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Stazzi, golf, turismo di lusso: oltre la protesta, l’ambientalismo in Sardegna ha un programma di governo?

Questo post è sconsigliato a chi si sente già in campagna elettorale. A chi pensa che la verità stia tutta da una parte e non si sforza di cercarla ovunque, a chi non vuole gettare il sale sulla ferita delle contraddizioni. Siete ancora in tempo per non leggerlo. Io vi ho avvertito.

Ordunque, c’è un posto in Sardegna dove si possa costruire un campo dal golf senza problemi? Guardate, non è una provocazione ma una richiesta vera, che ribadisco: qualcuno può indicare un territorio dove la realizzazione di un campo da golf non crei problemi di nessun tipo, non infranga nessuna legge, non stravolga nessun paesaggio di pregio? E gli stazzi galluresi? C’è un modo credibile (sottolineo: credibile) di recuperarli senza essere accusati di speculazione?

Quando leggo gli articoli di Giorgio Todde sulla Nuova Sardegna mi viene quasi una vertigine. Poche righe e mi sento già in colpa: eppure la penso come lui. Anch’io sono contro le speculazioni edilizie (lo sono e l’ho dimostrato più volte), anch’io sono per un modello di sviluppo sostenibile, anch’io sono contro la devastazione del territorio e contesto la bufala del Piano Casa, che serve solo ad ampliare le ville di lusso con il minimo sforzo amministrativo. Però leggendo la prosa apocalittica di Todde mi sento come un fedele cristiano dell’anno mille davanti ad un predicatore che annuncia la fine del mondo: mi viene paura, mi inginocchio e chiedo perdono. Senza motivo.

Qualche giorno fa sulla Nuova Sardegna lo scrittore cagliaritano si è scagliato contro l’ipotesi di trasformazione di alcuni stazzi galluresi in ville di superlusso: tutto bene. Il lettore attento avrà notato che tutti i dubbi espressi da Todde nel suo editoriale sono stati poi fugati dai pezzi di cronaca pubblicati nei giorni seguenti dallo stesso quotidiano sassarese. Se Todde parlava di “irrimediabile, ripugnante storpiatura degli stazzi galluresi” il giornale specificava che “le parti storiche dello stazzo dovranno seguire una ristrutturazione il più possibile vicino alla tradizione”; se Todde si scagliava contro gli architetti che “hanno proposto che gli stazzi siano ridotti a una parte, una porzione di orribili ville uguali a mille altre”, il giornale spiegava che “nei nuovi progetti sono spariti pilastri di granito, le verande con pergolati non alla gallurese, volte a crociera, travi in castagno”; se Todde si scagliava contro gli “spaventosi rendering da fumetto”, la Nuova spiegava che “le piscine dovranno stare a una certa distanza dallo stazzo”, e “l’ufficio tecnico del comune prepara anche un altro elenco di suggerimenti stilistici e architettonici per alcuni speciali stazzi anche se non riconosciuti come tali dall’elenco regionale allegato al ppr”. Chi ha ragione?

Oggi gli stazzi sono quelli che vediamo nella foto pubblicata dalla Nuova Sardegna a corredo dell’editoriale di Todde: ruderi. Antichi ruderi che hanno perso la loro antica funzione agricola e che sono stati acquistati dall’emiro del Qatar. Cosa fare di questi ruderi Todde non lo dice. Anche così lui comunque li considera belli (titolo dell’editoriale: “Che monotono disprezzo della bellezza”). Bei ruderi.

Recuperiamo gli stazzi in chiave agricola? È il cuore della proposta di Marcello Madau che anche lui sulla Nuova Sardegna si è scagliato contro il progetto del Qatar (“è un attacco al paesaggio culturale sardo”) e ha proposto di realizzare una “rete ecomuseale… alla quale afferissero gli stazzi, con la loro storia ambientale e le loro produzioni di miele, formaggio, verdure carni, specie e via dicendo”. Bella proposta, ma quanto fattibile? Non c’è una via di mezzo tra la speculazione edilizia e l’adorazione dei ruderi o il ritorno alla campagna in una zona evidentemente votata al turismo di lusso?

Il punto è questo: quando parliamo di paesaggio e di ambiente in Sardegna siamo condannati ai radicalismi e agli opposti estremismi oppure esistono le condizioni perché nell’isola nasca un “ambientalismo di governo” e non solo di protesta, che sappia dunque trasformare le posizioni come quelle di Todde e Madau in un programma politico facilmente comprensibile dagli elettori e in grado di indicare (e dopo ci torniamo) un solo territorio dove si possa realizzare un campo da golf, anche uno solo?

Anche per l’ambientalismo sardo (così per l’indipendentismo) la sfida è tutta politica, cioè di consenso da costruire attraverso proposte da presentare agli elettori. Altrimenti gli sfoghi restano sfoghi e l’impressione che si ha è alla fine è quella di una sinistra sarda senza bussola che ricorda quella tutta slowfood criticata da De Gregori, dove al posto del no Tav mettiamo il Ppr e il gioco è fatto.

La “bellezza” di cui parla Todde è un concetto estetico e non immediatamente politico. Questo non vuol dire che la politica non possa e non debba difenderla: vuol dire solo che quello di Todde non è un progetto di governo ma semplicemente un nobile sfogo. Che attende qualcuno che lo trasformi in atti amministrativi concreti e credibili. C’è qualcuno che voglia o lo possa fare? Anche perché negli ultimi decenni  le sfide politiche (cioè di consenso) l’ambientalismo sardo le ha perse quasi tutte.

Non si può giocare sempre e solo in difesa. L’ambientalismo non può nutrirsi esclusivamente di fortissimi no e di flebili sì. Deve proporre un organico credibile modello di sviluppo e soprattutto deve stare lontano dalla retorica, dal linguaggio esagitato e apocalittico, non può trasformare il dibattito in uno scontro tra opposti estremismi. Tra le mille ragioni per cui Soru ha perso le elezioni del 2009 c’è anche quella di non essere stato in grado di trasformare in progetto politico delle giuste intuizioni, mentre la destra proponeva un programma più lineare e più coerente (che non vuol dire più giusto, ma più comprensibile, meno contraddittorio).

Esiste un ambientalismo maturo, riformista, di governo in Sardegna, capace di andare oltre la logica del proibizionismo totale? La sfida è questa, perché con i radicalismi non si va molto lontano. Duole dirlo, ma purtroppo c’era molta più ragionevolezza nelle parole che Flavio Briatore, interpellato sulla situazione sarda, ha affidato all’intervista pubblicata sull’Unione Sarda qualche giorno fa che non in queste cicliche intemerate di Giorgio Todde, venerato maestro.

Che il Piano paesistico varato della giunta Soru (sempre sia benedetto) vada modificato è opinione condivisa e comune. Per cui a questo punto non modificarlo equivale a modificarlo male. Quali sono dunque le proposte concrete che chi si propone agli elettori come difensore del paesaggio intende avanzare? Francesco Giorgioni qualche giorno fa su questi temi ha stanato Michela Murgia che, dopo una serie di supercazzole in perfetto stile soriano, ha detto: “Quello che faremo lo si capirà dal programma che pubblicheremo in autunno”. Va bene, aspettiamo.

Sì, ma i campi di golf cosa c’entrano?

Che i Riformatori avessero spinto per approvare la legge sul golf con l’obiettivo non tanto segreto di aggirare il Ppr è cosa evidente. Il golf comunque è, che ci piaccia o no, uno dei maggiori attrattori mondiali di turismo e realizzare un 18 buche (a meno che non sia in una zona tutelata, come quella di Bosa) non è un crimine contro l’umanità.

Ora, c’è un posto in Sardegna dove si possa costruire un normale campo da golf senza scatenare le critiche degli ambientalisti e dei venerati maestri?

Il mio amico Stefano Deliperi del Gruppo di Intervento Giuridico contesta il progetto dei sindaci di Talana e di Triei di realizzare un campo da golf di 18 buche su centro ettari a 10-15 km dal mare (praticamente “in the middle of nowhere”…). Saltiamo a piè pari per il momento la querelle sugli usi civici (anche Deliperi la sfiora appena) e concentriamoci sul progetto.

I due comuni hanno intenzione di pubblicare un bando di gara internazionale e di chiedere un investimento da 100 milioni di euro. “C’è davvero da leggere con cura il bando prossimo venturo per comprendere come possa saltar fuori qualcuno interessato a investire 100 milioni di euro con la sicurezza di guadagnarci proprio lì”.

Sì, ma se si trovasse perché no? E ovviamente non stiamo parlando di golf, ma del futuro. Il nostro.

Vi ringrazio per l’attenzione.

 

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47 Comments

  1. Massimo says:

    Leggo diversi riferimenti a soluzioni presenti in Corsica meno invadenti nei confronti del patrimonio paesaggistico.
    Ma sembra si ignori in che condizioni versa la Corsica; cioè che è una delle regioni più depresse dello stato Francese anche perché negli anni non si è individuato un modello di sviluppo realistico.

    Un realismo che, secondo me, dovrebbe portare a diversificare il nostro modello di sviluppo.

    Sperare, secondo me, che la Sardegna ritorni massicciamente all’agricoltura con la concorrenza mondiale che c’è sui prodotti agricoli e che cresce ogni anno per la presenza sempre più massiccia dei paesi in via di sviluppo e di tutti i paesi del terzo mondo che (grazie a Dio) si stanno organizzando .. Semplicemente non è realistico.
    Sperare che il turista venga solo per guardare gli stazi e vedere i mufloni, NON è realistico.
    Si parla di mondi ideali che non esistono, purtroppo o a ragione.
    (E anche se fosse possibile non siamo nelle condizioni di selezionare i Turisti colti, anzi coltissimi).
    Continuare ad investire sul paesaggio, sulle acque ma… SENZA MAI INVENTARSI NULLA DI PRODUTTIVO a partire da questi patrimoni.. Beh ci garantisce delle belle cose certamente ma… Da dove vengono i soldi per questi investimenti continui?

    Ci vuole di tutto un po’ e bisogna evitare che il passato sia vicino che lontano impedisca le future scelte. Evitare che ogni sasso del passato diventi un monumento intoccabile così come evitare di far distruggere il nostro patrimonio da speculatori senza progettualità … Sono cose che vanno di pari passo.

    • anonimo says:

      Scusi, Massimo, cosa sarebbe, secondo lei un “qualcosa di produttivo”? E cosa vuol dire “di tutto un po’”?

  2. Biolchini, ho letto con ritardo l’articolo ma voglio manifestarle la mia totale condivisione.
    Di terreni che è meglio chiamare misere pietraie, abbandonati al fuoco, alle zecche e a loro stessi, di sedicenti stazzi pure quelli abbandonati, in rovina e privi di ogni minima valenza architettonica presente e passata, trattandosi nella migliore delle ipotesi di casette-stalle polivalenti, siamo stufi di sentire le difese a spada tratta, specie da persone che in campagna sono passate forse solo per il pranzetto in agriturismo.

  3. Vito, vai a Narbolia a chiedere quanto bene fa alle popolazioni un bel campo da golf, e che tipo di modello di sviluppo rappresenta.

    Non di solo vincoli si vive, ma se bisogna provocare lo si faccia sull’industria, che alluminio, acciaio & co. li usa anche l’ambientalista (e ci casca male, con quel certo arcadismo di ritorno cui l’ambientalismo tende). Il golf è uno sport per ricchi annoiati che godono a tenere lontano da sè il resto dei peddizzoni, e non ha nulla da dare a una seria politica di sviluppo.

  4. anonimo says:

    Del tutto d’accordo con Gianluca Serra che scrive: “Modi per recuperare gli stazzi, non stravolgerne l’unicum con il paesaggio e farli rendere esistono. Basta studiare, leggere, informarsi, viaggiare (anche per lavoro e per imparare).
    Un esempio? Vicinissimo. A 20 minuti di traghetto e mezz’ora da Bonifacio.
    Le Domaine Murtoli”.
    Duemila ettari e otto chilometri di costa senza neppure un metro cubo in più in Sardegna non esistono più.

    • Edmondo costa says:

      Perché non provi a farti un giretto sulla costiera amalfitana? Se non l’hai già fatto, fallo, se lo hai già fatto, medita!!.

  5. Pingback: Alto Adige e Veneto riscriveranno lo Statuto. E la Sardegna? Ecco qualche idea

  6. Giovanni Sechi says:

    Questa ostilità verso gli arabi che vogliono investire in Sardegna odora, solo vagamente eh, di razzismo. Vengono subito sospettati di terrorismo, di speculazione, di colonialismo. Non aspirerebbero ad altro che a rovinare la nostra identità.
    Che male c’è a mescolare le culture? C’è una sinistra che vuole accogliere a tutti i costi gli arabi quando sono poveri e vengono qui con delle carrette, per finire a essere schiavizzati nei campi. Ma quando hanno capitali e vogliono investire, si urla “a fora”. Con la destra accade l’opposto: facciamo girare i soldi, ma le persone lasciamole inchiodate a casa propria.
    Senza agevolare gli opportuni investimenti, la Sardegna continuerà a scivolare nel baratro.

    • No, guarda,Francesco Sechi, l’ostilità vale per tutti quelli che vogliono speculare su un popolo che svende tutto ma grida di essere identitario un tanto al chilo. Vogliamo identità, dicono gli acquirenti e noi gliene vendiamo quanta ne vogliono. Gli speculatori saranno sempre gli stessi, anche se di colori e religioni diversi, vorranno sempre la stesa cosa: curare i propri interessi e pretendere, come avviene, che si cambino le leggi. Qua si regala. Qua gli fanno le leggi che vogliono. Prova tu a comprare terre altrove e vedi se te le cedono così. Vai in Corsica a comprare terra per costruire.Prova. Nel baratro ci siamo perché c’è gente che pensa come te che, tu sì, sei in odore di razzismo se vengono con carretti e invece sei prono – tutto un altro odore – se vengono con lo yacht.Imbarazzante.

      • Giovanni Sechi says:

        Anonimo, io credo che le guerre sante non portino a molto. Pensare che chiunque voglia investire in Sardegna sia uno speculatore, è semplicemente stupido.
        Io credo che tutti debbano trovare spazio in Sardegna, rispettando i limiti e le regole che abbiamo. Ricco o povero non conta.
        Ma continuare a crederci i migliori per poi attribuire agli altri la responsabilità per la situazione orrenda in cui ci troviamo, ci farà solo peggiorare. Italiani, arabi, immigrati, persone di colore o altro: colpa loro! E se critichi queste posizioni ideologiche, ti accusano di essere “prono” e di chissà cos’altro.
        I peggiori speculatori in Sardegna sono stati i sardi.Il vittimismo non ci porterà a nulla.

      • anonimo says:

        Sì, i sardi sono stati i peggiori. O quando hanno fatto le cose loro o quando hanno venduto tutto agli altri. La colpa più grave è la loro. Nessuno può negarlo.

  7. Pingback: Abbiamo qualche “idea” sul governo della Sardegna. | Gruppo d'Intervento Giuridico onlus

  8. anonimo says:

    Mo’ quei 24 stazzi sarebbero ruderi? Sono solo un trucco per portare altri mattoni e trasformare bei posti in schifezze. Tutto qua. Peggio per chi non se ne accorge.

  9. Propongo di costruire un bel diciotto buche a Iglesias tra le miniere e le discariche di fanghi rossi. Sarebbe alquanto originale e non sottrarrebbe zone incontaminate (o comunque poco antropizzate) come Triei e Talana a un potenziale turismo naturalistico.

  10. muttly says:

    Hanno calcolato bene la quantità d’acqua necessaria all’ erba perchè il campo sia utilizzabile tutto l’anno, da quel punto di vista è un pozzo senza fondo…

  11. Be’, il signor Loria dice tutto. Vendere e le conseguenze del vendere. Chi non lo comprende è un ingenuo, magari felice, oppure è uno che dà una mano e sa cosa produce alla Sardegna. Le altre sono chiacchiere di quattro sfortunati.

  12. anonimo says:

    Deliperi dedica pagine e pagine del suo blog agli usi civici. Non sfiora la questione ma la approfondisce in modo assai interessante e con molta competenza. E se c’è un argomento legato allo sviluppo sono gli usi civici. Inoltre – altro che sfiorare – dice peste e corna, motivando il suo parere, sulla legge del 30 luglio che permette di cambiare la destinazione di un’area gravata da usi civici. Addirittura altre testate riportano il parere di Gruppo di Intervento Giuridico. Biolchini, approfondisca prima di scrivere.
    Sugli stazzi e sul modello Briatore (che dovrebbe amministrare una bella pista di go kart in un luogo bellissimo) e sul golf Deliperi dice cose del tutto condivisibili.
    Chissà chi sarebbero i saggi politici che cercano la verità che sta nel mezzo. Non credo che Deliperi si candiderebbe con uno di questi.

  13. Ciao Vito,

    approfitto della tua ospitalità per rispondere alla domanda molto importante che hai fatto: “oltre la protesta, l’ambientalismo in Sardegna ha un programma di governo?”

    La risposta è sì.

    Senza nulla togliere alle opinioni espresse da Giorgio Todde e Marcello Madau (che avranno certo la loro idea sul presente e il futuro della Sardegna), posso dirti che da tempo all’interno delle associazioni ecologiste Amici della Terra e Gruppo d’Intervento Giuridico onlus sono maturate numerose proposte per un’equilibrata crescita economico-sociale dell’Isola, che abbia come punto di riferimento fondamentale il rispetto e la salvaguardia dei valori ambientali e storico-culturali.

    Le abbiamo espresse chiaramente in molte occasioni e sono riportate nel nostro blog (http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com).

    Le risposte alle giuste e sacrosante esigenze di crescita, spesso attualmente di “sopravvivenza”, vanno calibrate sulla base della realtà locale: perché a Talana e Triei si sperà in un improbabile Paperon de Paperoni che venga a investire 100 milioni di euro ed elargisca qualche posto di lavoro come muratore o “ragazzo” del green e si rifiuta la creazione di un’area naturale protetta, come il tanto vituperato parco nazionale del Gennargentu-Golfo di Orosei, che può portare ricadute economiche diffuse nel tessuto sociale locale?

    Agriturismi, albergo diffuso nei centri storici ristrutturati (e non massacrati e nemmeno intonacati), turismo naturalistico, riforestazione (anche a fini di difesa del suolo), ripristino e manutenzione della sentieristica, promozione turistica, utilizzo e promozione dei prodotti eno-gastronomici locali sarebbero invece le linee portanti.

    Come accade già in buona parte d’Italia (qui un esempio sull’Appennino marchigiano: http://gruppodinterventogiuridicoweb.wordpress.com/2011/05/31/la-macina-turismo-sociale-e-ambientale-sullappennino/) e nel resto d’Europa.

    I parchi naturali portano nella Provincia di Trento una ricaduta annua di 50 milioni di euro in favore dell’economia locale (vds. http://gruppodinterventogiuridicoweb.files.wordpress.com/2011/11/adige0621p-27.pdf): un flusso turistico di “soli” 100 mila turisti all’anno nelle aree protette, con una presenza di “soli” tre giorni, calcolando una spesa onnicomprensiva (soggiorno, ristorazione, ecc.) di 100 euro al giorno significa una ricaduta economica diffusa di 30 milioni di euro all’anno.
    Quale cavolo di iniziativa esistente o vaneggiata da politici regionali e amministratori locali in Sardegna – e nelle zone interne in particolare – realisticamente ha un’analoga ricaduta in favore delle collettività interessate?

    La risposta è semplice: nessuna.

    Però si continua a sbandierare il promesso miliardo di euro di investimenti della Qatar Holding come una vera e propria manna dal cielo, quando ogni anno analoga cifra di fondi comunitari è disponibile in favore della Sardegna, può essere programmata e gestita autonomamente.

    E questo accade ormai da vent’anni.

    Questi fondi, purtroppo, sono stati spesso e volentieri programmati e gestiti “male”, a pioggia, per opere inutili ma elettoralmente paganti, con logiche talvolta ottusamente campanilistiche. Se fossero programmati e gestiti correttamente, avremmo una Sardegna diversa e migliore.

    Anche qui due proposte concrete e fattibili, soprattutto tenendo conto del fatto che il 62,7% dei residenti in Sardegna in età lavorativa (dai 15 anni in poi) è privo di qualifica professionale (da Sardegna Statistiche, anno 2009):
    * un piano di sistematico risanamento idrogeologico, con interventi di consolidamento e rinaturalizzazione di costoni, pendii, letti fluviali, demolizioni di opere incongrue e ripristini ambientali, forestazioni naturalistiche;
    * un piano per la ristrutturazione e il risanamento delle reti idriche isolane, che attualmente perdono circa l’85% dell’acqua trasportata (dati Ordine dei Geologi, ottobre 2011).
    Sono interventi di salvaguardia del suolo, di protezione del territorio, di tutela dell’acqua che coinvolgerebbero migliaia di progettisti, tecnici specializzati e maestranze con obiettivi realmente di pubblico interesse. E sarebbero davvero soldi spesi bene, per l’ambiente e per il contesto economico-sociale. Un vero new deal per la Sardegna.

    Solo due parole su stazzi e dintorni.

    Non abbiamo nulla contro la ristrutturazione degli stazzi, mantenendone le caratteristiche architettoniche e culturali.

    Il fatto è però un altro.

    Dove sono gli interventi immobiliari sbandierati per mesi come il toccasana per l’economia sarda con ben un miliardo di euro di investimenti? Dove sono i 500 mila “nuovi” metri cubi, un hotel Harrods (150 stanze) a Liscia Ruja, uno al Pevero (90 stanze), un family hotel (200 stanze), uno per clientela giovane (90 stanze), 70 residenze di lusso, 30 di extra-lusso, una pista di go-kart, il restyling dei quattro hotel “storici”, l’antropizzazione, pardon, la valorizzazione di zone ora integre (Razza de Juncu e Monte Zoppu)?

    Delle due l’una: o il piano da un miliardo di euro della Qatar Holding è una balla colossale oppure si tratta di un banale tentativo di aggirare normative comunitarie, nazionali, regionali nonché la giurisprudenza costante che richiedono la valutazione unitaria degli impatti sull’ambiente del complessivo programma di interventi turistico-edilizi. Lo stesso Servizio valutazione impatti della Regione l’ha confermato.

    Per capirci: vadano a prendere per il culo i commercianti del bazar, se gli riesce.

    Stefano Deliperi

    • Paolo Bozzetti says:

      Non entro nel merito delle proposte (sulle quali comunque concordo) ma è interessante che nel suo intervento, assieme a concetti fondati, si possono leggere alcune affermazioni inquietanti, sopratutto, per la “leggerezza” con cui vengono proposte.
      Chiarisco:
      – i fondi comunitari. Di quelle ingenti somme a disposizione, riusciamo a spendere solo un 30/40% (un vero e proprio delitto se pensiamo alla crisi in atto), che vengono programmati (con elaborati sempre più sofisticati e prolissi) e gestiti da un apparato burocratico, incapace di andare a cogliere i veri obiettivi di quei fondi, ovvero la creazione di attività sostenibili e posti di lavoro reali.
      Oggi, la gestione e l’operato del Centro regionale di Programmazione è un vero e proprio scandalo, che, nel silenzio dei madia e nel disinteresse dei politici, sta affossando la Sardegna.
      – il “new deal” legato al piano di sistematico risanamento idrogeologico e al piano per la ristrutturazione e il risanamento delle reti idriche isolane. Lei dovrebbe sapere che, anche se qualche “illuminato” (annidato nei palazzi della Regione) decidesse di farli partire, solo il 10/15% delle somme investite rimarrebbe nell’economia sarda.
      La restante parte andrebbe a gratificare le economie di soggetti (consulenti, studi e imprese) esterni alla Sardegna.
      Tutto questo grazie alle regole di gestione degli appalti che, in onore ai miti della Concorrenza e del Mercato, stanno uccidendo gli operatori economici della Sardegna, con la complicità dei burocrati regionali (“deus ex machina” oramai fuori controllo) e dei politici isolani, che non riescono a capire come sia giunto il momento di fare una battaglia politica, per introdurre nelle procedure, una serie di elementi di compensazione orientati a garantire, per esempio, di poter gestire un appalto di 500.000 euro solo tramite una gara regionale.
      Anche queste emergenze penso rientrino a pieno titolo in un programma che tratti di costruire un futuro sostenibile e coerente con la nostra società e la nostra cultura.

      • concordo solo in parte: al C.R.P. e alle altre Autorità di gestione gli indirizzi sono dati dai documenti di programmazione e dagli indirizzi della Giunta regionale.
        Le aziende della Sardegna, in ogni campo, devono imparare a far quello che fanno dappertutto: consorziarsi.
        Inoltre, grandi interventi presuppongono moltissimi sub-appalti. Nel campo della forestazione presuppongono anche il ruolo di progettazione ed esecuzione da parte dell’Ente foreste della Sardegna, che deve uscire dal ruolo di “carrozzone” e divenire un soggetto attivo ed efficiente.
        Inoltre – come ho già detto – nei ruoli esecutivi ci sarà posto per quelle decine di migliaia di disoccupati o sottoccupati privi di qualifica professionale.
        Sarà una “ricetta keinesiana”, ma nella situazione attuale sarda mi pare una delle poche vie percorribili.

        Stefano Deliperi

      • tanto per gradire.

        A.N.S.A., 2 settembre 2013
        Ue a Italia, su fondi stop troppa influenza politica. Crea distorsioni nei comportamenti amministrativi. (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2013/09/02/Ue-Italia-fondi-stop-troppa-influenza-politica_9234783.html)

        BRUXELLES – Spezzare “il legame tra alta dirigenza e politica”, la cui “elevata influenza” spesso crea “distorsioni nei comportamenti amministrativi” orientando “verso interessi di parte”: è una delle indicazioni dell’Ue all’Italia, in un documento di cui l’ANSA è in possesso, per la programmazione dei fondi strutturali 2014-2020.

        Stefano Deliperi

      • Paolo Bozzetti says:

        Due note:
        – penso che la favola di creare dei consorzi tra le imprese sarde (a cui non sono pregiudizialmente contrario), stia oramai dimostrando la sua reale consistenza di un limitato valore strategico, quando si tratta di gare con importi non elevati. Sopratutto quando le gare si risolvono sui dati economici dell’offerta e sulla consistenza organizzativa e patrimoniale dei soggetti partecipanti (dovrebbe essere chiara l’implicita debolezza di consorzi appena formatisi e composti da un eccessivo numero di partecipanti, in modo da poter raggiungere livelli comparabili con le realtà -spesso multinazionali- che competono oggi in Sardegna).
        Oltretutto, questa nuova cultura della competizione globale, pare non abbia innalzato la qualità delle opere realizzate.
        – il CRP, dopo la stagione dominata dall’onanismo programmativo del famoso (e fumoso) Orlando (il padre della progettazione integrata) sta praticando una deriva di una sofisticata e tecnocrate accademia (consultare il bando per la sollecitazione delle manifestazioni di interesse sull’intervento delle aree di crisi di Tossilo, Ottana, Prato Sardo e Siniscola: 80 pagine!!! con il risultato che la tempistica è già saltata, perchè nessuno -o molto pochi- è in grado di partecipare).
        Siamo d’accordo che le influenze della politica creano distorsioni amministrative, ma i numeri dei risultati ottenuti (fondi impegnati, obiettivi raggiunti, posti di lavoro creati) descrivono un fallimento, con evidenti livelli di correità tra politica e apparato burocratico.

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  15. Ce l’ho io un posto. Davvero.

  16. No, Vito: il problema è vendere.
    Vendere gli stazzi, vendere le risorse, vendere suolo e sottosuolo, vendere le coste e l’interno a palazzinari, Moratti, Rovelli, Berlusconi e Abramovich di turno. Da quanto facciamo questa stronzata? Da quanto cerchiamo di risolvere i nostri problemi appaltando, vendendo, delegando? Cosa abbiamo in mano dopo un secolo?
    Montagne violentate dalle miniere, coste violentate dal cemento, servitù militari, industrie petrolchimiche, nuvole di bauxite e fiumi di arsenico e cianuro.
    La regione più inquinata d’Italia.
    Ma è un piccolo sacrificio per il benessere, vero? Questi signori, questi emiri, questo Stato, condividono le loro fortune con noi, no? Abbiamo dei lavori, dei bei lavori che ci piacciono e ci appagano nel corpo e nello spirito, infrastrutture, ottima istruzione, il prossimo futuro ci riserva una casa di proprietà e una famiglia, magari anche una bella casa al mare…
    No?

  17. Francesco Sechi says:

    Il problema non è di “chi dice cosa” ma di chi non riesce a fare la sintesi delle opinioni e delle analisi (sempreché esistano).

  18. SARDONICO says:

    Se non riusciamo a parlare con la nostra gente,con artigiani,edili ecc.ecc.per invertire la tendenza e ricostruire la bellezza nei nostri paesi e nelle nostre cittadine
    saremo sempre più deboli e indifesi nel proporre una via sarda alla protezione della nostra terra coniugata a uno sviluppo ecologico,equo e non subordinato.
    La ristrutturazione e la messa in opera di un nuovo ordine architettonico e paesaggistico rimetterebbe in moto la nostra gente,la sua capacità,la sua fattiva e concreta arte che si identifica col paesaggio incorrotto da cui abbiamo,non so per quanto,l’onore e il piacere del vivere in Sardegna.
    Troviamo le soluzioni prima che amministratori e loro corrotti complici finiscano di distruggere la nostra terra e la nostra economia,lasciando dietro il loro prezzolato e miserabile “benessere” terre desolate e disperazione.
    Ce la facciamo a volerci un po bene e ad essere finalmente un popolo?

  19. Francesco Utzeri says:

    Ma di cosa stiamo parlando ?
    Tutta questa disquisizione intorno al recupero di alcuni ruderi di pessima ( a mio parere ) architettura agropastorale abbandonata da decenni ?
    Io sono contro il neocolonialismo di qualsiasi natura e matrice, ma credo che permettere ad investitori internazionali ( e gli arabi lo sono, caspita ! ) di effettuare degli interventi per la valorizzazione dei loro investimenti, non sia da condannare apriositicamente, bensì dotarsi di strumenti, mezzi e uomini che siano in grado di controllare i loro movimenti. !

  20. Si possono recuperare gli stazzi in chiave sia agricola tradizionale che turistica.
    Mescoli le due cose.
    Ci sono alcuni altri esempi simili che funzionano.
    Ho pensato questo:
    si restaurano gli stazzi rispettando l’architettura originale e li si destina alla funzione originale. C’è quindi un agricoltore o un pastore che la gestisce mettendoci il suo sapere. Si concede la costruzione di altre strutture identiche affiancate (una, massimo due per ogni stazzo). Praticamente una cussorgia. Le strutture in più sono destinate al pernottamento dei turisti. Quindi la gestione è combinata o doppia, perché serve anche una gestione alberghiera. Si crea quindi una rete di tanti micro-alberghi di lusso. Con una particolarità: i turisti che arrivano vivono, se vogliono, la vita dello stazzo, pur pernottando in una struttura con tutti i comfort.
    Quindi il turista che arriva impara a coltivare un orticello, a mungere una capretta, a fare il formaggio o il pistoccu.

    C’è una piccola fetta di turismo d’elite che trova impareggiabile una vacanza di questo tipo, e paga anche una barca di soldi per farla. In questo modo si crea anche un piccolo indotto che valorizza il lavoro artigianale locale.

    Per i campi da golf non mi viene in mente niente.

    • Robespierre says:

      Piccolo chiarimento: chi restaura gli stazzi e con quali soldi? Perchè vedi un conto è vendere gli stazzi e fare in modo che chi gli acquista possa scegliere anche la strada da te proposta. Diverso se queste strutture, molte ormai dei veri e propri ruderi, venissero restaurate con fondi pubblici e cedute (gratuitamente?) a dei pastori (di dove?) per avviare attività a scopo di lucro. Lo stazzo era tutt’uno con i suoi abitanti, le sue tradizioni e la sua cultura, ci vogliamo rendere conto che tutto ciò è (purtroppo) scomparso da decenni? Vogliamo creare un falso, popolando di pastori barbaricini o logudoresi quelle terre?

      • AleSestu says:

        Ma non ho il progetto pronto nei particolari. Mi è solo venuta l’idea leggendo l’articolo.
        Se ti va ne possiamo discutere: per il recupero e restauro credo che di possa chiedere aiuto all’Europa con un progetto ben scritto e richiesta di finanziamento.
        Poi si può tentare la strada della società mista pubblica/privata per la gestione.
        E quindi la gestione sarebbe anche di pertinenza dei comuni in cui si trovano gli stazzi, che si consorziano.
        L’indotto è la cosa più importante e ricadrebbe sul territorio circostante.

  21. paolo55 says:

    alcune riflessioni i campi da Golf necessitano di tantissima acque e in alcuni paesi della Sardegna se non si dispone di un serbatoio con autoclave diventa difficile anche farsi una doccia….seconda riflessione in Sardegna importiamo 80% di quello che ci mangiamo frutta e verdura compresa se investissimo nell’agricoltura di qualità potremmo recuperare anche gli stazzi in modo funzionale per lo stesso scopo per cui sono stati creati e turisti verrebbero comunque per visitare i luoghi consumare i cibi ammirare il paesaggio …senza il bisogno di svendere il territorio al miliardario di passaggio….naturalmente per fare questo abbiamo bisogno di politici con la “P”….. che non abbiamo …..

    • Robespierre says:

      I campi da golf necessitano ti tantissima acqua, verissimo, però ne utilizzano molto meno di uno stabilimento petrolchimico, e anche di certe colture agricole, si possono utilizzare acque reflue depurate per l’irrigazione dei percorsi. Gli stazzi galluresi non sono mai stati centri di grandi produzioni agricole, l’attività principale era l’allevamento specie bovino. Piccolo inciso, le difficoltà che spesso si incontrano per potersi fare una doccia non sono dovute alla mancanza di acqua ma alla sua cattiva gestione, vedi ultimo caso di Posada e zone limitrofe. Se non riusciamo a produrre quantità sufficienti di frutta e verdura neanche per il fabbisogno regionale ci saranno motivi di fondo che vanno al di là della penuria d’acqua o dei terreni fertili. Come si spiega che la Sicilia, 5milioni di abitanti, riserve idriche molto inferiori alle nostre, e una superficie coltivata che noi manco ci immaginiamo, riesce a esportare in mezza Europa? Lo stesso discorso vale per la Spagna, è difficile se non impossibile pensare di coltivare frutta e verdura di qualità, da vendere a prezzi (giustamente) esorbitanti se poi non abbiamo mercato neanche in casa.

      • paolo55 says:

        il costo dei trasporti inciderà sempre di più sul costo delle merci, e la frutta e la verdura lo sono….quello che sta per succedere in Siria si vede da subito sul costo dei carburanti… e per questo raggiungere la sovranità alimentare è strategico …le industrie che consumavamo tanta acqua ed energia sono finite….per fortuna…..

    • Ospitone says:

      Non solo tanta acqua ma sopratutto…….tanti quintali di antiparassitario a base chimica (perchè se no col cavolo che il prato cresce) con buona pace delle falde acquifere e sistema ambiente.

  22. Paolo Bozzetti says:

    Nonostante sia architetto, amo la natura (per caso ho anche una specializzazione paesaggistica), capisco le ragioni del ppr, mi piace Giorgio Todde scrittore (ho già fatto almeno otto progetti per il suo bellissimo Caffé del Silenzio), ma, quando scrive sulla Nuova, anche lui non rappresenta il problema dello sviluppo nei termini reali.
    Il tempo delle repubbliche (senza voler ineggiare al ritorno della dittature o della monarchia) ci ha regalato una progressiva perdita del buon senso nella gestione del territorio.
    L’Amministrazione pubblica (intesa sia a livello politico che burocratico) è oggi assolutamente INCAPACE di gestire qualsiasi livello della programmazione (faccio l’esempio di Nuoro, che stia gestendo il nuovo PUC da 20/25 anni).
    Al tempo della Progettazione Integrata (un incubo burocratico che meriterebbe un Tribunale Speciale per sanare il danno prodotto all’umanità sarda) sono state “cavate” fuori idee di sviluppo per tutto il territorio regionale, buone per i prossimi 50 anni.
    Se qualcuno che si siede comodamente negli uffici regionali avesse un briciolo di buonsenso, si sarebbe già prodotto un gigantesco Piano Strategico per l’intera Sardegna e potuto preparare un documento di sviluppo, dove si sarebbero localizzati, prima di tutto, gli interventi ammessi e, in secondo luogo, i diversi vincoli.
    Con questo strumento, al di là del fatto che le avrebbero dato immediatamente la risposta dove fare questo benedetto campo da golf (dicendo anche QUANTI se ne sarebbero potuti fare nella nostra isola) si sarebbe raggiunto anche un importante risultato culturale.
    Abbandonare la Pianificazione dei vincoli, a volte puramente vessativa, e arrivare alla Pianificazione delle Opportunità di sviluppo, sicuramente propositiva.
    Se poi, qualche di quelli comodamente seduti negli uffici regionali, avesse voluto produte degli abachi ricchi di soluzioni preferibili per gli interventi di sviluppo (dalle recinzioni al recupero degli stazzi galluresi) pre-autorizzate se adottate dai privati o dal pubblico, avremmo fatto un altro balzo in avanti verso la creazione di un’Amministrazione Pubblica che, abbandonando la vessazione del cittadino, cerca di mettersi al servizio della società.
    Ultima nota: la bellezza si acquisisce con i concorsi di idee nella progettazione (vi ricordate il bellissimo “Betile” di Zaha Hadid?) dove si confrontano le migliori soluzioni per le diverse opere. In Italia, il tempo della seconda repubblica, ci ha regalato le gare di appalto per la progettazione, dove si confrontano solo i curricula.
    Non sembra, ma è una grande differenza.

    • Robespierre says:

      Non capisco il perchè dell’affermazione: “nonostante sia architetto, amo la natura”, ritengo che ciò sia naturale, un architetto non può prescindere dalla natura.

      • Paolo Bozzetti says:

        Mi riferivo, anche ironicamente, all’universo-Todde, dove gli architetti, non senza ragioni, sono molto criticati.

  23. Robespierre says:

    Mi domando se il dr. Todde esca ogni tanto dal suo eremo felice, girerà per valli e monti della Sardegna? Visiterà ciò che resta dei paesi dell’interno?Sarà a conoscenza che il tessuto industriale è allo sfascio e che anche gli altri settori produttivi non stanno meglio? Oltre ai dogmi “turismo ecosostenibile”, “lotta al cemento” ( si noti che da noi anche la costruzione di una cuccia per cani, diventa colata di cemento), “albergo diffuso”, “museo diffuso”, “sviluppo dell’artigianato tipico”, cosa propone? Sono forse risposte valide le cooperative giovanili che gestiscono gli sterrati chiedendo il pizzo per poter parcheggiare l’auto senza dare in cambio neanche un wc? O i siti archeologici e i musei, che spesso costano quanto il Louvre, e che talvolta in cambio non danno neanche la pur minima informazione, considerando che se la Regione staccasse la spina non resisterebbero un solo giorno. E’ a conoscenza il dr. Todde che Babbo Natale non esiste’ e che qualsiasi privato se investe dei soldini prefigura un ritorno economico? Può un cittadino comune, la cui unica colpa è quella di non avere scritto alcun libro, esprimere il proprio parere senza essere tacciato di essere un novello Attila? In medio stat virtus. dicevano i latini.

  24. francu says:

    Dov’erano gli ambientallisti quando facevano ben altri scempi! Noi vogliamo essere padroni in casa nostra. Decidiamo noi del nostro sviluppo e quindi ci mettiamo la berritta, chistionausu in limba e aiò a fare i manorba e i camerieri per gli arabbi, chi candu ci fiara a l’aga can si che ha costruito cose belle!

  25. Matteo says:

    Caro Vito, lo dico con estrema semplicità. Siamo la regione dei no, delle invidie reciproche, dei blocchi, del clientelismo, del cemento buono vs cemento cattivo e di tutto quello che già sappiamo. Soprattutto siamo la regione della contrapposizione lusso vs antilusso, situazione che porta a denigrare qualsiasi progetto volto alla clientela disposta a spendere non perché sia giusto o sbagliato, ma a prescindere perché a noi le persone ricche (poco importa se legalmente e pagando tasse e dipendenti) ci stanno sul cazzo, è evidente.
    Dopo questa piccola premessa, mi chiedo: ma è possibile che i campi da golf, traino del turismo in zone come Alicante (che, posso assicurare avendoci vissuto, non è per nulla più affascinante di Cagliari o altre zone della Sardegna) non possano esserlo anche in Sardegna? C’è davvero un problema ambientale (a me non sembra che un campo da golf sia assimilabile, ad esempio, all’ecomostro di solanas) o è solo questione di interessi? Io vedo che in tutti gli altri Paesi riescono a trovare soluzioni che coniugano bellezza con turismo di un certo tipo, perché da noi non è possibile? (e che non mi si venga a dire che non esistono altri posti belli come la Sardegna etc etc etc perché è con questa filosofia di autocompiacimento che stiamo continuando a perdere turisti anno dopo anno)

  26. Gianluca Serra says:

    Modi per recuperare gli stazzi, non stravolgerne l’unicum con il paesaggio e farli rendere esistono. Basta studiare, leggere, informarsi, viaggiare (anche per lavoro e per imparare).
    Un esempio? Vicinissimo. A 20 minuti di traghetto e mezz’ora da Bonifacio.
    Le Domaine Murtoli.
    C’è il sito, ma per chi volesse informazioni di prima mano disinteressate sono a disposizione.
    Gianluca

  27. “L’unico indiano buono è l’indiano morto!”
    L’unico intervento buono è quello che non viene fatto.
    Poi venne Tex Willer/Biolchini…
    Caro Vito, tenendo conto del fatto che per anni ho avuto l’incarico di insegnare Composizione Architettonica (disciplina poco insegnabile ma molto imparabile, come i rigori di Balotelli), perché mi pagavano, se la disciplina è alla portata di tutti?
    E perché esiste un Albo (al quale sono iscritto) dei Paesaggisti?
    Mistero.

    • Scusi professore, ma non ho capito. È saltato un verbo e oggi non sono neanche molto sveglio. Tutto il potere ai paesaggisti o cosa?

      • Non è saltato nessun verbo.
        Non ho mai detto “tutto il potere ai paesaggisti”, ma questo non significa molto, dato che non darei “tutto il potere” proprio a nessuno.
        Ripeto: “…perché esiste un albo dei Paesaggisti?”
        O servono, e allora si usino e si ascoltino, in modo ragionevole, oppure si cancellino, e si continui a fare all’italiana: “se pensi diversamente da me, hai torto; io, infatti, ho ragione. Perché? Perché lo dico io, modestamente…”
        Caro Biolchini/Aquila della Notte, tenga pronti pugni e pistole: nel selvaggio West non ci sono altre leggi.

      • Supresidenti says:

        eh eh, dalle sue lezioni avrei dovuto capirlo che era un lettore di tex professore.. come mio padre…

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