Politica

Banale Napolitano. Un messaggio senza capo né coda, che assolve la politica e dimentica la vera causa della crisi italiana: una mostruosa disuguaglianza sociale

Tutto qui? Nient’altro da dire? L’Italia deve essere messa veramente male se il messaggio di fine anno del Capo dello Stato Giorgio Napolitano si limita ad essere un bignamino di buoni propositi, di emergenze accennate, di superficiali inviti a superare la crisi, di inviti a credere in se stessi. Come se il problema fossimo genericamente “noi” e non le classi dirigenti e politiche che hanno portato il Paese al punto in cui è.

Certo, questo Napolitano non lo può dire. E non certo perché il suo ruolo non glielo consenta anzi. Negli ultimi anni i Presidenti della Repubblica hanno sempre sfruttato il messaggio di fine anno per ricucire le distanze tra la gente e la politica, per mettere in evidenza le storture e la contraddizioni di una classe politica inadeguata. Nelle parole del Capo dello Stato le persone normali trovavano quasi un risarcimento, riscoprendo il senso di una politica alta, slegata dalle miserie del potere. Oggi invece Napolitano ha sostanzialmente taciuto, e non poteva fare altrimenti.

Perché questo governo Monti è il suo governo, e a questo esecutivo e alle sue contraddizioni Napolitano non può rivolgere alcuna critica, se non blanda e vaga. Il risultato è stato un messaggio politicamente banale, sterile, incapace di suscitare alcun tipo di reazione vera, autentica. Perché il presidente non ha avuto il coraggio di mettere in relazione gli effetti con le cause e si è limitato a dire “C’è la crisi, testa bassa e pedalare”.

Ma la crisi italiana non è uguale a quelle che stanno scuotendo gli altri paesi. E affermazioni del tipo “tutti devono fare la loro parte per superare la crisi”, così come gli accenni ad un benessere eccessivo di cui ora paghiamo il prezzo, sono uno schiaffo a chi la crisi la conosce da anni per effetto non certo delle turbolenze dei mercati ma a causa di politiche dissennate portate avanti a tutti i livelli principalmente dal centrodestra di Silvio Berlusconi.

Ma ora c’è la crisi, si dirà. Terribile, devastante. Ma il paragone storico con il dopoguerra e con gli anni bui del terrorismo tracciato da Napolitano è suggestivo ma profondamente scorretto. Perché quelle crisi colpivano tutti mentre questa colpisce solo le parti più deboli della società.

La crisi italiana è figlia di una mostruosa disuguaglianza che oggi il nostro presidente della Repubblica ha finto di non vedere, mettendola nel mucchio dei problemi che ci assillano e in relazione esclusivamente alla vergognosa evasione fiscale. Troppo poco, troppo ingiusto. Se non si combatte la disuguaglianza che a tutti i livelli colpisce il nostro paese ogni strumento economico sarà vano. Serviva un richiamo maggiore e più forte alla politica, era opportuno chiedere misure più equee capaci di colpire finalmente le rendite di posizione.

 Ma la lotta alle disuguaglianze non sembra nell’agenda di governo. Però paradossalmente, l’unica sferzata vera Napolitano l’ha riservata ai sindacati, sottilmente accusati di frenare lo sviluppo, la tanta agognata “crescita”.

Vabbé, c’è la crisi, tutti devono fare la loro parte, d’altra parte non ci sono più le mezze stagioni e qui una volta era tutta campagna. Fratelli d’Italia, stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte, parapà-parapà-parapapappàpappà! 

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14 Comments

  1. course677divert says:

    Reblogged this on Fabio Argiolas.

  2. Alessandra says:

    E’ stata la prima volta da tanto tempo che ascolto il discorso del Presidente di turno alla TV (ormai rituale prima di sederci a tavola) che siamo finiti tutti a borbottare come pentole di fagioli, quando non ad esplodere verso lo schermo urlando “Perchè non dici qualcosa che non so?”. Ma, come dire, anche questo fa parte dei segni dei tempi.
    Nessuno sa come fare la frittata senza rompere le uova e quindi continuiamo pure a rimirarle, a rigirarle tra le mani, suggerendo utilizzi alternativi…

  3. Purtroppo, non è a colpi di presidente che si salva la baracca, neanche col gioco del buon padre di famiglia, vagamente cerchiobottista; questo poi, almeno a me, sembra più un presidente mamma che papà: non accapigliatevi, state buoni, datevi un bacino, quando viene la zia Angela (quella culona) non toccatele la borsetta… etc, etc.. Non saprei se un presidente buono o un buon presidente.
    La baracca si salva sbaraccando.
    Sbaraccare cosa?
    Tutti i luoghi comuni, a cominciare da quelli politicamente corretti, quanto economicamente insostenibili.
    Avete idea di quanta carta(ccia) serva per realizzare una qualunque opera edile, pubblica o privata? Credete veramente che non sia possibile fare a meno di procedimenti paralleli, passaggi endoprocedimentali, nulla-osta a più voci, conferenze di servizi, ricchi premi e cotillons? Che dice, il pres.?
    Avete una vaga idea di quanto tempo occorra per celebrare una VIA (valutazione di impatto ambientale), e di quanto costi il fermo delle risorse relative alle opere già progettate e finanziate? Che dice, il pres.?
    Avete idea di quanto incida sull’esistenza del piccolo fornitore l’impossibilità di essere pagato a causa di quella incredibile, vessatoria limitazione che si chiama, pomposamente e truffaldinamente, Patto di Stabilità? Se uno compra la merce al mercato generale, e la rivende due ore dopo al dettaglio, si aspetta di fare cassa, altrimenti l’indomani al mercato generale ci manda la sorella, sempre se piacente. Badate bene, il PDS (no, non “quel” PDS) ritarda tutti i pagamenti, di fatto, affogando l’economia e rendendo impossibile far “girare” quei soldini che i piccoli operatori hanno bisogno di muovere più volte nel corso dell’anno, se vogliono campare.
    Che ci dice in proposito il pres.?
    “Pazienza”.
    Una parola con due zeta, come tante altre…

  4. Anonimo says:

    Ieri, alla fine del discorso, tra me e me ho pensato: “Ma che minchia ha voluto dire”?
    In ogni caso…sottoscrivo. Con rammarico e preoccupazione!

  5. Gianfranco Carboni un ex says:

    Caro Vito devo mio malgrado dirti che hai ragione.

  6. Soviet says:

    Concordo pienamente con la tua analisi. Il discorso non mi è piaciuto per niente: banale, generico al limite del qualunquismo. Il richiamo alla sua militanza nel PCI per sottolineare una sua vicinanza ai lavoratori mi è parsa strumentale: dimentica di dire che quella continenza operaia si è tradotta in una perdita di reddito non a favore della collettività, ma di chi già aveva. Non concordo con chi dice che ha detto quello che poteva dire: un presidente della repubblica è nelle condizioni di dire quello che vuole dire, se ne ha il coraggio. Uno coraggioso ce lo abbiamo avuto, era un partigiano e col coraggio del partigiano ha affrontato il suo mandato. Ma d’altra parte, io coi miglioristi non ci sono mai andato d’accordo neppure quand’ero nel PCI!

    • Neo Anderthal says:

      Sono stra-d’accordo. Premesso che trovo la frusta ritualità dei discorsi di auguri davvero irritante, ho letto, dopo avere rischiato la morte per noia cercando di ascoltarlo su iutub, il discorso del Presidente.
      “Nessuno, oggi – nessun gruppo sociale – può sottrarsi all’impegno di contribuire al risanamento dei conti pubblici, per evitare il collasso finanziario dell’Italia. Dobbiamo comprendere tutti che per lungo tempo lo Stato, in tutte le sue espressioni, è cresciuto troppo e ha speso troppo, finendo per imporre tasse troppo pesanti ai contribuenti onesti”
      Così dice Il Presidente.
      Pagare la festa tocca a tutti, anche a chi non ha preso neppure una tartina.
      Questo discorso non mi convince. Mi pare che accolga la retorica tipicamente di destra sulle/contro le tasse e “l’invadenza dello Stato”. da questo punto di vista non solo non mi rassicura ma mi infastidisce -è una questione di mia sensibilità- il riferimento alla sua passate e lunga “esperienza politica concepita e vissuta nella vicinanza al mondo del lavoro”. Mi pare un modo di mettere le mani avanti rispetto alla difesa di quanto sta facendo e si propone di fare CONTRO il mondo del lavoro il Governo Monti.

      Non credo affatto che lo Stato sia “cresciuto troppo”. Non è cresciuta la scuola, su cui si risparmia da decenni, non è cresciuta la giustizia, sono cresciuti i tempi di attesa per qualsiasi causa legale, sono cresciuti i detenuti in carceri piene oltremisura.
      È infatti solo la spesa pubblica che è cresciuta, grazie agli interessi sul debito pubblico, pagati forse a chi, magari evadendo qui e lì, ha avuto capitali da immobilizzare in BOT e BTP. Grazie alle spese militari e alle missioni all’estero.
      Grazie ad una pletora incredibile di privilegi autoconcessi dai piani alti della politica e come equivalente trattamento ai boiardi e agli alti dirigenti delle varie ASL e società di proprietà pubblica, ma con manager “politici”, irresponsabili quanto a risultati ma pagatissimi comunque.
      Davanti a queste evidenze e a questo dilapidare non il Presidente non spreca neppure un invito alla moderazione o alla semplice necessità che l’esempio arrivi dall’alto.

      Ancora: oltre a cantare le lodi del Governo Salvifico di Monti, possibile che non fosse anche il caso di fare qualche augurio ai nuovi italiani, siano gli immigrati o i loro figli, nativi italiani ma ancora incivilmente non cittadini? Possibile che allora non fosse il caso di richiamare, oltre e assieme al problema della evasione fiscale, la lotta contro i poteri criminali?

      Un’altra cosa: il riferimento al 1977 mi ha richiamato -come ricorda il Soviet- alla memoria che specie Migliorista era il Presidente Napolitano: un Amendoliano di ferro, di quell’ala del PCI insieme filosovietica e ostile ai movimenti giovanili, quella parte tutta e sempre intenta alla ricerca di equilibri di potere e ben rispettosa dei poteri costituiti come la Chiesa -e quanta lentezza e prudenza sui temi dei diritti civili!- o la FIAT, o l’ENI, “sviluppista” e certamente aliena dalle idee ecologiste e infine vicina al craxismo, sotterraneamente ma a volte accanitamente ostile a Berlinguer. Quella parte del PCI che aveva come esponenti anche giovani brillanti come l’ex psiuppino Oliviero Di Liberto… (ma questa è un’altra storia).

      • Stefano reloaded says:

        D’accordo con Soviet e Neo Anderthal.
        In particolare mi ha dato fastidio il richiamo al senso di responsabilità del mondo del lavoro, quando la crisi che stiamo attraversando è in buona parte dovuta a un capitalismo finanziario, che dell’aspetto della produzione se n’è fregato altamente, del quale l’attuale governo è espressione diretta.
        http://www.youtube.com/watch?v=OkUkoCqJs9E&feature=related

      • Neo Anderthal says:

        esatto. E l’invito alla pazienza mi fa -modero i termini- incazzare come un bufalo.
        Mi ripeto: di pazienza si muore. Infatti prima si è pazienti, e poi morti. Ma la malattia di cui soffre l’economia mondiale è proprio la trasformazione/diversione delle imprese e dei capitali dalla produzione alla finanza. Il mondo del lavoro non è la causa della febbre, è la vittima.
        I sacrifici non li può fare chi stenta ad “arrivare alla fine del mese”, come si diceva pochi anni fa, con l’espressione che ha martellato l’ultimo periodo del Governo Prodi e che ora, che la situazione è peggiorata di molto, non ha più corso -perché?.
        E non mi sembra per niente giusto che le prospettive riguardo all’età pensionabile e alla stessa consistenza della pensione possano di momento in momento allontanarsi e peggiorare, senza che questo sia contrattato, elaborato collettivamente. I lavoratori che hanno pagato e lavorato per decenni a certe condizioni devono vedere rispettati i patti sottoscritti.
        Se si vuole cambiare radicalmente -niente più pensioni pubbliche- a me sta bene: RIDATEMI INDIETRO TUTTI I IMIEI VERSAMENTI, adeguatamente rivalutati, e poi se ne parla, probabilmente mi conviene. Non è possibile che i miei contributi abbiano pagato la pensione ai più anziani e non servano per me, quando ne avrò diritto e non solo bisogno.

  7. ANDREA COIS says:

    CLASSICO POLITICANTE GHETTANTA SA PERDA E ACCUANTA SA MANU. COMUNQUE TRA UN PO SI RISOLVERA TUTTO ANDANDO A ELEZIONI, E CON LA PROMESSA DELL’ABOLIZIONE DELL’ICI SILVIO TORNERA’ A VINCERE . SI TORNERA’ ALLA NORMALITA’ A PARLARE DI CULONE TROIE E ITALIANI BRONTOLONI ,FACENDOCI CREDERE CHE TUTTO VA BENE E CHE NON C,E’ NULLA DI CUI PREOCCUPARSI .VIVA L’ITALIA .

  8. Casu Axedu says:

    Arridatece Azeglio!

  9. All'improvviso uno sconosciuto in una notte buia e tempestosa il primo giorno del nuovo anno... says:

    Il suo discorso era perfettamente in linea con il suo ruolo. Mani legate ed una situazione che non si sarebbe risolta con elezioni subito visto che c’è ancora in vigore il “porcellum” e visto che la situazione è quello che è. E non può nemmeno ammettere quello che tu puoi scrivere qui. Il suo ruolo è di rivolgersi ai cittadini, tutti, cercando di tenere toni miti ed il paese unito. Ricordiamoci delle bombe che sono appena circolate, sopratutto a Equitalia, ad una certa parte, piccola per fortuna, che ha deciso di usare la violenza per mostrare il proprio dissenso, purtroppo. In una situazione del genere sfido chiunque a fare un discorso che abbia un senso, dia fiducia in una situazione disperata, cerchi di evitare certi argomenti proprio perchè il clima che si è creato non è dei migliori. Il Presidente è anche una figura che deve dare una guida. Il discorso è vero che era senza capo ne coda era più una formalità con un unico messaggio tra le righe: siamo messi male! Non importa di chi è la colpa ormai. La colpa in realtà è tutta di Al Tappone che ci aveva promesso mari e monti. In effetti ci siamo ritrovati Mari-o-Monti. Uhm!

  10. te la prendi con un vecchio… (tono sarcastico)

  11. Bilancia Guasta says:

    Vito sei un grande! Non mi stancherò mai di dirlo!
    Auguroni per tutto! All’anno prossimo.
    Auguri da tutta la mia famiglia in particolare da mia mamma 😉

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