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E la Sardegna dov’è? Una cartina mutilata, e in prima pagina Il Sole 24 Ore dimentica l’isola. Perché?

Sì, mi rendo conto che può sembrare una questione marginale. “Con tutto quello che sta succedendo in Italia e in Sardegna…” direte voi. Sì, ma comunque anche questa cosa è successa, e allora prendiamola innanzitutto per quella che è.

Stamattina, Il Sole 24 Ore annuncia in prima pagina uno Speciale Liberalizzazioni, “un dossier di 16 pagine per capire cosa cambia”. A fianco un lucchetto sbloccato, con tanto di tricolore e la cartina del nostro paese. Sicuri? No, perché la Sardegna non c’è. Manca. Assente. Sparita. Affondata? Alla deriva? Non si sa.

Che nessuno al Sole si sia accorto dell’errore? Possibile che tra le decine e decine di persone che ieri hanno visto la pagina prima che andasse in stampa non ce ne sia stata una che abbia detto “Ragazzi, qui manca la Sardegna!”. Peraltro, lo stesso logo compariva anche ieri, sempre in prima pagina. E anche ieri la nostra isola non c’era.

Ne abbiamo viste tante. Quanti ristoranti italiani a New York ostentano il profilo del Bel Paese ignorando bellamente la Sardegna? Tanti: ma siamo a New York.

E quante campagne pubblicitarie o quante vignette abbiamo visto senza la Sardegna? Tante, tantissime. Ma c’erano (per così dire) esigenze grafiche da rispettare.

E qui? Qui no. Qui la Sardegna manca e basta. Perché? Il direttore Roberto Napoletano, così attento alla fattura del suo giornale, non si è accorto di nulla?

Ok, è una stupidaggine, una questione marginale. Ma anche no. La Sardegna da anni si sente abbandonata, sente che i suoi problemi non sono né compresi né rappresentati dalla comunità nazionale.

La cartina di un paese è, a modo suo, un simbolo. Rappresenta i confini geografici di una comunità che si riconosce negli stessi valori, che condivide gli stessi destini. Non trovare spazio in una cartina vuol dire semplicemente non esserci. E chi non c’è non può far sentire la propria voce; e dunque non può essere ascoltato.

In questi mesi di crisi lo sforzo della classe politica sarda è quello di portare unitariamente all’attenzione del Governo Monti lo stato di crisi isolano. Una crisi che non è frutto di una serie di vertenze slegate tra di loro sorte con la recente crisi ma della combinazione di questioni irrisolte (come la vertenza entrate), crolli improvvisi (Alcoa tra tutti) e furbizie vergognose (il caso dei trasporti marittimi). Anche un politico dell’importanza di Gianfranco Fini ha recentemente ammesso che il caso Equitalia da noi è più grave che nel resto del paese.

Se si dovesse rappresentare l’Italia in maniera diversa, cioè ingrandendo i territori che soffrono maggiormente la crisi, la Sardegna probabilmente spiccherebbe. Invece sul Sole sparisce. Peraltro, proprio a pochi giorni da un bell’articolo dedicato dal quotidiano economico alla vertenza entrate.

La sostanza però non cambia. Quanti servizi avete letto in questi mesi sulla vicenda Quirra nei grandi giornali nazionali? Pochi e sbrigativi. E l’Alcoa? Una breve. E sono solo due esempi.

A questa assenza, a questo mancato rispecchiamento, i sardi reagiscono in modi diversi. Con indifferenza, con frustrazione, con rabbia. Poi c’è chi diventa indipendentista. Ma il punto non è questo: non possiamo sempre dover scegliere tra la secessione e la “perfetta fusione”. Non dobbiamo essere messi davanti alla scelta di essere “solo sardi” o “solo italiani”. Questo è un modo di fare sbrigativo e sterile. Non si fa una rivoluzione per una cartina mutilata, ma una cartina mutilata qualcosa dovrà pur significare.

Il punto è capire quanto la nostra voce oggi può essere sentita dall’opinione pubblica nazionale. È questo il vero problema: la Sardegna nei media nazionali non esiste. Dobbiamo ringraziare Paolo Villaggio e la sua squallida battuta se una rete Rai ci ha dedicato un approfondimento. Ma sono episodi, casualità.

Nella sua brutalità, Il Sole 24 Ore stamattina ha dunque fatto la scelta giusta: la Sardegna oggi non esiste. E forse non da oggi.

 

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36 Comments

  1. course677divert says:

    Reblogged this on Fabio Argiolas.

    • Antoni says:

      così è la vita della Sardegna: oggi non c’è e domani c’è!
      d’altronde mi ricorda tanto il trattato di Utrecht: all’indomani la Sardegna era già un’altra cosa.
      Domani saranno sempre i soliti muratori a decidere le sorti di tutti, e la Sardegna magari diventerà tedesca. Un po’ di sdegno e ribellione all’inizio che per i tedeschi è brigantaggio o terrorismo (più attuale) ma dopo un paio di generazioni nasceranno individui che scriveranno che da oggi la Sardegna fa di nuovo parte della Germania! Wow!

  2. L’Italia è solo un’unità di tassazione. Per il resto: Cultura, Intellettuali, Amor Patrio, Letteratura… Sono solo parole.

  3. Gianluca Argiolas says:

    Il Sole 24 Ore è avanti, vede la Sardegna non più regione periferica italiana. 🙂

  4. Anche Gianfranco Pintore ha commentato la notizia: Cara, mi son perso la Sardegna.
    http://gianfrancopintore.blogspot.com/2012/01/cara-mi-son-perso-la-sardegna.html

  5. Alessandro Mongili says:

    Non sono d’accordo che si tratti di un fatto marginale, infatti. Chiunque conosca il Continente e i sardi callonizzati, sa bene che noi siamo ancora “incerta appendice d’Italia”, come diceva Cavour. Insomma, ci considerano “altro”. E hanno ragione, perché altro siamo.
    Poi che anche questo sia “colpa dei Sardi” ci può stare. Tanto è il refrain di chi si illude che se i Sardi non avessero tutti i difetti del mondo (ad ascoltare i callonized people), l’Italia sì che ci tratterebbe come gli altri (cioè male, ma è un altro discorso).
    Personalmente però considero veramente allucinante e molto più grave il silenzio della stampa “nazionale” su Rossella Urru. Una cosa un po’ da piangere per come ci siamo ridotti e per lei, che così riceverà ancora meno supporto da una burocrazia sgangherata e merdosa come la Farnesina.

  6. @Francesco Cesare Casula
    Gent. mo prof. Casula, io non parlerei di “connazionali”. Le chiedo: quale nazione? Lei pensa forse che l’Italia sia una nazione, o che la Sardegna possa essere considerata parte della presunta nazione italiana? Anche se l’Italia è stata fatta, non credo siano stati fatti anche gli italiani. Quella che in molti chiamano nazione italiana non è altro che una accozzaglia mal riuscita di regionalismi. Lei è uno storico di grande prestigio, ma mi permetta di non condividere il fatto che chiami gli italiani nostri connazionali. La storia ci insegna come la Sardegna sia una “nazione” a sé, per quanto abortita.

    • Francesco Cesare Casula says:

      Caro interlocutore, Nazione è un concetto culturale, quindi né sociale né politico. Noi sardi siamo contemporaneamente di Nazione sarda se lo vogliamo (se parliamo in sardo, se coltiviamo la storia sarda, se amiamo le nostre tradizioni, ecc). Molti sardi, purtroppo, non accettano di essere di Nazione sarda. Alla stessa stregua siamo di Nazione italiana, perché immersi a forza nella cultura italiana, in quanto ce lo inculcano nella scuola dalle Elementari all’Università (pensiamo e scriviamo in italiano, studiamo la storia, la letteratura, la storia dell’arte, ecc. ecc. italiane; o, meglio, della penisola italiana). Le ho disegnato la situazione. Se, invece, mi chiede come la penso personalmente dovrei scrivere un libro. E qui non è il caso.

  7. Anonimo says:

    ne anche fosse una novita’ si ricordano della sardegna solo in estate , dove la maggior parte degli italianidioti passano le vacanze, autunno, inverno, e primavera,e una terra straniera,beato il giorno che ci sara’ l’indipendenza,tanto peggio di cosi non si potra stare.

    • efisio erriu says:

      Vai a olbia e ti accorgi che i primi ad aspettare gli italianidioti, per poter andare a servire nelle loro ville o i loro resort, sono proprio quei sardi che, senza arte ne’ parte, tirano a campare facendosi la stagione in costa.
      E se per loro l’alternativa e’ lavorare tutto l’anno in ‘nero’ in domu de calincunu sennori de bidda sua, non riesci a biasimarli neanche più di tanto.
      Il problema non sono gli italianidioti, il problema e’ lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
      Perche’ se l’indipendenza significa prendere ordini in sardo anziche’ in italiano, poco cambia, come poco e’ cambiato per quegli Irlandesi che avevano fame sotto la regina e che continuano ad aver fame nella loro libera repubblica borghese
      o per quegli italiani che avevano fame sotto i borboni o gli asburgo e che continuano ad aver fame sotto i savoia.
      Gramsci queste cose le aveva capite 101 anni fa, ancora i sardi non l’hanno capito..

  8. Anonimo says:

    viva la repubblica di SARDEGNA

  9. Gerundio says:

    1 – La questione in oggetto effettivamente marginale essendo, benaltre disattenzioni verso la Sardegna reiterate dai media e soprattutto dai governi nazionali avendo avuto, oserei definirla una stupidaggine, come già l’autore del post prima di me avendo detto, le mani avanti mettendo.
    2 – A tutti i pruriginosi indipendentisti e fieri nazionalisti sardi ricordando che il popolo sardo si è già espresso abbondantemente Ugo Cappellacci votando con fanfara e suoni di corno indirizzando al Soru delendo.

  10. Daniele Addis says:

    Tanto rumore per nulla. La Sardegna la volevano fare più grande e l’hanno messa sull’altro lato del lucchetto.

  11. efisio erriu says:

    Eee tta manera!
    E giai si callentaus pagu candu is istrangius si toccanta sa sardegna.
    Ki seus in custas conditzionis sa curpa est prima e totu sa nostra, no esti a circai iscusas.
    Is mellus concas de sardegna anti imparau meda de politica propriu in cuss’italia de is indipendentistas meda criticada.
    Ma is mellus conca de sardegna da s’anti mottas is sardus e totu.
    Ad’essi ora de ndi chistionai seriamenti de cumenti ndi bessiri de custa situazioni e no de fai tanti burdellu po si pigai unu postixeddu beni pagau in su consigliu regionali

  12. Assurdo says:

    no ma dai assurdo… che vergona però

  13. Anonimo says:

    dovremo slegarci dal governo nazionale, allo stato attuale non arrivano finanziamenti statali alla sardegna, non rientrano i soldi delle tasse… allora sarebbe meglio che le tasse sarde, anche se poche, restassero entro i limiti del territorio sardo…. ben venga il federalismo fiscale, ma con leggi regionali che preservino la nostra ricchezza…..

  14. Arobetu says:

    La libertà non è un’alternativa, ma una necessità. Specialmente quando uno Stato non si occupa delle nostre esigenze: che per i pastori si tratta di qualcosa di ben più importante che difendere la loro reputazione in fatto di gusti sessuali; per il nostro territorio ha un valore un po’ più profondo d’avere rappresentata la sua sagoma accanto a quella di un’entità che viaggia per conto proprio. La nostra voce, dovremmo imparare finalmente ad usarla per darci la forza di cambiare prospettiva, di finirla di supplicare un aiuto in elemosina; uscire dal nostro complesso di inferiorità che ci inchioda in questa ricerca perenne, perché la nostra esistenza venga riconosciuta.
    “Solo sardi o solo italiani”, dici? Perché non anche un po’ spagnoli allora? O tunisini? Questa è la più diffusa convinzione che quando si esce dalla Sardegna, possiamo arrivare solo in un altro posto: in Italia. Personalmente preferisco appartenere alla parte mancante di quella cartina che Il Sole 24 Ore ha riportato nelle sue pagine, dove con la Sardegna c’è il resto del mondo.

    Indipendenza: ha un significato. L’indipendentismo è la voglia di uscire finalmente da quest’ansia da prestazione, dove il povero sardo fa gli scalini due a due per stare appresso a un socio in affari un po’ imbroglione che ha il 99% delle quote…
    E intanto seguiamo un modello, cerchiamo di adeguarci a delle esigenze, pretendiamo lo sviluppo: in suo nome, la distruzione della nostra terra e della nostra identità. Altro che “discorsi sterili e sbrigativi”, qui si tratta di acquisire la capacità di decidere come sarà il nostro futuro. La “nostra voce” deve poter fare questo, altrimenti non ha valore.

    “La voce” del sardo medio: si sa solo lamentare e, nonostante un cartello gigante gli indichi il burrone, lui lo segue lamentandosi perché non è scritto ANCHE in sardo.
    – Eppure siamo campioni di grammatica italiana, nelle vostre guerre abbiamo il record dei morti ammazzati, metà della nostra terra è occupata dalle vostre basi militari, nemmeno produciamo niente per comprare i vostri prodotti, anzi: se non troviamo lavoro quì, andiamo a servire cappuccini o avvitare bulloni nelle vostre aziende! Ma allora perché non parlate delle partite del Cagliari nei vostri programmi televisivi?? Perché il meteo della Sardegna non lo date mai? –

    Si ndi dopeus scidai, fradis.

  15. Francesco Cesare Casula says:

    Mi meraviglio della meraviglia perché sono anni, decenni, che lo dico e che lo scrivo: noi sardi non contiamo niente. Non contiamo in campo politico, in campo sociale, in campo culturale. Colpa dei connazionali? No! Colpa nostra, da sempre perché siamo pochi, stupidi e disuniti, tutti tesi a farci la guerra, ad ucciderci fra noi. E sarà così fino alla fine dei secoli

  16. Personalmente, da Sardo, non mi sento affatto dispiaciuto per questa omissione (voluta o non voluta). Per me la cosa è reciproca: rappresenterei la Sardegna omettendo il resto della penisola italica. Se leggessimo la storia con occhio più attento e critico e con un minimo di buon senso, ci renderemmo conto di come la Sardegna abbia poco a che fare con l’Italia, sono due mondi distanti geograficamente e culturalmente. Pur parlando la stessa lingua, non ci si capisce. Penso quindi non sia un tabù parlare di indipendenza! Probabilmente desiderano l’indipendenza della Sardegna non solo alcuni Sardi esaltati, separatisti eversivi, ma anche molti italiani unionisti attaccati alla loro “nazione”.Sarebbe una separazione consensuale che dopo secoli di matrimonio forzato condurrebbe ad un divorzio. Se divorzio sarà, non avrò affatto nostalgia. La cosa triste è che nonostante tutti i giorni ci siano attacchi più o meno diretti nei confronti della Sardegna e dei Sardi da parte italica, molti Sardi si ostinano a voler rimanere attaccati a una penisola abitata da persone che li disprezzano o li ignorano. Ognuno è libero di fare ciò che vuole, io ho già adottato le mie contromisure.

  17. Anonimo says:

    “Cosa simboleggia quella cartina?”

    1 Non contiamo nulla(Economicamente,politicamente) per cui siamo trascurabili;
    2 Siamo geograficamente staccati dall’Italia.

    Mi sembra semplice,purtroppo per noi,non solo non siamo Italiani(o almeno io,non mi sento italiano) ma spesso gli stessi italiani si dimenticano che noi siamo una regione facente parte d’Italia.
    e poi,sinceramente,Io dubito che fuori dal mediterraneo qualcuno conosca la Sardegna.Mentre tutti conoscono l’Irlanda,Cipro o l’Islanda per esempio.Insomma,è bello essere delle nullità =).

  18. Anonimo says:

    Sono stupito dal vostro stupore , la Sardegna non è mai esistita per l’italia se non per cose negative.Invece quando vedo che la Sardegna manca dalla cartina dell’Italia , mi rende felice.L’unica cosa che mi stupisce che ancora i sardi non abbiano capito che italiani non sono (mi riferisco alla nazione), è da secoli che questo accade, lo si è vede anche nella misura di come vengono trattati i sardi quando protestano sia in Sardegna e sia in Italia . Quando un sardo protesta , viene preso come se si fosse ribellato uno schiavo al padrone. L’indipendentismo non centra nulla, quello che conta è la nostra storia , la nostra cultura ,tradizioni,mettiamoci pure la lingua.Noi Sardi siamo altro rispetto all’Italia e non dobbiamo aspettarci di essere accettati da nessuno. Il mondo è pieno di stronzi.

    • Neo Anderthal says:

      “Il mondo è pieno di stronzi”.
      Quindi dici che c’è posto anche per noi, e in effetti perché no? O il senso è un altro?

  19. Sentirsi solo Sardi o solo italiani (o anche entrambe le cose) non significa necessariamente essere a favore della fusione perfetta o dell’immediata autodeterminazione, servono riforme. Il problema è capire con quale approccio culturale bisogna inquadrare tale esigenza. Ad esempio da altre parti evitano di sentirsi traditi senza agire con proprie responsabilità, nel territorio.
    Diciamoci la verità: lamentarci se la Sardegna sparisce rispetto allo stivale (e in passato sparì persino da una trasmissione meteo) equivale al vedere un soggetto che ci prova costantemente con una ragazza nonostante questa continui a prenderlo a pesci in faccia.

    Lancio una provocazione: non sarà il caso di usare meglio l’orgoglio?

  20. Neo Anderthal says:

    Mi ricordo -potrei sbagliare, ma non credo- che una dozzina di anni fa anche l’allora ministro Rutelli approvò un logo per le iniziative turistiche dell’Italia che non comprendeva la Sardegna,
    I responsabili balbettarono qualcosa a proposito della stilizzazione grafica, ma all’epoca fu un -piccolo- caso.
    La questione non è poi così marginale, comunque, e riflette sul piano simbolico l’irrilevanza che alla nostra Isola si attribuisce.
    Contiamo poco, è questo è il fatto, ma soprattutto non è chiaro a tutti i nostri colonizzati che ancora, come giustamente ricorda il Prof. Francesco Cesare Casula, l’Italia altro non è che il Regno di Sardegna allargato.
    De ghisciu!

  21. Caro Biolchini,
    lo so che apparentemente non c’entra nulla, però mi permetta una piccola chiosa: “…crolli improvvisi (Alcoa tra tutti)…” dice Lei.
    Bene: non è vero, non sono crolli improvvisi e il caso ALSAR/ALCOA non primeggia (fa parte della categoria delle ‘notizie del giorno’ il che è altro).
    Lei fa benissimo a stigmatizzare l’assenza della Sardegna dalla cartina, ma non è una novità né un fatto particolarmente rilevante. A questo punto ci starebbe bene una citazione dotta, però mi lasci essere ingenuo (anche perché non sono dotto): quando arriva la goccia che fa traboccare il vaso, anche se il vaso è enorme trabocca lo stesso e allora non possiamo focalizzare la goccia ma domandarci come diamine sia accaduto che il vaso si sia riempito senza che nessuno se ne rendesse conto!
    Le rendo merito dell’essersi accorto dell’assenza dal Sole24ore, ma lo ha realizzato solo adesso?
    Mi lasci riprendere l’esempio dell’ALCOA (così illustro perché continuo a scrivere ALSAR/ALCOA e forse si capisce perché ALCOA e cartine non sono così distanti).
    Quando venne fondata (da uno che di industria ne capiva) l’ALSAR fu un’iniziativa valida e memorabile (da contestualizzare, ovviamente). Perché oggi vediamo la nipote decaduta (ALCOA) come una iattura?
    Perché le persone normali sanno che l’industria non è per sempre (come i diamanti) ma un processo tecnologico in continuo divenire. Non esiste l’azienda che si insedia e continua ad operare simile a sé stessa per sempre. Le situazioni cambiano (le aziende aprono e chiudono o cambiano linea di prodotto) si evolvono e compito della politica è proprio quello di seguirne l’evoluzione mediando gli interessi privati con quelli pubblici. La crisi dell’ALSAR si manifestò negli anni ’80 (cito a braccio la fusione con Alumetal, la creazione di Alluminio Italia, poi ALUMINIA e infine lo smembramento del gruppo, di cui ALCOA è un capitolo) quando si determinarono due fatti: l’alluminio perse la posizione di materiale strategico e il costo energetico divenne insostenibile. Ne consegue che sono almeno 30 anni che la situazione è chiara, ovvero che il primario (quello che si produce a Portovesme) in un posto come la Sardegna non è conveniente: cosa abbiamo fatto in proposito in termini di programmazione dell’indirizzo industriale? In altre parole: sapendo che ALCOA non conviene, quali azioni politiche sono state poste in atto per indirizzare altrove l’industria?
    Nulla: ‘ci’ siamo masturbati in attesa che il vaso si colmasse, sperando che la goccia non arrivasse (o facendo finta che non sarebbe arrivata).
    Il punto è: ‘ci’ siamo chi? Chi è quel ‘ci’? Classe politica, prima di tutto, e imprenditori a seguire, perché l’ALSAR non l’ha fondata un Pinchetti venuto da Milano ma un sardo DOC (che aveva s’ogu puntu).
    Ma allora: dove stava l’informazione? (Dovrei dire: dove stava Biolchini, inteso come categoria?)
    E noi cittadini?
    Impegnati tutti a sviluppare un interessante (dal punto di vista sociologico) sistema di spartizione del fiume ininterrotto di quattrini acquisito dalla Regione Autonoma, tanto che ancora oggi (guardi le richieste dei ‘Forconi Sardi’) non ci capacitiamo del perché, molto semplicemente, non si continui a gettare a piene mani una montagna di soldi pubblici per ALCOA&C (o rinunciando alle accise). Nel frattempo, chi può, perpetua il giochetto del posticino, contributino, favorino e via di seguito, ampliando la forbice tra benessere e malessere.
    Non ci siamo accorti che il vaso si riempiva (leggi ALSAR/ALCOA) come non abbiamo mai badato alle cartine (che sono una metafora del nulla che la RAS rappresenta a livello nazionale – lasciamo perdere l’Unione Europea per non renderci ridicoli, please!).
    Se ‘il politico’, ‘l’industriale’, ‘il Biolchini’ ed ‘io’, non avessimo ritenuto conveniente tapparci gli occhi con la mortadella (mangiandone un pochetto ed accontentandoci) ci saremmo accorti che nelle cartine non ci siamo e l’ALCOA è un Golem passato di moda (adesso vanno i Manga).
    Cumprendiu?

    • supresidenti says:

      “Ne consegue che sono almeno 30 anni che la situazione è chiara”

      a me è chiara da 23 anni, ma sono giovane..

      ottimo contributo
      a si biri

  22. Radio Londra (nonostante Er Ciccio) says:

    A me però crea molti pensieri e non mi fa dormire la notte anche un’altra terribile notizia.
    Straziante veramente custa noa.
    Toh…. Il Governo (cattivissimo) impugna il piano casa 2.
    Ma itta si funti ammacchiendu tottusu?
    Troppi pensieri. Così finisce che ci tolgono la tranquillità.
    Un casino ragazzi. E i campi da golf? Dove dovrebbe allenarsi secondo loro il povero Fisietto che ha la stoffa del campione?
    Ma tempora currunt diaderusu.
    http://lanuovasardegna.gelocal.it/sardegna/2012/01/24/news/il-governo-impugna-il-piano-casa-2-approvato-dalla-regione-5565434

  23. Crosta says:

    L’ennesima conferma che in italia non ci siamo, non ci siamo mai stati, e probabilmente mai ci saremo. Per me (che sono mezzo italiano di origini) è un dato scontato. Bisogna prenerne atto e trarne le dovute conclusioni.

  24. Antoni says:

    @per colui che ha scritto l´articolo.
    Ora che hai di fronte un grosso interrogativo potresti cercare una risposta a te stesso. Gli indipendentisti sardi una risposta l´hanno trovata prima della tua cartina del Sole e di Easy Jet e compagnia cantante….
    Mi sa tanto che non lo vuoi e non lo volete capire.

  25. Bravo Biolchini, si è autocandidato (senza saperlo) a Gran Cerimoniere dei 200 anni dell’unità d’Italia. Senza la Sardegna, spero (io).

  26. Daniela says:

    E magari non fossimo in Italia. Ci hanno e ci siamo ridotti proprio male, ma c’è qualcuno che in ginocchio chiede ancora l’elemosina al governo di Roma. Direi stupidi idioti di una classe dirigente sarda inesistente a ormai alla frutta. Guardate la Regione, non vedete l’immobilismo? E il comune di Cagliari è forse meglio?

  27. come direbbe alberto sordi:”noi siamo italiani e voi sardi non siete un c…o!”. contano piu’ 55milioni di continentali o 1,6milioni di semi-italiani a 400 km di distanza?chiedete a alfano o a bersani se non ci arrivate da soli.

  28. efisio erriu says:

    Mai cedere al vittimismo anche se ci inducono in tentazione…
    Il Sole parlando della crisi non considera la Sardegna perche’ con Capellaci e’ gia’ tornata a sorridere e stando al Centro Studi Unione Sarda nell’isola l’occupazione e’ in aumento…
    Facciamo parte dei virtuosi BRICS dove per l’US la S sta per Sardegna ovviamente mica per SudAfrica…
    La Sardegna ha scelto di farsi rappresentare dallo statista di arcore, di risolvere i problemi industriali telefonando agli amici di silvio, oggi ha poco di che lamentarsi

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