Politica / Sardegna

“Scarsa qualità delle istituzioni e classe dirigente scadente: ecco come invertire la rotta”, di Franco Meloni

 (L’immagine è tratta dal sito www.focusmarketing.it)

 

Ogni lunedì pomeriggio ci siamo incontrati nella sede della Fondazione Sardinia a Cagliari, e a turno abbiamo proposto delle riflessioni che poi abbiamo condiviso nei nostri siti o nei nostri profili Facebook. Sono nati così i post che avete potuto leggere in questi mesi oltre che su questo blog, anche sul sito della Fondazione Sardinia, su Tramas de Amistade e su Aladinpensiero. Ieri c’è stato l’ultimo appuntamento prima della pausa estiva. Il post che vi propongo oggi è firmato da Franco Meloni, che insieme a Salvatore Cubeddu, Fabrizio Palazzari, Nicolò Migheli, Piero Marcialis e al sottoscritto ha composto questo eterogeneo gruppo di lavoro. Non c’è niente di più stimolante ai nostri giorni che confrontarsi con persone di buona volontà, preparate e soprattutto libere.

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La qualità delle istituzioni pubbliche, intesa come capacità di soddisfare i bisogni espressi o impliciti dei cittadini, è uno dei fondamentali fattori di equilibrio e progresso della società. La qualità dipende essenzialmente dalle persone che costituiscono le diverse organizzazioni e che consentono di perseguire in modo adeguato gli obbiettivi delle loro missioni. Quanto a qualità del personale pubblico, politico e amministrativo, in Sardegna, come pure in Italia, non siamo affatto messi bene e le conseguenze negative si conoscono! In questo intervento mi occupo esclusivamente di personale politico, con qualche considerazione anche sul personale amministrativo di vertice, quello soggetto allo spoil system, che ne consente la sostituzione su basi discrezionali da parte degli amministratori, ad ogni rinnovo elettorale.

Dunque, in generale il giudizio sulla qualità dell’attuale classe politica non è positivo e non da ora. Assistiamo infatti da almeno un trentennio a un suo progressivo scadimento; fenomeno che possiamo datare, con un certa approssimazione, dalla fine degli anni 80, in coincidenza e correlazione con la crisi delle ideologie e dei partiti che ad esse si ispiravano. I partiti fino a quel tempo produttori di programmi e dotati di personale politico qualificato in grado di attuarli, ma anche capaci di catturare una certa parte delle idee formatesi al loro esterno, sono andati progressivamente perdendo queste capacità, riducendosi sempre più a “macchine elettorali”, con personale politico nominato dalle segreterie centrali (la legge porcellum costituisce al riguardo un esempio eclatante) e in prevalenza sulla base di lealtà verso i capi dei quali garantire la permanenza al potere. Il berlusconismo costituisce una chiara esemplificazione di quanto affermato, anche se non esaurisce il fenomeno nella sua totalità.

Nel richiamato passato invece la selezione della classe politica avveniva, nella generalità dei casi, in modo rigoroso, con metodi abbastanza comuni a tutti i partiti quantunque portatori di diverse ideologie e rappresentanti di diversi interessi. Limitando l’esempio ai grandi partiti di massa: la Democrazia Cristiana selezionava i propri rappresentanti attraverso l’Azione Cattolica, le Acli, la cooperazione e il sindacalismo cattolico, così come il Partito Comunista e il Partito Socialista selezionavano fondamentalmente attraverso i sindacati, l’associazionismo e la cooperazione di sinistra. Un ruolo importante nella formazione dei dirigenti e rappresentanti nelle istituzioni lo avevano poi le scuole di partito.

In generale il cursus honorum, cioè la carriera del politico, veniva costruita nel passaggio dalle istituzioni minori a quelle di maggior livello: dal ricoprire le cariche di consigliere o assessore comunale o provinciale a quelle di consigliere o assessore regionale, fino agli incarichi parlamentari e di governo. Chi arrivava alle alte sfere era dunque ben rodato; poteva certo capitare qualche smagliatura, cioè che passasse una ridotta percentuale di inidonei al ruolo ricoperto.

Oggi le proporzioni si sono decisamente rovesciate. Tutto questo lo paghiamo – e molto caro – rispetto alla qualità della gestione pubblica, costituendo la concausa della decadenza del paese. La descrizione fatta è schematica e non dà conto di consistenti eccezioni, ma corrisponde sostanzialmente alla situazione attuale.

A questo punto se non vogliamo cadere nel baratro dobbiamo necessariamente invertire la rotta. E come? Innanzitutto modificando le leggi elettorali, come il vituperato porcellum, che va abolito, aprendole alla partecipazione e consentendo un’effettiva scelta da parte dei cittadini dei propri rappresentanti. A mio parere occorre riconsiderare positivamente i sistemi proporzionali, che consentono una maggiore rappresentanza dei cittadini e, tutto sommato, un più alto tasso di governabilità. Al riguardo la recente legge elettorale sarda è un pessimo esempio, in quanto restringe le opportunità democratiche.

Poi occorre ripristinare la democrazia nei partiti, modificandone la forma attuale, sperimentando inedite configurazioni, che solo i giovani possono assicurare, nella misura in cui sia consentito loro di avere ruoli dirigenti negli stessi partiti, auspicando alleanze generazionali ed equilibri di genere. Quest’ultima circostanza comporta un percorso più lungo e difficile, che tuttavia è possibile praticare da subito.

Una parte consistente del rinnovamento passa attraverso l’adozione di adeguati meccanismi di scelta dei rappresentanti nelle istituzioni. Al riguardo ciò che maggiormente può garantire la qualità della classe politica è la possibilità effettiva di esercitare sulla stessa il controllo popolare, in attuazione di principi di trasparenza e partecipazione e con l’utilizzo degli strumenti della democrazia digitale, opportunamente facilitati e generalizzati. Ecco perché i candidati agli incarichi istituzionali devono essere espressi attraverso serie consultazioni che trovano esplicitazione, non esclusiva, nelle cosiddette primarie. Consultazioni aperte e pubbliche quindi per tutte le cariche e per tutti i livelli.

Ma non basta: occorrono modalità precise e condivise per raccogliere le candidature e per far conoscere i programmi delle formazioni politiche, dando dimostrazione della adeguatezza dei diversi candidati a ricoprire gli incarichi pubblici. Queste azioni vanno sostenute con il concorso della spesa pubblica, e non sono in alcun modo ascrivibili allo spreco, in quanto contribuiscono ad allargare gli spazi della democrazia.

Calandomi nel concreto, con riferimento alle istituzioni del nostro territorio, Regione in primis, per quanto riguarda gli alti incarichi, da assessore a dirigente soggetto allo spoil system, occorre verificare e discutere pubblicamente i curriculum dei candidati, valutando le esperienze effettuate e il loro potenziale innovativo.

Che fare allora? Una proposta interessante potrebbe essere quella di prevedere obbligatoriamente (meglio se per legge o regolamento) e comunque da subito, che ciascun candidato a posto di alta responsabilità venga preventivamente sottoposto a valutazione da parte di un’apposita competente commissione, la quale discuta con il medesimo candidato la sua esperienza e  con lui si confronti sull’adeguatezza delle qualità tecniche, professionali e relazionali rispetto all’incarico da ricoprire. Le sedute di tali audizioni dovrebbero essere pubbliche e rese accessibili ai cittadini attraverso la televisione e i siti internet istituzionali.

Negli Stati Uniti tale procedura è prevista per gli alti incarichi conferiti dal Presidente, che diventano efficaci solo dopo il nulla osta dell’apposita commissione senatoriale. È un modello che ha funzionato e funziona. Il Presidente può proporre per alti incarichi pubblici chi vuole, anche suo fratello, ma lo deve sottoporre ad un severo vaglio pubblico, con le modalità accennate. Se la commissione non si convince della bontà della proposta, la stessa viene accantonata con la bocciatura del candidato. Una siffatta procedura applicata, mutatis mutandis, alla casistica italiana farebbe rinunciare molti candidati nel giro di pochi minuti dal colloquio valutativo. Altri invece passerebbero a testa alta, con beneficio della res publica.

Su questi argomenti il dibattito è aperto, ma non si possono ritardare decisioni che devono far prevalere comportamenti virtuosi. Le forze politiche sarde, anche come esercizio di sovranismo, si muovano per quanto sanno fare in questa direzione, assumendo le migliori pratiche in vigore nell’ambito europeo ed internazionale. Tutto ciò costituisce un terreno di confronto non secondario anche nella costruzione dei programmi elettorali sardo ed europeo, che devono contemplare le modalità di gestione virtuosa della cosa pubblica. Anche in questo caso dobbiamo superare un certo provincialismo nella ricerca del meglio, ed è pertinente il richiamo al concetto: la Sardegna e l’Europa si salvano insieme.

Franco Meloni

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5 Comments

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  2. casumarzu says:

    di cosa si parlava? a già… del gioco calcio!
    giochiamo, giochiamo…

  3. Cazzate Epocali 2 says:

    Biolchini! A quando un bel post dove dal tuo vangelo spiegherai se oggi lo stadio is arenas è una struttura amovibile o inamobibile? Perchè non fai sapere ai tuoi fedeli di come il comune di Cagliari si sta “impegnando” per far tornare il Cagliari a giocare al Sant’Elia, e di come il sindaco Zedda sia bravo (a parole)?

  4. casumarzu says:

    Analisi ineccepibile, proposte avvincenti ma concretamente irrealizzabili.
    Purtroppo vista dall’interno della pubblica amministrazione, le cose vanno anche peggio e il controllo popolare di cui si parla è praticamente ostacolato da una serie di meccanismi normativi e burocratici che annullano gli sforzi prodotti per un’amministrazione trasparente.
    Sulle nomine dei dirigenti, alte professionalità etc. etc. potrei dire…buongiorno!
    Benvenuti nel mondo dei lecca-culo con e senza titolo?
    Qualcuno forse ricorda la vicenda di “AQUILA SAPIENTE” (http://www.youtube.com/watch?v=12dH2Ex8v1U), piccolo uomo della tribù dei dipendenti regionali, che con pochi altri colleghi, manifestò (2007-2008-2009) contro le ingiustizie e l’elusione delle regole in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di alta professionalità.
    Ma l’opinione pubblica bollò la questione come un capriccio di un dipendente regionale (che in quanto tale un “privilegiato”) ignorando che nei ruoli di “comando” si posizionava una classe pseudo-dirigente costituita da gente senza esperienza, con curriculum inconsistenti, scarsa o nulla conoscenza delle lingue straniere, disposti a rinunciare alla propria dignità e calpestare quella dei collaboratori, pur di non perdere la posizione (e la retribuzione) conquistata (qualcuno ha notato che dal sito RAS è sparito il servizio Trasparenza e comunicazione compresa la pubblicazione, doverosa, delle retribuzioni dei dirigenti?).
    Oggi che la crisi economica tiene sotto pressione anche strati della società fino a qualche anno fa considerati al riparo, ci rendiamo conto che il clientelismo sfrenato e sdoganato produce qualche serio problema di gestione e utilizzo delle risorse disponibili (che comunque non sono poche e potenzialmente anche più consistenti). La soluzione? Guardiamo come fanno gli altri, se va bene per loro, andrà bene anche da noi! No?
    L’argomento mi provoca conati di vomito, sono costretto a fermarmi qui..

  5. Francesco Sechi says:

    Berlusconi è stato ed è l’alibi della politica e del giornalismo mediocre. Era ed è più semplice parlare di lui che non trattare i temi che sollevi giustamente in questo intervento. Ma se ne poteva parlare già nel ’94 anziché attendere 20 anni. E invece, siccome si è parlato esclusivamente di Berlusconi, ora che la sua’carriera politica’ si è conclusa ci troviamo ancora al punto di partenza. Meglio tardi che mai o forse…..è troppo tardi.

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