Politica

Ci scrive Laura: “Chavez, un’occasione perduta. Ecco perché da venezuelana non piango per lui”

Laura Giuffrida è una ragazza venezuelana che da anni vive e lavora a Cagliari. Qualche settimana fa, sconcertata per la reazione della nostra stampa alla morte del presidente Chavez, mi ha chiesto se mi avrebbe fatto piacere pubblicare su questo blog il suo punto di vista sulla situazione politica e sociale che si vive nel suo paese. Questa è la sua riflessione e la sua testimonianza. Grazie Laura.

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Il Governo della Repubblica Bolivariana di Venezuela ha annunciato lo scorso 5 marzo alle 22.30, orario italiano, la morte del Presidente Hugo Chavez Frias. Istantaneamente, il mio cellulare ha ricevuto messaggi e chiamate perse. Quella che mi interessava di più era la chiamata dei miei genitori, che cercavano di comunicare dal Venezuela. Dopo un po’, abbiamo rinunciato a sentirci e abbiamo comunicato tramite sms. Mia mamma ha scritto: “Chavez è morto: e adesso?”. Bella domanda…

Dopo aver fatto zapping nei canali nazionali alla ricerca di notizie, sono andata al letto e ho cercato di addormentarmi inutilmente per un paio d’ore. Alla fine sono rimasta a riflettere nel buio. Ero triste per la morte di Chavez? Assolutamente no. Ero contenta, come avevo sempre pensato che sarebbe successo da quando ho lasciato il mio paese? Stranamente no. Ho sentito solo ansia. Una paura enorme per il destino mi ha invaso.

L’indomani mattina sono andata al lavoro, i miei colleghi mi hanno dato le condoglianze. Ricevute gentilmente ma non sentite. Addirittura un collega mi ha chiesto se fosse vera la teoria dell’avvelenamento. La domanda mi ha dato moltissimo fastidio. Mi alzo e vado a prendermi un bicchiere d’acqua e una collega mi ha detto: “Nelle foto dei giornali ci sono un sacco di foto che fanno vedere della gente che piange Chavez, sei sicura che lui fosse cosi cattivo come dicevi?”. Torno alla mia postazione, di fronte al computer, entro nella rete e cerco un giornale e poi un altro e effettivamente trovo soltanto immagini di persone che piangono. Ascolto nuovamente il discorso di Nicolàs Maduro, attuale presidente incaricato del Venezuela ed è in questo momento che capisco tutto. Maduro ha convocato i “fedeli” e un gruppo di giornalisti nazionali ed internazionali a radunarsi in determinate piazze del centro di Caracas. Como risultato i giornali italiani hanno scritto: “Tutto il Venezuela piange la scomparsa di Chavez”.

Cerco un po’ di conforto fra la comunità venezuelana nei social network cercando di monitorare le bacheche dei miei amici virtuali. Sono le 9.00 in Italia e in Venezuela ancora si dorme. Nonostante ciò, i numerosi venezuelani che abitano fuori dal paese, dispersi per il mondo, sono connessi ed è viva la preoccupazione per le loro famiglie e per il nostro paese. Mi attira particolarmente il fatto che molti di loro abbiano pubblicato diversi articoli che parlano del Chavez che noi abbiamo conosciuto. Allora mi rendo conto che anche molti di loro sono stati interrogati sull’eventuale disperazione che la morte del presidente avrebbe provocato nell’intero paese. Continuo a leggere le bacheche e mi colpisce che alcuni amici italiani salutino il comandante con evidente abbattimento. Incuriosita commento uno dei tragici epitaffi e scrivo: perché tutta questa tristezza? Il mio amico risponde con un messaggio lunghissimo nel quale si evidenzia la parola “Eroe”. Non condivido l’emozione e pertanto gli domando come mai può affermare con tanta convinzione ciò che dice. Magari è stato in Venezuela? “Non ci sono mai stato, ma sono andato a Cuba nel mio viaggio di nozze”, mi risponde.

Un altro di questi che io chiamo “chavisti per corrispondenza”, mi spiega con evidente noia che il suo giornalista italiano preferito non condivide il mio punto di vista. “Ma questo giornalista, quanto tempo è stato in Venezuela quando ha scritto l’articolo di cui mi parli?”, domando io. “Pochi giorni” è stata la sua risposta. Magari lui è più informato di me, io metto sul piatto una permanenza di soli di 26 anni, dei quali dieci sono passati sotto il regime del Presidente Hugo Chavez.

Dopo un paio di giorni senza poter dormire, prendo una decisione, devo fare qualcosa. Torno nel mio paese? Lo comunico a mia madre, che risponde con un mix di sorpresa e panico: “L’unica cosa che ci da un po’ di pace è la certezza che tu sia lontana da questo posto. Rimani li!”. In seguito a diverse giornate di insonnia, prendo un’altra decisione: devo liberarmi di tutta la rabbia accumulata per l’idolatria che mostrano i mezzi di comunicazione nei confronti della morte del “Caudillo Venezuelano”. Cosa faccio? Racconto la mia versione, le cose che ho vissuto e le cose che vivo? Mi travolgono i dubbi. Non sono una giornalista, sono un ingegnere. Scrivere non è il mio punto forte, ancora meno quando devo farlo in una lingua che non riflette i miei sentimenti, poiché non è la mia madrelingua.

Aspetto qualche giorno e spero che qualcuno dica le cose per me. Alla fine accade: una delle più importanti riviste italiane che si occupa di politica e alcuni programmi di opinione parlano dell’inefficienza del governo, delle eccentricità del personaggio, dello spreco delle risorse provenienti dal petrolio. Per me però non è abbastanza. Devo fare qualcosa, devo dire ciò che sento e penso. Perché devo farlo? Per la mia tranquillità emotiva e psicologica, per la mia famiglia e per i 6 milioni e mezzo di venezuelani che hanno avuto il coraggio di dire NO nelle ultime elezioni presidenziali, manifestando in questo modo che per noi Chavez non è mai stato un eroe.

Voglio rispondere con dei fatti a chi non ha mai avuto la possibilità di conoscere il lato oscuro del comandante, poiché molta dell’informazione che arriva in Italia mostra soltanto una faccia dei 14 anni del suo governo.

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Nella fase di esordio dell’incarico presidenziale, la vocazione sociale e il desiderio di profonda trasformazione del paese erano aspetti fondamentali nel discorso politico di Chavez. Allora il paese rivelava l’emergenza della palese povertà di alcuni strati della società, soffriva di una indifferenza politica cronica e una apatia generalizzata, sintomi provocati da decenni di governi che non riuscivano a riconoscere la realtà del paese e pertanto sorreggevano un sistema in processo di decomposizione.

Una cosa è avere una vocazione sociale ed un’altra completamente diversa è il modo in cui si mette in pratica. Quando io ascoltavo le prime promesse del comandante circa la fine alle diseguaglianze sociali, immaginavo che si trattasse di un aumento della qualità della vita dei più bisognosi e dunque un equilibrio nella società venezuelana. Non mi sarei mai immaginata che il proposito di ovviare alle diseguaglianze volesse dire dichiarare guerra ai “ricchi” (ovviamente a quelli che non avevano appoggiato la sua campagna elettorale), far sparire la classe media e livellare gli strati della società verso un comune status di povertà.

Chavez se ne è andato e non ci ha lasciato né una democrazia più forte né un vero socialismo. Se ne è andato e non ci ha lasciato né una economia prospera né un paese libero da esclusioni sociali. Anzi, ci ha lasciato una nuova borghesia, la cosi detta “Boliborghesia”, formata dai suoi simpatizzanti politici, i suoi amici e parenti. Non ha mantenuto la promessa di affidare una autonomia economica ai poveri, poiché oggi dipendono molto di più dal governo e dal petrolio. Si è valso dall’aumento dei prezzi del “grezzo” per stabilire un crescente assistenzialismo che gli ha garantito la sua permanenza nel potere fino al giorno della sua morte.

Insomma, lui poteva insegnare a pescare al popolo ma si è accorto che regalare il pesce era molto più conveniente.

Parte del programma di governo era dedicato alla creazione delle “Misiones”, la cui pessima gestione, metodi sleali e scopi ambigui hanno rovinato ciò che poteva essere una strategia eccezionale. I venezuelani potevano partecipare a questi programmi (misiones), indirizzati a risolvere problemi basilari come l’analfabetismo, la situazione di emergenza della sanità pubblica e l’edilizia residenziale popolare; ma dopo un po’ queste iniziative sono diventate una semplice via per intensificare lo scambio di denaro per voti. Le statistiche della sanità sono migliorate per effetto degli scambi che il comandante portava avanti con Cuba, procurandosi medici in cambio di petrolio (uno degli indicatori sanitari più conosciuti a livello internazionale è la quantità di medici per numero di abitanti), ma questi lavoravano nelle favelas solitamente con il supporto della loro professionalità ma con equipaggiamenti e servizi sanitari indecenti.

Analogamente, le statistiche della educazione sono migliorate perché per il governo bolivariano il cosiddetto “non analfabeta” è quello che si è iscritto nella apposita “Mision” per imparare a scrivere e a leggere, senza tener conto di chi effettivamente impara a farlo (bisogna considerare che l’iscrizione al suddetto programma veniva incentivata da una rata mensile ricevuta). In tema di case popolari, ha detto molto di più di ciò che ha fatto. Infatti, nei 14 anni di governo chavista sono state costruite meno case popolari che nei governi precedenti, anche se questi sono rimasti soltanto per 5 anni.

Il ri-battezzato nuovo caudillo latinoamericano ha usato la democrazia solo per farla diventare un ibrido ideologico creato da lui. Chavez ha ottenuto il potere tramite elezioni, ma subito dopo ha dato inizio a una serie di cambiamenti nella costituzione, con lo scopo unico di indebolire il sistema democratico e assicurare in questo modo la continuità di un regime che ha portato al Venezuela in testa negli elenchi dei paesi più corrotti e violenti del mondo, sotto la facciata della legittimità democratica.

Il Venezuela, uno dei paesi con più risorse naturali nel mondo, è rimasto impoverito, fratturato, catturato in un deficit fiscale di più del 20 per cento del PIL e in uno dei tassi di inflazione più alto del continente americano.

Allo stesso modo, il paese è caduto negli ultimi posti delle liste che valutano la competitività internazionale e l’attrattività degli investimenti. Durante il governo chavista, il Venezuela ha rivelato una caduta enorme nella sua capacità produttiva, anche nel settore petrolifero; dato che rappresenta una incoerenza impressionante, poiché negli stessi anni il prezzo del grezzo si è alzato in modo rilevante e costante (nel 1998 un barile di petrolio era pari a 9 dollari, nel 2008 un barile si vendeva a quasi 146 dollari).

Relativamente a questo settore economico, il comandante ha ereditato un sistema petrolifero che allora produceva 3,3 milioni di barili al giorno; di questi 2,9 milioni si esportavano con la produzione di guadagni immediati. Attualmente l’industria petrolifera venezuelana produce solo 2,4 milioni di barili giornalieri (grazie alla povera gestione e alla nazionalizzazione improvvisata di “Petroleos de Venezuela PDVSA), dei quali esporta con guadagno immediato soltanto 900 mila. Il resto della produzione è destinata al consumo interno (praticamente gratis, il che ha originato un traffico illegale di benzina), al saldo dei debiti acquisiti con la Cina negli ultimi anni e al servizio dei numerosi “regali” per gli amici del caudillo, chi si è sempre distinto per la magnanimità nei confronti di diversi paesi del Sud America e dei Caraibi, mediante donazione di questa risorsa a prezzi vergognosamente bassi contro tempi di saldo dei conti lunghissimi.

Uno di questi paesi “Amici” è Cuba, che riceve 100 mila barili al giorno, dei quali una bella percentuale è subito rivenduta a prezzi molto più alti. Il più grande paradosso è che i soldi che arrivano oggi in Venezuela come prodotto dell’esportazione del petrolio – vale a dire il risultato della vendita di quei 900 mila barili al giorno precedentemente nominati – arrivano dagli Stati Uniti, paese che Chavez ha sempre bollato come “l’odiato Impero”.

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Ma tutti questi problemi economici non sono un granché paragonati con le conseguenze del modus operandi del governo chavista nella società venezuelana. Niente mi fa più male della distruzione di migliaia di famiglie e della creazione di un paese completamente polarizzato, pieno di risentimenti e desideri di vendetta. Per anni e anni il presidente si è impegnato a dividere e a seminare odio. Seminava odio quando nel suo programma il saluto era “Patria, socialismo o muerte”, frase che solitamente veniva preceduta da diversi gesti che simulavano dei colpi a pugno chiuso. Questo atteggiamento, sommato alla tolleranza della criminalità che ha caratterizzato il periodo chavista, ha triplicato il tasso di omicidi negli ultimi anni (passando da 22 omicidi per ogni 100.000 abitanti a 74). Nel 2012 sono state uccise più di 21 mila persone e in questo anno i numeri non mostrano neanche il minimo miglioramento.

Per avere idee più chiare, le statistiche antepongono Caracas a Kabul e Bagdad in termini di violenza. Inoltre alcuni organismi internazionali assicurano che la nostra città capitale è diventata il rifugio prediletto di falsificatori, trafficanti di essere umani, di droghe e di armi. Molti dicono che è un miracolo che il mio paese non sia arrivato alla guerra civile, molti altri si sentono in mezzo ad una guerra silenziosa e strisciante che ogni giorno uccide molti innocenti.

Un altro elemento peculiare di questo periodo di governo è stato l’abuso di potere, tradotto in autoritarismo e intimidazione. Le imprese pubbliche, la giustizia, le forze armate, il potere elettorale, funzionano oggi come parte del movimento chavista e non come le istituzioni pubbliche che dovrebbero rappresentare. Chavez, con il suo Partito-Stato ha schiacciato la stampa nazionale e l’opposizione fino alla loro scomparsa. Ha chiuso più di 30 stazioni di radio e televisione a livello nazionale. Attualmente, esiste solo un canale filo-opposizione e ha i minuti contati. La conseguenza di tutto questo? Nelle case di molti venezuelani, da diversi anni, arriva soltanto il discorso chavista.

Altra istituzione fondamentale che ha sofferto il totale controllo da parte del governo negli ultimi anni è il Potere Elettorale (in Venezuela è un potere come l’esecutivo e il legislativo). La gente solitamente mi chiede se Chavez ha vinto sempre le elezioni democraticamente. Si, lui ha vinto. Democraticamente? Non potrei mettere le mani sul fuoco. Infatti, per rispondere a questa domanda sarebbe utile fare un’analisi del clima politico nel quale si celebrano sempre le elezioni.

Innanzitutto esiste una notevole sproporzione tra i mezzi di promozione elettorale che possiede l’opposizione e quelli che possiede il governo, come si può notare velocemente analizzando le due campagne, nelle quali il vantaggio chavista è evidente. A questo assunto si può sommare l’intimidazione creata dallo stesso sistema elettorale. Nel mio paese si vota elettronicamente: per far adempiere il diritto di voto, l’elettore deve lasciare la sua impronta digitale in una macchina che immediatamente lo mette in relazione con i suoi dati anagrafici. Successivamente, entra in una cabina chiusa e realizza l’atto del voto premendo un bottone in un computer. Questo sistema permette dopo di correlare i dati anagrafici al voto emesso dal cittadino? Potrebbe essere. Nelle ultime settimane “l’intimidazione elettorale” è arrivata a livelli estremi. Il Ministro della Difesa ha minacciato di “rompere la faccia a quei fascisti” facendo chiaro riferimento ai membri della opposizione.

Sebbene tutto questo sembri abbastanza, tuttavia ciò che più rimprovero a Chavez è stato quello che non ha fatto. Pochi capi di stato hanno avuto un supporto popolare di questa ampiezza e hanno contato nello stesso tempo su risorse economiche tanto numerose come quelle che ha avuto a disposizione il defunto presidente in questi 14 anni. Lui avrebbe potuto fare qualsiasi cosa, anche compiere le promesse di far diventare il Venezuela un paese migliore. Nonostante questo, ha scelto di usare i soldi pubblici per il suo beneficio e per il beneficio del regime che ha edificato; con queste risorse ha mantenuto uno stato corrotto, si è procurato dei voti e ha comprato armi, distribuite fra i gruppi armati che lui stesso ha creato per intimidire al popolo (i famosi “Circulos Bolivarianos”).

Da poco ho letto che altri paesi del Sud America – tra cui Perù, Argentina e Brazile – hanno ottenuto migliori risultati nella loro lotta contra la povertà, in tempi più brevi e in alcuni casi con risorse minori. Per questi motivi penso che Hugo Chavez Frias dovrebbe essere ricordato soprattutto per l’inefficienza della sua amministrazione e come ha detto un noto economista, merita di essere ricordato come una opportunità persa.

In risposta alla domanda che mi fanno in continuazione amici e conoscenti: confermo che andrò a votare all’ambasciata venezuelana di Roma il 14 aprile. Perché è il mio dovere e il mio diritto, e soprattutto perché la speranza è l’ultima cosa che si perde.

Laura Giuffrida

 

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45 Comments

  1. Kendra says:

    mah! Penso che non m’arriverà mai il giorno di capire come fa uno straniero a giudicare la politica degli altri, sia a favore che in contro. Parlo per me, per quanto io possa essere informata della situazione politica/economica/sociale di un’altra nazione, non mi permetterei mai di dire che lì le cose sono meravigliose/terribili se non ci ho mai vissuto, anche se un paio di messi.
    Mia nonna diceva sempre: meglio non desiderargli il male a nessuno, ma lasciarlo nelle mani di Dio…e fu così che Chavez è morto senza poter parlare. Non ci poteva essere una morte più brutta per un amante delle chiacchiere 😉 … cattivo è chi lo cattivo fa!
    Ho 21 anni… ai 18 anni sono andata via dalla città più bella e pericolosa: Caracas, ma ogni giorno voglio soltanto tornare! ed è questo -piuttosto che la vera identità di Chavez- che voi stranieri non sapete cosa significa (e vi auguro che non lo vivrete mai): voler vivere tutta la tua vita nella tua città natale, ma non poter starci per aver paura di morire.
    e ora abbiamo come presidente Maduro… “stupido è chi lo stupido fa!” Forrest Gump xD
    e vai… pazienza venezuelani!!

  2. Marco Mereu says:

    Il giudizio, oramai, storico-politico su Hugo Chavez deve includere necessariamente sia la politica estera che quella interna, tenendo bene a mente quali erano i suoi obiettivi dichiarati, ossia la realizzazione del sogno, dell’utopia bolivariana: la liberazione dell’America latina. Una liberazione, un riscatto, che per Chavez poteva avvenire esclusivamente con un altro sistema politico, economico, culturale e sociale: il socialismo. Un socialismo da conquistare, non attraverso una rivoluzione armata, ma bensì perseguendo la via democratica, meno dirompente, priva di inutili spargimenti di sangue, ma politicamente efficace e soprattutto inattaccabile agli occhi della comunità internazionale.
    Inoltre, il socialismo di Chavez uscendo dai confini venezuelani, andando in soccorso agli stati che egli chiamava fratelli, scambiando petrolio con cibo, petrolio con risorse umane e prestando denaro a tassi irrisori, mise le basi per la costruzione di un’alternativa economica alle ricette liberiste.
    Su tali premesse, secondo la mia opinione, si deve basare il giudizio politico che tutti, venezuelani e non, possono esprimere sulla figura di Chavez. Personalmente, anche rafforzato dalla testimonianza ospitata,tra l’altro priva di inopinabili racconti o fatti diretti e indiretti, arrivo alla conclusione opposta. E’ socialismo, infatti, il programma per la riduzione dell’analfabetismo, quello per l’assistenza sanitaria pubblica gratuita e soprattutto la ridistribuzione della ricchezza a favore dei poveri, che poi quest’ultima porti ad un livellamento verso il basso è fisiologico, non lo è solo per chi continua a ragionare su dati statistici basati sulla media dei polli. Il fatto che tali programmi funzionino male o in parte non li mette fuori dall’ideale socialista: anche la democrazia ha i suoi limiti ma non per questo la si deve buttare nel cesso. Constato che è ormai prassi dei socialisti svendere il proprio ideale solo perché funziona male, i liberisti si guardano bene dal fare tali ragionamenti sui disastri compiuti dalla loro finanza di mercato.
    L’eterna lotta tra il bene e il male, bontà o cattiveria, non sono le qualità che ci si aspetta da un leader socialista, sono consapevole che Chavez non fosse tenero con i nemici, dentro e fuori dal Venezuela, però è riuscito a salvaguardare, dopo un golpe made in CIA, la democrazia del paese dalle fisiologiche spinte staliniste del socialismo. La riprova sta nelle immagini passate in questi giorni dai nostri tg, che mostrano le strade di Caracas strapiene di militanti dell’opposizione chavista, sostenitori del candidato Capriles.
    Buona fortuna Venezuela.

    • senzasenso says:

      Intanto come previsto da chi non ne capisce niente di Venezuela, la destra democratica sta organizzando un golpe democratico contro la sinistra anti-democratica. Per le strade si organizza un democraticissimo assalto al medico cubano e si bruciano “democraticamente le sedi del Psuv.
      D’altronde gli oltre 170 osservatori internazionale hanno certificato che le elezioni sono state regolari (tra questi c’era la delegazione spagnola, notoriamente chavista) e Maduro ha ricevuto le felicitazioni di tutti i governi dell’America Latina, anche di governi di destra, come quelli cileno e messicano.

      • Marco Mereu says:

        Quello che sta avvenendo dopo le elezioni venezuelane e la chiara dimostrazione dell’ingerenza degli Usa sull’America Latina. La vittoria risicata dei socialisti permette a Capriles di instillare il dubbio di brogli, producendo inevitabili scontri tra le due fazioni. Lo scopo, peraltro dichiarato e basato sul presupposto che Maduro non è Chavez, è quello di portare il neopresidente venezuelano ad aprire un dialogo con l’opposizione, nel tentativo, caro agli americani, di contenere entro i confini venezuelani le risorse petrolifere e soprattutto il socialismo chavista.

  3. Diosantos says:

    Governare e imporre la propria volontà sono due cose diverse. Ecco perché abbiamo un paese spaccato in due gruppi. Da una parte Chavez si è sforzato di dirigere lo Stato solo per la classe popolare e dall’altra ha tiranneggiato contro la cosiddetta borghesia venezuelana, in realtà contro tutti quelli che non lo seguivano. Seminando odio tra di noi, usando un linguaggio volgare e autoritario. Sono tante le cose da dire: ha cambiato il nome del paese, ha cambiato la costituzione, ha cambiato i nomi delle istituzione dello Stato, ha messo un controllo di cambio CADIVI (secondo lui per evitare la fuga di capitali);ha cambiato i simboli patri, alcune date storiche; ha dato a centinaia di medici cubani posti di lavoro privilegiandogli; ha aiutato a gran parte di Latinoamerica col nostro Petrolio, però a Casa nostra si è proprio dimenticato dei veri e propri problemi: Insicurezza al primo posto; la inflazione; la sua diplomazia petrolifera, cioè regalare petrolio.

  4. Delimary says:

    Venezolanos silencio que ahora los periodistas italianos nos explican quien era Chavez y en que situación esta Venezuela actualmente. Gracias

    • dávide.m says:

      Lo que os pica es que los venezolanos son los millones que salieron a la calle para despedir al comandante Chávez y ahora están todavía en las avenidas de Caracas y van a eligir a Maduro. Lo que os jode es que, por mucho que sigáis insultando, tergiversando, mintiendo, antes había un solo Chávez, luego seremos millones, así que, Delimary, no pongas enferma… tranquilizate por Dios!

      • Creo que los que deben tranquilizarse son los que NO CONOCEN la realidad venezolana desde ADENTRO y opinan a favor del gobierno de Chavez sin saber las penurias que realmente esta viviendo mi querida Venezuela.
        Este articulo de Laura expresa muy acertadamente nuestra realidad y el hecho que ‘millones salieron a la calle para despedir al comandante Chavez’ NO es indicativo de politicas acertadas. Precisamente el pueblo que sigue a Chavez, ese pueblo, debe ser educado para trabajar por un pais productivo y no por dinero facil que es a lo que los acostumbro el chavismo y es la unica razon por la que tienen aun seguidores. Tener seguidores es facil PARA CUALQUIER GOBIERNO cuando los ingresos del barril de petroleo de multiplican por diez!. Regalar dinero para mantener contenta a la gente es MUY FACIL si el dinero te esta ‘cayendo del cielo’ y sin hacer NADA. Lo que no es facil es construir un pais y hacerlo eficientemente sin quebrar toda la empresa privada y acabar con el sistema economico venezolano como lo hizo Chavez.
        HOY Venezuela a pesar de la cantidad abismal de ingresos petroleros que tiene, solo en los ultimos tres años se DUPLICO la deuda publica…y ese dinero no se esta invirtiendo de manera sustentable. Como lo documento Laura, el gobierno de Chavez ha perdido una oportunidad de ORO para llevar a Venezuela a ser un mejor pais, mientras tanto, lo que ellos hicieron ha llevado a mi pais a tener ciudades en el tope de rank de ciudades mas violentas del mundo.
        Si todo el que opina a favor de Chavez desde afuera supiera lo que es tener vivir sabiendo que probablemente no llegaras a tu casa porque te MATARON POR UN CELULAR (por ejemplo) estoy segura que NO estaria apoyando ese gobierno. Yo amo mi pais, y quiero verlo recuperado y en paz y eso solo se lograra con un nuevo gobierno que no incentive la violencia y el resentimiento como lo hizo Chavez y lo hacen sus seguidores.

      • dávide.m says:

        pues los únicos que tienen que ser educados son lo que opinan como tú: educados a respetar al trabajador, al necesitado, al enfermo, a quien no tenga recursos para que pueda valerse por si mismo… educados finalmente al hecho de que la mayoría gana las elecciones y gobierna: se llama democracia (y hablo de elecciones, no golpes de estado, sabotajes petroleros etc etc)

      • senzasenso says:

        como es esto?
        Los que no son venezolanos no pueden opinar (si van por chavez, por supuesto) y los venezolanos que son chavistas tienen que ser educados?
        Esta si que es democracia!

        Traduzione:

        Chi non è venezuelano non può esprimere le proprie opinioni (chiaramente solo se chavisti) e i venezuelani chavisti deveno essere “educati”?
        Questa si che è democrazia!

      • Andrea says:

        Clarisimo que pueden, la cuestion es que tengan la suficiente informacion para hacerlo. Entiendo que esa era la finalidad del articulo, que conozcan la vision de la otra mitad del pais (porque segun las elecciones pasadas somos casi la mitad los que NO queremos este gobierno)…

        Con respecto a que “los chavistas tienen que ser educados”, a lo que creo que se referia AnaG es justamente a darle herramientas a aquel que como dice davide no tiene recursos para valerse por si mismo pueda hacerlo. Las misiones de Chavez, aunque mal que bien mejoraron un poco la calidad de vida del pobre, lo hizo MUY dependiente del gobierno nacional… Tanto asi, que la amenaza de Maduro (aparte de la fulana maldicion de Caparapana) es que si no votan por el se van a joder porque van a perder esas misiones de las cuales dependen tanto (me disculpan, pero me parece que eso a la larga no soluciona absolutamente nada)

        Y en cuanto a que la mayoria gana las elecciones y gobierna… Si se informan un poquito mas, podrian ver el ABUSO de poder de parte del gobierno nacional en practicamente todas las elecciones. Tanto Chavez en su momento, como Maduro ahora, utilizan los recursos del estado (dinero de TODOS los venezolanos, incluyendo a los que se oponen al regimen) para sus campañas. Cadenas nacionales DIARIAS, un poder electoral completamente corrupto (la presidenta es militante del PSUV abiertamente), un ministro de defensa que expresa abiertamente que la mision de la guardia nacional es llevar a Maduro a la victoria, y una justicia completamente CIEGA ante todo esto… Me disculpan nuevamente, pero para mi y para muchos (hay mas de 200 denuncias ante el CNE actualmente sin ningun tipo de respuesta), eso no tiene tanta pinta de democracia…

      • senzasenso says:

        si chiama Stato sociale, prima di Chavez era del tutto assente in Venezuela e se vincerà Capriles, scomparirà di nuovo. Inoltre , le risorse naturali con cui gli interventi vengono finanziai verranno di nuovo svendute e regalate all’occidente. E’ quindi vero che se vincerà Capriles, le masse povere del paese verranno abbandonate, esattamente come era prima di Chavez (non era una minaccia, ma una semplice analisi storica e dell’esistente).
        Cmq, vediamo cosa accadrà alle elezioni e speriamo che non ci sia da parte di nessuno la voglia di Golpe.
        Tranquilli, se verrà fatta da Capriles y CIA (si può leggere come CIA o compagnia, in questo caso) potrete sempre convincerci che si tratta di un Golpe democratico, come l’ultima volta.

      • Carlotta says:

        Creo que en muchos escapan el verdadero significado de la democracia y el respeto o la educación (no sólo en Venezuela cfr. http://www.gennarocarotenuto.it/22847-i-dieci-saggi-impresentabili-di-napolitano-volete-la-guerra-civile/). Yo sé un poco español, así que pido disculpas por los errores.

        Traduzione
        Io penso che a tanti sfugga il significato vero di democrazia e di rispetto o di educazione (non solo in Venezuela). Conosco poco lo spagnolo quindi mi scuso per gli errori.

  5. maria soto says:

    Io sono venezuelana mi trovo qui in sardegna da 22anni, e vi posso garantire che quando ho lasciato la mia Bellissima citta Maracaibo, si staba ancora benenone e c’era delincuenzia ma non ai livelli di adesso..la polizia della qualle tu non poi avere fiduccia, ansi paura..e tante altre cose..che non basta tutta questa pagina per elencare le cose che non vanno….

    • Bruno Ghiglieri says:

      Invece prima andavano meglio… Strana “dittatura” quella che non riesce a garantire l’ordine pubblico… Ma niente paura, ci penserà il vostro Capriles, l’uomo delle multinazionali statunitensi, a ridarvi la speranza. Proprio ieri ci ha regalato un’altra “perla”: “Perché i venezuelani dovrebbero votare per me? Perché io ho studiato, sono un avvocato e so governare, mentre Maduro è solo un ex conducente di autobus” (notizia riferita stamattina a RAI-Radio3-Mondo, notoriamente un programma chavista). Poi ha aggiunto: “Mi ispiro a Lula, sono socialista”. Peccato che Lula sia un convinto chavista (http://video.corriere.it/brasile-lula-maduro-presidente-venezuela-che-chavez-sognava/c2b2e754-9b7e-11e2-9ea8-0b4b19a52920), e che il “socialismo” di Capriles assomigli piuttosto a quello di Carlos Andres Perez, colui che nel 1989 “mobilitò l’esercito per soffocare nel sangue la rivolta popolare contro un pacchetto di misure anti-crisi imposte al Venezuela dal Fondo monetario internazionale. La repressione ordinata dal presidente fu particolarmente brutale in tutta la cintura dei quartieri popolari (i ranchos) alla periferia di Caracas e il numero delle vittime non fu mai reso ufficialmente noto (alcune fonti indipendenti parlarono di 3500 morti)” (fonte: Wikipedia). E’ questo il Venezuela che sognate?

      • dávide.m says:

        ello bisant su Venezuela de cando su prus de sa zente unu médicu mai l’aíant bistu in domo issoro, ca no si lu podíant permíttere; bisant su Venezuela de cando sa majoria no ischiant ne léghere e nen iscríere e como s’analfabetismu l’ant irraichinau; bisant su Venezuela de cando sos negros e sos índios e sos póberos si depiant cagliare a sa muda, de cando unu che a Chávez, mesu negru e mesu índiu, fit comente che no ésseret, che no esistiat; bisant su Venezuela de cando s’esértzitu isparaiat a sa zente chi pediant su pane…
        E allegant peri de pátria: sa pátria issoro est su contu in sa banca, sa domo manna in d-unu bichinau riccu e sas bacántzias in sos Istados Aunidos.
        Deghechimbe annos chi perdent sas eletziones e galu no l’ant cumpresu: no est Chávez!!! Est chi como chie at cumpresu de ténnere issu etottu sa dinnidade sua, sos derettos de mandigare, de tribagliare, de istare in d-una domo e no in d-una barracca, de mandare a sos fizos suos a iscola etc etc, no at a ghirare a su passau…
        e l’amos a bídere su dumínigu, l’amos a bídere!

      • Carlotta says:

        Finalmente una posizione più netta da parte di un frequentatore del bolg, nonché giornalista nostrano, che cerca di fare chiarezza sul quadro politico dei fratelli venezuelani.

        Non sta a me ricordare che al di là delle differenze tra Sud Europa e Sud America, anche da noi esiste una contrapposizione apparentemente supportata da documenti e fatti. Al lettore attento il dovere di farsi un’idea quanto più possibile vicina alla realtà, che non è monocolore, come vorrebbero i sostenitori della grande semplificazione, ma ricca di sfumature, sebbene non alterabile oltre un certo limite.

  6. Marco Fiori says:

    Condivido il punto di vista di Laura che considero addirittura generoso nei confronti di un personaggio che in un paese occidentale, ma anche nelle democrazie latine più radicate, sarebbe stato considerato un delinquente pericoloso.

    Chavez è stato un militare traditore della Patria che ha dichiarato di aver tramato per anni dentro le caserme allo scopo di sovvertire il suo Paese. Infatti fu protagonista di un tentativo di golpe del quale centinaia di cittadini furono vittime inermi, uccisi dagli spari dei carri armati nelle strade di Caracas.

    Dopo qualche anno di carcere fu inopinatamente graziato e divenne il migliore strumento nelle mani dei fratelli Castro per penetrare la democrazia venezuelana, imperfetta ma reale, che permise al Paese di crescere, fra alti e bassi, nei precedenti decenni.

    Preso il potere con regolari elezioni, il presidente si impegnò per modificare gli equilibri di forze fra i Poteri dello Stato in maniera da poter manovrare i successivi risultati elettorali in modo quasi perfetto. Tutte le elezioni che seguirono non possono essere considerate regolari e purtroppo anche le prossime, quelle per scegliere il nuovo presidente, potranno essere viziate dal fatto che il CNE (Consiglio Nazionale Elettorale) è totalmente in balia del partito del defunto.

    Chavez rovinò la vita di migliaia di persone, ree di aver partecipato ad uno sciopero generale della società petrolifera nazionale, licenziandole in tronco, non riconoscendo il diritto alla pensione, buttandole fuori dalle proprie residenze, di proprietà della società, ed addirittura non ammettendo l’acceso dei bambini alle scuole che avevano frequentato fino a quel momento. Creò una massa di intoccabili che non potevano neanche sperare di trovare lavoro nel settore petrolifero perché la Compagnia che li avesse assunti non avrebbe più potuto lavorare con lo Stato, unico committente nel paese.

    Quando fu quasi sconfitto dalla protesta generale, non ebbe remore a far puntare le armi di cecchini professionisti contro la folla ed ordinare il fuoco, causando altri lutti.

    Per tutti questi anni la violenza comune è stata un’arma nelle mani del governo che ha portato lutto e sciagure a quasi tutte le famiglie venezuelane. Con una media intorno a 350, 400 uccisi ogni settimana, facendo le debite proporzioni fra le popolazioni dei due paesi, sarebbe come Se in Italia si fossero verificati 60 mila omicidi all’anno, per un periodo di 14 anni.

    I dati sulla riduzione della povertà sono semplicemente falsi. È inutile dilungarsi.

    Infine grazie a Chavez tante persone come il sottoscritto hanno la sgradevole sensazione di essere diventate così ciniche da sentirsi soddisfatti per la morte di un essere umano.

    • Bruno Ghiglieri says:

      No, invece sarebbe meglio che lei si dilungasse. Vorrei cortesemente conoscere le fonti delle sue perentorie affermazioni. Perché le mie raccontano una realtà un po’ diversa. Sarebbe buona norma, come ci hanno insegnato all’università, apporre qualche nota in calce ai propri scritti: non guasterebbe nemmeno in un blog. Cordialità.

      • @ Bruno Ghiglieri,
        ottempero alla buona norma e soddisfo la sua curiosita’ inviandole alcuni link per darle una infarinata. Mi dispiace di non poter allegare una compilation di vari articoli, file zippato da 270 Kb, in quanto il sistema non lo permette, anche se ci tengo che ne venga a conoscenza.
        E’ gradita la fonte anche delle sue che raccontano una realta un po diversa.
        Nei seguenti link anche uno di parte del governo.
        Credo che, conoscendo cosi’ bene i problemi di “questa terra di grazia” comprenda la parlata locale.

        http://www.radionexx.com
        http://www.noticierodigital.com
        puestodecombate.org
        http://www.analisis24.com

        Cordialmente

      • Chiedo scusa per aver dimenticato un liink:
        http://www.aporrea.org

      • Bruno Ghiglieri says:

        Marco (o Mario?), non basta un generico elenco di link (alcuni dei quali notoriamente espressione della destra filo-statunitense, nella quale si riconoscono, più o meno, anche gruppi di ispirazione liberista e liberal-radicale come il Grupo Airesven e il gruppo europeo della Resistenza venezuelana Non Violenta), vorrei vedere numeri. Lei ha scritto: “I dati sulla riduzione della povertà sono semplicemente falsi”. Ecco, mi faccia vedere i dati che avvalorano la sua tesi. Poi parleremo delle mie fonti (forse meno perentorie, ma più credibili e suffragate da elementi concreti). Ma prego, cominci lei.

  7. @Laura: concordo pienamente l’esposizione di Laura e ci sarebbero molte altre cose da aggiungere. Grazie al blog di Vito Biolchini per dare spazio a queste notizie che fanno luce sulla situazione Venezolana.

  8. Pienamente d’accordo Laura,
    Venezuela durante quest’ultimi 15 anni ha avuto l’opportunità di diventare un paese eccessivamente ricco, dove sono i frutti del petrolio a 100$ il barile? L’economia Venezuelana e’ un disastro, distrutta la produzione nazionale. Socialismo? come si può parlare di socialismo quando i dirigenti politici viaggiano in macchine di lusso, porta orologi svizzeri, abitano in mega ville e viaggiano per il mondo mentre il 90% della popolazione vive in favelas, deve far la fila in supermercato per comperare (a prezzi assurdamente elevati) un pollo o un kilo di farina, rischiando la vita per mano della delinquenza… Coerenza!
    Non posso negare che Chavez fu l’unico da tutti i paesi del terzo mondo a dargli una voce “Al popolo”, alla minoranza (od almeno, cosi fargli pensare: che avevano una voce, qualcuno che gli rappressentassi, che parlassi con la loro stessa dialettica, che si mettessi dalla sua parte e non del ricco, ecc) ed e’ giustamente questo il punto dove i non venezuelani fanno fatica a capire e devono fare riflessione: Chavez e’ un eroe per avvicinarsi ai più poveri, per rompere quella barriera, ma… questo, ha dato frutti? ha creato cosi una societa’ Più civile e degna? gli ha dato di mangiare pesce una volta o gli ha insegnato a pescare per cosi mangiare autonomamente tutta la vita?
    Nei giornali e mezzi stranieri ne parlano e tanto… discorsi ideologici di sinistra lo elogiano, discorsi capitalisti lo condannano… Ma e’ inutile leggere articoli da persone che non hanno mai visto coi suoi propri occhi la realtà’ del Venezuela… Dopo la morte di Chavez, ogni volta che qualcuno mi accennava qualcosa sulla morte di quel “Eroe”, io solo rispondevo: Eroe? l’hai veramente conosciuto? Ti invito a vivere in Venezuela per un anno, vedi veramente com’e’ il paradiso che ha creato (o distrutto) l’Eroe e poi ne parliamo…

    Excelente articulo Laura.
    saludos

  9. Elena Salvati says:

    Non capisco come la gente che non è mai stata in Venezuela può “PARLARE” della nostra situazione politica ed economica… Informatevi in tanto di quanti venezuelani come me, come Laura Giuffrida e Roberto Stevanon abbiamo lasciato la nostra terra sfuggendo di tutto l’orrore che si vivi giorno tra giorno… Il 14 aprile sarà la nostra ultima opportunità di cambio! Dai Venezuelani, c’è la faremo!!!

    • senzasenso says:

      Questo discorso è fuori da ogni logica, per due ragioni:

      1- Velis nolis, i “chavisti” sono stati la maggioranza del paese per un bel po’.Loro possono esprimere la propria opinione? Oppure lo possono fare solo gli anti chavisti venezualani?

      2 – Ci si deve esprimere solo sulle “cose di casa propria”? Quindi lei è contro la libertà di espressione (ad esempio) degli immigrati in italia? Mi dispiace molto, io credo che ognuno debba e possa esprimere le proprie opinioni e mi sembrava doveroso indicare una visione diversa di un giornalista molto più esperto di me, poi ognuno si farà la propria opinione. La mia idea, ad.es, è diversa da quella di Carotenuto.
      CI si può fidare di Laura, del Pais, del Giornale, di Libero, di Cavallini e persino credere che possa esistere un golpe democratico,
      Oppure di un venezuelano chavista, di Carotenuto, di J.Carter, di O. Stone. Oppure di nessuno di questi.

      • Matteo says:

        “Ci si deve esprimere solo sulle “cose di casa propria”? Quindi lei è contro la libertà di espressione (ad esempio) degli immigrati in italia?Ci si deve esprimere solo sulle “cose di casa propria”? Quindi lei è contro la libertà di espressione (ad esempio) degli immigrati in italia?”. Non è per difendere Laura, che di certo non ha bisogno di me per farlo, ma quando mai ha sostenuto questo? E quando mai lo ha fatto Elena? C’è una bella differenza tra “esprimersi sulle cose di casa propria” intesa come nazionalità e che possano parlare di vicende di uno stato chi quello stato lo vive, immigrati compresi. E su questo, sinceramente, non vedo come si possa dare torto a chi lo dice. Troppo facile fare i chavisti per corrispondenza (come dice Laura, espressione notevole) senza aver mai vissuto in Venezuela o essendoci andati solo in vacanza.

      • senzasenso says:

        Non capisco come la gente che non è mai stata in Venezuela può “PARLARE” della nostra situazione politica ed economica…
        quindi non si deve parlare di medio oriente, delle guerre, di cuba, dell’11/9 ad es. insomma ci si deve esprime solo in merito alle vicende del suo paese o del paese in cui ha vissuto.
        Non si può neanche parlare di storia, secondo questo ragionamento, poichè non si è mai stato in quei luoghi in quel tempo.

        Ma soprattutto, mi ripeto, del venezuela possono parlare solo i venezuelani antichavisti o anche i chavisti? Perchè, velis nolis, la maggioranza dei venezuelani era (forse è) chavista.

        E noi possiamo anche leggere cronisti, analisti e storici che non siano anti chavisti ? E’ permesso? O è troppo comodo?
        E perchè poi sarebbe troppo comodo avere opinioni contrarie a quelle del 99% dei media occidentali?
        E perchè sarebbe troppo comodo confrontare le diverse posizioni e discuterne o anche solo riportarle come ho fatto io?

      • senzasenso says:

        scrivendo di getto ho letto di molti strafalcioni grammaticali, ma il senso si capisce, spero.

      • senzasenso says:

        vabbe, ancora errori grammaticali, abbiate pazienza.

      • Elena Salvati says:

        @ Senzasenso, premesso che qui nessuno mette in discussione la libertà di espressione e di pensiero e che noi Venezuelani siamo sempre pronti ad un confronto fra diverse posizioni ed opinioni, ti consiglierei qualora non l’avessi ancora fatto di trascorrere un bel pò di tempo in Venezuela così che le tue opinioni si basino su quello che realmente accade in quel paese e non, forse, soltanto su quello che i mass media occidentali vogliono farti credere.
        Senza polemica ti dico che, se tanti venezuelani hanno deciso (o sono stati costretti) ad andar via dalla loro terra, ci sará un motivo……..

      • Bruno Ghiglieri says:

        Quali venezuelani? Quelli borghesi di ascendenza italiana come lei e Giuffrida, o come il vostro candidato Capriles che vive a New York? Oppure i milioni di indigeni che per la prima volta nella loro vita hanno una casa e temono che voi “resistenti” li vogliate rispedire nelle baracche?

      • senzasenso says:

        conosco 2 venezuelani residenti in Sardegna che non sono di ascendenza italiana e borghesi e sono chavisti. Sarà un caso?

      • senzasenso says:

        va bene tutto, ma di quali mass media parla?
        Io di giornali che propongono una visione diversa conosco solo il Manifesto e Le Monde Diplomatique. Tutti i giornali occidetali più letti (el pais, el mundo, el ABC, Corriere, La Vanguardia, Repubblica, Il Fatto, il Giornale, La Stampa, Libero, etc. etc. etc.) esprimono opinioni affini alle sue. Dei canali tv meglio proprio non parlarne.

  10. senzasenso says:

    una visione opposta:

    Hugo Chávez non è stato un dirigente come tanti nella storia della sinistra. È stato uno di quei dirigenti politici che segnano un’intera epoca storica per il suo paese, il Venezuela, e per la patria grande latinoamericana. Soprattutto, però, ha incarnato l’ora del riscatto per la sinistra dopo decenni di sconfitte, l’ora delle ragioni della causa popolare dopo la lunga notte neoliberale.

    L’America nella quale il giovane Hugo iniziò la sua opera era solo apparentemente pacificata dalla cosiddetta “fine della storia”. Questa, in America latina, non era stata il trionfo della libertà come nell’Europa dove cadeva il muro di Berlino. Era stata invece imposta nelle camere di tortura, con i desaparecidos del Piano Condor e con la carestia indotta dal Fondo Monetario Internazionale. Il migliore dei mondi possibili lasciava all’America latina un ruolo subalterno e ai latinoamericani la negazione di diritti umani e civili essenziali. Carlos Andrés Pérez, da vicepresidente dell’Internazionale socialista in carica, massacrava nell’89 migliaia di cittadini inermi di Caracas per ottemperare ai voleri dell’FMI. L’America che oggi lascia Hugo Chávez, ad appena 58 anni, è un continente completamente diverso. È un continente in corso di affrancamento da molte delle sue dipendenze storiche e rinfrancato da una crescita costante che, per la prima volta, è stata sistematicamente diretta a ridurre disuguaglianze e garantire diritti.

    Non voglio tediare il lettore e citerò solo un paio di dati indispensabili. Nella Venezuela “saudita”, quella considerata una gran democrazia e un modello per l’FMI, ma dove i proventi del petrolio restavano nelle tasche di pochi, i poveri e gli indigenti erano il 70% (49 e 21%) della popolazione. Nel Venezuela bolivariano del “dittatore populista” Chávez ne restano meno della metà (27 e 7%). A questo dato affianco la moltiplicazione del 2.300% degli investimenti in ricerca scientifica e il ricordo che, con l’aiuto decisivo di oltre 20.000 medici cubani, è stato costruito da zero un sistema sanitario pubblico in grado di dare risposte ai bisogni di tutti.

    Oggi che il demonio Chávez è morto, è sotto gli occhi di chiunque abbia l’onestà intellettuale di ammetterlo cosa hanno rappresentato tre lustri di chavismo: pane, tetto e diritti. Gli osservatori onesti, a partire dall’ex-presidente statunitense Jimmy Carter, che gli ha rivolto un toccante messaggio di addio, riconoscono in Chávez il sincero democratico e il militante che si è dedicato fino all’ultimo istante «all’impegno per il miglioramento della vita dei suoi compatrioti». No, Jimmy Carter non è… chavista. Semplicemente è intellettualmente onesto ed è andato a vedere. Tutto il resto, la demonizzazione, la calunnia sfacciata, la rappresentazione caricaturale, è solo squallida disinformazione.

    Chávez entra oggi nella storia ed è già leggenda perché ha mantenuto i patti e fatto quello che è l’essenza dell’idea di sinistra: lottare con ogni mezzo per la giustizia sociale, dare voce a chi non ha voce, diritti a chi non ha diritti, raggiungendo straordinari risultati concreti. In questi anni ha cento volte errato perché cento volte ha fatto in un paese terribilmente difficile come il Venezuela. Ha chiamato il suo cammino “socialismo”, proprio per sfidare il pensiero unico che quel termine demonizzava. Chávez diventa così leggenda perché, in pace e democrazia, ha realizzato quello che è il dovere di qualunque dirigente socialista: prendere la ricchezza dov’è, nel caso del Venezuela nel petrolio, e investirla in beneficio delle classi popolari. Lo ha fatto al di là della retorica rivoluzionaria, propria di anni caldissimi di lotta politica, da formichina riformista. Utilizzo il termine “riformista” sapendo che a molti, sia apologeti che critici, non piace pensare che Chávez non sia stato altro che un riformista, ma radicale, in grado di raggiungere risultati considerati impossibili sulla base di defaticanti trattative e su politiche basate sulla ricerca del consenso e sulla partecipazione. Chávez è già leggenda perché ha piegato al gioco democratico un’opposizione indotta, in particolare da George Bush e José María Aznar (molto meno da Obama), all’eversione, esplicitatasi nel fallito golpe dell’11 aprile 2002 quando un popolo intero lo riportò a Miraflores e nella susseguente serrata golpista di PDVSA, la compagnia petrolifera nazionalizzata. È il controllo di quest’ultima ad aver garantito la cassaforte di politiche sociali generose.

    È questo che la sinistra da operetta europea non ha mai perdonato a Chávez. Per la sinistra europea l’America latina è un remoto ricordo di gioventù, non un continente parte della nostra stessa storia. È troppo facile archiviare la presunta anomalia chavista, che è quella di un Continente, l’America latina dove destra e sinistra hanno più senso che mai, ed è necessario schierarsi, come un’utopia da chitarrate estive, Intillimani e hasta siempre comandante. È troppo scomodo riconoscerne la prassi politica nelle due battaglie storiche che Hugo Chávez ha incarnato: la lotta di classe, che portò Chávez, il ragazzo di umili origini che per studiare poteva fare solo il militare o il prete, a scegliere di stare dalla parte degli umili, e quella anticoloniale che ha preso forma nel processo d’integrazione del Continente.

    Il consenso, la partecipazione al progetto chavista, si misura proprio nella vigenza, nelle classi medie e popolari venezuelane, di un pensiero contro-egemonico rispetto a quello liberale dell’imperio dell’economia sulla politica. I latinoamericani hanno maturato nei decenni scorsi solidi anticorpi in merito. Chávez ha catalizzato tali anticorpi riportando in auge il ruolo della lotta di classe nella Storia, la continuità della lotta anticoloniale, perché i “dannati della terra” continuano ad esistere e a risiedere nel Sud del mondo e non bastano 10 o 15 anni di governo popolare per sanare i guasti di 500 anni. Lo accusano di aver usato a fini di consenso la polemica contro gli Stati Uniti. C’è del vero, ma non è stato Chávez a tentare sistematicamente di rovesciare il presidente degli Stati Uniti e non è il dito di Chávez ad oscurare la luna di rapporti diseguali e ingiusti tra Nord e Sud del mondo.

    Si conceda a chi scrive il ricordo dell’intervista quasi visionaria che Chávez mi concesse a fine 2004 proprio sul tema della Patria grande latinoamericana. Sento ancora la forza del suo abbraccio al momento di salutarci. Con lui c’erano Lula e Néstor Kirchner, anch’egli scomparso neanche sessantenne nel momento di massima lucidità politica, dopo aver liberato l’Argentina dalla morsa dell’FMI e restaurato lo Stato di diritto in grado di processare i violatori di diritti umani. Poi vennero Evo Morales e tutti gli altri dirigenti protagonisti della primavera latinoamericana. A Mar del Plata nel 2005 tutti insieme sconfissero il progetto criminale di George Bush che con l’ALCA voleva trasformare l’intera America latina in una maquiladora al servizio della competizione globale degli USA contro la Cina. Dire “no” agli USA: qualcosa d’impensabile!

    Adesso, seppellita la pietra dello scandalo Chávez, tutti sono certi che l’anomalia rientrerà, che Nicolás Maduro non sarà all’altezza, che il partito socialista esploderà per rivalità personali e che la storia riprenderà il proprio corso come se Hugo non fosse mai esistito. Chissà; ma cento volte nell’ultimo decennio i venezuelani e i latinoamericani hanno dimostrato di ragionare con la loro testa. Hanno dimostrato di non voler tornare al modello che hanno vissuto per decenni e che oggi sta divorando il sud dell’Europa. La forza del Brasile di Dilma come potenza regionale ha superato con successo vari esami di legittimazione. Il processo d’integrazione appare un fatto irreversibile che fa da pilastro all’impedire il ritorno del «Washington consensus». No, una semplice restaurazione non è all’ordine del giorno anche se dovesse cambiare il segno politico del governo venezuelano, cosa improbabile sul breve termine, anche per l’enorme emotività causata dalla scomparsa di un leader così popolare.

    Da oggi qualunque governo venezuelano e latinoamericano si dovrà misurare con la leggenda di Chávez, il presidente invitto, quattro volte rieletto dal suo popolo, in grado di sopravvivere a golpe e complotti, che aveva tutti i media contro e che solo il cancro ha sconfitto. Di dirigenti come lui o Néstor Kirchner non ne nascono tanti e il futuro non è segnato. Ma il suo lascito è enorme ed è un patrimonio che resta nelle mani del popolo.

    Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it

    • Carlotta says:

      Con tutto il rispetto soprattutto per Laura e per chi da venezuelano ha una visione opposta dei fatti, trovo assai più equlibrata questa testimonianza di Gennaro Carotenuto, che certamente è un ottimo storico. Governare in un paese come il Venezuela non deve essere stato semplice ma io penso che una lezione alle cosiddette democrazie occidentali possa provenire proprio da quanto il sud del mondo sia in grado di fare per rafforzare le proprie istituzioni democratiche in modo indipendente al quale anche noi ci stiamo avvicinando sempre di più a causa di politiche che si continuano ancora a sostenere pavidamente da parte di una “sinistra europea da operetta”, ma ciò potrebbe essere un bene sotto certi aspetti.
      Come accennato anche nel precedente articolo postato da Nanni Ganau, non si dimentichi anche il ruolo avuto dalla Santa Sede ancora assai distante dai poveri. L’elezione di papa Francesco, pur col suo passato di luci e di ombre, forse potrà svolgere un ruolo determinante nell’avvicinare il Nord e il Sud del mondo e favorire un maggiore equilibrio politico, capace di mettere in campo scelte economiche e sociali che non lasci indietro nessuno.

  11. Pienamente d’accordo… Io prima ero indifferente e ho anche appoggiato certe iniziative di Chávez, como tutti l’abbiamo fatto in Venezuela, ma dopo mi sono deciso d’affrontarlo como cittadino, perché non posso convalidare tante illegalità e soprusi. Quando ha deciso nel 2006 di stampare denaro senza riserve, mi sono detto: “Questo è la copia di Lusinchi, è un Lusinchi II” (un’altro presidente molto ben voluto ma dannoso che ha avuto previamente il paese), una specie di Mugabe… E così è stato!!! Devalutazioni e restrizioni economiche si sono imposte… ¡Mentre lui e i suoi seguaci si davano la bella vita! Vediamo cosa succederà il prossimo 14 aprile 2013… ¡Distinti Saluti a tutti quelli che mi leggono in italiano!

  12. roberto stevanon says:

    Per non parlare delle persone cadure il 11 APRILE 2002

  13. Claudia says:

    Grazie a Laura Giuffrida per la sua lucida e dolorosa testimonianza e a te ,Vito,per averle dato spazio nel tuo blog .Da qui farsi un’idea precisa della realtà venezuelana é difficile, e la versione di questa realtà di chi ne ha esperienza diretta é preziosa .

  14. Nanni Ganau says:

    Articolo di Alessandra Riccio – Rivista “LatinoAmerica” –
    La morte di Hugo Chávez, dopo un calvario lungo tre mesi, ha avuto un grande rilievo internazionale, a prescindere dalla vulgata che lo voleva “caudillo”, dittatore, ingannatore del suo popolo, amico dei peggiori capi di stato del mondo. Le immagini che giungono da Caracas e dall’America Latina, parlano di un grande lutto continentale e del dolore del popolo venezuelano e di tanti cittadini dell’America Latina e del Caribe, ma non solo, e questo dolore non può essere taciuto. Sono fra quelli che hanno ammirato in Chávez il convincimento che un altro mondo fosse possibile avendo vissuto la sua infanzia e la sua giovinezza in un Venezuela dove le ricchezze immense del territorio restavano nelle mani di pochi, mentre troppi vivevano nella miseria e addirittura nella inesistenza degli indocumentati (cinque milioni di cittadini, secondo l’Onu).
    La sua infanzia povera nei llanos venezuelani, i suoi sogni di riscatto che gli avevano dato accesso alla carriera militare grazie alle sue doti di giocatore di base-ball, la riflessione condotta insieme ad altri commilitoni sulla lezione di Simón Bolívar e sul suo progetto incompiuto di una America Latina federata e unita, lo avevano indotto a fondare il Movimento Bolivariano Revolucionario 200. Da allora, non ha più smesso di preoccuparsi del destino del suo paese dove un Presidente pseudo socialista, Carlos Andrés Pérez faceva sparare sui dimostranti e dove una rivolta popolare contro le misure di austerità, nel 1989, fu soffocata nel sangue. Quella rivolta, el caracazo, è stata forse la prima ribellione popolare contro le soffocanti misure di austerità imposte dal neoliberismo. Tre anni dopo, quel tenente energico ed esplosivo, capitanava una sollevazione militare contro il governo, fallita miseramente. Condannato alla prigione, Chávez seppe trarre frutto da quegli anni di carcere in cui potè leggere, riflettere, meditare. Come per Fidel Castro, come per Nelson Mandela, anche per lui si può parlare di una “prigione feconda”.
    Nel 1998 è pronto per presentarsi alle elezioni che vince con il 56% dei voti. Da allora, e per 15 consultazioni elettorali, tranne una, ha sempre battuto gli avversari fino alla recente vittoria su Capriles, che si è dovuto accontentare di tre Distretti contro i venti assegnati al Presidente già minato dal cancro eppure battagliero nella sua ultima campagna. Neanche il fulmineo colpo di stato del 2002, ordito dalla destra reazionaria e appoggiato dagli Stati Uniti, è riuscito a ostacolarne il cammino, eppure Chávez fu arrestato, trasportato su un’isola, comminato a firmare la sua rinuncia mentre, nell’ordine, la Santa Sede e gli Stati Uniti d’America si affrettavano a riconosce il golpista Cardona come nuovo Presidente. Una grossolana falsificazione degli avvenimenti drammatici che costarono dei morti in piazza, non riuscì a nascondere la verità: il popolo venezuelano aveva stretto d’assedio la residenza presidenziale e aveva preteso e ottenuto la liberazione del legittimo presidente.
    Una biografia limpida, quella di Chávez, ma una presenza politica nel paese, nelle Americhe e nel mondo molto ingombrante e disobbediente.
    Ha avuto forza ed energia per affrontare grandi battaglie di trasformazione interna del paese, a cominciare dalla battaglia contro la miseria, l’analfabetismo, le malattie; battaglie che ha potuto affrontare grazie alla tenacia con cui ha impedito, in extremis, che il petrolio venezuelano venisse nuovamente privatizzato, alla sua spregiudicatezza nell’osare scambiare petrolio per medici, alfabetizzatori e tecnici della Cuba di Castro (ancora e sempre fra i paesi canaglia per gli Stati Uniti), al suo protagonismo fra i paesi produttori di petrolio. Oggi, in questo frastuono di opinioni fortemente discordanti, chi volesse sapere quali progressi ha fatto il Venezuela sotto la presidenza di Chávez, potrà andare a cercare i dati delle Nazioni Unite, fino a prova contraria, i più obbiettivi.
    La dura battaglia interna non ha tolto energie al Presidente che ha tessuto, nei quattordici anni di governo, una salda rete di alleanze e collaborazioni con molti paesi dell’America Latina attraverso la creazione di organismi e istituzioni indispensabili per assicurare l’autonomia del sub continente dal prepotente vicino del nord. La sua azione è stata decisiva per far fallire l’ALCA, il progetto statunitense che avrebbe legato mani e piedi le economie latinoamericane al carro yankee, a Mar del Plata nel 2005 insieme a Fidel Castro, Néstor Kirchner, Lula e gli altri nuovi, disobbedienti leaders del subcontinente. Ha dato impulso a una rete televisiva regionale, Telesur, a una banca, Bancosur, a Petrocaribe, a UNASUR (Unión de Naciones Suramericana), al Consejo Suramericano de Defensa, fino all’ultimo CELAC (Comunidad de Estados Latinoamericanos y Caribeños), dando avvio concreto a un’ipotesi di Unione Latinoamericana che era stato il grande sogno di Bolívar. E mandando a quel paese l’obsoleta Organizzazione degli Stati Americani, dopo aver regalato, durante l’ultimo vertice, Le vene aperte dell’America Latina di Eduardo Galeano, al nuovo presidente degli Stati Uniti, il mulatto Barak Obama, un metodo decisamente insolito, ma giusto, per trasmettere un messaggio semplice: cerca di conoscerci, di conoscere la nostra storia.
    Morto Chávez, Obama ha dichiarato che “mentre in Venezuela comincia un nuovo capitolo della sua storia, gli Stati Uniti mantengono la loro politica per promuovere principi democratici, lo Stato di diritto e il rispetto per i Diritti Umani”, peccato lo avessero dimenticato quando hanno dato appoggio al golpe di Carmona e rifugio ai golpisti e all’ex Presidente corrotto Carlos Andrés Pérez, l’unico presidente ad essere stato scacciato da una sentenza dei giudici in quanto colpevole di “frode alla nazione”.
    http://www.giannimina-latinoamerica.it/2142-hugo-chavez-la-sua-storia/

  15. LAURA TE FELICITO HAS PODIDO EXPRESAR CON MUCHA CLARIDAD LA VERDADERA REALIDAD DE NUESTRO PAIS……..!!!!! SOLO QUEDA VOTAR Y REZAR A DIOS LA VIRGENCITA QUE LA NUESTRA VENEZUELA SE REPRENDA DE ESTA LARGA PESADILLA!

  16. Andrea M. says:

    Molto interessante, grazie Laura e grazie Vito.

  17. Anche per me è difficile giudicare, avendo solo una conoscenza mediata del Venezuela e della parabola politica di Chavez.. Ben vengano le testimonianze di chi invece di quella realtà ha esperienza.

  18. Neo Anderthal says:

    Chavez è certamente un personaggio su cui anche in Italia si è scatenata la fantasia di molti nostalgici degli “uomini della provvidenza”.
    E di questi nostalgici non è piena solo la destra, ma purtroppo anche una buona parte di sinistra terzomondista e antimperialista, sempre pronta ad accendersi di fantasia e a dare corpo alle speranze, identificando il salvatore di turno.
    Non è certo facile, da qui, stabilire come stiano le cose, certo è che, pur scontando problemi di corruzione diffusa e di disagio, altri paesi dell’area sono comunque riusciti a ottenere risultati di crescita generale -ovviamente in termini non solo economici, ma di sanità, istruzione, sicurezza sociale- senza comprimere libertà e diritti civili e instaurare un regime semi dittatoriale, e ciò partendo da risorse non certo superiori a quelle notevolissime del Venezuela.
    Credo che Chavez, con il suo taglio “sociale” e la sua loquela nazionalista non sia da considerare un possibile “eroe”, anche se pare che abbia fatto parecchio per ridimensionare il potere delle multinazionali petrolifere.
    Non è un caso che anche Casa Pound, la sentina rappresentativa dei velleitari e furbacchioni “antisistema” fascisti, trova il modo di innalzarlo agli altari:
    http://www.casapounditalia.org/2013/03/chavez-casapound-lo-ricorda-con.html

  19. Carlotta says:

    Nei media tradizionali si sono date versioni opposte, dall’elogio del governo di Chavez (che sicuramente avrà avuto le sue criticità) di tentare di svincolare il Sud America dalle ingerenze degli USA, alla versione diametralmente opposta.
    Io non conosco bene la realtà sudamericana ma cfr. http://rt.com/news/wikileaks-venezuela-us-chavez-358/

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