Cultura / Editoria / Giornalismo / Politica / Sardegna

Il naufragio di Sardegna 24. Anche se Michela Murgia non vuole, c’è chi si interroga sul fallimento del giornale. I commenti di Maninchedda e Pintore

Tra Michela Murgia che se la prende con “i corvi” che “adesso arriveranno – stanno già arrivando, e faranno la pedagogia al defunto dicendo dove si è sbagliato, come e con chi”, e Franco Siddi che esorta ad “avviare una discussione sulle responsabilità” della chiusura di Sardegna 24, io sto con il segretario nazionale della Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti.

Il rischio è infatti che questo disastro passi invano, che non rappresenti un momento di riflessione sulle tormentate vicissitudini dell’editoria in Sardegna. Anche perché poi a finire per strada senza un lavoro sono i giornalisti, non gli scrittori.

L’editoriale di oggi del direttore Bellu rappresenta già una solida base di partenza:

I giornali non sono solo un prodotto culturale ma anche industriale. Che richiede competenze diverse. Tutte di alto livello. Se no muoiono.

Il dibattito è sulla rete e dunque non aspettatevi niente di particolare dall’Unione Sarda, dalla Nuova Sardegna e da Sardegna Quotidiano. Per questo vi segnalo segnalo due riflessioni, entrambe di area indipendentista.

Paolo Maninchedda, sul suo blog Sardegna e Libertà, in un post dal titolo “Sardegna 24 ha chiuso. È un vulnus per tutta la Sardegna”, scrive:

A me cominciavano ad essere simpatici perché deboli, un po’ culturalmente confusi e anarchici ma con l’ambizione vera del rischio della libertà. Questo giornale è nato snob e stava diventando normale, libero dalla puzzetta sotto il naso dei salotti dove siedono quelli che pensano di essere gli unici colti e gli unici democratici (sono i salottini rosa), disponibile, al contrario, a vedere la realtà senza maschere e trincee. Proprio adesso me lo chiudono. Allora, noi, tutti noi sardi, quando succedono queste cose, dobbiamo trovare il modo di continuare a dare voce a queste realtà.

E ancora:

Ciò che occorre fare è una public company federativa, che metta insieme diverse e bellissime realtà indipendenti (…), e le organizzi in un network plurale.

Un altro commento che vi segnalo è quello di Gianfranco Pintore. “In memoria di Sardegna 24” è il titolo del suo post.

Il fallimento del quotidiano (…) mi pare strettamente legato al suo essere replica settaria di un altro quotidiano legato al centrosinistra, La Nuova Sardegna. Ha affollato un’area politica e culturale che, evidentemente, non è in grado di fornire tanti lettori e sostenitori quanti sono necessari a far vivere due quotidiani, simili nell’ispirazione ideale.

E ancora:

Gli scrittori di sinistra, i registi di sinistra, gli artisti di sinistra, gli intellettuali di sinistra si sono raccolti oggi intorno al giornale che chiude per piangerne la dipartita di un caro di casa. Uno sforzo finanziario pari a quello retorico avrebbe credo – basta leggerne i nomi – assicurato lunga vita al quotidiano. E, chi sa?, potrebbe contribuire alla rinascita. Tutto sta nel vedere se esiste, in Sardegna, un pubblico di lettori disposto a metter da parte le capacità di riflessione ed accontentarsi di quelle agitatorie. 

Vi hanno convinto queste argomentazioni? Se volete dire la vostra, ecco un sondaggio tutto per voi.

[polldaddy poll=5892937]

Tags: , , , , , ,

22 Comments

  1. course677divert says:

    Reblogged this on Fabio Argiolas.

  2. Anonymous, as you are. says:

    Anche io vorrei parlare con Pintore, così, alla dick of bassethound:

    http://www.youtube.com/watch?v=–XgWDa4P1k&feature=related

  3. I regionalismi della notizia, nel mondo attuale, non hanno più ragione di esistere. Dispiace, ma è così. Il singolare si è trasformato in plurale.

  4. Daniela says:

    Pubusa non lo leggo manco morta.

  5. Alessandro Mongili says:

    Ma, magari avete ragione voi e la ragione è l’assenza di “cultura del piano in Soru” (della serie…, o fissaus). Quello che invece mi preoccupa è l’assenza dei lettori, e il fatto che i giornalisti abbiano sempre in mente un lettore che è un po’ il loro specchio. Pochi hanno il coraggio o, nel caso di Sardegna24, l’opportunità, vista la crisi quasi immediata, di rimettersi un po’ in discussione e di capire come mai non si viene seguiti se non per i necrologi.
    Trovo assolutamente ridicolo l’antiillettualismo di riporto e il dargli addosso agli opinionisti (fra cui c’ero anche io), addirittura, dice Maninchedda, con la puzza sotto il naso. Io credo invece che, pur non condividendo affatto o in parte le opinioni espresse su quel giornale (escluse le mie che, chiaramente, ancora sino a stasera potrei anche condividere), sia stato invece bello il fatto che finalmente si sia dato spazio alla riflessione. Dico: avete presente gli editoriali dell’Ugnone (e anche quelli della Nuova)? Almeno qui c’era qualche novità, per quanto potesse infastidire gli esclusi. E poi, scusate, ma chi dovrebbe scrivergli gli editoriali? Si trattava di scrittori, politici, universitari, artisti, eccetera. Non vi piacciono i loro romanzi? Considerate le loro opinioni pillonate? Benissimo, è la democrazia ed è pure la vita. Leggetevi le prediche del professor Marci sull’Ugnone, o quelle del professor Pigliaru sulla Nuova, al posto del paginone di Fois o della tirata di Murgia. Non mi sembra che fossero lì in modo illegittimo. In qualche modo hanno arrichhito il dibattito pubblico e hanno aggiunto punti di vista di persone estranee al piccolo mondo della politica e dell’establishment mediatico (iper)locale. E io considero questo molto positivio.
    Mi dispiace ma ha ragione la Murgia: vi siete gettati sulle spoglie, senza capire che questo fallimento è anche il fallimento della cultura condivisa un po’ da tutte le nostre piccole élite culturali, Maninchedda compreso. L’evocata qui sopra “puzzetta sotto il naso”, ma strutturata e stratificata in modo ben più solido del presunto snobismo di Sardegna24.
    In ogni caso, come ho scritto, credo che il maggior valore di quel giornale risiedesse nell’attività di inchiesta.

    • Efisio Loni says:

      Caro professor Mongili, complimenti ,alcuni suoi interventi su S24 mi sono piaciuti moltissimo, a differenza di quelli di Fois che francamente….Mi chiedevo, non crede che proprio le lamentele per come fosse fatto il giornale rappresentavano il vero successo della pubblicazione? Mi spiego. Mi lamento per un prodotto dal quale mi aspetto qualcosa, altrimenti lo ignoro. Si poteva ascoltare di più, creare strumenti di feedback, sentire di più i lettori. O no? In fondo ha ragione lei: il modello di opinion leader era uguale a quello di Nuova e Unione ovvero verticistico e con assenza di repliche. I lettori potenziali di S24, credo, sono invece abituati al modello orizzontale di Internet…certamente più partecipativo…con il modello verticale si sono sentiti esclusi. O forse esagero?

      • Alessandro Mongili says:

        Sì, sono d’accordo con lei. Contrariamente ad altre esperienze, ha lasciato il segno. Però, come alla fine giustamente dice Giorgioni, in pochi lo compravano.

  6. Francesco Giorgioni says:

    scusate, ponetevi una domanda e poi datevi una risposta: com’è che in tre mesi la crisi ormai irreversibile non è mai diventata motivo di vertenza sindacale? Come mai al presidente dell’Assostampa non è stato mai permesso di entrare in redazione? Parlare di naufragio annunciato è appropriato, ma l’aspetto singolare di questo naufragio è che l’equipaggio non ha mai chiesto soccorso…..

    • Efisio Loni says:

      Caro Giorgioni, quelli hanno lasciato una marea di precari a terra dagli Anni Ottanta a oggi…sono spregiudicati in questo…altrimenti non avrebbero fatto carriera

  7. Ma torniamo ai segnali di fumo, che sarà meglio.

  8. Efisio Loni says:

    Giuro ho molti dubbi su Soru, ma ogni volta che leggo il conservatore di sinistra Pubusa mi convinco che andrebbe rieletto e votato subito. Tutti sanno che Soru ha mollato il giornale quando è stato chiaro non che il progetto politico, ma che il prodotto editoriale non funzionava e bruciava risorse ingenti. Concordo che non coinvolgere il padrone di casa del blog (se mi consente..) è stato un grave errore. Meglio un non allineato come Biolchini (che dà credibilità e fa vendere copie) ai tanti ex scrittori di successo effimero che fanno scappare i lettori. Ma li è sempre il direttore che ha sbagliato: doveva imporsi sui soriani ortodossi che grisavano il Vito, invece di sequestrare a tradimento l’ineffabile Urgu. In quanto a Maninchedda….lasciamo perdere, parliamo di cose serie.

    • Vito Biolchini says:

      No Efisio, le cose sono andate diversamente. S24 mi aveva fatto un’offerta, anche bella, ma non ho potuto accettare per una serie di questioni private. Quanto all’alleanza con Radio Press, i manager di S24 alla fine preferirono puntare su un’altra emittente, perché volevano proprio una radio che si chiamasse Radio Sardegna 24 (Radio Press non poteva certo cambiare nome).

      • Efisio Loni says:

        Lei certamente è molto meglio informato, le mie fonti sono di parte.

  9. Stefano reloaded says:

    Il commento di Giovanni Maria Bellu sui motivi della chiusura di Sardegna 24. Stamattina a Post-it su Radio Press. Col rammarico per il mancato accordo editoriale con la stessa Radio Press.
    http://www.radiopress.it/2012/01/giovanni-maria-bellu-sardegna-24-oggi-a-post-it-sul-futuro-del-quotidiano/

  10. Anonimo says:

    Occorre prima di tutto pagare i debiti. Sardegna24 deve due stipendi ai redattori e mesi di lavoro ai collaboratori esterni. Sarebbe sgradevole, per usare un eufemismo, se il giornale ripartisse con una nuova società senza prima aver saldato le pendenze. Perché a chiudere bottega, lasciare stecche e ricominciare da capo siamo tutti bravi… Altro che libertà di stampa, qui serve la guardia di finanza

    • ernestina says:

      Caro Anonimo
      io non so se ci sono giornalisti creditori di compenso pattuito ma il tuo suggerire l’intervento della guardia di finanza mi suona pertinente. Perchè se uno mi dice che vuole andare sulla luna (così sembrava, anche per la scelta del pilota) e invece di darmi l’astronave mi da un’apixedda per arrivare a Bacu Abis qualcosa non torna.
      Personalmente mi tolgo il cappello di fronte a un Bellu (e alla squadra di redattori) che prova a metterci risorse sue pur sapendole insufficienti: fare un quotidiano (o un qualsiasi altro prodotto)che stia sul mercato significa sopportare il passivo per un paio di anni. Ma qui il passivo, editori e imprenditori, sembra lo vogliano far pagare – sempre – ai lavoratori dipendenti; spostano persone, vite, come fossero pedine e poi, quando gli passa la voglia di giocare, chiudono bottega e lasciano stecche.
      Ai giornalisti, ai lavoratori, a tutti quelli che quando sbagliano il conto pagano di tasca propria…tutta la mia solidarietà e stima.

  11. Roberto says:

    L’iniziativa di Sardegna24 è nata coi piedi di argilla. Come osserva giustamente Bellu un giornale è anche una impresa industriale. Purtroppo Soru non si è smentito neppure stavolta e ha creato S24 senza un minimo di pianificazione e progettazione imprenditoriale. Il vero problema che la chiusura del giornale pone è proprio la mancanza della cultura della progettazione in generale, che è anche mancanza di obiettivi culturali chiari, precisi. Non dimentichiamo che tutto ciò che Soru (o chi per lui) crea è a sua immagine e somiglianza, quindi anche a suo uso e consumo.

  12. Vi segnalo anche il commento di Andrea Pubusa su Democrazia Oggi, dal titolo “Sardegna 24, ovvero dove passa lui il deserto”.
    http://www.democraziaoggi.it/?p=2331

  13. Efisio Loni says:

    Ma se è un naufragio, allora si insinua che Bellu è come Schettino?

  14. muttly says:

    Network plurale ? Un network è una rete di collegamenti tra peer (tra pari), non esistono reti singolari.
    Le realtà indipendenti chi sarebbero gli opinionisti o i giornalisti ?
    Gli opinionisti dovrebbero riempire gli spazi lasciati dagli articoli dei giornalisti, non il viceversa questo era uno dei limiti più visibili di S24

  15. ZunkBuster says:

    “Ciò che occorre fare è una public company federativa, che metta insieme diverse e bellissime realtà indipendenti (…), e le organizzi in un network plurale.” … l’utopia di Maninchedda sembra bellissima, c’è da chiedersi che si può fare perché non rimanga utopia. Magari basterebbe solo sfumare certe differenze e puntare su ciò che unifica, ma, purtroppo, gli spagnoli ci compresero benissimo quando ci definirono “pocos, locos y mal unidos” … vedasi Soru che pretendeva di spacciare un fogliaccio di corrente per quotidiano (come se ad esempio nell’area avversaria uscissero quotidiani sponsorizzati monocraticamente da Settimo Nizzi o da Salvatore Cicu, per citare due di correnti oggi abbastanza avverse del PDL) e altri settori del PD che, ahinoi, continuano neanche troppo occultamente a spalleggiare Zunk …

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.