo creare un’indipendenza economica è un passo scontato, dato che come stato indipendente non dovremmo chiedere soldi a nessuno.

        Per quanto riguarda “fare come fanno gli altri stati” era una risposta scontata ad una domanda stupida. Come si mantiene uno stato indipendente? Come si mantengono l’Italia, la Germania o la Finlandia: gestendo la loro economia interna e di import/export e le tasse dei contribuenti. Non si può scrivere nei dettagli l’insieme delle norme e dei meccanismi in un singolo post, perchè non a caso esistono leggi e costituzioni apposite, che non possono essere fatte a tavolino anni prima in quanto vanno adattate alle situazioni contingenti. Non è che se parliamo della Sardegna le cose funzionano al contrario, eh!

        Si tratta di punti estremamente pragmatici, e se pensa il contrario allora argomenti. Ah, e per citare Emanuele, vorrei vedere come un Italiano invece spiega il funzionamento del suo stato.

  10. Pepe Corongiu says:

    So semper de acordu cun Sarbadore Cubeddu e lu so finas como

  11. Francu says:

    Sto guardando gazebo su rai3 con le prese per il culo solenni agli indipendentisti veneti con il loro becero orgoglio razzista e ignorante e il loro ridicolo referendum online È appena passata una tizia che a un comizia urlava “semo veneti, il nostro non è un dialetto ma una lingua. Vogliamo essere liberi. Italia fuori dal veneto”. Mi ricorda qualcuno e qualcosa…

    • “Becero orgoglio razzista e ignorante”
      IL razzismo e l’ignoranza non c’entrano nulla con l’orgoglio. Le forze che hanno proposto il referendum si sono distanziate dalla Lega per questo motivo.

      “ridicolo referendum online”
      Invece è stata un ottima mossa. Hanno fatto salire alla ribalta la questione, ed ora sanno e possono dire di avere l’appoggio di 2 milioni di veneti. Ovvio che non ha valore legale, ma come effetto mediatico e psicologico sugli indecisi è fenomenale. In Sardegna credo che non siamo ancora pronti a farlo anche noi, ma più avanti vedremo.

      ““semo veneti, il nostro non è un dialetto ma una lingua. Vogliamo essere liberi. Italia fuori dal veneto”. Mi ricorda qualcuno e qualcosa…”
      Qualunque indipendentista, compresi tutti quelli che l’indipendenza l’hanno ottenuta? Perchè, cosa si aspettava che dicessero? Ah e comunque per il suo “velato” riferimento alla Sardegna: e quindi? Il Sardo è una lingua (e vorrei vedere l’idiota che dicesse il contrario) e l’indipendenza è avere l’Italia fuori dalla Sardegna, mi sembra ovvio che gli indipendentisti lo dicano.

  12. Anonimo says:

    Lillo, le sigle indipendentiste sono una minoranza. Lo sono tra chi ha votato e chi non ha votato non è certo indipendentista. Se a lei piace immaginare un mondo che non esiste e questo le procura qualche consolazione sono contento per lei. Ma i numeri sono implacabili e le danno torto.

  13. La classe dirigente sarda ha fallito ,dovrebbe avere,oggi, la compiacenza di togliere il disturbo.

  14. Caro Cubeddu, abbiamo altro di cui preoccuparci e occuparci. E se vuole un elenco glielo faccio. Anche se è, inutile, considerato il monotematismo indipendentista peraltro sconfitto alle ultime elezioni. Ma a quanto pare il voto non ha fatto riflettere abbastanza.

    • Sì, io l’elenco di questo “altro di cui occuparci” lo voglio.

      • Caro Biolchini, l’elenco delle cose serie è talmente lungo che la maggior parte degli elettori sardi lo ha messo prima dei temi che lei pone e l’altra metà se n’è fottuto. Già, l’altra metà non è né indipendentista né di destra né di sinistra. O è disgustata oppure, scusi la ripetizione, se ne fotte.
        Se poi lei ritiene che “l’elenco delle cose serie” possa interessare i lettori del blog possiamo pure farlo e, per comodità, numerarlo. Ma basterebbe dare un’occhiata obiettiva e serena al voto.
        Il bilinguismo è certo una roba poco interessante per gli elettori benché di una certa rilevanza.
        Suscita fastidio quando qualcuno cerca di camparci.
        Saluti cordiali e rinforzi il blog che si sta indebolendo. So che non è facile.

      • Attendo l’elenco. Posso permettermi il lusso di vedere indebolirsi il blog perché trattasi del mio passatempo, non del mio lavoro. E infatti da domani mi prendo tre giorni di ferie.

      • Buone vacanze e buon riposo. Saluti cordiali.

      • Sì, ma l’elenco?

    • Sconfitto dove? La somma dei voti delle sigle indipendentiste sfiora il 30%, sarebbero il primo partito, in più tra non votanti e balle vari i partiti italiani insieme sono sotto il 40%. Vorrei sapere anch’io di cosa occuparci se non di uscire da questo Stato oppressore e malsano

    • su bixinu says:

      Gli sconfitti delle ultime elezioni reginali sono i partiti “continentali”. Sconfitti dall’astensionismo e dai numeri, dal momento che sovranisti e indipendentisti, sommati, arrivano al 30%. Un terzo dei sardi. Non mi sembra una sconfitta.

      • Caro Bixinu, come fa ad arrivare al 30%? Lo vorrei davvero capire. Quanto fa la somma delle sigle innumerevoli autonomiste-sovraniste-indioendentiste, delle quali fa parte anche la Murgia che sarà difficile mettere d’accordo con Maninchedda. Il calcolo politico è strampalato e quello matematico non torna.

      • Se si considerano le liste: 29,46% (il 26% di sopra è un errore).

        Se si considerano i candidati presidente+le liste nel caso in cui il candidato è comune con i partiti italiani (cioè, per iRS si conta solo la lista): 33,59%

      • su bixinu says:

        Può darsi che il 30% sia una stima eccessiva, gliene do atto, ma le forze che alle ultime elezioni hanno chiesto e ottenuto voti in virtù di tendenze indipendentiste-sovraniste-sardiste sommano oltre il 25% dei consensi. Questo non significa che siano in grado di fare massa critica, perché sono trasversali e sparse in schieramenti diversi. Però indicano il fatto, rilevante politicamente, che un quarto dei sardi, di destra e di sinistra, sia stanco della politica romanocentrica e sterile dei partiti “continentali” tradizionali, che consentono schiaffi alla Sardegna come quello inferto in occasione del voto parlamentare sul collegio elettorale per le europee.
        Ed è un fatto storico, perché mai in passato si è avuto un risultato simile, neanche nei tempi di maggior splendore del sardismo, che rappresenta una buona base di discussione per chi volesse elaborare una proposta politica seria.
        Staremo a vedere.

      • Credo, caro Bixinu, che lei sbagli con i calcoli, almeno da quando dura la nostra autonomia. L’esigenza di autonomia è presente dagli albori della Repubblica e ha avuto grandi rappresentanti. In proporzione ha avuto molto più peso politico di oggi. Dia un’occhiata alle vicende di chi ci ha traghettato dal dopoguerra a oggi. La questione, naturale per un’isola così grande e appartata come la nostra, dell’autogoverno ha pesato molto più di queste ultime e penose vicende. Nulla di nuovo, salvo che politicamente, come lei ci ricorda, le percentuali sommate non hanno mai governato.
        Governare è un’altra cosa.

      • Su bixinu says:

        Mai sognato di paragonare i giganti del dopoguerra con i ben più modesti attori attuali. Ma dal punto di vista numerico una presenza così massiccia, anche se trasversale, di politici che si riferiscono al sardismo non si era mai vista. Poi le do ragione sul fatto che le percentuali sommate non consentono di governare.

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